mercoledì 31 ottobre 2007

Addio d(e)i White al Sudafrica, e grazie di tutto

(Il titolo è un voluto doppio senso)


Jake White allenatore vincente degli Springboks, il cui contratto scade il 31 dicembre, ha ufficialmente confermato che non ne chiederà il rinnovo alla South African Rugby Union (Saru, prima Sarfu); lo ha fatto alla fine della settimana di clamorosi festeggiamenti svolti lungo tutto il Paese per la vittoria della Coppa del Mondo, culminati in una sessione del Parlamento coi deputati bardati in verde e oro.
"Mission accomplished", può affermare con orgoglio l'unico allenatore sudafricano ad oggi non "terminato" prima della scadenza di contratto. Non fosse un signore, potrebbe addirittura sbatterlo in faccia a qualcuno molto in alto, quel "missione compiuta", dopo i pesanti attacchi politici subiti nel corso dell'ultimo anno. White fu infatti pesantemente criticato e fatto traballare, per aver deciso (udite udite!) di selezionare i Nazionali sulla base del merito e non del colore della pelle, infischiandosene delle direttive della iper-politicizzata Sarfu (il cui presidente porta nome vagamente evocativo, Mvedeli Ncula).
Ora si fanno tutti fotografare sorridenti vicino a lui, ma meglio non osare nemmeno pensare cosa sarebbe successo a White e a tutto il rugby giocato laggiù (mostly white) se avesse perso, con la responsabilità di cui s'è caricato assieme alla squadra.
Ma tant'è, quando il razzismo era applicato dai bianchi si chiamava apartheid e tutti i benpensanti politically correct erano preda del disgusto al solo nome; oggi che i neri bypassano la meritocrazia si parla pudicamente di "quote" (intelligenti, come quelle rosa?) e nessuno deve ovviamente aver nulla da ridire. Questo razzismo al contrario, aggravato non alleviato dal fatto di essere supportato dalla maggioranza, si maschera col lodevole obiettivo ufficiale di "allargare la base".
In realtà non serve una laurea in marketing per capire che "la base" si allarga mediante le vittorie e non altro; si tratta piuttosto di trito e tristo socialismo applicato mediante dittatura della maggioranza, mirato a svellere il pericoloso totem identitario di due nutrite minoranze, i Boeri e i Griquas presso i quali il rugby è lo sport "nazionale" (mentre la maggioranza nera predilige il calcio). Come interessante sottoprodotto, si mira anche a rinsaldare il controllo politico su un succoso business vincente, denso di risvolti propagandistici.
Sia come sia, Jake White si chiama intelligentemente fuori, da vincente, dai futuri sviluppi del rugby sudafricano non propriamente guidati da priorità sportive. Assieme a lui se ne vanno tra gli altri capitan John Smit, Percy Montgomery, Victor Matfield (tutti in Francia) e Schalk Burger (Harlequins, Eng), mentre Os Du Randt si ritira definitivamente nel suo ranch. Segni che un'epopea è finita, anche se nel migliore dei modi, il che fornisce alla cosa una nota di tristezza in più.
Una short list di quattro candidati per il posto di allenatore della Nazionale è già stata compilata dalla Saru. Il nome probabilmente più intrigante per gli organi direttivi è Chester Williams, "the Black Pearl", unico nero nella nazionale vincente del '95 ma con esperienze limitate e poco convincenti in panchina.
All'insegna della continuità c'è Allister Coetzee, assistant coach di White; interessante la candidatura dell'allenatore dell'Under 21 Pieter de Villiers, a sua volta vincitore dei Mondiali di categoria; il candidato più qualificato però pare essere il white Heyneke Meyer, allenatore dei Blue Bulls vincitori dell'ultimo Super14.

sabato 27 ottobre 2007

Lessons learnt & Futures of rugby

Due interessanti articoli da the Indipendent.
Il primo a firma Jonathan Davies traccia un bilancio tecnico di quanto visto alla Coppa del Mondo. La novità non è stata il prevalere delle squadre impostate su solide fasi difensive; questa è una realtà almeno dal '95, con l'avvento del professionismo. Del resto le difese molto tecniche e il gioco tattico caratterizzano da tempo la Premiership inglese, tanto per fare un esempio.
L'articolo mette in luce le due vere, importanti Lessons di questa Coppa del Mondo:
- l'importanza del turnover e
- il saper prendere rapidamente le decisioni corrette in campo.
Il primo aspetto è stato uno dei fattori primari per la vittoria del Sudafrica (altro che solo gli avanti) e per l'emergere dell'Argentina: la capacita' di predisporre l'azione offensiva durante la fase difensiva. Eddie Jones la mette così: ".. defences are so strongly established around the ruck that attacking teams are forced to go wider when recycling the ball. But teams are reluctant to do this because it gives the opposition more of a chance to win a turnover".
S'è vista la Francia subire intercetti nella prima partita con l'Argentina e sbattersi per sfondare al centro senza esiti nella seconda; si comprende perche' Bryan Habana "l'intercettore" sia il miglior giocatore dell'anno.
La capacità di rapido e corretto decision-making in campo è stata altrettanto importante: da un lato ricordiamo Butch James che prende per mano il Sudafrica perdente per tre punti contro Fiji nei quarti e lo fa tornare a fare le cose giuste sino alla larga vittoria; dall'altra McAllister che tenta un drop demoralizzante e inconsulto da cinquanta metri nel finale di Francia-Nuova Zelanda.
L'articolo si apre e chiude con una provocazione: coi giocatori sempre più grossi e veloci, per vedere nuovamente un po' di action sarebbe forse il caso di "allargare" il campo giocando in 13. Senza per questo rischiare l'effetto "rugby league": ruck, maul e rimesse laterali basterebbero e avanzerebbero per caratterizzare il gioco "rugby union" più bello del mondo.

La conclusione vòlta a mutare le regole, alza la palla all'altro articolo firmato da Peter Bills che analizza le opzioni su nuove regole sul tavolo di Paddy o'Brien, direttore arbitri Irb. L'obiettivo è di rendere il gioco più "leggibile" al grande pubblico, mettendo la partita più nelle mani del gioco "attivo" che non dell'arbitro: ".. yet most people [who watch the game] do not know why the referee blows his whistle so much".
L'area di intervento cruciale è il breakdown (punto di contatto), momento essenziale di disputa del possesso palla, oggi farraginoso perchè iper-regolamentato: secondo le proposte ora al vaglio, rimarrebbero ivi fallosi solo gli ingressi laterali e i fuorigioco mentre diverrebbe regolare l'uso delle mani, il buttarsi a terra, il far crollare le maul; in caso di palla ingiocabile, la squadra che ha placcato guadagnerebbe un calcio libero, ribaltando il possesso.
Un altro intervento riguarderebbe ridurre il peso dei calci di punizione nell'economia della gara, riservandoli solo a fuorigioco e gioco pericoloso; tutto il resto verrebbe punito solo con calci liberi o introduzioni in mischia.
Altri cambiamenti semplificatori avverrebbero in rimessa laterale: basta obbligo di parità nel numero di saltatori per squadra, e nel caso di rimessa veloce si potrebbe lanciare palla anche all'indietro, come in un normale passaggio.
Inoltre si pensa di penalizzare i passaggi da fuori area dei 22m a dentro, un po' come i passaggi al portiere nel calcio: qualora la palla calciata uscisse direttamente, la rimessa avverrebbe nella verticale del punto di calcio; verrebbero eliminate le bandierine d'angolo e con esse l'annullamento della meta in caso di contatto con queste; infine, maggiore attenzione verrebbe posta nel "reprimere" i fuorigioco dei trequarti, responsabilizzando all'uopo i guardialinee.
Le regole sono già state testate per una settimana a Stellenbosch, South Africa, e i risultati pare siano stati entusiasmanti in termini di aumento di mete, di cambi di possesso palla e decremento dei punti da calci di punizione.
Pur essendo le valutazioni, per usare le parole di O'Brien, ancora a un "embryonic stage", tutti ammettono che l'attuale regolamento del breakdown comporta scarsa fluidita' e leggibilita' del gioco, per cui un qualche prossimo Consiglio Irb sarà presumibilmente chiamato a pronunciarsi.
Le novità paiono interessanti, ma un precendente "minore" non è fausto: un anno fa circa fu mutato l'ingaggio in mischia chiusa (quattro fasi invece di tre), nel tentativo di ridurre l'influenza dei pack più potenti; la misura ha prodotto risultati poco evidenti, in compenso ha procurato molta ambiguità, troppe ripetizioni e tempi morti. Speriamo che stavolta, eventualmente, vada meglio.

UPDATE: Eddie Jones si dichiara contrario a cambiamenti del gioco. "If it's fast and free it's good, if it's tight and grinding that's good, and the crowds at the World Cup were enormous."

Una settimana fa

Dio quanto mi manca il Mondiale.

mercoledì 24 ottobre 2007

Getting back Home


I vincitori arrivano a casa ed è festa grande a Johannesburg.
Qualcuno di loro si comporta proprio come l'eroe dei film Western: missione compiuta, si torna alla farm a godersi la family. Uomini di altra tempra. Come Bakkies Botha l'allevatore e Os Du Randt, che ha annunciato il suo ritiro dal rugby dopo aver raggiunto le leggende Tim Horan, Jason Little e John Eales con due coppe del mondo in bacheca.
A proposito di vittorie mondiali Springboks: 15-6 stavolta, nel '95 fu 15-12 (dopo i supplementari) .. con gli All Blacks è sempre più tosta.

martedì 23 ottobre 2007

Il XV del Telegraph

Il Daily Telegraph, per mano di Mick Cleary, pubblica oggi il suo XV ideale di questo Campionato del mondo:
Corleto (Arg); Delasau (Fiji); Mortlock (Aus), Contepomi (Arg); Habana (SA); Hernandez (Arg), Du Preez (SA); Bonnaire (Fra); Smith (SA), Dusautoir (Fra); Matfield (SA), Shaw (Eng); Hayman (NZ), J. Smit (SA), Roncero (Arg).
Ha molte cose in comune con quello di Danny. E quindi con quello di RightRugby: l'intera prima linea, Matfield in seconda, Smith in terza, Habana all'ala chiusa.

UPDATE: anche la BBC (Rick O'Shea) fornisce il suo XV preferito: Corleto (Arg), Delasau (Fij), Rabeni (Fij), F.Contepomi (Arg), Habana (Sfa), Wilkinson (Eng), DuPreez (Sfa), Roussow (Sfa), Dusatoir (Fra), Burger (Sfa), Matfield (Sfa), Shaw (Eng), DeVilliers (Fra), Smit (Sfa), Roncero (Arg).
Corleto a parte (bravo ma poco disciplinabile), più o meno ci siamo.

lunedì 22 ottobre 2007

Terzo tempo da Victor

Victor Matfield, seconda linea sudafricana, nominato Man of the Match della finale di Coppa del Mondo, prossimo compagno di squadra di Gregan e Tana Umaga a Tolone, illustra nel video qui sotto tra le tante, una ineccepibile concezione di "terzo tempo"; personalmente la preferisco a quella pur non disprezzabile a base di vodka di Wilko con Tait il principino Harry e tutta la squadra inglese. E bravo Victor, capace che per fare cio' lo abbiano pure pagato ...

The Final Ranking

Fresco fresco appena pubblicato, ecco il Ranking Irb ufficiale e definitivo post Coppa del Mondo 2007. Okkio non si tratta della classifica finale stile Grand Prix dei Mondiali, ma di un complesso sistema (copiato anche dal calcio) che valuta quantitativamente gli scontri diretti per mettere in fila tutte le squadre nazionali; riportiamo qui solo la parte alta della classifica, con le Nazionali con più di 70 "rating point":

1) South Africa;
2) New Zealand;
3) Argentina;

4) England;
5) Australia;
6) France;

7) Ireland;
8) Scotland;
9) Fiji;

10) Wales;
11) ITALIA;
12) Samoa;
13) Tonga.

Queste Nazionali sono tutte automaticamente qualificate alla fase finale della Coppa del Mondo 2011 in Nuova Zelanda, tranne Samoa (non si è qualificata tra le prime tre della sua pool in questi mondiali, si dovrà sparare le qualificazioni).

Tre squadre australi sul podio e 4 nei primi cinque posti, la più alta boreale è l'Inghilterra quarta.
Rispetto al ranking del 3 settembre pre-partenza mondiale, si fanno notare le ascese di Sudafrica (da 4' a 1'), Argentina (da 6' al 3'), Inghilterra (dal 7' a 4'), Scotland (da 11' a 8'), Fiji (da 12' a 9'); si rilevano inoltre le discese di Australia (da 2' al 5'), Francia (da 3' al 6'), Irlanda (da 5' al 7'), Wales (da 8' a 10') e Italia (da 9' a 11').
Discorso a parte merita la Nuova Zelanda, al 3 settembre prima con 6,35 punti di vantaggio sull'Australia seconda (una enormità), ora seconda con 1,25 punti di svantaggio dal Sudafrica.

Le squadre con più di 70 rating point Irb sono sempre 13 e sono sempre le stesse, con l'eccezione di Tonga in precedenza 14', che rimpiazza il Canada (15', superato anche da Romania).
D'ora in poi e per quattro anni i movimenti in su e giù saranno più difficoltosi: come già più volte ricordato, durante i Mondiali i punti presi o perduti raddoppiano.

Atterrati. Ma pronti a ripartire

Signore e signori, il viaggio è finito. E’ dal sette settembre che vi teniamo compagnia, ora stacchiamo per un attimo la corrente. Abbiamo celebrato nell’ultimo weekend la vittoria sudafricana che riporta la Web Ellis Cup nell’emisfero australe, dopo quattro anni di esilio boreale verrebbe da dire guardando all’albo d’oro: Nuova Zelanda (1987), Australia (1991), Sud Africa(1995), Australia (1999), Inghilterra (2003), Sud Africa (2007). A torneo concluso possiamo metterci l’anima in pace: avevamo scritto di come il mondo ovale stesse rotolando verso sud. I quarti di finale parevano coglierci di sorpresa, ma alla fine così è stato. Due finali, entrambe vinte da nazionali australi. Prima l’Argentina, poi i Boks. Spedite casa le prime della classe europea, Francia e Inghilterra.
Il viaggio è finito e, personalmente, mi sono divertito. Alcuni lamentano scarso spettacolo, altri hanno voluto sottolineare l’aumento dei cartellini gialli a minaccia di uno sport che sta diventando più violento del dovuto. Credendo di parlare anche a nome di Danny, we don’t care. Il rugby ha cavalcato a lungo negli ultimi dieci anni, divenendo attività professionista. La mole di lavoro e di partite in un anno è cresciuta. Le lunghe trasferte per i test matches e i tour autunnali ed estivi incidono più di prima. E il Mondiale raccoglie tutte le tensioni di quattro anni trascorsi a progettarlo. Non si può pretendere sempre il massimo e non si possono pretendere sempre scatti per le cartoline.
Per quanto riguarda i cartellini gialli, evidentemente i cronisti al seguito della manifestazione seguono questo sport per sbaglio. Il numero maggiore di espulsioni temporanee si è registrato in occasione di partite che vedevano all’opera Samoa, Tonga o Fiji. Grande fisicità, poca tattica e molto istinto. Ossia, placcaggi al limite del regolamento e conseguenti dieci minuti di panchina. Se poi nel corso delle altre gare si sono notati momenti di nervosismo e qualche scappellotto di troppo, basta seguire le indicazione di Berbizier riportate nella nostra tool: se non sai prenderti un pugno, gioca pure a ping pong.
Nulla da obiettare al XV del mio socio: più che altro perché sono troppo romantico per permettermi una formazione ideale. Se proprio devo contestare qualcosa, allora vedrei Montgomery titolare al posto dell’ottimo Latham. In finale ci è arrivato il ciuffo biondo Percy, cecchino infallibile.
Due soli i sassolini da levarmi dalla scarpa. Grazie a Sky per la copertura dell’evento, grazie ad Antonio Raimondi e Vittorio Munari per le telecronache, grazie a JK e Dominguez per i pronostici sbagliati. Grazie un bel fico secco alla redazione di Sky Tg 24 e alle altre testate sportive televisive: hanno uno strano concetto di sport costoro. Calcio e motori, tutto il resto è noia. Così, mentre in Francia andava in scena il terzo evento sportivo più seguito al mondo, i giornalai di casa nostra non si sono accorti di nulla.
Un ringraziamento, poi, a tutti voi che ci avete sfogliato. Io e Danny saremmo andati avanti comunque, anche in caso di flop. Ma sentirsi apprezzati fa piacere. Grazie.
E’ giunto il momento di tornare alla normalità, ai fatti meno seri della vita. RightRugby non chiude, rimarrà in vita. Perché ci sono campionati, test matches, 6 Nations, Tri Nations, Super 14, Currie Cup. Tutti validi motivi per rifugiarci in questo angolo di paradiso ovale e tornare a parlare di cose serie.

Habana Rugby Player of the Year


In foto gli "eletti": Bryan Habana è nominato dalla Irb Player of the year 2007, batte la concorrenza dei "nominati" Hernandez, Felipe Contepomi, McCaw e Yauzion, succedendo nientepopodimeno che a Richie McCaw. Rimasto a secco nella finale, ha purtuttavia eguagliato il record di mete segnate in una Coppa del Mondo (otto, Jonah Lomu) e ha tutto il tempo e le qualità per raggiungere il record complessivo di mete segnate ai Mondiali (15, sempre di Lomu, in due edizioni).
Squadra dell'anno ovviamente è il Sudafrica con Jake White allenatore dell'anno.
Titolo meritatissimo, per la sua visione, la capacità di prendersi commitment tosti con la politica, oltre che attorniarsi di validi collaboratori - pensiamo a Eddie Jones - e stabilire il giusto rapporto di fiducia con capitano e gruppo. E' stato il vero differenziatore rispetto ad esempio a Graham Henry, colpevole forse di non aver mai chiarito certezze e gerarchie interne agli All Blacks.
Tra gli altri riconoscimenti dell'anno (miglior giocatore under 19, miglior giocatore a sette, medaglia "alla carriera" a Fabien Pelous), arriva infine la miglior meta del torneo mondiale: Takudzwa Ngwenya, Usa contro Sudafrica, guarda caso abbiamo azzeccato pure quella, ne trovate il filmato in questo post.

In generale, venendo alle impressioni lasciate da questo torneo, siamo abbastanza allineati con la visione di Planet Rugby, anche se non del tutto. Detto della miglior meta, e pur d'accordo che Fiji-Wales sia stata una partita fantastica, la poniamo sullo stesso piano di Argentina-France finale 3'-4' posto.
Riguardo al miglior calcio: ripetto a quello segnalato di Michalak per Clerc, preferiamo quello di Wilkinson per Sackey in meta contro Samoa, sorprendente alternativa al calcio di punizione in mezzo ai pali che tutti si aspettavano. Anche perchè ha segnato il carismatico rientro di un campione e il recupero di autostima di una squadra futura finalista. Ci è piaciuto molto anche quello di Gomarshall a lanciare Lewsley in meta sopra a Traille al secondo minuto della semifinale Francia-Inghilterra.

Altro giochino interessante proposto sempre da Planetrugby è la squadra ideale del torneo; qui la va a gusti, personalmente diremmo:

15 Latham Aus; 14 Mitchell Aus; 13 Rabeni Fij; 12 Steyn Sfa; 11 Habana Sfa; 10 Wilkinson Eng;
9 Pichot Arg; 8 Longo Arg; 7 Collins Nzl; 6 Smith Sfa; 5 Matfield Sfa; 4 B.Botha Sfa;
3 Hayman Nzl; 2 Smit Sfa; 1 Roncero Arg.

I sette in panca: Mongomery Sfa estremo, F.Contepomi Arg centro/mediano, Gomarshall Eng m.di mischia, Chabal Fra seconda/terza, DeVilliers Fra e Sheridan Eng piloni, Ledesma Arg tallonatore.

6 (+1 in panca) sudafricani, 3 (+2) argentini, 2 australiani e neozelandesi, un inglese (+2) e un figiano (più due francesi), chi offre di più?

domenica 21 ottobre 2007

Boks on the top! - II

Dal nostro inviato Danny
La tensione si taglia col coltello in una Parigi ora decisamente da soprabito. Dalla tribuna stampa siamo alle prese con il più difficile dei commenti, quello incrinato dal sentimento, stasera è proprio difficile, i pensieri e le considerazioni s'intrecciano e ingroppano poco lucidamente.
Per rompere il ghiaccio partiamo dal "colore"; come insegna Brett i giocatori bisogna guardarli in faccia durante gli inni per capire come sta la loro motivazione: inglesi tosti e pimpanti, Springboks concentratissimi e determinati.
Dal pubblico s'alza subito "Swing Low Sweet Chariot" a far capire quale tifoseria predomini tra gli 80.450 spettatori sugli spalti - record assoluto per il rugby nell'emisfero boreale. Spicca un parterre de roi : in alto i due reali nipoti di Sua Maestà Britannica, nel palco d'onore il padrone di casa Sarkozy tra lo scozzese Gordon Brown a portar sfiga agli inglesi e Thabo Mbeki presidente della Repubblica Sudafricana, sufficientemente saggio da aver dato a Mr. Jake White carta bianca sulle quote razziali non senza qualche potente incavolatura, significata dal rifiuto di riceverlo prima del Mondiale; ma stasera c'è, col giaccone verde oro.

Un tentativo d'analisi a caldo
I primi due minuti sembrano chiarire tutti i quesiti: la prima rimessa laterale lanciata dagli inglesi viene rubata dai sudafricani, la mischia che ne nasce vede gli inglesi sradicare i Boks.
Tutto come previsto dalla critica? Purtroppo per i sedicenti esperti, a questi livelli la parola magica è "adattamento": gli inglesi rimettono più o meno a posto la rimessa, che ricrollerà in mani Boks solo nel finale; i sudafricani dal canto loro tengono botta in mischia, adottando un atteggiamento "alla figiana" con la terza centro Roussow, uno dei migliori stasera, a recuperare velocemente il tallonaggio.
Gli inglesi all'inizio giocano il loro "piano A": conquista territoriale con gli avanti per procacciare punizioni o drop per Wilkinson; ne prova uno al sedicesimo senza successo. I sudafricani rispondono facendo barriera davanti e attenzione dietro: sono sghisci, molto attenti in difesa e al gioco tattico, calciano ogni palla recuperata tanto poi c'è una rimessa laterale cioè troubles assicurati per gli inglesi; in più tutte le volte che arrivano nella metacampo inglese (un paio), si ripagano i costi di viaggio con un calcio tra i pali.
Si capisce presto che le difese saranno il punto cruciale della partita: impeccabile macchina spaccaossa quella sudafricana, alterna la famosa "rush defense" (montante) e quella rovesciata per pressare l'apertura al largo; competente e smaliziata quella inglese, protesa a "sporcare" ogni possesso avversario.
E' uno scontro stellare e super-fisico, da manuale del rugby; lasciate perdere gli ex-trequarti dal greve accento ispanico che fanno gli "esperti" e vi dicono che tutto ciò non sarebbe bello: questo è il rugby, bellezza.
Tutto inchiodato tra botte da orbi, prese al volo, calci e rimesse sino al 30', quando il piano sudafricano evidentemente prevede il cambio di marcia. Steyn parte dritto per dritto un paio di volte, la prima entra nei 22 metri, la seconda manda Os duRandt sino a un metro dalla meta sul lato destro e poi negli sviluppi DuPreez a mezzo metro dalla marcatura sul lato sinistro. La fine del primo tempo sul 9-3 per gli africani ferma l'offensiva. Punteggio basso, equilibrio totale, partita apertissima.

Al rientro in campo non c'è più capitan Vickery, brutto colpo al morale inglese; Os invece è ancora al suo posto, dodici anni dopo la finale di Johannesburg.
Al 42' la svolta, su innesco del bravissimo Tait migliore dei suoi; l'instant reply rivela che il piedino di Cueto letteralmente accarezza i fili d'erba imbiancati della linea laterale prima di depositar palla in area di meta. Il Tv match officer Dickinson dopo lunga e sofferta valutazione 50-50 decide per il NO. Avesse detto si, sarebbe stato come contro Fiji, al massimo tre punti da recuperare per i Boks con gli avversari che iniziano a respirare a bocca aperta.
Gli inglesi infatti iniziano ad annaspare, sfibrati dal gioco fisico davanti, che è altra cosa rispetto al gioco "esperto" boreale, e un po' alla volta perdono pezzi preziosi (dopo Vickery, Robinson, un positivo Catt, Worsley appena entrato) mentre gli Springboks son sempre quelli e serrano i ranghi con sapienza.
Il "piano B" inglese non funziona: il continuo e usurante assalto generale diviene una Somme, una Ypres, una Verdun: battaglioni decimati lanciati all'arma bianca contro impassibili mitraglie che li falciano; inchiodati lì sui loro 40 metri vuoi dai calci vuoi dalle ripartenze Bokkes, altro la rosa rossa non può fare; a Wilkinson arriva un solo pallone giocabile, tenta un drop che non è parente dei suoi nemmeno alla lontana.
Il segnale che la diga difensiva Afrikans, imperniata sulla impeccabile rimessa laterale, sul fiato degli avanti e sul sacrificio di tutti, reggerà senza patemi sino alla fine è data da un significativo episodio intorno al 70': all'ennesima interruzione per rimuovere morti e feriti dal campo di battaglia, capitan John Smit chiede all'arbitro, allora si gioca o li farai rifiatare ancora?
In quel momento gli avanti inglesi piegati sulle ginocchia hanno probabilmente realizzato che Os DuRandt e Cj Van Der Linde erano sempre lì, come se il peso di età pressione e fatica non li toccassero, pronti a giocarsi un finale di finale a pick&go; ma quei due lì non dovevano essere il famoso "punto debole" sudafricano?!
Compreso che di birra ce n'era di più nelle capaci pance africane, le luci inglesi si sono progressivamente spente: no way, è stata la vittoria del "più forte" nel senso letterale del termine.
I protagonisti
Gli inglesi hanno retto con dignità il campo, perdendo con onore contro una autentica macchina da guerra decisamente più tosta e completa di loro e di tutti gli altri: anche gli All Blacks o gli stessi Australiani non avrebbero avuto strada, per me questa è decisamente la miglior nazionale del 2007, lo sostengo da tempi non sospetti (Super14).
Si capisce dalla tranquilla, spavalda sicurezza con cui affronta chiunque, incluse le sue stesse distrazioni ed errori (come con Tonga, Fiji, Argentina): questa nazionale Afrikaner ha la faccia tosta e un po' strafottente di Bakkies Botha, uno che non si tira mai indietro e non ne ha mai abbastanza.
Venendo ai protagonisti, dopo un doveroso grazie a Jason Robinson a fine corsa, è doveroso spezzare una lancia per il ventunenne Tait che ha retto il confronto con il ventenne dirimpettaio Steyn, risultando nettamente il migliore dei suoi.
Tra i sudafricani, lodi sperticate a tutti per l'attenzione e il sacrificio; svettano il giraffone Matfield, autore tra l'altro di un paio di precisissimi calci e il mulo Bakkies Botha, il miglior uomo-squadra di tutti, stavolta molto attento a non cadere in fallo.
Poi il solito mitico Schalk Burger e un grandissimo Roussow, risolutore odierno del quesito mischia, oltre che salvatore della patria nel tentativo di meta di Cueto; la promessa sempre più certezza Steyn, autore del calcio decisivo e più giovane marcatore di sempre in una finale RWC; il capocannoniere del torneo Percy Montgomery; un grandissimo capitano "vero", John Smit, cresciuto nel college di Pretoria dove si onorano ancora oggi le vittime boere degli inglesi.
Tra tutti però la menzione speciale va parimerito ai due piloni, Os DuRandt e CJ Van Der Linde per i motivi già detti: dovevano essere l'anello debole secondo gli "esperti". Eroici, un simbolo di questi Springboks che vincono la Web Ellis non tanto grazie agli sprint di Habana, ma lo edificano sulle spalle e sul sacrificio degli avanti.

A proposito di "esperti", mentre doveroso va un grazie alla passione di Raimondi e di Pierantozzi (un po' petulo ogni tanto), ai chiarimenti di Kirwan e alla sagace competenza di Munari che ci hanno accompagnato in questi 45 giorni, è arrivato finalmente il momento di liberarci da un sassolino polemico che ci trascinavamo nelle scarpe almeno dai quarti di finale.
Caro Dominguez, tutto il rispetto dovuto al grandissimo campione ma lasciati dire, il rugby è una partita a scacchi giocata coi muscoli, bisogna conoscere tutti i pezzi e non andar per simpatie o per tifo; sotto questo profilo, sorry ma ho trovato che le tue analisi valgano quanto la mia conoscenza del mazzancollo patagonico.

UPDATE 22/10: gli inglesi, sportivi come sempre, ammettono generalmente che era giusto annullare la meta di Mark Cueto; tutti tranne ovviamente Cueto himself (ma lui fa poco testo, il piede sinistro non se lo poteva mica vedere).

Considerazioni finali
Il fischio finale di un discreto Rolland decentemente assistito da Honiss e Jutge premia con la Web Ellis Cup lo sforzo di tutta una Comunità, fotografata nel volto del "suo" capitano John Smit: felice ma serio, composto, profondo, quasi una maschera classica. Non si vince per caso una Web Ellis Cup, ci vogliono motivazioni molto profonde, che in questo caso trascendono nettamente il fatto meramente sportivo. E' il momento di festeggiare la vittoria, il conseguente diritto a rivendicare una identità verrà poi; domani con tutti i suoi serissimi problemi sarà un altro giorno.
La dura realtà con cui la minoranza bianca deve confrontarsi giornalmente nel Sudafrica post-Mandela è infatti quella cupa del socialismo reale, della dittatura della maggioranza corroborata da sensi di colpa ("taci tu che eri razzista"; tipo i profughi dalmato-giuliani a fine guerra: "Muti e sghisci, fascisti!"). La chiamano "verità e conciliazione", in realtà la epocale intuizione di Mandela viene via via prosaicamente intaccata da corruzione "African way"e da espropri sociali concreti ma anche simbolici.
Il concetto di "quota razziale" nello sport ad esempio ne rappresenta una inquietante implementazione, con la finalità di spezzare uno degli elementi più riconoscibili ed identitari della Tribù Bianca Afrikaner di cui è divenuto simbolo, come se noi ci obbligassimo a schierare almeno due calabresi e un sardo nella nazionale di hockey su ghiaccio con la scusa di estendere la base. Va sempre tenuto presente, questi non sono i classici "colonialisti" come in Rhodesia o Namibia, poche centinaia di migliaia di ricchi allevatori arrivati al massimo da un paio di generazioni; qui parliamo di Comunità radicate dal Seicento, migrate a nordest dal Capo mica dall'Europa, che non ha altri posti dove "tornare".
Grazie a questo trionfo speriamo che venga fermato il piano governativo di metter le mani sul succulento affare del rugby nazionale facendo leva sulle quote (si parla anche di cambiar nickname alla nazionale, non più Springboks). Lasciamo più che volentieri il calcio alla maggioranza nera - laggiù e anche qui in Italia :) - purchè il rugby rimanga libero da assurde barriere.

Ci ritorneremo, ora è il momento della gioia e degli outings: chi mi conosce come Brett sa che da sempre tifo accanitamente Springboks. E' una questione non solo "ideologica", di affinità tecnico-tattiche ma anche ragioni affettive (frequentazioni oimè lontane nel tempo); abbiamo centrato il pronostico/auspicio del primo post di questo blog e ne siamo felicissimi.

sabato 20 ottobre 2007

Boks on the top!


England-South Afrika 6-15
Dal nostro inviato Brett
Hanno vinto i più forti. Hanno vinto i giganti venuti dagli altipiani. Hanno strappato la Web Ellis Cup ai detentori inglesi, arcigni come sempre o quasi. Non ha sfrecciato Habana per tutto il campo, ci hanno pensato i piedi di Montgomery e di Steyn. Rassegniamoci, il rugby è giunto a livelli di pretattica e di preparazione tali per cui le finali si disputano sul filo di lana e sulla ricerca del fallo per aprire le danze e segnare la distanza sugli avversari. Poi, a risultato acquisito, può starci l’attacco sbaraglino che fa felice fotografi e registi. Però finale migliore per questo Mondiale 2007 non si poteva sperare.
Springboks e inglesi. Due squadre così simili eppure così diverse. I primi ci sono giunti da favoriti, i secondi da campioni del mondo in carica e a sorpresa dopo aver battuto Australia e Francia, mica due capitate per caso nella fase finale. Forse avevano già dato tutto contro i galletti, mentre i sudafricani, che probabilmente si aspettavano di fronte gli All Blacks, hanno marciato dritti per il l’obiettivo della loro spedizione. Inciampando pericolosamente qualche volta, ma vincendo sempre.
La cronaca
Tutti i punti sono venuti da calci di punizione, dicevamo. Al 7’ del primo tempo il trequarti centro Tait scivola sulla pressione sudafricana nei propri 22, trattiene il pallone e l’arbitro irlandese Rolland fischia il primo calcio di punizione che ciuffo biondo Montgomery trasforma: 3-0. Quattro minuti dopo risponde Jonny Wilkinson, il giocatore che ha rialzato i suoi compagni dopo la batosta nella fase a pool contro gli odierni avversari. Finì 36-0, ora invece con un calcio di punizione da posizione angolatissima lungo la linea laterale sulla fascia destra pareggia i conti: 3-3. Altri quattro minuti: ostruzione su Bucth James, Monty dalla piazzola: 6-3. Wilkinson risponde con un drop che non arriva a destinazione, come volesse avvertire i sudafricani che sta prendendo le misure. Steyn non trova i pali da una punizione da metà campo, lui che di bombarde se ne intende.
Al 35’ ecco la prima vera azione offensiva alla mano da parte del Sud Africa: Steyn va oltre il placcaggio e si infila nell’area dei 22 inglesi con un grande scatto, viene travolto, l’azione continua e gli avanti sentono profumo di meta. Ma le ferrea linea difensiva impostata dagli avanti di Sua Maestà non cede nemmeno a mezzo metro, tiene lontane le teste di ponte dei Boks. Che però guadagnano almeno tre punti per un vantaggio non concretizzato grazie sempre al piede del loro estremo: 9-3. In un match di calci equivale ad un break.
La sensazione è che alla truppa di Jack Whit basti una meta davvero per chiudere i giochi. Però la meta non arriva ed è tutto di guadagnato per gli inglesi che, sornioni e conservatori, si adoperano in quello che gli riesce meglio: stare incollati, giocando chiusi e senza concedere spazi ai trequarti avversari. Tanto poi ci pensa Wilko, per quanto la pressione in ruck è talmente pesante che garantire un drop non è così scontato.
Si torna in campo. Passano due minuti: Tait, buona la sua prestazione, evita i placcaggi del bel addormentato Francois Steyn e dell’immobile Percy Montgomery, viene trascinato a terra ad un soffio dalla meta, la palla esce e giunge sul lato chiuso all’ala Mark Cueto. Che si lancia, allunga le braccia e all’altezza della bandierina e schiaccia l’ovale. Rolland ferma il gioco e chiede lumi al TMO. E’ meta? Oppure ha toccato con il piede la linea laterale? E’ thrilling al Saint Denis. Replay. Altro replay. L’ennesimo replay. No, niente meta, si torna indietro su un vantaggio a questo punto non concretizzato. Wilkinson trasforma, 9-6.
L’Inghilterra non è mica morta, ma perde il guerriero Jason Robinson, alla sua ultima partita. Esce per infortunio, così come era successo nella funesta serata del trentasei-a-zero.
Arrivano altri tre punti dal piede di Montgomery: 12-6. Ora gli uomini della rosa sono chiamati all’assalto finale per cambiare le sorti della finale. Ma non passano. Manovrano poco decisi, merito soprattutto della maglia difensiva degli Springboks. Habana non avrà ancora toccato un pallone, ma si sacrifica nei placcaggi. I minuti scorrono con gli inglesi che si ingegnano, ma non trovano un buco uno per poterla spuntare. Da una di queste lunghe e macchinose fasi offensive, arrivano altri tre punti per il Sud Africa per una ostruzione. Si calcia da oltre la metà campo, si presenta per la seconda volta Steyn. Sa di avere la forza ed il mirino tarato per quelle conclusioni. Non sbaglia, altro allungo: 15-6.
Le linea dei Boks è chiusa come la saracinesca di un negozio in un giorno di sciopero generale. Monty si fa trovare al posto giusto su tutti i calci in profondità di Catt, Tait e Wilko, chiaramente. Jon Smit guida i suoi da capitano in mischia, in rimessa, in ruck e nelle maul. La partita è messa al fresco. Non c’è più tempo, non basta nemmeno una meta ora. Quando mancano dieci minuti, quei nove punti valgono quanto un break incolmabile.
Considerazioni finali
Rolland fischia la fine. Ed esplode la festa dei mitici Springboks che si laureano per la seconda volta campioni del mondo. La prima volta fu nel 1995 e Os DuRandt c’era anche in quella occasione. La sua è una laurea honoris causa. Scendono in campo tutti, tra i coriandoli color oro e verde, da una parte i volti dispersi degli inglesi non più campioni, dall’altra il cerchio per la preghiera finale di ringraziamento a Dio. Roba da altri tempi, roba da gente che sa cosa vuol dire lottare per una cosa che gli appartiene. Ci sono volti che non rivedremo più tra i nuovi campioni del mondo. Si stringono forte fra di loro i protagonisti della cavalcata, in attesa che la politica moralmente corretta ci metta lo zampino e stravolga il merito della formazione di Jack White, che chiama il collega australiano Eddie Jones, nello staff sudafricano in questa occasione, ad alzare la coppa assieme. All’orizzonte ci sono le quote per i giocatori di colore da rispettare e la gazzella sulla maglietta che dovrà scomparire. Questi campioni dovranno pagare colpe che non sono loro.
Ma il rettangolo di gioco, ora, è lo scenario ideale per una festa. Sotto gli occhi di Sarkozy e di Brown, due che non se la passano bene, pure rugbisticamente parlando. C’è il giro d’onore per loro e ci sono comunque gli applausi per gli inglesi. Dati per spacciati, dispersi. E invece sempre lì a rosicchiare l’osso come veri bulldog.
Hanno vinto coloro che sono stati i più bravi a mettere in pratica alcuni principi abilmente azzeccati dal nostro Danny: orgoglio, amicizia fraterna, sofferenza, preghiera, violenza regolata, faccia a faccia, tanto rispetto. In uno sport di veri uomini, ha vinto chi meritava.

venerdì 19 ottobre 2007

Grandiosi Pumas!

Argentina-France 34-10
Per i francesi è la finalina dopo la sconfitta contro l’Inghilterra. Certo, è pur sempre una finale per il 3°-4° posto in un Campionato del mondo, ma dopo la vittoriosa sera di Cardiff è giunta la tragica notte di Parigi di una settimana fa a rovinare i sogni di gloria dei galletti che così si ritrovano di fronte ai Pumas, autentica rivelazione in positivo del Mondiale 2007. Per loro, per l’Argentina, a corto di forza e di fiato, è comunque il successo tanto atteso per ricordare all’Irb che ci sono anche loro tra i top team sparsi tra emisfero nord ed emisfero sud. Gli argentini stanno a sud, ma i suoi talenti si dividono nei campionati del nord. Un miscuglio di anime che conclude stasera, comunque vada, un anno d’oro. Si va in scena al Parco dei Principi. Dopo le lacrime di Chabal e quelle di Pichot, torna a dettare legge la palla ovale.
Si percepisce sin dall’inizio che la Francia vuole giocare alla mano, mentre gli argentini iniziano sornioni, attenti a non lasciare sul campo le ultime fatiche sin dai primi istanti di gara. A dettare i tempi è Michalak, polemico in settimana con il tecnico Laporte e ormai non le valige pronte per il Super 14: il prossimo campionato vestirà la maglia dei Natal Sharks. Così la Francia arriva vicino alla prima meta al 7’ con una percussione di Dominici, ma l’azione si ferma per un tenuta a terra. I nervi sono tesi, si sono di mezzo le vecchie ruggini del campionato francese e quel 17-12 alla prima giornata di Mondiale.
Al 17’ i primi tempi dell’incontro con Elissade per il vantaggio francese. Tre minuti dopo altri tre punti con Contepomi per il pareggio. La Francia riprova a muovere palla, sperando di cogliere impreparata l’Argetina che si difende, costringendo i francesi ad un passaggio in avanti che vanifica l’ennesimo l’attacco alla mano. Si distingue la terza linea Nyanga, vispo ed elegante nel placcare e nell’evitare i placcaggi.
Al 25’ lunga fase di ruck per la Francia a pochi metri dalla meta, poi palla fuori con un cross kick di Michalak che non ottiene i frutti sperati. E così, ad occasioni sprecate, i Pumas rialzano la testa e, attaccando la linea difensiva unendo abilmente il gioco dei trequarti e quello degli avanti, arrivano alla meta con Felipe Contepomi che poi trasforma: 10-3 al 28’. L’Argentina suona la carica: drop che finisce sul palo di Hernandez, sulla respinta come falchi si gettano gli uomini di mischia e arriva la seconda meta che stravolge tutti i pronostici: 17-3 al 31’. Terribili fantasmi occupano gli incubi del team d’Oltralpe. Tutte le cose vanno per il peggio: anche in mischia, dove Roncero guida i suoi nell’ultima grande battaglia di questa lunga campagna europea. Il fatto è che, pur giocando alla francese, i francesi sono sotto un’altra volta.
Ed in campo i nervi sono altro che tesi, proprio si gioca con il fuoco. Placcaggi duri, da sano spirito rugbistico, prima di tutti da parte dei Pumas che sentono l’odore della paura degli avversari. L’arbitro neozelandese Honiss non gestisce sempre al meglio gli attriti e sorvola su un uno-due del francese Ibanez ai danni di un argentino e altre faccende.
I galletti ci riprovano per l’ennesima volta e per l’ennesima volta non segnano la meta. Giocatori ancora alle mani. I quaranta minuti intanto sono scaduti da un pezzo. L’arbitro chiede di stare calmi e di giocare a rugby, i cartellini gialli vengono solo minacciati. Si continua in un fazzoletto di terra, quello dei cinque metri sul lato sinistro. Così si conclude il primo tempo, con Ibanez e Fernandez Lopez che staranno in panchina nei primi dieci minuti del successivo.
Il secondo tempo inizia come logica comanda: Francia in avanti, ma l’Argentina rimane concentrata e concede poco muovendosi con tempismo. La matassa non si scioglie per i padroni di casa.
Anzi, si complica tremendamente. Manovra a tutto campo dei Pumas, iniziata con un taglio di Corleto che manda in balla la retroguardia francese, poi palla da sinistra a destra e meta, la terza dell’Argentina con Aramburou: 22-3, perché Contepomi non trasforma. Tutto quello che ci vuole per i Pumas, che erano dati per morti e forse non sono mai stati così vivi.
Al 60’ entra l’uomo delle caverne, Chabal, che dopo due minuti si prende il ben servito da Leguizamon: placcaggio duro e un po’ alto che lo stende. Giallo per l’argentino. Ma nemmeno in quattordici i Pumas si spaventano: al 64’ Corleto conclude con la quarta meta un’azione di ripartenza iniziata dagli argentini nei propri 22. Una fuga verso altri cinque punti e verso il terzo meritatissimo posto al Mondiale di Francia. Non un Mondiale qualsiasi. 27-3, 27-3, 27-3. Hai voglia il rugby champagne e la grandeur: è l’alma che conta.
A dieci dalla fine arriva la meta francese con l’Argentina costretta a difendere in 13 per un infortunio a Longo. Ora però i Pumas non ne hanno più. I francesi alzano il ritmo nella disperata rincorsa. Da una parte paiono attaccare in venti, dall’altra difendersi in tredici. E’ una lotta contro il tempo che deve scorrere veloce per i sudamericani.
Ma è l’alma a contare e Contepomi chiude un’altra azione corale splendida dei splendidi Pumas: 34-10. C’è il fiatone, ci sono i crampi, c’è la stanchezza di una avventura durata 40 giorni. Ma ci sono il cuore e l’organizzazione di una squadra fatta per vincere. E’ un terzo posto che vale oro, che vale il gradino più alto con la doppia umiliazione ai danni dei galletti. A Parigi si è spenta la luce. Per Laporte e i suoi uomini, è chiaro. Invece per l’Argentina è il trionfo più bello, il più meritato e il più grandioso. Ha vinto per knock out contro la Francia. Taglia la cresta al gallo e torna a casa con la lacrime cha accompagnano ogni successo che scrive la storia di una nazionale. Vanno ringraziati questi ragazzi. Ci hanno fatto divertire. Grazie gauchos.


La versione di Danny
Bisognerà cambiar definizione al gioco del rugby dopo questa partita: è diventato lo sport che smaschera, umiliando, chi scenda in campo armato di motivazioni spuntate; come disse Munari, uscire per passeggiata e gelatino al parco e rientrare con due occhi neri ...
A questi livelli la spocchia e il "diritto di nascita" non bastano più; persino i sudditi di Sua Maestà sono giunti in finale, per dirla alla Sacchi, dopo poderosi bagni di "straordineria umiltè" (che ce li hanno fatti diventare quasi simpatici e comunque più graditi dei francesi).
Sforzi immani da parte degli avanti transalpini a fine primo tempo, ripetutamente frustrati a un metro dalla meta; rutilanti azioni alla mano all'ala e al centro per tutta la partita, schiantate addosso a terze linee e centri avversari, o sull'arbitro (due mete annullate per passaggi in avanti): è stata una partita di modern rugby, vinta dalla squadra più efficace contro quella più orientata alla quantità.
Le cifre confermano questa svolta "antistatistica" del rugby moderno, tutto qualità e meno quantità: non è più fatale lasciare l'iniziativa agli avversari (65% possesso palla ai francesi) se si è solidi in difesa fino alla fine (134 placcaggi argentini contro 60 dei francesi); si riesce anche a bypassare l'indisciplina (13 penalità concesse dai Pumas contro 4), a patto di possedere qualità in attacco, per infilare in rimessa gli avversari approfittando degli inevitabili sbilanciamenti difensivi delle loro linee arretrate all'assalto (5 mete contro una).
A proposito di qualità offensive contro quantità, un paio di dati su tutti:
- entrambe le squadre commettono il 15% circa di errori sui placcaggi (un po' stanchini), solo che gli argentini sfruttano i dieci mancati placcaggi dei Galletti per realizzare 5 mete, mentre i francesi invece ne sanno ricavare solo una dai 21 errori dei Pumas;
- che dire poi dell'incapacità francese di sfruttare ben 23 rimesse laterali vinte contro le 6 degli avversari?
Oggi ancor più di ieri, nel rugby di livello vince la squadra che lo vuole veramente.

giovedì 18 ottobre 2007

A denti stretti ...

.. finalmente Paddy O'Brien, il capo Irb degli arbitri, nega ma ammette; dopo attenta valutazione, l'arbitro inglese Barnes "non può essere considerato la causa della sconfitta della Nuova Zelanda (con la Francia, ndr)".
Però dice anche: "degli errori sono stati commessi": il passaggio in avanti costato la meta francese e almeno due fuorigioco difensivi negli ultimi minuti (valgono un calcio di punizione l'uno); il buon Paddy sta insomma segnalando che il quarto di finale a Cardiff avrebbe potuto (o meglio, sarebbe dovuto) finire 24-13 a favore dei Neozelandesi, ma che non bisogna prendersela con Barnes, "la responsabilità di questi errori deve essere divisa tra i tre ufficiali di gara". Ecco, su questa conclusione specifica concordiamo pienamente.

Ultimi prepartita

Il Sudafrica avanza imperterrito per la sua strada, una attitudine da alcuni giudicata arrogante; alcuni suoi giocatori hanno dichiarato che nessun particolare adattamento e' stato studiato per l'Inghilterra in finale e questo viene indirettamente confermato dalla formazione annunciata, la stessa scesa in campo contro l'Argentina.
Anche l'Inghilterra "operaia" e insolitamente sghiscia degli ultimi tempi ovviamente non ci pensa proprio a modificare l'assetto magicamente trovato dal rientro di Wilkinson. Coach Ashton doveva forzatamente sostituire l'infortunato Lewley all'ala chiusa; due le opzioni: confermare l'interessante assetto del secondo tempo coi francesi - Tait spostato all'ala e rimpiazzato dal per nulla timido coetaneo Hipkiss al centro - oppure far entrare un giocatore di ruolo. Ha vinto la seconda che ho detto, piu' conservativa ma anche piu' logica per l'importanza del gioco tattico; rivedremo Cueto titolare, assente dalla vittoria con Tonga.

Che partita ci potremo aspettare? Per "fingere" ipotesi usiamo l'approccio per reparti che ci ha aiutato nelle semifinali.
Il primo notevole quesito nasce già in prima linea, dove abbiamo Sheridan Regan Vickery contro Os DuRandt John Smit Cj VanDerLinde. Facile dire che Sheridan e' cruciale nei piani inglesi, si aprirebbero scenari di tipo "australiano" se riuscisse ad annichilire VanDerLinde - mission possible visto quanto quest'ultimo abbia sofferto l'esperienza di Roncero una settimana fa.
Pero' questo lo sanno tutti, sudafricani per primi ...; inoltre nel lato opposto dove sta Os contro Vickery, sulla carta potrebbe esserci un mismatch favorevole al sudafricano. Cosa succedera' in campo, vedremo la mischia girare vorticosamente su se' stessa in senso antiorario?
La cosa più preoccupante e' l'arbitro franco-irlandese Rolland, colui che sara' chiamato a dirimere la questione: non solo è e' il medesimo di Australia - Inghilterra, ma afferma di capire cosa succede in prima linea semplicemente guardando i piedi dei piloni .. un feticista! ;)
In seconda linea la coppia stratosferica Matfield/B.Botha non dovrebbe proprio vederli i pur bravi Kay-Shaw. Questa sara' una della chiavi del possesso palla per i sudafricani: se come con l'Argentina riusciranno a insidiare costantemente le rimesse inglesi a quel punto diventerà un easy job, gli Springboks per avanzare non dovranno far altro che aspettarli e calciare fuori ogni palla.
Anche in terza linea il mismatch a favore dei sudafricani pare evidente: vogliamo mettere the hunters Schalk Burger, Juan Smith e Roussow contro Corry, Easter e Moody, a parte la frenetica ubiquita' dell'ultimo? Se Shalk riuscira' a portare la "sua" pressione su Gomarshall, la faccenda si fara' tosta per la squadra della rosa rossa.
Come Vittorio Munari fa notare spesso, Matfield con tutta la terza linea sudafricana e in special modo il compagno di reparto Bakkies Botha, sono come dei portatori negri d'antan, si caricano il resto della squadra sulle loro potenti spalle e la portano di la', dove Pietersen, Habana (neri "veri") e Montgomery non devono far altro che depositare la tazzina di te' e far punti.
L'unico punto critico di tutto il reparto seconda/terza linea sta nella disciplina: con un piede come quello di Wilko davanti, i Boks dovranno stare particolarmente cool, i marpioni inglesi come Martin Corry sono gli indiscussi maestri nell'arte della provocazione borderline.
In mediana il discorso si riapre a favore degli inglesi: Gomarshall sta facendo un mondiale ammirevole per sagacia nella scelta delle opzioni, su Wilko e la sua importanza decisiva tutto e' gia' stato ripetutamente detto: va sottolineato, ha solo il 60% circa di precisione nelle ultime partite, ma guarda caso mette sempre a segno i punti decisivi. Di fronte ci sono Fourie DuPreez e Butch James, solidi, dotati di neuroni che lavorano anche a pressioni elevate (soprattutto il secondo) e di capacita' di finalizzare quando serve; facile prevedere che uno dei compiti primari di Butch (e dei centri) sarà portare pressione nel canale presidiato da Wilko.
Ritorniamo alle dolenti note per gli inglesi: i centri. Tait sta facendo un buon mondiale e personalmente Catt non mi ha mai fatto impazzire; la contrapposizione con Steyn e Fourie mi pare sbilanciata a favore dei secondi - sempre che il giovane Frans riesca ad evitare ingenue cappelle, comunque accetto scommesse che un bel drop da metacampo il giovanotto lo tentera' comunque.
Se i due verdi riusciranno a lanciarsi nel corridoio presidiato da Wilko palla in mano, potrebbero essere dolori per i piedini sensibili del Nostro, anche perche' la grande apertura inglese proprio perche' e' un grande, in difesa non si tira indietro mai.
Continuiamo: alle ali Cueto e Sackey contro Habana e JP Pietersen, serve aggiunger altro? Si, va aggiunto che sinora il Sudafrica ha coperto molto bene il campo nel gioco tattico avversario ma stavolta e' alla prova di fronte ai maestri, soprattutto Pietersen dovra' esser sveglio e con le mani pronte, altrimenti la perfida squadra d'Albione si adattera' subitissimo e sara' un tiro al bersaglio. Inoltre, okkio Boks, c'è da aspettarsi lanci al piede dalla mediana verso il razzente Sackey e il solidissimo Cueto, come da meta di Lewsley sopra a Traille al secondo minuto della semifinale.
Concludiamo con gli estremi: Percy Montgomery e' il capocannoniere del torneo (80% circa di precisione nei calci), Jason Robinson gioca la sua ultima partita ed e' la spice con cui l'Inghilterra tenta di far trangugiare il suo per altri versi very boring game.

In sintesi: a favore di Albione c'è la mediana, un pilone e un pareggio all'estremo, e ci mettiamo pure una maggior disciplina e capacita' di evitare errori: non poco, soprattutto in una finale tesa e a punteggio basso, ma reparto contro reparto non c'e' confronto a favore dei Boks. Del resto il 36-0 delle fasi preliminari non e' nato per caso.
Ecco quindi la "glossa" della posizione apparentemente arrogante degli Springboks: significa che, se sarà loro concesso di giocare il loro gioco non c'è storia, vincono con 15 punti di vantaggio (Mortlock from Australia dixit).
Giocoforza l'Inghilterra dovra' usare qualche carta tattica oltre alla solidità difensiva e alla disciplina, impadronendosene e tenendosela ben stretta, senza concedersi divagazioni per tutta la partita. Del resto e' arrivata sin qui esattamente in tal modo. Una idea me la sono fatta: Robinson a parte libero di "up&under-are", lanci di piede dai mediani verso Sackey e Cueto, mal che vada si metterà pressione sui relativamente "fragili" Pietersen e Percy M.
Sabato sera comunque vada sara' un successo - per chi vince: chiunque sia, raggiungera' le due Webb Ellis Cup conquistate dall'Australia.


Argentina e Francia (in campo venerdi' sera) avevano gia' annunciato le formazioni da qualche giorno, ma abbiamo fatto bene a pazientare prima di commentarle: coach Laporte ha giusto apportato qualche cambiamento.
La prima versione sembrava "quadrata" e quindi poco laportiana, con giocatori di ruolo ai posti giusti e qualche inserimento di giovani, ora invece viene aggiunto qualche tocco sperimentale piu' "radicale".
In prima linea a fianco di Raphaël Ibanez (c) e Pieter de Villiers entra Poux, in seconda Nallet e Thion gia' sperimentati, in terza si provano assieme Nyanga Dusautoir e Harinordoquy; in mediana torna la coppia tolosana Jean-Baptiste Elissalde - Frédéric Michalak; alle ali il mitico Dominici (probabilmente all'ultima apparizione in nazionale) e Rougerie, mentre la grande novita' e' la coppia centrale, assieme a Marty interno sostituisce l'infortunato Traille un inedito David Skrela lontano dall'apertura quindi apparentemente non schierato seconda apertura "alla Catt" per intenderci; estremo e' Poitrenaud. Sébastien Chabal va in panca, con Rémy Martin e Pierre Mignoni tra gli altri.
Forse la Francia intende usare le stesse armi (piede e mani, velocita' e agilita') con cui l'Argentina la batte' nella partita inaugurale? Dovranno stare molto attenti alle fasi di gioco aperto con tutte quelle mani buone in campo, ma forse i trequarti Argentini un po' spenti visti contro il Sudafrica li hanno tranquillizzati.
I Gauchos dal canto loro non sono (mai stati) nelle condizioni di far grandi rotazioni, semplicemente rimpiazzano gli infortunati come possono: entrano Hasan Jalil e Basualdo ad affiancare il mitico Roncero in prima linea, Kairelis da subito con Albacete in seconda, vedremo questo Durand con J.M.Lobbe e Longo in terza; resiste la mediana Pichot-Hernandez (Todeschini non ha avuto nemmeno stavolta una chance), al centro doveva giocare Tiesi a fianco di Felipe Contepomi ma s'è infortunato e quindi torna il gemello Manuel; confermato Corleto estremo e Agulla ala interna, mentre Aramburu entra ala aperta.
I Pumas dovranno far scendere in campo come sedicesimo giocatore tutto il loro grande orgoglio, dimenticando le depressioni da (esagerati) sogni di gloria, se vorranno reggere il piu' che legittimo assalto al podio -oltre che al ranking Irb - dei Galletti; oramai non possono piu' giocare sul fattore sorpresa.

Signore e signori, stiamo per atterrare

Signore e signori, sono i comandanti che vi parlano. Vi informiamo che siamo in fase di atterraggio a Parigi – Saint Denis per l’incontro che concluderà questo nostro lungo viaggio iniziato lo scorso 7 settembre tra Inghilterra e Sud Africa. Come avrete notato, abbiamo dovuto compiere qualche sosta forzata ed imprevista per permettere a Nuova Zelanda e Australia di abbandonare l’aereo, ma speriamo di non avervi causato disagi.
In questo ultimo mese e mezzo siamo passati per Parigi, Marsiglia, Montepellier, Saint Etienne, Tolosa, Cardiff, Edimburgo e anche per Roma, per riportare a casa i nostri azzurri che non sono riusciti a prolungare di qualche giorno il loro viaggio. Abbiamo brindato al simpatico Portogallo e ci siamo divertiti a vedere all’opera i figiani, abbiamo consolato le lacrime delle tifose gallesi depresse dopo la traumatica eliminazione dalla pool, ci siamo indaffarati a far digerire agli irlandesi lo stesso piatto, congratulandoci al contrario con l’Argentina per quello che ci ha saputo regalare sin dal primo giorno di volo.
E, più che altro, ci siamo resi conto di quanto la palla ovale faccia scherzi anche ai Golia di turno. Nel frattempo abbiamo sostato a Londra il tempo necessario per imbarcare Sir Jonny Wilkinson, o almeno il suo piede sinistro.
Ora, arrivati alla fase finale, mentre intravediamo la pista d’atterraggio, vi chiediamo di pazientare ancora un po’ e di rimanere seduti per qualche istante, il tempo necessario per caricare nuovamente le batterie in vista di venerdì e sabato.
Da parte dei comandanti Sinclair e Wilde è tutto. Per ora.

mercoledì 17 ottobre 2007

La finale si avvicina

Per capirlo, basta questo.

Veloci come cheetahs (quasi)

Bryan Habana, ala del Sudafrica e meta man del torneo, è accreditato di un tempo inferiore agli 11" sui 100m; nel video girato nell'aprile scorso qui sotto riprodotto ha sfidato un ghepardo (perdendo), allo scopo di attirare l'attenzione alla preservazione dell'habitat di questo splendido felino africano.

A questa Coppa del Mondo s'è visto comunque di "peggio": qui di seguito una delle migliori mete del mondiale, segnata dallo statunitense Ngwenya (nato in Zimbabwe o Zambia, sempre Africa del Sud comunque), talmente veloce che nello stupore dei cronisti lascia sul posto proprio Habana. Applaudono tutti, anche quelli con la bandierina sudafricana in mano.

martedì 16 ottobre 2007

Scordiamoci il passato... Come non detto

Scordiamoci il passato (sportivo). La finale di sabato non avrà nulla a che vedere con i precedenti degli ultimi mesi tra Inghilterra e Sud Africa. Almeno c’è da augurarselo. Perché altrimenti rischieremmo di assistere ad un esito scontato. Quando i bulldog sono scesi dalle parti di Cape Town, lo scorso giugno, erano ben consci del fatto che gli Spirngoboks fossero superiori in tutto e per tutto. Metà squadra, come se non bastasse, venne colpita dallo strano virus che di tanto in tanto costringe gli avversari a chiudersi in bagno e a tornare in patria più magri del previsto. E’ il rischio che si corre visitando gli altipiani. Capitò anche alla Nuova Zelanda nel Mondiale del 1995. Quando Ashton riaccompagnò i suoi giovanotti a Londra, dovette fare i conti con due sconfitte pesantissime che lo misero sotto la morsa della stampa britannica, già galvanizzata dall’essere riuscita a disfarsi di Andy Robinson. Sommando i punteggi dei due incontri, usciva qualcosa come un 113-35 per i sudafricani che non hanno rallentato nell’incontro disputato nella fase a gironi: 36-0, detentori del titolo lasciati a secco. E preventivamente considerati finiti.
Poi è successo che tornasse in campo Jonny Wilkinson. Wilkinson ha trascorso gli ultimi quattro anni nella stessa squadra, Newcastle, ma il campo spesso lo ha visto dalla tribuna. Dopo il drop nella finale di Sydeny nel 2003, il ginocchio sinistro lo ha tradito, procurandogli parecchi problemi. E’ stato adoperato con il contagocce e ogni suo ritorno in nazionale è stato celebrato come una vittoria. L’Inghilterra nel frattempo ha perso in casa contro l’Argentina e nel 6 Nations non ha fatto bella figura. Ha perso l’ultima giornata contro il Galles, ma poi ha asfaltato i dragoni nei warm up matches. Up & down, arrivando però al meglio delle sue capacità nella fase ad eliminazione diretta della Coppa del mondo. Quella che hanno strappato agli australiani quattro anni fa e che si preparano a difendere con le unghie e i denti. Dati per dispersi, hanno davvero seguito le indicazioni di Vittorio Munari che, dopo la passeggiata sul Galles, aveva detto in telecronaca: questi sono come i commandos che si danno appuntamento in Scozia, con cup of tea e biscotti, e organizzano la missione. Hanno eliminato Wallabies e francesi. Sarebbe stato bello vederli all’opera contro gli All Blacks. In compenso possono dare dimostrazione del loro stato di forma contro gli Springboks che non gireranno vestiti completamente in nero, ma non sono da meno. Avevano progettato il raggiungimento della finale e, a differenza dei favoriti in assoluto, loro hanno tenuto fede ai propri impegni.
Ps: piccolo ripasso di storia. Guerra anglo-boera, conflitto che tra il 1899 e il 1902 oppose la Gran Bretagna e i coloni di origine olandese (boeri) delle repubbliche d’Orange e del Transvaal in Sud Africa. Preceduto dai ripetuti tentativi britannici di ottener il controllo delle regioni aurifere e diamantifere, il conflitto si aprì nel 1899 con una serie di vittorie dei boeri, che dettero vita ad una efficace guerriglia in tutta la regione. La drastica condotta di guerra adottata garantì tuttavia alla Gran Bretagna una faticosa vittoria finale. Con la pace di Vereeniging (31.V.1902) le due repubbliche boere, pur perdendo la propria indipendenza, mantennero piena autonomia amministrativa e il riconoscimento dell’afrikaans quale lingua ufficiale.

lunedì 15 ottobre 2007

Fallout semi-finali

Siamo all''oramai classico appuntamento del lunedì con la revisione settimanale del ranking mondiale IRB a valle delle semifinali di Coppa del Mondo. Ricordiamo per la (pen-)ultima volta, i punti degli incontri di Coppa valgono doppio rispetto a quelli degli usuali test match.
Al vertice aveva accumulato un notevole vantaggio la Nuova Zelanda pur eliminata ai quarti da Barnes ---ooopss volevo dire dalla Francia. Gli All Blacks infatti continuano nonostante tutto a mantenere la prima posizione, che verrà ceduta la settimana prossima solo al Sudafrica se risulterà vincitore. Quest'ultimo è asceso dal terzo al secondo posto, mentre l'Inghilterra è balzata dal sesto al terzo; La Francia retrocede quarta da inopinata seconda che era, l'Australia rimane quinta, l'Argentina torna sesta dal quarto posto precedentemente guadagnato grazie alla sconfitta inflitta alla Francia nella partita d'esordio. Indietro ovviamente rimane tutto invariato, con l'Italia all'undicesimo posto, dietro a Irlanda(7) Scozia (8), Fiji (9) e Galles (10) e davanti a Samoa, Tonga, Romania, Canada e Georgia.

Il ranking mondiale è probabilmente la ragione più rilevante affinchè Argentina e Francia diano del loro meglio nella finalina terzo-quarto posto che verrà disputata il 19 a Parigi: la Francia in caso di vittoria e di contemporanea sconfitta dell'Inghilterra potrebbe salire al terzo posto, mentre un'Argentina vincente potrebbe agguantare un quarto posto più confacente.
A bocce ferme pare favorita la squadra di casa: perchè ha una vendetta da prendersi e dispone di una panchina dalla classe più elevata che tipicamente si tende a far giocare in situazioni come queste, ma non solo. Tutta la prima linea argentina infatti pare stia pagando il notevole sforzo contro il Sudafrica, con Roncero Ledesma e Scelzo in dubbio per infortuni.

Va sottolineato come questa prima linea sia risultata spesso sorprendentemente vincente contro quella sudafricana nelle mischie chiuse: non è cosa da tutti i giorni, anche se tale superiorità è stata più che compensata da quella dei Boks in rimessa laterale.
Forse se coach Loffreda avesse puntato sul primo fattore, la partita sarebbe stata più aperta, pur nella notevole superiorità generale mostrata dagli Springboks.
Dal canto loro i sudafricani l'hanno presa con la loro solita (un filino arrogante) filosofia: sorpresi dai trick di Roncero su VanDerLinde, sostengono sia stato un ottimo allenamento: "England will also try to put pressure on us in the scrums and will take us on physically .. the match .. was such good preparation for the final"; per non parlare di tutti quei calci ..

Venendo agli altri "perdenti" (si fa per dire), 15.000 francesi in 24 ore hanno risposto al sondaggio "Quelle est la cause majeure de l'élimination des Bleus?" sul sito Rugbyrama.fr.
Secondo il 40% la colpa è della tattica scelta da coach Bernard Laporte; anche da loro la colpa è sempre dell'allenatore ... Laporte invece pensa che il (suo) piano non era sbagliato ma lo è stata l'esecuzione dei giocatori: "We were just not able to express ourselves.."
"Le pied de Wilkinson" è il motivo identificato dal 23% degli internauti, un filo meglio di "L'assenza di adattamento" (22%). Interessante che solo il 15% pensi che il problema fosse la fatica accumulata dai Galletti con gli All Blacks.

domenica 14 ottobre 2007

Vendette finali




Argentina 13 - 37 Sud Africa
Ci siamo. E’ la semifinale della vita per i Pumas, quella decisiva per il Sud Africa, l’unica tra le prime tre nazionali al mondo che può sfidare i detentori del titolo, i sorprendenti inglesi, nella grande finale di settimana prossima. E’ l’Argentina che ha battuto all’esordio la Francia, aggiungendo una nuova vittima alla sua lista dopo la vittoria contro l’Inghilterra a Twickenham nei test match autunnali dello scorso anno. E’ il Sud Africa al bivio: probabile che non saranno più Springboks dopo questo Mondiale, Jake White sarà alla sua ultima panchina, gli sviluppi "politici" nella federazione sudafricana non promettono granchè di buono in termini di continuità.
C’è la festa e c’è l’orgoglio al Saint Denis. Ci sono gli ingredienti per una partita tesa. Una partita da Mondiale.
Ping pong all’inizio. Da una parte e dall’altra ci si studia, cercando di calciare sempre fuori dal campo per evitare terribili ripartenze. Ma alla prima azione alla mano degli argentini, abili a conquistare il campo, si infila Fourie Du Preez che come una spia ruba la palla e vola vola vola verso la prima meta dell’incontro dopo sei minuti abbondanti. Montgomery, il fascinoso ciuffo biondo, trasforma: 7-0. E pensare che l’azione offensiva dei Pumas era inziata da un calcio poco calibrato di Butch James.
Poi il ping pong è a calci di punzione: prima Contepomi, segue ancora Montgomery: 10-3 al 11’. Sempre Contepomi può accorciare le distanze, ma la palla esce di un nonnulla. Frizzanti comunque i Pumas che cercano e trovano diagonali per oltrepassare la linea difensiva Boks. I quali provano sempre a studiare le contromosse. I Pumas prendono più rischi.
Nota interessante l’arbitro neozelandese Walsch che si rimangia le parole. Dice “advantage is over” e poi, su palla rubata da Ledesma, cambia idea. Gli argentini comunque ottengono un altro calcio di punizione per un tenuto di Steyn: Contepomi non sbaglia e accorcia davvero stavolta, 10-6.
E tu dici: Sud Africa mal tarati in campo? Allora ci pensa Habana: calcetto a seguire, defilato sulla sinistra, là dove non c’è copertura da parte dei Pumas. Meta e altri due punti dal piede di Montgomery: 17-3 al 31’. Bravo nell’occasione Steyn che con un passaggio lungo sposta completamente il baricentro del gioco arrivando dalle parti della freccia nera.
L’Argentina si danna l’anima, ci mette tutto quello che rimane nelle sue gambe. Gli Springboks sono calcolatori e, chiaramente, meglio organizzati a raddrizzare dalla propria parte l’evoluzione della partita. La psicologia sarà pure dalla parte argentina, nel senso che i bianco azzurri non hanno niente da perdere. Ma le forze sono per gli uomini degli altipiani.
Sul finire del primo tempo, Danie Rossow conclude con la terza meta la marea verde. Pichot passa ad Hernandez da una ruck, ma l’apertura arriva tardi su un passaggio lento, si lanciano alla caccia del pallone i corsari sudafricani che trovano la via per la segnatura pesante. Monty trasforma, 24-3. Su questo punteggio si conclude un primo tempo che gli argentini hanno provato a tenere, cercando di rimanere stretti agli avversari, ma con poche varianti di gioco e la stanchezza che incide sulla gestualità, come insegnano le basi del rugby. Gli Springboks sono solidi, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Ottengono quello che vogliono ottenere per mettere al sicuro un incontro che potrebbe rivelarsi imprevedibile e lo fanno bene, servendosi dell’abilità con la quale esplorano orizzontalmente il campo. Se ne compiace anche l’australiano Eddie Jones, membro dello staff di Jake White in questo viaggio europeo. Come suggerisce Danny in un messaggio inviato qui in tribuna stampa: guarda il gatto con il topo… Gnam gnam!
Ed intanto il topo va vicino alla meta con Manuel Contepomi, il fratello minore dei due, in un quattro contro due che i Pumas si complicano terribilmente: alla fine però la prova televisiva pare dare ragione a Contepomi, con il fratello maggiore che trasforma un affare in famiglia, 24-13.E sempre il topo conquista un’altra rimessa su punizione perché gli Springboks faticano a digerire l’impatto con la prima linea dei Pumas.
Al 52’ Contepomi fallisce un piazzato distante dai pali che avrebbe cambiato un po’ le carte sul tappeto verde. Per quanto stanca l’Argentina prova a metterci il cuore e l’inerzia, mentre il Sud Africa medita tranquillo sul momento giusto per congelare la semifinale.
Al 70’ torna all’opera chioma bionda Montgomery: 27-13. Quattro minuti dopo, ancora Monty: 30-13. Allora Habana vuole far vedere che anche lui è ancora in campo, intercetta un pallone sulla linea dei propri 22 e corre filato per tutto il campo sotto i pali: 37-13.
E’ la conclusione della partite, non la resa dell’Argentina che ha dato tutto quello che poteva in questo Mondiale: ha battuto Francia, Irlanda e Scozia. E’ d’onore tra le prime quattro della scampagnata francese. Si sono esauriti con il Sud Africa che voleva questa finale e questa finale l’ha trovata contro l’Inghilterra, quella che aveva liquidato 36-0 nella fase a pool. Ma sarà tutta un’altra storia.
Nervi tesi sul finale tra Burger e Contepomi, con una giallo a Juan Smith per un inutile placcaggio alto a partita ormai conclusa. Gli va a fare compagnia Felipe Contepomi per una manata inutile ad un avversario. Le uniche note negative in una bella partita giocata da due squadre scese in campo con l’idea chiara di far bella figura.
Ne riparliamo allora tra una settimana, quando i Pumas si troveranno nuovamente di fronte alla Francia nella finale per il terzo e quarto posto, mentre il Sud Africa con l’Inghilterra. Si sono già conosciute in questo Mondiale. Ci sono vendette in ballo. E c’è la storia del rugby che, a suo modo, ci ripropone un pezzo di storia vera: la guerra anglo-boera. Roba di cento e passa anni fa, ma gli spiriti sono sempre gli stessi. Gli uomini sono quelli di allora con le loro divise addosso.

sabato 13 ottobre 2007

Il Bulldog azzanna i Galletti




France 9 - England 14
Tutto è lasciato dietro le spalle: gli entusiasmi da inopinate resurrezioni, le vittorie di due punti ottenute in modo magari un po' questionabile, i nove titolari per squadra reduci dalla semifinale al Telstra Stadium del 2003, le cinque ultime partite vinte dai francesi; conta solo l'oggi, l'adesso, siamo alle semifinali della Web Ellis Cup.
Ripetere "the perfect game" per i non belli ma efficaci inglesi, rifare la Linea Maginot con qualche (tanta) iniziativa in più per i francesi; ci riusciranno? Sicuro è che a questi livelli ogni errore, ogni flessione fisica e psicologica verrà pagata a caro prezzo.
Primo a entrare in campo Jason Robinson al suo 50' cap, lo onorerà alla grande risultando il migliore in campo.

Inizio col botto per gli inglesi: subito gli 80kg in più che mettono in mischia si fanno sentire; Gomarshall calcia lungolinea sopraffino la palla lì guadagnata, Traille s'impappina, Lewsley gli passa sopra e va in meta: 5-0 per l'Inghilterra al 2' minuto di gioco.
La Francia gioca veemente sul ritmo, i bianchi inglesi mirano allo slow down e al ragionamento, sono più tranquilli, tattici, pronti a ripartire di rimessa; difendono bene anche sui calci tattici - straordinario come si lancino a intercettare i calci di Beauxise Elissalde, mentre Wilkinson e Gomarshall non vengono troppo disturbati dalla pressione francese.
Testata dopo testata però i francesi guadagnano territorio e possono lucrare sui calci di punizione: al 7' e poi al 17' la Francia si riporta davanti con Beauxis, siamo 6-5.
Wilkinson dal canto suo non ha troppe opportunità e non pare anche stasera in gran giornata: tre errori su tre nel primo tempo. La traformazione che manca è angolata, sbaglia una punizione da oltre metacampo e un drop di pochissimo; vero, tutto difficile, ma da Wilko ci si aspetta di più.
Gli inglesi tengono ottimamente sul punto d'incontro grazie al sacrificio e alla concentrazione difensiva degli avanti, dei centri e dello stesso Wilko che non si tira mai indietro; il ritmo viene così riportato a quello che gli inglesi riescono a gestire. E' la chiave dell'incontro, da subito, se riusciranno a reggere la faticaccia.
Dall'altra parte il mestiere degli avanti francesi tiene in piedi senza soverchi problemi la baracca in mischia chiusa (Sheridan stavolta non sarà Mvp, Vickery risulterà il peggiore dei suoi), mentre in rimessa laterale tutt'e due le squadre si complicano ogni tanto la vita ma grande è l'equilibrio.
Cominciano a pesare gli infortuni: Chabal deve entrare anzitempo al 25' al posto di Pelous, Lewsley si fa male a fine primo tempo ed entra il centro Hipkiss, l'altrettanto giovane Tait si sposta all'ala.

Anche nel secondo tempo l'equilibrio è di casa; la Francia si fa preferire per territorio. Pressa pressa, al 44' una indisciplina inglese frutta un ulteriore calcio a Beauxis e porta i Galletti sul 9-5. Poco dopo un estremamente positivo Hipkiss si produce in una grande incursione fermata fallosamente e finalmente Wilko marca la punizione (che sia perchè hanno cambiato pallone?), siamo 9-8 per i francesi al 47'.
Da questo momento il punteggio non varierà più per quasi mezzora; questa è una indicazione fondamentale per dirimere chi tra i due team abbia eseguito con più efficacia il suo piano, aldilà di momentanee prevalenze territoriali o di possesso.
Al 50' pit stop francese: tra gli altri entra Michalak, sembra una mossa vincente: la Francia si installa nel territorio inglese, li incollano sulla loro linea dei 22 metri.
I bianchi rimangono però sempre ordinati, ripartendo sporadicamente con degli efficaci break ben eseguiti, mentre ai francesi non riesce mai quel cambio di marcia decisivo. Al 54' un grande contropiede inglese viene fermato da un bel grillotalpa di Chabal, importante risorsa sui punti d'impatto (avesse vinto la Francia sarebbe stato il migliore in campo).
Arriva al 58' il momento che potrebbe essere critico per il morale inglese: in una giornata già non molto positiva, un tentativo di drop di Wilko si infrange sul palo! Robinson subito riparte con una incursione centrale di 50 metri, ma ancora Chabal ruba palla. La Fortuna ha preso la sua decisione?
Di fatto tra il 60' e il 69' la Francia produce il massimo sforzo, la difesa inglese sembra sul punto di cedere: Chabal sempre lui è fermato da un ottimo Worsley comparso dal nulla a un metro dalla meta.
Quell'azione è per certi versi è a nostro avviso l'inflection point della partita, marcato simbolicamente dall'ingresso in campo di veteran Dallaglio.
Il XV della Rosa, tetragono al concetto latino di sfiga o del "questa non è giornata" continua a macinare il suo ordinato gioco fatto di tanta terra nelle unghie, non solo di calci di Wilko ma anche di ariose aperture e efficaci penetrazioni (molto positivo il mediano di mischia Gomarshall nello smistamento), del vecchio Robinson e dei giovani, tostissimi Sackey, Tait e dei subentrati Hipkiss e Flood al centro.
La prima indisciplina grave francese di tutta la partita è un placcaggio alto sull'ennesima incursione del solito Robinson; i veri campioni li riconosci perchè marcano i punti pesanti: Wilko non sbaglia la punizione, è il sorpasso inglese, 11-9 a cinque minuti dalla fine. Cinici.
Il bulldog che sino a pochi minuti prima si leccava le ferite bastonato nella sua tana, ora sente il sapore del sangue avversario, vede l'inizio dello smarrimento negli occhi della preda, si eccita: prima abbattono Chabal senza pietà in rimessa, poi gli avanti si tolgono la maschera e magicamente si materializza in campo la squadra della finale 2003: in un allucinante dejà vu, il pack ripete quasi esattamente la stessa famosa routine nella metacampo francese, trasmssione di palla a Jonny Wilkinson e drop inclusi; è il 14-9 della vittoria a due minuti dalla fine. Gli ultimi minuti overtime sono l'ultima carica della Vecchia Guardia a Waterloo, improduttiva.

I francesi hanno capitalizzato con Beauxis solo le tre indiscipline inglesi, consumandosi poi in attacchi in tutte le salse, soprattutto per vie centrali senza mai un vero "salto" qualitativo (ciò che Michalak non ha saputo dare); forse un po' della loro brillantezza era rimasta a Cardiff. I bianchi sono riusciti ad essere più efficaci, costruendo meno ma più semplice e confacente; ed avrebbero anche potuto essere più precisi nel primo tempo.
Si è trattato di una grande partita, una sorta di lunghissimo ed equilibrato braccio di ferro ad altissima tensione, forse poco piacevole per il neofita ma altamente apprezzato dall'intenditore; se è vero che le partite si vincono in difesa, la gara s'è giocata nel punto di impatto, dove gli inglesi hanno imposto da subito senza perderlo il loro ritmo alla partita. Ottimo l'arbritraggio di Kaplan, il "pistino" giusto nella partita giusta, uno che, scusate la polemica rivangata, vede tutti gli in-avanti, i fuorigioco difensivi e non solo.
I cinque punti di differenza sono tutti nell'unica meta; alla fine la determinazione dei giovani leoni inglesi più Robinson e Lewsley nella trequarti ha prevalso sulle controparti (Jauzion Elissalde e Clerc sufficienti, gli altri da cinque), assieme al restore del file "Finale RWC 2003 - 2nd extra time" da parte degli spendidi veterani in avanti (grandi Worsley Moody e Gomarshall, discreti gli altri, così così Regan Chuter e Vickery). E, stringi stringi, il fatto che cinquanta minuti di Beauxis più mezzora di Michalak non fanno un Jonny Wilkinson.

Il rugby è altra cosa

Off Topic ma non troppo. La foto è del 1 novembre 2003, Brisbane Aus., fasi eliminatorie della Coppa del Mondo: Samoani e Sudafricani, dopo essersele date di santa ragione per ottanta minuti, inginocchiati tutti assieme in mezzo al campo a ringraziare il Signore.
La scena, ricordo, mi fece venire gli occhi lucidi, riportandomi all'analoga situazione vissuta nella finale del 24 giugno 1995, dove la Nazione Bianca degli Altipiani Sudafricani rese grazie prima di andare a ricevere la Coppa e le congratulazioni di Nelson Mandela, vestito con la maglia di capitan Francois Pienaar.
Ancora oggi tutte le squadre isolane del Pacifico compiono questo semplice e suggestivo atto nell'indifferenza di gran parte dei commentatori e dei cameraman, ma tant'è; un altro segno dei tempi, difatti foto come quella sopra non sono facilmente reperibili nella Rete laica e "politically correct", grazie quindi il sito www.nephelim.net dove l'ho trovata.
Nella foto, palloni ovali e porte ad acca non se ne vedono, ma francamente nessuno mai potrebbe sbagliarsi e pensare che le due squadre inginocchiate e abbracciate in cerchio possano essere di calcio: indipendentemente dalla fede che uno può avere o meno, la foto è una testimonianza della profonda "diversity" con cui questo sport può venire interpretato e vissuto ai massimi livelli.

venerdì 12 ottobre 2007

Argentina - South Afrika, prepartita

Per scienza o per forza il tempo per esperimenti è terminato, chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto: le nazionali approdate alle semifinali incluse Argentina e Sudafrica, hanno confermato le formazioni dei quarti. La prima a onor del vero è stabile sin dalla travolgente vittoria d'esordio sulla Francia.
Unica eccezione è il rientro dall'infortunio del pilone di CJ Van der Linde, Jannie DuPlessis che l'aveva sostituito in corsa appena arrivato dal Sudafrica, si accomoda in panchina a fianco del fratello Bismarck.
La Francia può essere imprevedibile nelle sue tattiche, anche se noi, seguendo alla lettera quanto dice coach Laporte, preferiamo leggere tale "imprevedibilità" come estrema disciplina nella scelta "gioco-non gioco" (la palla), secondo la disposizione delle squadre in campo del momento.
L'Inghilterra non possiede sulla carta lo stesso numero e qualità di opzioni, ma nessuno - nemmeno loro - è in grado di sapere se e quanto può ancora migliorare; sta di fatto che il "perfect game" con l'Australia è stato vinto non certo grazie a quello si credeva essere la sua unica arma cioè Wilko.
Tutto differente a nostro avviso sarà il panorama relativamente a Argentina e Sudafrica: imprevedibilità e progressi rimarranno fuori dal quadro, farà bene chi più riuscirà a giocare aderente alle sue peculiarità.
L'esperienza fatta con Fiji dice che il Sudafrica sarà favorito se riuscirà a tenere il gioco "stretto" attorno al pack, almeno fino a quando gli avanti Pumas non risulteranno sfibrati; solo allora potrà iniziare ad allargare verso Habana e JP Pietersen, che prima dovranno restare disciplinatamente in copertura profonda. Massima attenzione alla "compostezza" del gioco - anche in termini di disciplina - riportando ogni situazione "rotta" dai calci argentini a uno schema strutturato di gioco il più rapidamente possibile.
Di converso, l'Argentina potrà farcela se la velocità dei suoi avanti e trequarti prevarrà, raggiungendo la palla giocata al piede da Hernandes Picot e Contepomi in anticipo agli avversari, mantenedo la situazione in campo la più "fluida" possibile; dovrà inoltre esser capace di "tener botta" in mischia e continuare a rimanere una squadra molto disciplinata come è stata sinora. Strategie differenti, praticamente opposte per una partita dove non sono concessi errori, chi riuscirà ad imporre la propria avrà posto una ipoteca decisiva sull'accesso alla finale.
Le formazioni le abbiamo solo linkate, ma forse è interessante provare a giudicare i reparti contrapposti.
In prima linea la solidità di Os DuRandt, capitan John Smit e Van Der Linde contro l'esperienza di Roncero Ledesma e Scelzo: sarà un bel match ma vedo prevalere la spinta dei Boks. In seconda linea i pur solidi C.Lobbe e Albacete non reggono il confronto con i migliori del mondo nel ruolo Matfield e Bakkies Botha (assieme ai neozelandesi e forse a australiani e irlandesi), ma c'è un warning grosso così per le indiscipline di Bakkies (trad.: modello di pickup van).
In terza linea Schalk Burger e Juan Smith strabattono Ostiglia e J.M. Lobbe alle ali, mentre Longo è migliore a mio avviso di Roussow in terza centro. In mediana Pichot e Hernandez si fanno preferire in termini di inventiva, classe e soprattutto continuità a DuPreez e James.
Al centro i gemelli Contepomi contro Steyn e Fourie, difficile scegliere: esperienza classe e solidità contro forza imprevedibilità e affiatamento. Alle ali Agulla e Borges sono molto pronti e disciplinati ma non possono essere paragonabili a Habana e JP Petersen quanto a pericolosità. Infine l'estremo: l'esperienza di Percy Montgomery ce lo fa preferire a Ignacio Corleto, pur con tutta la stima per l'intraprendente (a volte pure troppo) argentino.
Nel confronto per reparti prevalgono insomma i sudafricani, emerge chiaro un "target" per i sudafricani, mettere più pressione possibile verso la mediana dei gauchos; Smit si fa inoltre preferire a chiacchieron-Pichot come capitano (nel rugby, ricordo, è l'allenatore in campo nonchè il referente unico dell'arbitro).
Gli argentini prevalgono come unità di team, non hanno "teste calde" (tranne forse Corleto) in grado di fare quell'unica ca**ata che a questi livelli può rappresentare la differenza tra vittoria e sconfitta, figure che invece tra i Boks abbondano (Bakkies, Roussow, DuPreez, JP se bersagliato di calci, lo stesso Steyn).
Entrambe le squadre possiedono due gran bei calciatori - Percy Montgomery e Felipe Contepomi, primo e secondo nella classifica cannonieri. Infine annoverano due figure risolutrici fuori dagli schemi, Hernandez e Steyn; il giovanissimo sudafricano genio e sregolatezza già me lo vedo provare qualche follìa da metacampo, mentre il sempre più convincente gaucho è in nomination con Felipe Contepomi e Bryan Habana (più Richie McCaw e Yannick Jauzion) per il titolo di miglior giocatore mondiale 2007. Ah dimenticavamo le panchine: qui la superiorità Boks è abbastanza netta.
Bilancio dei precendenti incontri: 11-0 a favore degli Springboks, ma recentemente due partite sono terminate con un solo punto di differenza.
(in foto: Hernandez fermato da due "verdi" che non sono sudafricani).

giovedì 11 ottobre 2007

All Blacks a casa, folla li applaude

Nel mentre Howlett pagherà la sua ubriachezza da deluso, ieri una metà circa del team All Blacks è atterrato in patria, trovando un migliaio di fan ad applaudirli (cfr. faccia piacevolmente sorpresa di McCaw).
Come già raccontavamo qui gran parte dei neozelandesi difatti non incolpa i giocatori dell'inopinata, ennesima estromissione dalla Coppa del Mondo.
Confermata allora la fedeltà del pubblico, i più grossi "concern" per la Rugby-Nation down under rimangono da un lato la scelta del nuovo managing team - Graham Henry, in scadenza teorica al prossimo marzo, viene accusato di heavy rotation esagerata di titolari, tipo Berbizier per intenderci - dall'altro le risorse: questa deludente campagna è costata più di 40 milioni di dollari Usa, riusciranno questi "perdenti di lusso" ;) a trovare sponsor altrettanto generosi nel futuro? Tra i quali c'è anche Fiat Iveco.

mercoledì 10 ottobre 2007

France - England, prepartita

Squadre che vincono non si cambiano.
L'Inghilterra in semifinale nella classicissima coi padroni di casa sarà nella medesima formazione che ha iniziato la partita vittoriosa contro l'Australia. E' la prima volta che succede in 15 partite, cioè da quando Ashton è coach.
Solido il pacchettone di mischia, in prima linea Sheridan Regan e capitan Vickery, seconde Shaw e Kay, terze Corry Moody Easter; mediana formata da Gomarshall e Wilkinson, al centro Catt e Tait, alle ali Lewsley e Sackey, estremo Robinson al suo 50' cap.
In panchina Toby Flood l'ultimo arrivato dall'Inghilterra, convincente nel suo scampolo di gara australiana, porta via il posto al pur ristabilito Farrell.
Difficile che l'Inghilterra ripercorra la medesima strategia che l'ha vista prevalere contro i Wallabies: la superiorità del loro pack su quello francese non è certo così schiacciante.
Può essere tornino "all'antico", un gioco molto territoriale (tanti calci in rimessa) volto a tenere la palla nei 40 metri francesi, en attendant il drop di Wilko o un calcio di punizione, il tutto condito da qualche penetrazione da dietro per mano di Robinson, dalle incursioni di Sackey su lancio up&under di Jonny, da maul e pick&go degli avanti su palla in possesso.

La stessissima cosa, riconfermare, fa la Francia e questa è una piccola sorpresa in quanto certi inserimenti nel secondo tempo erano sembrati convincenti, ma Laporte non se l'è sentita di sconfessare nessuno dei titolari. Prima linea con Milloud, capitan Ibanez e DeVilliers, seconde Pelous e Thion, terze Betsen Dusatoir e Bonnaire; in mediana Elissalde e Beauxis, centri Jauzion e Marty, ali Heymans e Clerc, estremo Traille.
Cruciali nella strategia Laportiana stanno diventando gli "impact player" che entrano dopo cinquanta minuti/un'ora di gioco e cambiano l'approccio (Michalak, Chabal); in questo l'Inghilterra è diversa, ci si aspetta che i rilievi coprano il ruolo a somiglianza di chi hanno sostituito.
Curioso il confronto tra le aperture Beauxis e Wilkinson: il primo pare più grosso, ma in realtà entrambi sono 1,80m e pesano uguale (88kg contro 87kg); tra loro sono "solo" 12 match mondiali di differenza.
Laporte afferma che la logica di una partita di rugby passi attraverso alcuni passaggi chiave ineliminabili: il combattimento collettivo, la conquista del pallone, la disciplina, la difesa, giocare le palle giocabili e non farlo quando e dove ti trovi in sottonumero; avranno (loro sperano) più occasioni di giocar palla che non il puro contropiede attuato contro la Nuova Zelanda.
In caso contrario, abbiamo imparato che Traille e Beauxis sono in campo non (solo) perchè solidi placcatori ma soprattutto in quanto dotati di piede "balistico a lungo raggio". Altro punto essenziale per i francesi sarà migliorare la rimessa, il vero neo nella prestazione eccezionale contro la Nuova Zelanda.
Le due Nazionali hanno giocato innumerevoli partite (89 dal 1906) e si conoscono a menadito; a vittorie è in vantaggio l'Inghilterra (53% a 39%), ma le ultime (due) volte nel 2007 ha vinto la Francia. E' la ripetizione della semifinale dell'ultima edizione della Coppa (finì 24-7 in favore dell'Inghilterra che poi vinse la Webb Ellis Cup); precendenti mondiali nel '95 in Sudafrica, vinse la Francia 19-9, e nel 1991 proprio a Parigi: erano i quarti di finale, prevalse l'Inghilterra 19-10.
Elemento importantissimo della tattica francese sarà il pubblico, per far chiaramente intendere chi sta giocando in casa di chi; il grido di guerra è: "Le rugby est l'histoire d'un ballon avec des hommes autour e quand il n'y a plus le ballon, il reste l'essentiel. Les hommes tous derriere le Bleus!".
Per questo sarà dura per i pur unitissimi rampolli d'Albione; necessita un Wilko in giornata di grazia (gonfiatura palloni Gilbert permettendo) per avere una speranza di rivivere quel 1991 a Parigi.

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