domenica 20 settembre 2009

Si chiude il sipario e gli All Blacks tornano in scena

Wellington, New Zealand 33 - 6 Australia

New Zealand: Mils Muliaina, Cory Jane, Isaia Toeava, Ma'a Nonu, Joe Rokocoko, Daniel Carter, Jimmy Cowan, Kieran Read, Richie McCaw (captain), Adam Thomson, Tom Donnelly, Brad Thorn, Neemia Tialata, Andrew Hore, Tony Woodcock.

Replacements: Aled de Malmanche, John Afoa, Jason Eaton, Rodney So'oialo, Brendon Leonard, Stephen Donald, Hosea Gear

Australia: James O'Connor, Lachie Turner, Adam Ashley-Cooper, Berrick Barnes, Drew Mitchell, Matt Giteau, Will Genia, George Smith (captain), David Pocock, Rocky Elsom, Mark Chisholm, James Horwill, Ben Alexander, Tatafu Polota-Nau, Benn Robinson.

Replacements: Stephen Moore, Pek Cowan, Dean Mumm, Wycliff Palu, Luke Burgess, Quade Cooper, Peter Hynes.

Ref: C. Joubert (SA)

Il posto dietro la gloria: è quello che si giocavano Nuova Zelanda e Australia in quel di Wellington, destinati a rincorrere il Sud Africa campione del Tri Nations 2009. L'epilogo di un torneo che sa snervare: per la lunghezza, per le lunghe trasferte, per i duri colpi che non si risparmiano in campo. Alla fine sono gli All Blacks a togliersi la soddisfazione di una bella vittoria contro i poveri Wallabies, ancora alle prese con tanti problemi da risolvere in fase di mischia chiusa e sulle rimesse laterali dove i neozelandesi, ancora da tarare in merito, hanno fatto una buona figura: dieci rimesse su dieci portate a casa, mentre gli ospiti in touch si sono praticamente affidato a Nembo Kid Rocky Elsom per non rischiare più del dovuto.
Graham Henry può respirare nuovo ossigeno grazie ad una Dan Carter ormai rientrato a pieni ritmi nel rugby australe e ad un Ritchie McCaw tornato ad essere il sostengo vivente che ha fatto grandi le folate offensive dei suoi compagni. E' finita 33-6 con la Nuova Zelanda che presto prende il comando della partita e non lo molla più: l'Australia va a segno solo con un piazzato di Matt Giteau e un drop di Berrick Barnes, poca roba di fronte ad avversari che hanno deciso di limare le lance. Dall'altra parte si contano le mete di Cory Jane (ottima partita la sua, come la sua meta), Ma'a Nonu e Joe Rokocoko, più i 18 punti al piede di Carter.
La meta di Jane, dicevamo, spiega bene l'andazzo dell'incontro. Arriva al 31', quando i padroni di casa sono già in vantaggio di tre punti (9-6), ma con un uomo in meno per un giallo a Toeava per un placcaggio alto che Henry commenta dal suo box scuotendo la testa. L'Australia è sotto di un calcio e sopra di un uomo, teoricamente gli uomini di Deans dovrebbero prendere in mano le redini ed invece mostrano di non essere solidi come dovrebbero.
Si spiega subito: up-and-under di Carter che spinge il gioco nella metà campo avversaria, dove a presidiare il territorio c'è il giovinciuffo JD O'Connor che si vede arrivare contro il l'ala kiwi: il primo non accenna nemmeno ad andare a saltare per contrastare l'uomo, Jane invece acciuffa l'ovale e si apre la strada per andare in meta. Una scena già vista un sacco di volte in questo Tri Nations, made in Sud Africa. E che è risultata sempre utile per mettere punti in cascina. Si va sul 14-6 e si capisce che ormai l'incontro è chiuso. Saracinesca abbassata, per il semplice fatto che i Wallabies non hanno lo sprint dentro di loro per ribaltare la brutta faccenda.
Nella serata neozelandese c'è da sottolineare anche la prestazione dell'arbitro, il sudafricano Joubert che non perdona l'infrazione della prima regola della ruck: il placcatore deve allontanarsi. Chissà quanti calci sarebbero piovuti in tutti gli altri incontri che gli arbitri di turni avessero tenuto a mente la regola.
Si va negli spogliatoi così, sul 16-6 (c'è il calcio di Carter) dopo 40' comunque vivaci e belli. Il secondo tempo, per certi versi, non ha proprio più nulla da raccontare, bisognerà attendere prima di vedere un'azione offensiva che porti punti da una delle due parti del fronte. L'Australia non ha ossigeno, le gambe non corrono e il cervello non pensa. La fanteria di Henry prende di mira i trequarti avversari e ancora O'Connor, che finisce per concedere un turnover rimanendo isolato: punizione per Carter, altro allungo sul 19-6.
I neozelandesi invece corrono, sempre con gli uomini a sostegno e non mollano nell'area del breakdown: hanno deciso che andava chiuso un brutto capitolo estivo (invernale down under), mettendo sul piatto tutte le loro abilità. L'Australia prova a rialzare la testa solo quando il cronometro segna il 71', grazie a Palu e Mitchell che tentano di scardinare le linee difensive, quasi riuscendoci, ma gli All Blacks chiudono bene tutti gli spazi e si chiudono senza soffrire. Quattro minuti più tardi, la meta che chiude anche ufficialmente i conti.
Va in segna l'incredibile Hulk, Ma'a Nonu, che quando corre di traverso è forse il peggiore giocatore che abbia vestito negli ultimi tempi la divisa tutta nera, quando invece va dritto scatena tutta la sua potenza. Attacca frontalmente, buca la difesa superando due placcaggi, tre uomini si buttano su di lui. Ma il centro neozelandese allunga il braccio ormai a ridosso della linea di meta e mette il pallone nel posto giusto al momento giusto. Trasformazione di Carter: a cinque minuti dalla fine il punteggio è di 26-6. Cinque minuti più tardi mette la firma pure Rokocoko dopo una bella azione costruita dai suoi colleghi di mischia.
La cifre di fine incontro dicono che i neozelandesi hanno corso 113 volte, contro le 55 australiane. Che hanno guadagnato 425 metri correndo, i Wallabies si fermano a 226. E ancora: per l'Australia 134 placcaggi, 66 per la Nuova Zelanda. E per concludere: gli All Blacks vincono 101 ruck su 110, i Wallabies 40 su 50.
Breakdown e corsa da una parte, una fortuna in sforzo fisico spesa dall'altra. Insomma, gli All Blacks si sono divertiti a giocare al gatto col topo. Come ai vecchi tempi. Il risultato di ieri è drammatico per l'Australia, che ha vinto solo due delle ultime 14 partite valide per la Bledisloe Cup. E salgono a dieci di fila le sconfitte sul suolo neozelandese. Numeri che hanno una logica.

2 commenti:

Abr ha detto...

Già, l'armata dei giovincelli ausraliani di buone speranze ripassa in disordine quel Mar di Tasman traversato poc'anzi con tracotante sicurezza ..

Fai bene a sottolineare due fatti: l'ottimo arbitraggio di Joubert (il migliore di tutti a mio avviso) e la forza nel breakdown degli All Blacks. F
orza che non è mai venuta meno: in tutte le partite tranne la prima col Sudafrica, sono sempre risultati migliori nei numeri delle ruck, peccato che rovinanvano quel gran bel lavoro con poca sicurezza in fase di possesso, palle perse nell'handling e disastri nelle fasi "comandate" di recupero palla (per prima la rimessa laterale).
O forse, questi Wallabies devono ancora succhiare tanto latte prima d irappresentare una minaccia seria come quella dei Bokke nella tana neozelandese.

ringo ha detto...

Come dire, socio: hanno il pane, ma non ancora i denti. Le poche volte che sono riusciti ad imbastire una azione pericolosa, hanno mostrato un approccio mentale lento, disordinato. Quasi pensassero: "Ok, ci proviamo. E se dovessimo riuscirci, poi, che accade?". E' logico che lo facciano: devono maturare. L'augurio è che la federazione aussie non voglia bruciare i tempi. Anche se occorre al più presto trovare armonia.
Sugli All Blacks: concordo in pieno. E forse non è un caso che non appena McCaw è tornato a carburare, nei breakdown si è visto il cambiamento. Attendiamo novembre, a questo punto.

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