Hands away!
E’ l’avvertimento che l’arbitro lancia a quelli che si gettano in ruck: un richiamo a seguire le regole dopo un momento di apparente anarchia per recuperare il pallone dopo un placcaggio con l’uomo portato a terra. E’ l’avvertimento che, nel nostro piccolo – noi che amiamo questo sport per quello che rappresenta, senza cadere nelle polemiche stile “che ci fa l’Italia nel 6 Nazioni?” – rivolgiamo alla classe politica. Perché questi hanno deciso di infilarsi nella ruck senza passare per il gate di accesso.
Storia nota: l’Italia e la Celtic League. Storiella italiana: se c’è una formazione del Nord, deve andarci pure una del Centro – Sud. Ben vengano, a patto che non sbarchino Oltremanica per prendere cantonate, una dietro l’altra. Ci si è messa la politica: la Lega sponsorizza il Veneto, qualcun altro, in modo trasversale, una franchigia di Roma e dintorni. Signori, via le mani.
La Fir sta gestendo la cosa come sta gestendo tutto il resto: male. Perché in questi giorni è partita pure la campagna per candidare il nostro Paese ai Mondiali del 2015. Il tempismo la fa da padrone da quelle parti.
Facciamo un passo indietro nel tempo: l’Italia entra nel prestigioso torneo europeo dopo una lunga gavetta e tenendo la testa bassa, umile e pensando a giocare. Una rincorsa lunga, una mischia combattuta contro pack potenti e composti. Noi, un po’ alla sbaraglio magari, ma pronti a dire la nostra. E così è stato. Tutto il contrario di quanto sta avvenendo oggi. Con tanta gente che parla e tanti che dicono la loro, senza rispettare le regole.
Ora c’è la questione della Celtic League. I bresciani, tra le altre cose, non ci stanno, vorrebbero una loro rappresentanza e si sono appellati addirittura al ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, che è di origine bresciana. I veneti hanno la Lega, a Roma hanno i poteri forti. Sta uscendo un pasticcio che nulla ha a che vedere con il rugby, disciplina dalle regole precise e dove non sono ammessi scherzi, pena un contrappasso.
La versione di Abr
"No Hands!" ha il significato spiegato dal Socio ma e' anche un avviso per chi ha effettuato il placcaggio: via le mani dall'avversario, rotola via e alzati in piedi, gioca non "sotto" ma allo scoperto.
In tale ottica, di "venire allo scoperto", va colto il positivo della fazenda portata in evidenza dal Socio: se la politica s'immischia, beh e' un segnale che l'impatto del rugby tra la gente ha superato la soglia minima dell'attenzione un tempo riservata al calcio e a poco altro.
Vero e' anche, dato che di Lega si parla, che potrebbe trattarsi di un riflesso condizionato, scaturito per via dell'aggettivo sensibile "Celtico" ... Fuor di battuta, l'interessamento e' un segnale forte della diffusione dello sport che amiamo nella "Padania" di Bossi e seguaci.
Per la cronaca la Lega, per via del parlamentare Fava ex tallonatore mantovano, pare interessata a sponsorizzare le sorti dei cosiddetti Aironi, la "federazione" tra Parma lato Gran, Colorno e Viadana che pare abbia intenzione di installarsi a Reggio Emilia.
Il problema di costoro e la conseguente necessita' di "tutela politica" e' presto detto: posti in Celtic per italiane pare ce siano solo due e uno dovrebbe andare a Roma, dove la Fir ha piantato le tende da dieci anni a questa parte; l'altro pare "prenotato" da Treviso, la quale si muove autonomamente al riguardo gia' da un paio d'anni (quando usci' dalla Lire, la Lega che organizza il Super10, seguita dal Calvisano) e ritiene per bocca del suo DG Vittorio Munari di aver sponsor, strutture, organizzazione e soldi per potercela fare pressocche' da sola.
Va detto che la cosa probabilmente non dispiace alla Fir, che i soldi da investire in due franchigie non li avrebbe e che cosi' potrebbe dedicarsi a come "rinsanguare" la sola selezione romana.
Senza nulla togliere alla diffusione del rugby nella Bassa Padana e Via Emilia e alla solidita' degli sponsor che appoggerebbero la candidatura degli Aironi in Celtic (il Monte dei Paschi), la scelta della Marca come sede di una delle due franchigie risponde non solo a logiche economiche e organizzative: essa e' parte della regione dove il rugby giocato e' diffuso e parte del costume locale.
Inoltre proprio a Treviso la Lega e' extra strong e neppure Bossi in person potrebbe pensare di mettersi di traverso nei confronti dei Ras locali Gobbo (altro vecchio rugbista) e Gentilini; giocoforza gli strali del deputato mantovano si indirizzino verso l'altra candidata "in pectore", sul bersaglio classico di "Roma Ladrona". Dopotutto, afferma, ospitano gia' il Sei Nazioni ogni anno in esclusiva e nessuno glie lo toglierebbe.
Che ci siano poi pressioni anche per favorire i veneti "non trevigiani" autoproclamatisi Dogi - Padova, Rovigo, Venezia - non risulta se non da quache soffiata giornalistica locale. Sarebbe anche plausibile visto l'autolesionismo campanilista strapaesano che affligge in Nordest e in generale tutta l'Italia, ma ad oggi e' piu' porbabile sia parte di un gioco di posizionamento locale per alzare il prezzo, in vista di una inevitabile convergenza dei Veneti tutti verso Treviso.
Forse un equivalente gioco di posizionamento e' anche quello degli Aironi: anche se la Fir intende spingere verso Roma, da qualche parte i giocatori di livello che Roma non ha in massa, li dovra' pur prelevare: tolte appunto le venete e anche le straniere, potrebbero attingere solo dai bacini significativi della bresciana Calvisano protetta dalla Gelmini (sei nazionali) e appunto nella Bassa Padana.
Nel gioco per l'ingresso in Keltia, lo sottolinea il Socio, s'innesta la questione della candidatura italiana ad ospitare i mondiali 2015 o 2019.
Li' le fidejussioni necessarie sono ben superiori agli otto milioni di euro necessari per la Celtic, sono nettamente aldila' delle capacita' economiche della Fir e di qualsiasi Federazione per quanto ricca: senza appoggio concreto e fattivo dei Governi non si puo' manco pensare di partecipare.
Quindi e' logico e anzi doveroso che la politica e i politicanti intervengano e si facciano avanti con la classica logica del do ut des (o del "qui pro quo" o del lobbying come direbbero gli inglesi) che li caratterizza.
Logico e doveroso che i politicanti dello sport (la presidenza Fir) ascoltino e ci ragionino sopra. Qui i "conflitti di interesse", le lobby e le convenienze giocheranno sicuramente un ruolo: Dondi e' di Parma, la Fir e' interessata a rilevare lo Stadio di Reggio dal concordato fallimentare in cui versa; per quanto riguarda la Celtic League stessa, la sensazione dati i tempi che corrono e' che non si formalizzerebbero piu' di tanto ad estendere il numero delle italiane, magari in fasi distinte: basta il "cash in hand", l'audience televisiva e ricadute turistico-pubblicitarie certe.
Per adesso la Fir del presidente Dondi promotore della candidatura ha ottenuto solo un generico "appoggio", ribadito a Guy Lapasset presidente Irb da un sottosegretario di medio profilo, mentre l'analoga candidatura inglese ha trovato l'esplicito appoggio di Gordon Brown in persona.
Questo intreccio a volte inestricabile tra sport, soldi e politica risveglia inevitabilmente l'orticaria nella gente che ama il confronto il piu' possibile leale e a viso aperto caratteristico del nostro sport; e' quasi un "dammi tregua", rispetto alla sporcizia e ai compromessi del quotidiano. Solo, quando si esce dal dilettantismo puro purtroppo ci sta anche questo e bisogna saperci fare i conti. Gli inglesi ad esempio ne sono i maestri.
Abr
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