Individualità Aussie contro stanchezza Irish
Suncorp Stadium, Brisbane: Australia 22 - 15 Ireland
Partiamo dalle considerazioni finali: è una vittoria Aussie con i fiacchi e depauperati irlandesi che è piaciuta al coach Robbie Deans, secondo il quale il bilancio dei test match estivi è nel complesso positivo, nonostante la sconfitta subita dagli inglesi.
Dal canto nostro ci riconosciamo di più nella sintesi con la quale il mitico Mark Ella marchia questi Wallabies: "we're soft". Non vuol dire che placchino piano o si chiamino fuori dalla lotta: piuttosto, la squadra che attualmente è in grado di offrire gli scampoli di rugby di gran lunga più spettacolari, non è detto sia sempre capace di concretizzarli in punti sonanti, risultando troppo sprecona.
Non si tratta solo della involuzione al piede di Matt Giteau o del problema di una mischia ordinata che mancando i titolari, vale poco: l'Australia annovera grandi individualità di spicco, emerse (Ashley Cooper, Pocock, Elsom) o emergenti (Quade Cooper), unite a magnifici automatismi di team in fase d'attacco, ma sovente tutto s'incaglia in modo incomprensibile in errori di esecuzione non provocati, in ingenuità, in inconsistenze.
Questo, a fronte della solida capacità di execution degli Springboks e dei progressi incompleti ma innegabili compiuti dagli All Blacks, non è un bel viatico per l'incombente Tri Nations.
E' in fondo la vecchia solita storia. Andiamo alla partita: l'Irlanda prende inizialmente le redini della gara passando con due punizioni di Sexton, prima che Luke Burgess al 18' segni una bella meta individuale, inserendosi nell'incauto passaggio tra nr.8 Henry e mediano O'Leary, allargatosi troppo piatto in fase di ripartenza da una mischia ordinata irlandese.
Siamo nel primo quarto e i padroni di casa possono già marcare la prevalenza nelle fasi statiche: la mischia riesce a reggere bene quella rimaneggiata irlandese, che commette disastri anche in rimessa laterale per la contemporanea assenza di O'Connell e di un tallonatore di livello.
Eppure è l'Irlanda che continua a detenere il pallino della partita, provandoci senza gran costrutto soprattutto per vie centrali e ricavandone una serie di punizioni, la maggior parte per fuorigioco: passin passetto Johnny Sexton riporta i suoi in vantaggio col terzo penalty, poi col quarto e infine col quinto: 7 - 15.
Eppure quando ripartono il reparto arretrato dei Wallabies fa il suo, anche se Drew Mitchell risulta più nervoso del solito, perdendo diverse palle; Giteau pur fallendo il suo calcio quotidiano da in mezzo ai pali fa comunque fa gioco, Horne cresce e più di tutto c'è in campo la competenza sublime di Ashley Cooper, che toglie a O'Connor la responsabilità del gioco territoriale. Gli avanti difendono bene e guadagnano metri, Luke Burgess contrariamente al Genia della settimana scorsa è veloce a rimettere la palla in circolo, anche se non è granchè preciso nei suoi pass - ne soffrono soprattutto le iniziative in percussione di James O'Connor che risultano più sgangherate del solito. Meglio quando a inizio del secondo tempo Deans lo sposta all'ala e il suo posto viene rilevato da Kurtley Beale.
In compenso Quade Cooper non "marcato a uomo" come fecero gli inglesi in gara 2, ha quel mezzo secondo che gli basta per improvvisare e si conferma campione godibile e pericoloso: forse è la vera rivelazione d'alto livello di questa stagione.
Alla fine comunque gli attacchi orchestrati con grande competenza e spettacolarità dagli Aussie risultano privi dell'ultimo balzo, dell'energia che serve per fare l'ultimo metro o tenere l'ultimo passaggio.
A primo tempo quasi esaurito ci pensa proprio la classe sopraffina di Quade Cooper a riportare il vantaggio in casa: con un cambio di passo infila la difesa tra Ronan e Jennings, supera l'estremo Kearney e cala in meta per il 16-15 di fine primo tempo.
Due mete da prodezze individuali: tutta l'altra fatica e splendore di gostre d'alta cavalleria è per niente.
Nella seconda metà della gara succede gran poco: più possesso e controllo irlandese, ma tra i Verdi rimaneggiati e stanchi, tra i quali pur giostra instancabile il topolino O'Leary, non si propone nessun leader con le energie necessarie per prendere la bandiera tra i denti e superare la linea difensiva dei Wallabies: stavolta sotto i soliti trucchetti e sporcherie ooops, tanta esperienza nelle ruck, non emerge nulla.
Arrivano solo due penalty per gli Aussie, marcati da Giteau che riprende coraggio e responsabilità dopo gli errori in fase di trasformazione di Cooper col suo personalissimo stile (come un discobolo dice Raimondi, da Superman al decollo preferisco io).
Troppo arrangiata questa Irlanda per essere vera: eppure, dimenticando la non partita con gli All Blacks, in cui peraltro l'onore era stato salvato dalle quattro mete segnate in inferiorità numerica, non erano andati così male coi Maori.
Erano anni che non si vedeva l'Irlanda così ascigata nelle fonti di gioco, soccombente in rimessa laterale e dalla mischia ordinata messa in difficoltà dai volonterosi ma inesperti giovinotti Ozzy. Forse aldilà degli infortuni, ci sta anche che Kidney abbia deciso di non tentare nemmeno la carta psicologica e al contrario di non scoprirsi troppo, in vista del mondiale che vedrà le due squadre lottare per il predominio del girone dove troveremo anche Italia, Usa e Russia.
Per Robbie Deans questa vittoria segna la differenza tra una serie vincente e perdente di Test Match e difatti lui prova a vendere il bicchiere mezzo pieno, anche per questioni di morale e serenità col Trinations che incombe: dopotutto lo score Wallabies in giugno recita un confortante 3-1 (Fiji, Inghilterra 1 e Irlanda vinte, Inghilterra 2 persa ma Cook Cup vinta).
Onestamente l'ha salvato la pochezza avversaria e un paio di prodezze individuali: se l'Irlanda fosse stata in grado di accelerare come l'Inghilterra second version, poteva finire diversamente . We're soft, dice Mark Ella: un peccato vedere la squadra col potenziale d'attacco indubbiamente più alto, iniziare l'ennesimo Tri Nations non certo favorita dai pronostici della vigilia.
2 commenti:
Con quel che si è visto a giugno, si può ben dire che l’Australia si candida ad essere la Cenerentola dell’incombente Tri Nations (tanto per cambiare…)
Già, dannaz ...
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