lunedì 18 marzo 2013

L'Italia s'è desta?

(Warning: post da "bastian contrario". Del resto qualcuno lo deve pur fare, prima che anneghiamo tutti, sommersi dalla melassa).

Ho negli occhi l'immagine felliniana: Vittorio Gasmann in uno dei (bei) film anni Settanta, occhi strabici barba incolta e canottiera unta da borgataro, che zompa da un balcone con la bandiera italiana in mano ululando in deliquo: "'Amo vintoooo!", e giù sonoro pernacchio con allegato gesto dell'ombrello. Quell'immagine "sudamericana", un cliché italico insopportabile da denuncia anti defamation, viene purtroppo confermato ancora una volta in queste lande dove invece di approfondire gli aspetti tecnici organizzativi e psicologici delle vittorie, si trova più comodoso campare soffiando sulle esaltazioni - e sul loro inevitabile contrappasso, le cacce alle streghe (ricordate la fine di Mallett?).
Non vorrei dar l'impressione di negare la giustificata gioia per le ultime prestazioni Azzurre, né generalizzare. Nel fare però un tour delle opinioni post Sei Nazioni Azzurro, cadono le braccia: Brunel santo subito, sue battute motivazionali tipo "nel giro di due anni possiamo vincere il Sei Nazioni", scambiate per obiettivi operativi; addirittura si trova chi più o meno affermi serio, prossima tappa spezzar le reni al Sudafrica in giugno!

Servirebbe un piccolo, modestissimo bagno di analisi razionale, al fine di risparmiarci yo yo emozionali ancora freschi, tipo quelli che "con la Francia l'altra volta era un exploit, stavolta no". Basterebbe sollevar lo sguardo proprio al Sei Nazioni 2013 nel complesso, per avere conferma che ogni partita fa storia a sé, che tutto è relativo: s'è già dimenticato il percorso degli Azzurri? Si guardi allora alla Francia, che dopo un Novembre capolavoro si ritrova a stringere il Cucchiaio di Legno; simile è il destino dell'Irlanda dopo un primo successo fuori casa; e che dire dell'Inghilterra, rimessa dal Galles - col contributo Azzurro - dov'era nel novembre pre-All Blacks? Tanto da far dire a Sir Clive Woodward in versione padrone-del-terrazzo, "ci han visto il bluff".

Quel che è successo agli Azzurri nel torneo sono due buone vittorie e tre sconfitte, di cui due pesanti. Abbiamo eguagliato il risultato migliore, quello del 2007 in cui in più ne vincemmo una fuori casa.
Le vittorie, e ci mettiamo anche la sconfitta "onorevole" con l'Inghilterra, son arrivate da prove di carattere, fondate su ottime performance difensive. Nel primo caso con la Francia abbiamo azzeccato ottimamente dei ribaltamenti di fronte; poi abbiamo impostato un secondo tempo in avanzamento con l'Inghilterra  dopo aver risolto le difficoltà in mischia con una sostituzione; abbiamo infine con l'Irlanda il cruciale avanzamento basato su una netta superiorità in rimessa laterale. Una serie di progressi che far gridare qualcuno al recupero del Sacro Graal della continuità, ma due rondini in fila non fanno primavera, anche perché in mezzo c'è stato purtroppo dell'altro.
Le due sconfitte "brutte" son arrivate dalla combinazione di mala gestione in campo (la mediana e la terza linea, messa inopinatamente sotto da quella scozzese) e per via di un game plan semplicemente sbagliato in ambedue i casi - se è ancora lecito criticare Brunel. La fiammella positiva c'è ma è flebile, occorre alimentarla con attenzione, non agitarla festosi come se adesso non si tornasse più indietro. Oltretutto, dimentichiamoci d'ora in poi la possibilità di colpi a sorpresa su avversari che ci sottovalutino (come la Francia quest'anno).

Analizziamo l'ultima partita con l'Irlanda in una visione d'insieme.
Premessa: la settimana prima, Twickenham aveva giustamente lasciato più consapevolezze che amarezze. Un risultato giusto, una sconfitta "col bonus" impensierendo gli avversari. La partita aveva indicato chiari punti di forza Azzurri: la fase difensiva impeccabile, il pack in fase dinamica, il gioco d'apertura nelle fasi in avanzamento, i trequarti sotto il profilo individuale non ancora corale. Aveva mostrato anche le nostre debolezze: la disciplina e/o la capacità di leggere e adeguarsi all'arbitraggio, la prima linea titolare in uno stato di forma non adeguato, le scelte del mediano.
Gli Azzurri vengono schierati all'Olimpico per l'ultima gara con una formazione che giustamente prende atto degli stati di forma ed esclude coraggiosamente uno dei leader dello spogliatoio - e bastava guardar con che sguardo abbracciava i compagni a fine gara all'Olimpico, per indovinare i pensieri che passavano per la testa di Castrogiovanni (proprio per questo resto convinto per pura stima che aldilà dei guai muscolari, si sia chiamato fuori da sé a Twickenham e anche stavolta: chapeau se l'ha fatto, all'intelligenza di un vecchio leone).
Altro cambio, la partita d'addio di LoCicero cuore e spavalderia, è stata degna; molto del merito va al pilone destro Cittadini in grado di reggere Healy e a un vero leader in mezzo, Ghiraldini.
Il cambio in terza linea (Favaro per Barbieri), va sottolineato, non ha inciso sull'autorevolezza della prestazione del pack Azzurro. Pur così diversi tra loro - più openside vero il primo, più quasi nr.8 il secondo. Se fosse stato chiamato  Derbyshire sarebbe stato più o meno uguale: abbiamo insommma un reparto con ricambi all'altezza dietro a due star di livello mondiale come Parisse e Zanni. E la lezione impartita alla terza linea irlandese dei due Lions merita di venir rimarcata.

  La partita: l'Italia parte subito alla grande con Parisse intercettore a sgretolare la rimessa irlandese. E' il vero grimaldello della partita, che assieme al pari e patta in scrum sottrae agli irlandesi ogni ancoraggio, ogni porto sicuro, riducendoli ai calci up&under (come lanciar la monetina: al loro Kearney noi  a saltare contrapponiamo Parisse e McLean). La falcidia fisica degli avversari già rimaneggiati (problemi loro) contribuisce allo sfaldamento e quindi alla frustrazione dei Trifogli, che alla fine si tradurrà in tre cartellini gialli contro uno. Il primo a dare il segno già alla mezz'ora è stato monumento Brian O'Driscoll, autore di un fallo alla Zidane in quella che potrebbe essere la sua ultima partita in nazionale.
Tutto bene quindi? Non tutto. Una Inghilterra o un Sudafrica avrebbero sfruttato una superiorità praticamente unanswered, per incamerare una ventina di punti di margine. Noi no, non siamo ancora capaci di concretezza.
Difatti gli Azzurri chiudono un primo tempo dominato con un miserrimo vantaggio di tre punti. Nel secondo tempo arriva finalmente la meta, cercata da Venditti in una situazione che pareva destinata a finire nell'ennesima poco produttiva serie di zuccate o maul affossate da tre punti; ma da quel 16-6 ci facciamo recuperare, fino a ballare per lunghi minuti sul filo del rasoio del 16-15! Da brivido.
L'esaltazione per la vittoria finale non dovrebbe mai accecare, far rimuovere il ricordo di com'è andata, altrimenti la prossima volta saremo di nuovo alle solite. E bene fa Brunel a porre l'accento sulla prova di carattere, non certo sulla "svolta". Si riferiva certamente a quei minuti frantic con un solo punto di vantaggio. Sul piano del gioco e della concretezza, abbiamo ancora strada da fare e sudore da spargere, con buona pace degli esaltati del "'amo svoltato".

Sul piano della continuità infatti, abbiamo sia conferme (il pack, Garcia, Venditti, McLean, Masi), che passi avanti (Gori più lineare anche se non ancora esente da errori nelle scelte e nel gioco al piede; Canale, stavolta meno "mallettiano integrale" e più propositivo); ma ci sono stati anche dei netti arretramenti. Aldilà della conferma della incapacità di concretizzare (non ci riferiamo solo ai piazzati), Orquera col pack Azzurro avanzante come nel secondo tempo a Twickenham e i meccanismi di scambio con Masi ben oliati, come mai offre una prestazione così opaca, sconnessa? Non dico come un Michalak qualunque (ironia), ma siamo quasi alla prova con la Scozia, senza l'attenuante della mancanza di protezione. Una buona e una meno, questa non è continuità.

Intendiamoci, tutto è bene quel che finisce bene, ma è più un pfuiii di scampato pericolo che la sensazione d'aver svoltato. Foss'anche, Francia, Inghilterra e Galles (all'incontrario) docent, tutto resta sempre relativo e time bound.
Il cantiere è ancora aperto insomma, c'è ancora da portare il caschetto protettivo. La necessità di continuare un gran lavoro non solo psicologico, senza compromettere le fondamenta della solidità difensiva, è ancora viva e i pericoli dello scivolone indietro non sono del tutto scongiurati.
C'è ancora qualche "buco nero potenziale" su cui far luce, in prospettiva mondiali. Prima di tutto il piazzatore, poi l'apertura e/o il suo ricambio. Preoccupa anche la situazione in retrovia: la Under20 è sempre ad annaspare, decisamente indietro rispetto ai coetanei europei, poco aiutati dalla svolta tutta "esperienziale" dell'Eccellenza e dall'eccesso di cautele italiche sul "non bruciare i giovani".
Quel che pare esserci e su cui edificare è una ossatura, un'idea di gioco da sviluppare, fondata prima di tutto sulla partecipazione alla Celtic League (se cessasse quella ...), sulla solidità difensiva, sul dominio in fase statica, sulle capacità individuali dei trequarti (tra parentesi non ricorda tutto questo il Perpignan di Brunel vincitore del Bouclier, tanto quanto Canale e Garcia ricordano la coppia Marty -Mermoz? Manca "solo" un piede perfetto come quello di Porical ...). Abbiamo una direzione, non siamo ancora arrivati da nessuna parte e la continuità è tutta da dimostrare day by day. Sappiamolo che è meglio, a scanso di improvvidi "chi mi spiega cos'è successo stavolta?" stile Scozia-Italia.

12 commenti:

Abr ha detto...

OT - abbassate le difese antispam, costretti a rialzarle di nuovo.

Sorry ma per commentare serve ancora "registrarsi", anche nel più anonimo dei modi.

ironduke ha detto...

il problema del n 10 è un grosso problema non si vede all'orizzonte soluzione....la tua disamina chirurgica è permeata dello spirito del rugby cosa molto evanescente dalle ns parti .
permettimi di aggiungere che la Francia non ci ha capito un c... contro di noi e l'irlanda è venuta scarica a rm ciò non toglie che siano state 2 vittorie nette noi dobbiamo continuare a migliorare ,upgrade step by step ,altri diplomi ce li conquisteremo senti a me ..;D
se S.Edwards vuole andare in RL o meglio ritornarci xchè qualcuno non gli fa una telefonatina ?è un grande grandissimo allenatore potrebbe venire a roma con la scusa che cè il Papa ma qua mi fermo di corbellerie x oggi basta

Hooker ha detto...

C'è chi parla di rinnovo del contratto per Brunel fino al 2019... siamo un popolo eccezionale!!! :) Comunque sono perfettamente d'accordo con la tua analisi.

Per quanto riguarda l'Under20, è vero che c'è un evidente ritardo nei confronti dei coetanei ma, secondo me, lì gap si è visibilmente ridotto negli ultimi anni. Ovviamente il problema è che i ragazzi, esclusi pochi elementi, non hanno esperienza di livello. Infatti le migliori cose le fanno vedere quei 3 o 4 giocatori che hanno giocato, o almeno annusato, il Pro12. Non parlo strettamente di capacità tecniche, ma soprattutto di visione (e coraggio/sicurezza) di gioco.

Abr ha detto...

pienamente d'accordo con iron sulle due vittorie: son PIENE per noi, problemi degli altri se ci prendono spttogamba o se son pieni di infortuni (e la "depth" del loro movimento?).

Solo, uno diceva che le vittorie possono accecare, rendere tracotanti, "self complacent" come si dice.
Ecco, trovo solo che reduci da un due su cinque, non ce lo possiamo permettere, ecco.

Chi Shaun Edwards l'amico di Parisse. che disse che è uno che si prende troppe confidenze con gli arbitri? Cos'è, è disoccupato? Oh come mi dispiace per lui ...

Abr ha detto...

Tnxs hooker. abbiamo trovaotil nostro Moseè, che ci porterà nelal Terra Promessa dai Padri (dondi).

Il porblema dei giovani è sempre quello: assodato che non è più differenza etnomorfica (andava bene negli anni 50, quando qua se magnava poco), è sempre e solo esposizione al ritmo di gara vero.
E' esattamente quel che ha risolto la partecipazione alla Celtic league per i "senior": abbiamo sempre avuto dei bravi, ma ce li ricordiamo quegli ultimi dieci, venti minuti come andava sempre a finire 'na volta?

Bisogna farli giocare. La Zebre con tutti iloro difeti, sono state utili a tal fine. Lo saebeb amche l'eccellenza.
mipiacerebbe non servissero regole becere e discriminanti per ruolo come già in place, mi piacerebbe che i presidenti facessro cartello" e, usando la scusa che scusa non è dei pochi schei disponibili, aprissero alla titolarizzazione dei 19/20enni in eccellenza, esattamente come fanno in Galles e Irlanda.

Chiaro ch eil cambiamneto che serve è a livello campionati giovanili: altro che accademie dove deportarli, servono INVESTMENTI sul settore, soldi alle società che formano. Le accademie giuste sono le COVERCIANO, dove si formano i formatori.

Hooker ha detto...

Ovvio, come dici, che bisognerebbe premiare chi investe sul vivaio e puntare sulla FORMAZIONE dei FORMATORI.
Credo che si dovrebbe anche creare un canale di collegamento tra i club d'Eccellenza e le italiane in Pro12 che favorisca i più giovani. Forse una soluzione potrebbe essere il doppio tesseramento solo per giocatori Under21/Under22. Senza porre altre limitazioni (ruoli, provenienze "accademiche" o altro).

Abr ha detto...

ovvio. Ma non lo fanno, mi pare. O non con le risorse che meriterebbe.

L'idea del doppio terreramento per giovani è interessante.
Mi ripeto, mi piacerebbe ci fosse qualche spinta POSITIVA ( e non restrittiva) che riguardi prima di tutto l'Eccellenza (parafrasando Dondi, se non serve per formare giovani, che ci sta a fare?).
Proponevo il cartello dei presidenti, ma una idea tipo incentivo a portare in campo U20 potrebbe funzionare.

Abr ha detto...

Quel "copione" di Munari dà la ricetta alla Gazza Rosa:

“Bisogna guardare all’under 20, alla formazione di allenatori e arbitri.
E al campionato italiano: a 12 squadre è una perdita di tempo, si abbatte la qualità. Dovrebbero essere otto e otto nella seconda divisione, con un gruppo di 25 arbitri e 25-30 allenatori di alta qualità; sotto, tornei geografici.
I giovani migliori dovrebbero allenarsi con le franchigie e giocare in Eccellenza. Politicamente e logisticamente è difficile, ma tecnicamente è ciò che servirebbe”.

Manca solo un no Accademie e si al modello Coverciano (formare i formatori e fa viaggiare loro, non deportare i giovani) - ma manco nominarle è già qualcosa.

Hooker ha detto...

Quello che dice Munari, riguardo ai giovani è esattamente quello che pensavo: allenarsi con le franchigie e giocare in eccellenza (salvo giocare con le franchigie ove utili e/o necessari)!
Comunque credo che Gavazzi stia cambiando le carte in tavola, sicuramente ci saranno anche novità sull'utilizzo degli stranieri (e relativi vincoli di ruoli). Inoltre credo che buona parte delle cose dette da Munari siano già in discussione in federazione. Speriamo bene.

Abr ha detto...

Appunto, Munari "copione" :)

Non credo che potranno realizzare tutto: Accademie e format dei campionati fan parte del sisteam di sottopotere.
Alcune cose però si. Vedi stranieri per le franchigie.
Non so onestamente dire se i giovani siano "preda" federale o se siano argomento ancora trattabile.

Hooker ha detto...

Io sono sicuro che non si farà tutto :)
Il fatto che si stia discutendo non vuol dire necessariamente che si cambi.
Relativamente ai campionati credo che molto dipenderà dalle circostanze. Se una o due squadre dovessero cedere alla crisi economica allora si potrà cambiare qualcosa sul breve periodo, altrimenti probabilmente rimarrà tutto così.
Riguardo a giovani ed Accademie credo che qualcosa si cambierà in ogni caso, ma dire esattamente cosa è pura speculazione.

PS:Se mi viene in mente qualche altra idea la suggerisco a Munari o direttamente a Gavazzi? :D

ironduke ha detto...

aggiungerei degli incentivi alle squadre che formano giocatori U23 e li fanno giocare in campionato eccellenza o quant altro la nazionale ed i club di Pro12 devono affondare le loro radici nei tessuto connettivo dei club locali .Gli aironi si erano" inventati" i club "fiancheggiatori " e potevano contare su una base di 5000 tesserati era una buona idea infatti li hanno mandati per l'aria .

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