domenica 17 marzo 2013

Vagiti di rugby francese, all'ultimo

Six Nations - Stade de France,  

France 23 - 16  Scotland 

Ci ispiriamo volutamente ai commenti della critica francese, nel titolare l'epilogo del Sei Nazioni 2013, la vittoria francese sulla Scozia sotto la pioggia dello Stade de France. Critica che vorrebbe sottolineare con ciò una divaricazione tra le idee di Saint-André e il rugby francese.
Una vittoria maturata su un tardivo spiraglio di timida (ri-)costruzione di confidenza  -è abbastanza come cautela? - man mano che l'avversario veniva fatto retrocedere; una vittoria "sporcata" nel finale da una meta scozzese che nonostante il punteggio relativamente vicino NON riapre la gara; una vittoria che dopotutto non toglie la Francia dall'inopinata ultima posizione nel torneo. Ciononostante è una vittoria, la prima e unica del Sei Nazioni 2013: preziosa per un abbozzo di sorriso, per la stabilità dell'ambiente, per allontanare un incubo inconcepibile che avrebbe aperto polemiche a non finire (nessuna vittoria non capitava dagli anni '50, non era mai successo che la Scozia vincesse in Francia nel corso del Sei Nazioni).
La critica, si diceva: piuttosto che prendersela con un coach a un passo dalla santificazione non più tardi del novembre scorso, sarebbe forse da analizzare l'ego del coach: uno che insiste a plasmare i giocatori per ruolo come gli piacerebbe, a volte lontano dalla realtà del campionato. Prende Michalak il miglior mediano del Top14 e lo fa giocare apertura, quasi volesse emulare Lievremont con Parra nei Mondiali (ma a questi era andata decisamente meglio). E ringraziare che ha smesso di schierar Fofana all'ala, mentre Huget rimane estremo così può giocare da terzo centro e infilarsi dove vuole. A quando Mas a tallonare? Battute a parte, Saint-André dovrebbe forse confrontarsi con più umiltà con gli stati di forma dei suoi beniamini e col campionato francese,  che propone fior di campioni non solo stranieri nei ruoli strategici (Wisniewski, Lopez, per citare due apertura di ruolo attualmente in gran spolvero), contrariamente alle sue lagnanze un po' auto-assolutorie.
Abbiamo iniziato subito col principale imputato, il coach francese; quanto ai giocatori, son loro che vanno in campo ma non bisogna sottovalutare il peso della psicologia in uno sport di combattimento come il rugby. Non si sono imbrocchiti improvvisamente, non si sono comportati per cinque partite meno quindici minuti come se non si fossero mai visti prima - anche se la preparazione è stata più corta di due settimane rispetto a tutti gli altri team, di questo va dato atto.
Sull'altra sponda, la Scozia delle meraviglie con Italia e Irlanda è apparsa ridimensionata come col Galles e Inghilterra: decente ma non irresistibile davanti, a sprazzi ma dai molti errori dietro - la pioggia? Dovrebbe esser il loro elemento; tenuta in piedi dalla abnegazione e dalla potenza di Duncan Weir ma più di tutti dalla precisione nel gioco e nei piazzati di Greig Laidlaw. Una bella ridimensionata, che forse per gli incontentabili, riapre il dibattito sulla conferma del caretaker Scott Johnson.

Il primo tempo sotto l'acqua è letteralmente inguardabile, come gran parte del Sei nazioni 2013 francese:  le due compagini campano sugli errori reciproci, son più pesanti quelli francesi che all' 8' e al 14' danno a Laidlaw la possibilità di siglare il 0-6 con cui si chiuderà la prima frazione. Il pallino è volutamente lasciato in mano ai franchi che ne combinano sempre una, dando l'impressione di improvvisare su canovacci individuali e giochi a due (siamo arrivati al pick and roll rugbistico?) più che per reparto. Se Morgan Parra prova a dar geometrie, ancora una volta è Fredric Michalak a dare l'impressione del corpo estraneo.
Eppure le premesse "statiche" ci sarebbero: il pack franco controlla la mischia ordinata anche se inizialmente senza dominarla con Domingo, Mas e Kayser su Grant, Ford e Murray, i quali faticano ad ancorarsi sul terreno intriso che si solleva come un tappeto. Il tallonatore fa un po' di casino in rimessa laterale sotto la solita pressione di Jim Hamilton, che però non è efficace come con gli irlandesi. La seconda linea francese  Maestri - Vahaamahina, il nuovo caledoniano esordiente da titolare, quando non è in aria si mostra efficace nel ruolo di ruspa; la Scozia regge piuttosto bene in terza linea, con John Beattie, il rientrante Strokosch e Kelly Brown (che secondo me si rompe apposta il naso a ogni inizio gara perché fa abnegazione, come Nuvolari faceva apposta ad arrivar senza una portiera in certe tappe della Mille Miglia); Dusatoir continua infatti a vivacchiare sotto i suoi standard, Claaasens non è certo Bonnaire, per fortuna che Picamoles c'è quand'è ora di avanzare. In un paio di occasioni la mischia, la potenza dei lock, di Picamoles e della prima linea consentono di insidiare a lungo gli ultimi cinque metri scozzesi, ma la composture della difesa, la prevedibilità degli attacchi di sola forza e qualche dabbenaggine finale, tengono i francesi a zero.
Steso un pietoso velo sulla mediana francese surclassata in precisione e decisione da quella ospite, arriviamo ai reparti arretrati. Qui Bastareaud prova da subito a dettar legge fisica, ma non c'è problema a fermarlo per l'altrettanto fisico Sean Lamont. L'altro francese che si dà come al solito gran daffare è Huget, mentre sono flebili le iniziative di Clerc, Fofana e Medard. Gli avversari fan pure peggio: Hogg si mangia un posto tra i Lions con una partita sprecisa, iniziata fallendo una presa al volo e conclusa con un placcaggio sbagliato da ultimo uomo che porta alla meta cruciale, Maitland deve lasciare toccato duro alla mezz'ora a Max Evans, Visser se ne sta timido rintanato in attesa di occasioni come Venditti ai primi tempi, Matt Scott sta in difesa come si diceva una volta.

Il secondo tempo inizia con la sorpresa dell'assenza di Parra, al suo posto Machenaud che imprime un po' di ordine mantenendo la velocità, per quanto possibile nel tempo cane. La soluzione per i franchi è a portata di mano dato il tempo: sfruttare la potenza dei primi cinque più Picamoles e aprire la strada al centro. Difatti nel terzo quarto di gara Michalak è messo nelle condizioni di segnare i primi tre punti francesi (44'), poi il pareggio (50') e il sorpasso (53'), mentre le iniziative scozzesi sono sempre più flebili e solo l'elettrico Max Evans riesce a segnalarsi assieme ai mediani.  Gli Scots di fatto si accontentano di capitalizzare quel poco che passa il convento: all'ora di gioco Laidlaw riporta alla pari la contesa, 9-9.
Qualche istante prima arriva la mossa forse vincente della partita: entra tra gli altri Debaty per Domingo, fanteria pesante adattissima all'ambiente. Il pilone belga inizia subito a rendersi protagonista di devastanti percussioni e caracollate per tutto il campo; l'apoteosi è una corsa da 30 metri che potrebbe spaccare la partita, in cui gli manca il colpo d'occhio per l'ultimo passaggio allo smarcatissimo Clerc sulla sua sinistra. 'Na roba che spingerà il volonteroso pilone a scusarsi pubblicamente con l'ala: sarebbe stato il più bell'assist del torneo.
Dalle e dalle, è solo questione di tempo: la composture scozzese resta inalterata (non più punizioni, nessun cartellino) ma i francesi iniziano a far le cose sempre più semplici e a trovar varchi. Rompe le acque, è il caso di dirlo, Wesley Fofana: azione sviluppata sul lato destro da Medard poi Bastareaud, Visser di fa assorbire da Nyanga che apre immediato a Fofana sul lungolinea, il quale supera il fiappo tentativo in tuffo da ultimo uomo di Hogg e marca la meta decisiva al 65'.
La partita ora è in discesa, non tanto per la meta quanto per l'aver capito finalmente qual'è la cosa giusta da fare dopo quattro partite più un'ora di torneo. Nel giro di cinque minuti va in meta anche Medard, su azione centrale di Machenaud che rapido sfrutta prolungandola una percussione di Picamoles e poi scarica all'ala tolosana che lo affianca sull'asse. Nell'azione s'infortuna Michalak, gli esce la spalla (che dolore!).
Sul 23-9 c'è spazio finale per i trequarti scozzesi: la potenza di Visser genera la inutile marcatura del 23-16 finale, buona solo a dimostrare che potevan fare con un filo d'iniziativa in più, oltre a qualche opportunità di gioco avanzante. Sarà pe rl'anno prossimo, forse, se inizieranno a edificare sicurezze su quelle altre due vittorie.

La classifica finale del Torneo delle Sei Nazioni 2013 vede la vittoria del Galles con quattro partite vinte e una persa: è la sua 26' vittoria nei tornei Home Nations, Five e Six Nations, con ciò eguagliando l'Inghilterra, seconda quest'anno a parità di vittorie ma con peggior differenza punti. A quota due vittorie il terzo posto conservato dalla Scozia sull'Italia per lo stesso motivo; in fondo Irlanda e Francia con una sola vittoria e un pari tra loro, ma i Trifogli per la differenza punti smistano ai Bleus il primo Cucchiaio di Legno nella storia del Sei Nazioni.
I quali però non lo ricevono: a parte i  mezzi sorrisi e l'abbiam svangata, per loro la Culliere va solo a chi perda tutte le partite, eguagliandolo al whitewash - risoluzione non attuale, deriva da tempi antichi in cui effettivamente le perdevano quasi tutte (i Galletti han speso  24 partecipazioni prima di vincere il torneo, noi siamo "solo" alla 13') e dovevan motivarsi con le piccole conquiste. Si ritroveranno quest'estate, lontani da casa (questo di solito non gli dispiace), per portare una triplice sfida agli All Blacks che li odiano cordialmente (anche questo ai transalpini fa solo sangue). 

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