Tutti con gli azzurri, ancora una volta
Italia - Scozia 16 -18
Sono le lacrime di Troncon al momento dell’inno. Sono le lacrime di Troncon e dei compagni alla fine, al momento della sconfitta e della fine del viaggio italiano in Francia. Diciotto a sedici per la Scozia, diciotto punti che arrivano da sei pedate precise al millimetro del cecchino infallibile Paterson, l’unico che tra i suoi è riuscito a fare la differenza. Match di rugby, non ci piove sebbene St. Etienne sia battuta dall’acqua che rende il terreno scivoloso e rende la palla una saponetta difficile da governare in uno scontro, la Madre di tutte le Battaglie, fatto di nervi e di cuore, di errori e di falli che alla fine sono costati cari.
Subito il 6-0 della Scozia, con Mauro Bergamasco che placca un uomo senza palla e finisce in panchina per dieci minuti. Si inizia male, Pez calcia direttamente fuori un drop di ripresa del gioco, segno che la tensione è tanta. Non è la partita di Edimburgo, non ci saranno intercetti ad aprire la strada verso la meta. La strada buona però la trova il capitano, quel Troncon che indossa la maglia italiana per 101nesima volta. Gli azzurri si fiondano nei 22 avverarsi con una palla alta-e-sotto-a-pedalare. Ad un metro dalla linea della gloria Troncon prende palla da una ruck e sguscia in mezzo alle maglie bianche e blue navy. E’ il grido di battaglia che viene lanciato, è la sensazione che questa partita davvero pende da una parte e dall’altra. Ma la prima frazione di gioco termina sul 12-10 per gli scozzesi, perché a sistemare le cose ci pensano altre due pedate di Paterson, mentre Bortolussi ne può infilare una sola.
L’Italia si sfilaccia di meno, cerca di tenere il bandolo della matassa, ma irrimediabilmente, a ridosso della zona calda, sbaglia. Prova ad inventarsi cose che nell’occasione è meglio evitare perché in partite come queste occorrono robe semplici. Bisogna andare alla ricerca del fallo avversario, come ben sanno gli scozzesi. Si va sul 15-10, poi sul 18-10 ed allora la spia comincia a segnare riserva per i figli di Scozia. Paterson non ha più possibilità di calciare, mentre Bortolussi sì. Ne infila due, ma altrettanti due ne sbaglia. Di poco, di un niente. La punizione della vita arriva quando ormai il cronometro indica che mancano dieci minuti a dividerci tra Parigi e l’aereo per casa. E’ una delle due punizioni che si spengono nel vuoto.
Quando ormai i giochi sembrano fatti gli azzurri devono provarci alla mano, ribaltare i piani del gioco e arrivare nella metà campo avversaria non con il piede, ma con quello che rimane per andare a conquistare un fallo o, chi lo saprà mai, per la seconda meta che metterebbe la parola fine. La fine invece si materializza sull’ovale portare in rimessa dalla Scozia a tempo scaduto. Un libro si conclude ed iniziano le lacrime.
Quelle di Troncon, per l’appunto. Ma anche quelle di Parisse e di Lo Cicero. Di Vittorio Munari che a stento si trattiene nel commentare i volti della nostra nazionale. Sconfitta sul tabellone, non sul campo, tanto che Mauro Bergamasco raduna tutti in cerchio e ordina di uscire a testa alta, mentre i tanti tifosi azzurri applaudono e chiedono il giro di onore, mentre gli scozzesi si rendono conto del pericolo scampato, di non aver fatto la fine del Galles. Ci sono le medaglie ricordo. Ci sono i tricolori che sventolano. C’è il capitano che chiede scusa come se avesse fatto qualcosa da non fare e che viene portato fuori sulle spalle dei compagni. Sullo sfondo si muove Pierre Berbizier, l’allenatore che ha reso oro le tante fatiche dal 2000 a questa parte. E pensare che dopo la sconfitta contro la Francia a Roma nel debutto nel 6 Nations, qualche italiano, prestato al rugby, chiedeva la testa della nostra nazionale. Da domattina Berbizier non sarà più il nostro piccolo generale, tornerà a Parigi, al Racing, assieme al Barone. L’ultima impresa non gli è riuscita, ma la sconfitta di questa sera non cancella tre anni di duro lavoro.
Lo sport italiano dovrà ricordarsi di questa nazionale, nell’attesa di segnare i nomi di quelli che, una volta per tutte, supereranno lo scoglio fatidico per accedere ai quarti, tra le otto formazioni che si giocheranno la Web Ellis Cup.
A St. Etienne si è concluso un altro ciclo. Ci penserà Danny a buttar giù una critica, ad analizzare quello che è funzionato e quello che non quadrava. Chi è un romantico conservatore può solo provare a far leva sulle emozioni. Si è chiuso un ciclo, nonostante tutto, vincente. Nel ’99 non ce lo saremmo nemmeno immaginati di arrivare a così poco dall’obiettivo. Due punti. Si riparte da qui.
LA VERSIONE DI DANNY
Triste spettacolo a St.Etienne - Italiani troppo indisciplinati - Paterson imperiale.
Sono i sottotitoli di un articolo francese, è sintesi perfetta di una triste piovosa serata autunnale senza lampi nè tuoni, meta di Troncon a parte.
Come sottolina Ringo/Brett, massimo rispetto per gli Azzurri a un passo dall'impresa storica, contro un avversario pur ampiamente alla nostra portata come tasso tecnico e agonistico. Solo che gli Highlanders hanno dimostrato più esperienza e sangue freddo.
Bravissimi i nostri ad assorbire in mischia le pericolose terze linee scozzesi e ad annullare totalmente le incursioni di Rory Lamont da dietro, ma la nostra superiorità netta viene rovesciata da tre numeri:
- le sei indiscipline azzurre che consegnano palla a Paterson, eppure si sapeva che è un cecchino;
- la netta prevalenza azzurra nel possesso palla e una lieve inferiorità nel territorio occupato, mentre il piano era il viceversa, pressarli nella loro metacampo e farli sbagliare.
Tutto il resto è più o meno pari, incluse le rimesse perse (4 contro 3 loro).
Insomma ce la siamo persa da noi - per un pelo, il che fa ancora più rabbia - per indisciplina tecnica (falli) e tattica (mancata esecuzione fino in fondo ai 22 metri avversari del nostro game plan). Troppo carichi, quindi poco lucidi.
Peccato, per Troncon per i giocatori e per il movimento tutto; il danno è che questa triste serata piovosa ci costerà probabilmente una retrocessione nel ranking Irb a favore degli scozzesi (e occhio ai figiani incombenti!), proprio quando subito sopra di noi il Galles traballava. Oltre al danno, la beffa di aver perso una irripetibile occasione, il quarto di finale concesso alla Scozia si preannunciava per noi "potabile" come non mai.
6 commenti:
Un peccato per i tanti calci che non sono andati dentro.. l'ultimo dei quali a 4 minuti dalla fine ci avrebbe portato nei quarti.
E' comunque indubbio che il nostro Rugby sta crescendo.
Sembrava di essere ritornati a qualche annetto fa, quando agli esordi nel Sei Nazioni gli arbitri si compiacevano quasi con perfidia (ma giustamente) di insegnare le buone maniere, cioè le regole, agli azzurri. La Scozia ha tratto il massimo dalla sua compostezza, frutto dell’abitudine al gioco nelle grandi competizioni, riuscendo a compensare la sua mediocrità. Il mestiere, insomma. Paterson è stato il Wilkinson di questa piccola Scozia. Il resto lo abbiamo fatto e disfatto noi. Eppure eravamo superiori. Lo dimostra quella reazione al disastroso inizio, sotto di sei punti e in inferiorità numerica, quando con un po’ di “spinta” abbiamo capovolto il risultato. Squadra disordinata. Certamente anche per la scarsa condizione palesata in tutto questo mondiale. Tuttavia pareva che certi problemi da “nuovi venuti” li avessimo superati. E’ strana questa perdurante fragilità psicologica, questa mancanza di lucidità. Eppure i Pumas, che certo hanno ben altra tradizione, ma che pure loro sono “italiani” e hanno tutti i giocatori sparsi per l’Europa come i nostri, sanno contemperare ardore agonistico, disciplina e cinismo tattico. Una squadra irrisolta, come una fotografia mossa.
Colpa di Prodi, governo ladro!
davvero una delusione immensa....non oso immaginare come si sentano i nostri ragazzi in questi momenti :(
s.b., quando non hai un Paterson (o un Dominguez) in squadra, inutile far troppo conto su calci da posizioni assurde e lontane; personalmente non ne faccio una colpa al bravo Bortolussi; più che altro mi chiedo come mai lui e non Pez, e me lo spiego con la "precaria" partita giocata da quest'ultimo.
Meglio sarebbe stato esser più disciplinati nella nostra metacampo per evitare "regali" a Paterson.
Indubitabile che il movimeto rugbistico stia crescendo, ci manca solo quel bit di carattere e determinazione in più.
Ti sottoscrivo Zamax, loro sono usi a volare a queste altezza (sempre arrivati almento ai quarti nei mondiali), noi no.
Molti lodano e ringraziano - giustamente - Berbizier per il lavoro svolto; io mi limito a notare che dopo 4 anni siamo esattamente dove ci aveva lasciato John Kirwan, sbeffeggiato da alcuni quando fu dimissionato.
Col senno di poi, sostengo che Kirwan ci abbia fatto fare il salto tecnico e caratteriale, mentre Berbizier ha perfezionato solo la tecnica, trascurando del tutto il cruciale aspetto psicologico e mandando in campo dei ragazzi carichi come sveglie (vedi Mauro) e quindi poco lucidi.
Vedremo Mallet, speriamo stia attento a questa componente fondamentale.
Comunque è evidente che è tutta colpa dell'approssimazione di Prodi e delle pressioni di Visco su Berbizier!
Andrea, erano carichi come sveglie. Secondo me alla fine si sentivano svuotati come se avessero perso 5 anni di vita, ma contemporaneamente sollevati: è passata, non sono stati umiliati, è finita, basta. Strani scherzi che fa la testa alle gambe.
I ragazzi non hanno (quasi) nulla da imputarsi da un punto di vista tecnico, e in ogni caso gli errori fatti li hanno recuperati alla grande con una partita senza risparmo (fino ai 22m avversari); gli manca solo un bit di grinta e determinazione in più, devono finirla coi timori reverenziali, di aver paura di vincere le partite alla loro portata, come succede già al Sei Nazioni (quasi sempre, ricordo il pari al Millennium contro il Galles).
Qui a mio avviso è fondamentale il lavoro di un coach "non latino" (che se ne freghi cioè di blandire le nostre fisime psicologiche).
Unito alle per me meritorie esperienze che molti dei nostri si stanno facendo all'estero: l'Argentina così è cresciuta (anche se le caratteristiche di "tostaggine" psicologica i gauchos le possiedono intrinseche).
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