sabato 14 novembre 2009

Asfalto azzurro e farsa arbitrale


Stadio San Siro, Milano - Italia 6 - 20 New Zealand

Italia: 15 Luke McLean, 14 Kaine Robertson, 12 Gonzalo Canale, 13 Gonzalo Garcia, 11 Mirco Bergamasco, 10 Craig Gower, 9 Tito Tebaldi, 1 Salvatore Perugini, 2 Leonardo Ghiraldini, 3 Martin Castrogiovanni, 4 Carlo Antonio Del Fava, 5 Quintin Geldenhuys, 6 Alessandro Zanni, 7 Mauro Bergamasco, 8 Sergio Parisse (capitano); Rimpiazzi: Fabio Ongaro, Ignacio Rouyet, Antonio Pavanello, Simone Favaro, Simon Picone, Kristopher Burton, Alberto Sgarbi
New Zealand: 15 Cory Jane; 14 Ben Smith, 13 Tamati Ellison, 12 Luke McAlister, 11 Sitiveni Sivivatu; 10 Mike Delany, 9 Andy Ellis; 1 Wyatt Crockett, 2 Corey Flynn, 3 Neemia Tialata, 4 Tom Donnelly, 5 Anthony Boric, 6 Liam Messam, 7 Tanerau Latimer, 8 Rodney So'oialo (capt); Repl.ts: Andrew Hore, John Afoa, Jason Eaton, Richie McCaw, Jimmy Cowan, Stephen Donald, Mils Muliaina
Arbitro: Stuart Dickinson (Australia)


Nella cornice degli ottantamila che hanno riempito San Siro, si è giocato a rugby per 70 minuti. Negli ultimi dieci, si è andati a fare la guerra in un fazzoletto di terra a ridosso dell'area di meta neozelandese. Nessun fante, solo uomini con i cingolati per uno scontro epico di mischia, dal quale è uscita vincitrice l'Italia. All Blacks fatti neri, Tialata cacciato fuori perché sotto la pressione della prima linea azzurra non stava composta, cercava di dimenarsi come un cinghiale in trappola. Superbe scene da film di guerra, come ai tempi in cui c'erano degli italiani che si infilavano sotto i carri armati inglesi e li facevano saltare in aria. E' mancata solo la meta tecnica che l'arbitro, l'australiano Stuart Dickinson, non ha voluto dare dopo dieci-minuti-dieci di mischia una di seguito all'altra. Sarebbe stata l'apoteosi, il cedimento su tutta la linea degli otto avanti di Graham Henry. Chissà se agli antipodi dell'Italia, nella notte più buia che mai, si siano guardati in faccia domandandosi: ma con chi diavolo abbiamo a che fare?
E' finita che gli All Blacks hanno vinto. Ma hanno fallito l'obiettivo: prima del match sotto il cielo grigio milanese, avevano fatto intendere che puntavano ad uno scarto di almeno 21 punti, mentre stampa specializzata e bookmakers convergevano quasi unanimi sullo scarto superiore ai 15 punti. Hanno sbagliato tutti, di poco sul punteggio, di gran lunga per quel che s'è visto in campo. 

Merito da una parte di una grande prestazione difensiva e davanti degli uomini di Mallett; dall'altra di una modestia fin troppo imbarazzante dei kiwies. Non c'entra il fatto che fossero le seconde linee quelle schierate: c'entra il fatto che la Nuova Zelanda si trova, dopo tanto tempo, a fare i conti con i passi indietro, anziché in avanti. E c'entra probabilmente il fatto che il gap tra emisfero Nord ed emisfero Sud si è ristretto. E l'Italia si è fatta trovare pronta, dando il suo contributo ad un mese di novembre esaltante. Tutti ottimi presupposti per presentarsi al 6 Nations con il vestito buono per la festa.


Mischia: la regola non scritta del rugby dice che se una squadra ha una grande mischia, può andare ovunque. Le regole del rugby sono fatte per essere rispettate. Così è stato sul campo di San Siro, dove i segni della battaglia rimarranno impressi a lungo. Un inizio scoppiettante, esaltante, subito all'offensiva per far intuire ai neozelandesi che non sarebbe stata una passeggiata. Che Graham Henry ci abbia preso sottogamba? Difficile crederlo quando si è sulla panchina di una nazionale che in patria non è così ben vista, quindi cosciente del fatto che una sconfitta - eh sì, parliamo pure di sconfitta - avrebbe significato troppo. Eppure, la bandiera a lutto c'è e sta dalle parti della mischia.
Iniziamo bene, con un calcio di Gower che ci porta sul 3-0 dopo tre giri di lancette. Subito una cosa da notare: le fasi di raggruppamento, con gli Azzurri puntuali negli appuntamenti con le ruck. Le maul su rimessa laterale sono fatto consolidato, ma tenere a freno la Nuova Zelanda nella contesta a terra dell'ovale non è mai facile. Il pareggio arriva pochi istanti più tardi con McAlister, chiamato a prendere il posto di Carter dalla piazzola. E vanno avanti così i neozelandesi, a calci. Anche per cercare di smuovere un gioco che ogni minuto che passa si fa sempre più serrato. La trincea degli italiani è salda, compatta e, soprattutto, stretta. Non permette le folate offensive che poi si tramutano in guai seri. Ben bilanciati, fuori e dentro la mischia. Dove Castrogiovanni ingaggia il duello con con Crockett: povero spilungone, quel ciuffo di capelli italo-argentino lo sognerà in qualche incubo, c'è da scommetterci. La prima linea AB non entra mai in modo pulito e Dickinson avrebbe dovuto prendere provvedimenti ben prima del giallo sventolato a Tialata (reo di un tagliafuori grosso come una casa su Gower non sanzionato) solo al 77'. Oltre il danno, anche la beffa: perché quella meta tecnica era iscritta nelle leggi, quelle scritte stavolta, del rugby. Ma l'australiano forse non se la rammentava.
E' andata a finire 20-6 per la Nuova Zelanda perché gli ospiti hanno portato a casa il bottino grosso nell'unico momento un po' così dei nostri: corre il minuto 26, Gower - gran placcatore, giusto per ricordarlo - si affida ad un calcio per entrare nel 22 avversari, la palla è però All Blacks e via che monta la marea nera. Alle guardie italiane riesce però la ridotta nella propria area dei 22. Ne esce una mischia: un po' di qua, un po' di là, un po' indietreggiando la Nuova Zelanda trova il varco con Corey Flynn e segna l'unica meta dell'incontro. A McAlister non riesce la conversione: 11-3.
Ma non è il colpo che tarpa le ali ai nostri: affidandosi allo skipper Parisse, ci si riversa in avanti e nella zona calda presidiata da una difesa ospite non eccellente come dovrebbe essere quando si tratta di assorbire il rigurgito di orgoglio di quindici uomini che si sono ritrovati con una cannonata in casa, ma le fondamenta ancora ben salde. E' il leit-motiv di Italia-Nuova Zelanda: non si capitola, si tiene il fronte aggirando il nemico, mandando avanti le truppe corazzate perché è nella mischia che gli italiani trovano la loro identità. Perugini-Ghiraldini-Castrogiovanni; Del Fava-Geldenhuys; Zanni-Bergamasco-Parisse, l'uomo in aggiunta anche sulle rimesse laterali da dove costruire, come detto prima, i carretti da spingere sempre in avanti.

Al ritorno in campo, il massimo vantaggio AB con il 17-3, sempre dal piede di McAlister, per uno spear tackle che costa il giallo a Garcia. Ma l'uomo in meno, non si farà sentire. E non è roba da poco. Molti degli ottantamila al San Siro, probabilmente a digiuno di rugby, si saranno chiesti ad un certo punto cosa stesse accadendo, perché si avesse la sensazione che il gioco si fosse fermato. Fasi confuse? Non proprio: fasi necessarie per rimettere in piedi la strategia, roba che si vede spesso nel rugby. Nonostante quei 14 punti di svantaggio, l'Italia potrebbe addirittura coltivare sogni di gloria, dal momento che davvero a questa Nuova Zelanda manca qualcosa: manca anche un buon registra, un mediano di mischia che sia in grado di dettare i tempi di ripartenza. Ellis non è l'uomo giusto, colpa anche della pessima protezione che i suoi avanti gli forniscono nelle ruck. Le faine azzurre sono dietro l'angolo a braccare la preda.
Si gioca lì e non ci si schioda. Cowan è chiamato a dare respiro all'azione dei suoi, ma non è facile. Agli Azzurri non manca l'inventiva, come quel calcetto di Parisse che poi raccoglie il pallone e lancia la carica. Manca il cinismo della gestione del pallone, anche se non sono più gli Azzurri spreconi di qualche stagione fa. Addirittura, talvolta l'eccesso di fiducia non è giustificato, nonostante la bella partita: come nel caso di Gower nei primi 40', quando preferisce giocare una rimessa piuttosto che calciare tra i pali per tre punti comodi.
Ciò che è stato, è stato. L'Italia sente profumo di meta anche se la Nuova Zelanda si garantisce un altro piazzato: McAlister infila gli ultimi tre punti del match, 20 - 6. E allora sale una musichetta fatta di pezzi pesanti. Prima, però, una folata nostra, con Canale che è lì per lì per andare in meta, sostenuto dai trequarti. Non si va, non si passa nemmeno sotto i pali, a un palmo dalla marcatura grossa. Anche gli AB sfiorano la loro seconda cinquina, ma hanno la frenesia contro di loro sotto riga. 

Sic rebus stantibus, va in scena il dramma, nel senso di spettacolo, finale. Che si trasforma in farsa quando Dickinson proprio non se la sente di concederci la ciliegina sulla torta con una meta tecnica lampante, chiara, evidente, sacrosanta, di diritto. Imbrigliamo la mischia neozelandese a cinque metri dalla loro linea di meta. Il pubblico si scalda, la sera scende su Milano e i kiwies sono neri, molto neri. Come lo sguardo di Tialata cacciato dall'arbitro australiano dopo l'ennesimo angolo di impatto non rispettato. Più Dickinson fischia, più Parisse dice che si torna in meta. Prima o poi arriverà, o no, questa meta? No, non c'è. Non arriva. Non si passa perché la mischia neozelandese non rispetta i patti di ingaggio. Si stappa, si stacca, si arrotola in quel fazzoletto di terra che in Nuova Zelanda avranno maledetto. "You must take a decision", si sente dire dal nostro capitano a Dickinson quando la partita si è appena conclusa. Ma il giudice aussie non gli risponde nemmeno, guarda altrove, sa che è Parisse ad avere ragione.
Pazienza: nel rugby si prende e si porta a casa. Noi la sconfitta che comunque sarebbe arrivata ma la soddisfazione di aver fatto bene. Loro una mischia asfaltata. Alla faccia di chi dice che la mischia è solo un modo per far ripartire il gioco. Di certo, da lì si riparte in direzione Udine per affrontare gli Springboks sudafricani.
Ps: gli All White, la nazionale di calcio neozelandese, nella notte si è qualificata per i Mondiali in Sud Africa. Giusto per la cronaca.

8 commenti:

Massimo Coppa Zenari ha detto...

Grandissima emozione, a tratti mi sembrava di sognare: di fronte a quel po' po' di avversario c'era un'Italia che non si arrendeva, lottava e stringeva i denti su ogni pallone, ed anche tecnicamente si dimostrava eccellente, specie nella mischia e nella maul, le sue storiche specialità. E quei dieci minuti finali... Che belli! Peccato per la meta di penalità non concessa. Ma se l'Italia continua a giocare così, possiamo fare un Sei Nazioni più che dignitoso.

sanzen ha detto...

Dopo gli AB e qualsiasi altra squadra di grande valore si pone il problema se guardare, dalla nostra parte, il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Mezzo pieno: abbiamo messo in seria difficoltà degli AB leggermente supponenti e qualche volta sprovveduti con una buona prova dopo mesi (tanti) di attraversata del deserto. Mezzo vuoto: era la giusta occasione per vincere, con umiltà e grande determinazione. Queste occasioni non passano molte volte. Spettacolo di pubblico e di neofiti alla deriva AB :-)))

Abr ha detto...

Grandissimo display difensivo Massimo, e un paio di folate offensive invero interessanti. Più quei dieci minuti finali che entreranno nella storia, Anche in quella arbitrale purtroppo.

Abr ha detto...

Già sanzen, il bicchiere mezzo pieno: la prossima volta tutti quelli che arriveranno da noi dovranno essere un filino più concentrati, non più rischiare di perdere affidandposi solamente alla nstra indisciplina e a un arbitro francamente poco competente.
E quello mezzo vuoto: latitiamo ancora in attacco, dove siamo timidi (Gower, del resto consumato da un display difensivo pricipesco) o ci manca quell'ultimo sporco metro (Canale).

Anonimo ha detto...

A quanto pare non tutti gli anglosassoni sono la BBC.
Da Planet Rugby, sezione "Losers" del weekend:

Stuart Dickinson, a man that always appears to the spectator to have a different copy of the Laws to anyone else in the game, transmogrified himself from his usual petty pedantry, to absolute craven cowardice. In short, he bottled it, and not for the first time at this level.

The reason? As the All Blacks crumpled against a far superior scrum they conceded seven red zone penalties. Try as they might to deliberately wheel, disrupt and prevaricate, the All Blacks were destroyed as the Italian pack showed more power than their national Government has ever managed, ripping the All Blacks apart as they relentlessly pushed to the try line.

Dickinson allowed the All Blacks to get away with murder; there's little doubt if the All Blacks had been pressing like that then he'd have run under the posts. As it was Tialata got a deserved yellow, but there were other cards that should have been dealt out, notably to the AB blindside flank for deliberately detaching and handling. Italy walked away with nothing thanks to Stu, a lot less than they deserved.


Non dico nulla sulla partita ampiamente coperta dai 2 padroni di casa.
mi sia concessa però una licenza retorica:
io sabato mi sono sentito parte di un piccolo pezzo di storia del rugby!

Abr ha detto...

l'abbiamo letta in contemporanea forthose, anzi io in leggerissimo anticipo: leggi il prossimo post ... :)

Abr ha detto...

Quanto alla storia, ebbene si lo ammetto, pur'io.

for those... ha detto...

Ops, scusa abr, il mio commento sarebbe dovuto essere per l'altro post! E' che sono tornato a casa domenica sera e ho letto tutto di fretta e ancora in preda all'emozione! ;-)

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