giovedì 17 giugno 2010

Arruolamento tra i celtici

Succede che giungono interessanti notizie da Swansea, dove gli Ospreys hanno reso noto di aver raggiunto accordi con alcuni college locali per allevare nuovi allievi. O meglio, atleti. Il ragionamento della franchigia è molto semplice: i Bridgend College, Neath Port Talbot College e lo Swansea College lavoreranno a stretto contatto con l'Ospreys' Elite Youth Development department per sviluppare e approfondire attività legate al rugby in questi istituti universitari e per garantire un continuo afflusso di giovani giocatori di qualità. La palla ovale entra così prepotentemente nel mondo dei campus in perfetto stile americano.

Presente i film e i telefilm americani che narrano le vicende di cestisti, quarterback alle prese con le fanciulle che di giorno studiano da avvocate e di notte si trasformano in assatanate? Di promesse del baseball che si rovinano il braccio buono facendo a pungi, a braccio di ferro o altro? Ecco, la finzione è portata agli eccessi: pensate molto più semplicemente alle partite della NCAA, la National College Athletic Association che organizza i campionati di basket, football, hockey e tutto il resto.
La struttura non può competere: anzitutto perché questo è un progetto regionale; secondariamente perché al di là dell'Atlantico sono le università ad avere delle squadre, non un terzo soggetto. Però pare proprio una riproduzione in miniatura del modello.
Andrew Hore, l'Elite Performance Director degli Ospreys, ha dichiarato: "Abbiamo già degli ottimi rapporti con questi tre college, ma il nuovo programma ci porterà ad altri livelli". I tesserati del club potranno continuare a studiare e completare i percorsi accademici, "cosa che ovviamente aiuterà a formare persone migliori", e nel frattempo saranno inaugurati nuovi programmi legati sempre al rugby con l'assistenza di uno staff degli Ospreys che si occuperà di tutto, dal sistema di allenamento alla nutrizione.
E' una campagna ad ampio raggio dal momento che permetterà ad addetti ai lavori di mettersi in mostra e di entrare nell'orbita della squadra professionistica. Pensiamo ad un bravo fisioterapista che viene adocchiato e messo sotto contratto. E se in questo modo verrà garantito agli atleti di coltivare la propria educazione - cosa che rende le persone migliori, ripetiamo affidandoci alle parole di Hore -, potrà saltare fuori una chance anche per quello studente che ha deciso di sacrificare la palla ovale per i libri. Il concetto latino per cui mens sana in corpore sano ha trovato piena applicazione.
Parallelismi con l'Italia? Mica per altro la buttiamo lì questa domanda, se non fosse che ormai quando si parla di Celtic League si finisce per tirare di mezzo in ogni modo anche il rugby di casa nostra. Sarebbe interessante replicare, non c'è dubbio: ma la "struttura" sportiva italiana non ha nulla da spartire con quella anglosassone. Di per sé, il concetto sopra citato non trova grande riscontro a livello scolastico (più che educazione fisica, sono partire di calcetto o pallavolo giusto per gustarsi un po' la palestra e non solo le aule con banchi e lavagne), mentre i settori giovanili (dai più piccoli ai grandicelli, quelli che calcisticamente parlando chiameremo Primavera) sono proprietà esclusiva delle società sportive. Ma se il pallone è un caso a sé, con la palla ovale un esperimento - serio - si potrebbe anche tentare: i numeri sono minori, il giro d'affari pure, lo spazio di manovra teoricamente è più agevole.
Se non fosse che magari qualcuno lamenterebbe il fatto che esistono le accademie. Eh, appunto: le accademie...

4 commenti:

Abr ha detto...

Bell'esempio!
Nei Paesi anglosassoni in genere a partire dall'Inghilterra, il rugby UNION fa parte dei programmi scolastici per il suo contenuto educativo (pensare veloci sotto disciplina ferrea e autocontrollo), ragion per cui è rimasto per 100 anni riservato ai dilettanti.

In Italia siamo indietro anni luce: nelle scuole non si fa preparazione sportiva, tranne un minimo di acclimatamento al volley, per (a) impreparazione e inadeguatezza degli insegnanti di edu.fisica, nella media ridotti come gli altri insegnanti a una categoria di assistiti sociali, (b) mancanza di soldi e quindi di strutture e risorse, (c) ritardo culturale: lo sport come terapia per i ragazzi problematici è lasciato al caso e alla strada, la scuola classica vuol insegnar a "pensare", coi begli effetti che vediamo, ad esempio nel web.

Un tempo esisteva una struttura che suppliva alle carenze della scuola nei confronti dello sport organizzato: gli oratori, coi campionati Csi di basket e volley. Oggi non so in che condizioni versino.

Quanto alle società, i vivai non convengono granchè, lo sport giovanile vien portato avanti da volontari, tipicamente genitori o volontari fuoriusciti dagli oratori di cui sopra.
Nel rugby a maggior ragione, dove l'iniziativa privata non piace alla Fir, che vuole i ggiovani col fisico giusto (quelli con papà rugbista, altrimenti vanno al basket, volley o calcio) RACCOMANDATI alle Accademie federali preposte.

E' un bel problema.

GiorgioXT ha detto...

...Che prima o poi si dovrà affrontare!
se pensate che in francia si possono usare 2 ore di allenamento alla settimana come ore curricolari per il liceo ... capirete quanto siamo lontani noi, dove in molte scuole l'educazione fisica è solo teorica.
L'altro GROSSO problema è quello di rendere possibile la convivenza dell'università con la pratica di uno sport ad alto livello.
Nel calcio il problema non si pone (i 15-16enni del Padova Calcio sono già pagati) nel rugby sta diventando un vero cancro, che ci fa e farà perdere fior di giocatori.
La Federazione la sua scelta la ha fatta : per loro a 18 anni (quando si entra a TIrrenia) un ragazzo deve aver già rinunciato allo studio per lo sport.
Ma è un suicidio personale ...e gli altri non fanno così, ma il contrario: nei "centre de formation" francesi si esce a 22 anni o con una laurea breve o avendo fatto formazione professionale da panettiere, macellaio, idraulico, e lo stesso avviene nei paesi celtici , non paliamo in Inghilterra dove il rugby vive nei college ed università..
C'è una speranza , Rinaldo , consligliere del Petrarca e Federale aveva lanciato l'idea di creare delle "borse di studio" destinate non agli studenti, ma alle facoltà universitarie per rendersi più flessibili nei confronti degli atleti; con le ultime ondate di tagli probabilmente diventerà una idea molto interessante per le università stesse...

Abr ha detto...

Già, l'Università, tacevo per carità di patria. I vari Cus so' tipicamente afflitti dalle logiche delle Accademie ...
Il problema dei giovani nel rugby è aggravato dal fatto che ora anche il calcio li cerca alti e forti, i suoi futuri campioni: portieri a parte, controllare le dimensioni dei difensori ai mondiali, 1,90m è quasi standard per i centrali, oramai. Non è più solo concorrenza dal basket o dal volley ...
Quando vedo giovani coi fisici di Shontayne Hape o Lawes, ora entrambe nazionali inglesi, so che se fossero italiani il rugby non lo vedrebbero manco di striscio, a meno di esser nati a Padova, Rovigo, Villorba (neanche Treviso città) e forse Parma, ma anche lì oramai ...
Il motivo come dici è che sport minore e "vita normale" in Italia procedono su binari paralleli e non comunicanti.
Bella l'idea patavina delle borse di studio, un buon primo passo.

ringo ha detto...

Il fatto è che ci troviamo di fronte ad un ostacolo ancora più grosso: non c'è cultura. Nel senso che in Italia questa cultura dello sport come scuola di vita - e come scuola - non è mai stata insegnata, importata, mettetela come volete. Prova ne è, per l'appunto, l'educazione fisica alle superiori: un po' ritrovarsi in oratorio per una partita tre contro tre a basket o cinque vs cinque a calcetto. Raramente, qualche esercizio fisico. Mai approccio ad altre discipline sportive.
C'è anche un fattore famigliare da tenere in considerazione: parlavo tempo fa con la mia ex prof di latino e italiano che mi raccontava di un colloquio con il genitore di un ragazzo, per il quale "prima lo sport, poi lo studio". Io ho cercato di approfondire il discorso: prima lo sport - calcio -, poi il tempo libero, infine i libri.
Pare una cosa in secondo piano, ma è il grave problema che scopre il nervo: non c'è cultura, anche sportivamente parlando. Presente robe del tipo: ok, giochi se il tuo rendimento scolastico te lo permette? Ovvero, se lo meriti almeno finché sei al liceo? Macché: i genitori a protestare dal preside, i ragazzi a scioperare in piazza.

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