sabato 6 febbraio 2010

6 Nations 2010: Twickenham fa festa, a Cardiff cercano uno psicologo


England 30 - 17 Wales; Twickenham Stadium, London

England: D Armitage (London Irish); M Cueto (Sale Sharks), M Tait (Sale Sharks), T Flood (Leicester), U Monye (Harlequins); J Wilkinson (Toulon), D Care (Harlequins); T Payne (Wasps), D Hartley (Northampton), D Wilson (Bath), S Shaw (Wasps), S Borthwick (Saracens, capt), J Haskell (Stade Francais), L Moody (Leicester), N Easter (Harlequins)

Replacements: S Thompson (Brive), D Cole (Leicester), L Deacon (Leicester), S Armitage (London Irish), P Hodgson (London Irish), D Hipkiss (Leicester), B Foden (Northampton)

Wales: L Byrne (Ospreys); T James (Cardiff Blues), J Hook (Ospreys), J Roberts (Cardiff Blues), S Williams (Ospreys); S Jones (Scarlets), G Cooper (Cardiff Blues); P James (Ospreys), G Williams (Cardiff Blues), A Jones (Ospreys), A-W Jones (Ospreys), L Charteris (Newport Gwent Dragons), A Powell (Cardiff Blues), M Williams (Cardiff Blues), R Jones (Ospreys, capt)

Replacements: H Bennett (Ospreys), R Gill (Saracens), B Davies (Cardiff Blues), J Thomas (Ospreys), R Rees (Cardiff Blues), A Bishop (Ospreys), L Halfpenny (Cardiff Blues)

Referee: Alain Rolland (Ireland)

I casi sono due: o Dio dovrà proteggere Stephen Jones al quale probabilmente stanno già dando la caccia in tutto il Galles; o Warren Gatland spedirà Alu Wyn Jones (obbligatorio sottolineare i nomi quando si affrontano i Red Dragons) in un centro di recupero per malati di mente. Sia chiaro, l’arcigna Inghilterra di Martin Johnson se l’è meritato il derby di Twickenham, onorato dalla bella maglietta old style degli inglesi in onore dei 100 dello stadio. Però quell’uomo in meno per gli ospiti, a cavallo tra il primo e il secondo tempo, ha fatto la differenza; lo prova il fatto che i gallesi siano riusciti a recuperare quasi tutto il decalage una volta tornati in parità numerica, per venire affondati in pieno forcing dallo sfortunato passaggio di Stephen atteso al varco da Delon (Armitage). Orbene, sarà interessante vedere i crociati di re Giorgio al Flaminio la settimana prossima (il morale non certo super dei nostri contraposto alla iper confidence raggiunta dagli albionici stasera: da paura!); ma sarà anche interessante tener sott’occhio questo Galles, uscito sconfitto ma forse non domo.

Il mastino Haskell - Ultimamente non è facile andare sotto 20-3 in casa dei tutti bianchi. Che hanno una pedina mica da ridere in campo, leggasi Jonny Wilkinson. Strana, la vita: Jonny va, torna, si blocca, riparte, ma alla fine la sua assenza continua a pesare. Tanto che quando mette piede in campo, tutta l’Inghilterra riesce a ritrovarsi. Ovviamente quando può contare sui compagni "giusti", non come in novembre. Magari il trio di ex-Falcons composto da lui, Tait e Flood schierato stasera da Johnson. Prendete anche Borthwick, il capitano under pressure: se ne è uscito da una ruck con la palla in mano, l’ha consegnata a Danny Care con quella faccia un po' così che si porta dietro e ne è uscita una meta. Una delle tre che hanno fatto esultare i tifosi di casa, mentre il management gallese pareva disperso. Storie di rugby e di rivalità che corrono tra i due angoli della Gran Bretagna.

La follia di Jones, Alu Wyn - E poi c’è la doppietta di Haskell, un animale vero e proprio. Perché se da parte gallese Powell è una furia riciclata positivamente flanker dal numero 8, lo skipper di Johnson ha fisico, mente lucida, gambe. È lui il primo a varcare la trincea che il Galles si trova tre volte a dover costruire sulla linea di meta. Per due volte Rolland fischia una mischia ad introduzione inglese ai cinque metri contro il pack gallese ridotto in sette, alla terza non occorre: assalti continui, Martyn Williams si aggrappa a qualsiasi cosa ovale vede nei dintorni, ma nell'extra time del primo tempo Haskell sbuca sul lato chiuso e spazza via pure Moody che era lì a dargli una mano. Il primo tempo si conclude nel peggiore dei modi per un Galles in 14. Perché poco prima AW Jones poco dopo la mezz'ora faceva uno sgambetto ad Hartley sotto gli occhi del giudice irlandese. Cartellino giallo al 35’ con il punteggio fermo sul 6-3. Nel conto mancano due piazzati dalla lunga sbagliati da Hook, cui seguiranno i tentativi, uno su due con esito positivo più due trasformazioni, da Stephen Jones. Wilko invece non sbaglia mai, figuriamoci, ne metterà a segno tre più tre trasformazioni.

Bel match, non c’è che dire: l'Inghilterra parte con prolungati tentativi di sfondare la linea e insiste nel possesso, ma alla fine è costretta a impiegare anche il piede di Wilko e i grabber di Care per avanzare. Il Galles si difende abilmente ma non riesce a mettersi sul piede avanzante per lo stallo in mischia, la aggressiva difesa inglese e le difficoltà in touch. Equilibrio totale non fosse stato per il momento di follia di uno dei tanti Jones in campo.

Il sussulto di Jones, Adam - Tre minuti nella ripresa: mentre Alu Wyn si scalda a bordo campo per rientrare, Delon Armitage e Danny Care imbastiscono il presunto colpo del ko, prendendo alle spalle la difesa gallese. Shane Williams non corre nemmeno troppo quando si tratta di rincorrere il mediano di mischia inglese, lo insegue dopo averlo visto che lo aggirava. A quel punto è troppo tardi e la frittata è fatta, siamo venti a tre, la bojata del Jones più alto si paga con 17 punti. Il Galles ha il sussulto e si getta all’attacco. Più fasi di gioco d'arrembaggio basate su corse ad impattare le guardie inglesi e ripartenze veloci al centro e al largo; classico gioco gallese, in quattro o cinque a penetrare veloci tagliando angoli diversi per offrire più opzioni al passatore. In tale modulo è indispensabile il ripiazzamento veloce, mentre spesso capita che i gallesi si trovino ammucchiati e passino all'improvvisazione pura, ma gli skill non gli mancano. Finché, rodendo terreno, arrivano nei pressi della meta e la va a segnare Adam Jones, il quasi sosia (anche come classe) di Castrogiovanni, un armadio a due ante e mezza con i riccioli e barba al vento, che per un attimo pensa di consegnare il malloppo a Shane Williams in sostegno al largo, poi no: faccio io. Il titolare dei Lions non segnava una meta nel Sei Nazioni da sei anni.

Il regalo di Jones, Stephen - La pressione gallese non si placa con la prima meta: dopo qualche minuto di calma apparente, quelli in cui l’errore costa caro, Hook attacca la linea, lascia sul posto Tait, si libera con un frontino di Care e si allunga per la meta del 20-17. Rivincita non male per l'ex alternativa di Jones (Stephen) in nazionale e ultimamente "retrocesso" a centro o estremo anche nel club. Al 71' il Galles è vivo e vegeto, "alive and kicking" in english. I dragoni non demordono proprio, l’Inghilterra invece pare sulle gambe, ma ha sempre vivo il suo "dog spirit". Vecchie angosce, antichi vizi: come quelli di Stephen Jones, uno che ricorda il mitico quarterback Brett Favre, capace di effettuare la partita perfetta sino all'ultimo minuto, quando rovina tutto con un ultimo maledetto intercetto, come successo nelle finali di conference di quest'anno. Ennesima fase, il Galles attacca, palla fuori al largo, arriva a Jones che prova ad aprire appena largo e invece consegna l’ovale ad Armitage in agguato. Serve Flood che lancia Tait, il quale nel giorno del suo compleanno si ricorda chi era al Mondiale del 2007, correndo e scartando; lo sostengono Care, Flood e Haskell. Linea d’attacco totalmente ribaltata dal più classico dei contropiedi (i calciofili letterati adesso dicono "ripartenza"), la terza linea di Johnson con l'ovale servito su un vassoio d'argento va a schiacciare con i suoi già in festa. È il 77’, il match finisce qui, la faccia di Gatland imperturbata come quella di un capo indiano. Wilko ci mette la ciliegina con un piazzato da quasi metà campo. 30-17, Twickenham festeggia al meglio i suoi 100 anni, e non sentirli.

Una vittoria scaccia fantasmi e alza morale per gli inglesi per come è maturata, ma non del tutto convincente: in ogni caso un never surrender in perfetto spirito Churchilliano. Nel primo tempo dominano il possesso per 18 minuti contro nove dei gallesi, grazie anche alla cappella di Alu Wyn Jones; nel secondo tempo saranno inchiodati per 31 minuti nella loro metà campo, subiscono due mete e si sono salvati, con l'inerzia della gara totalmente in mano ai gallesi, grazie al provvidenziale intercetto di Armitage. Fossimo Johnson avremmo di che meditare: grande carattere e sangue freddo ma possesso che funziona solo in superiorità numerica, in parità si avanza solo al piede e si vince col contropiede. Inglesi molto convincenti in rimessa: guidati da Borthwick rubano cinque rimesse su dodici ai gallesi e ne portano giù nove su dieci delle loro; brutte notizie per Ghiraldini & Co.Anche nel gioco al piede, checchè ne dica Gatland le differenze sono minime: 43% dei possessi calciati dagli inglesi (35 palle) contro il 40% dei gallesi (31 palle), con 134 i passaggi dei gallesi contro 111 inglesi.

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