I soliti gallesi incompiuti
South Africa tour - Millennium Stadium
Wales 25 - 29 South Africa
Se vi chiedete quale squadra possa dilapidare undici punti di vantaggio sui campioni del Mondo in carica e rispondete a voi stessi "il Galles", bravi, avete azzeccato. Il Sud Africa è in fase di guarigione dopo un'estate da malata d'eccezione e la cura passa anche per la vittoria al Millennium Stadium dove finisce 29-25 per gli Springboks, bravi a dettare le loro condizioni dopo un primo tempo appannato.
Primo tempo - I gallesi presentano in campo il "discolo" Andy Powell in posizione loose forward al posto dell'annunciato Lidyate: risulterà uno dei pochi del pack a provare non sporadicamente la percussione "dritto per dritto", ma senza esisti di rilievo. I gallesi perdono il primo possesso dal drop di Morné Steyn che dà il via alle danze e si fanno trovare in fuorigioco nella ripartenza sudafricana: la stessa apertura va sulla piazzola e apre le marcatura dopo nemmeno un minuto. E così al primo calcio di punizione a proprio favore, vanno in rimessa: scelta avventata, ma premiata con la meta del debuttante George North. Bradley Davies porta giù l'ovale che poi va al largo e c'è puntuale l'inserimento all'interno del 18enne degli Scarlets che ribalta il risultato: 7-3 dopo sei minuti.
Le difese non sono esattamente sveglie e quella dei red dragons permette all'estremo sudafricano Gio Aplon di arrivare ad un metro dalla meta, prima che Juan Smith perda il controllo della palla nella ruck che segue. M. Steyn avrebbe l'occasione di portare gli Springboks a -1 poco dopo, ma il suo piazzato è di poco largo, ma nel primo quarto d'ora il possesso è tutto sudafricano. I padroni di casa faticano a risalire il campo, partono profondi, ma senza spinta sulle gambe concedendo così agli ospiti di serrare i ranghi senza alzare eccessivamente il ritmo.
Infatti, non appena prendono velocità passano: è ancora North a dare il ritmo sulla destra del campo, il Galles ha superiorità numerica al largo che diventa dominio grazie a Shane Williams che esplora la profondità partendo da centrocampo e serve al sostenitore James Hook il più facile degli ovali. Al 17' è 14-3.
Al contrario, quando i boeri fanno le cose che gli riescono meglio (maul avanzante e gioco al piede), testano i gallesi e guadagnano i tre punti del solito M. Steyn. In più Bakkies Botha chiude la serranda a North che transita dalle sue parti. Stephen Jones fissa il +11 al 27' e per i verde-oro non è un bel momento, non c'è attrito e non c'è l'organizzazione per impensierire il Galles che prende consistenza: i placcaggi sudafricani arrivano sempre tardi.
Tutto lo sforzo offensivo non genera però un solo punto per il Galles, ma botte e controbotte per il folletto Williams braccato dai gigante scesi dagli altipiani, mentre Bismarck du Plessis lascia i segni di una testata al malcapitato Tom Shanklin. Gli avanti di coach Peter de Villiers lentamente hanno preso le misure anche in mischia ordinata e piazzano una piattaforma poco lontani dalla linea dei cinque metri da dove parte l'ultimo attacco della prima frazione che si chiude con un piazzato per M. Steyn che fissa il 17-9 al 40' tra i fischi del pubblico che non apprezzano la chiamata dell'arbitro Steve Walsh.
Secondo tempo - Gli uomini di Warren Gatland tornano dagli spogliatoi decisi a mettere altro fieno in cascina e S. Jones al 42' esegue, con S. Williams costretto a guardare dalla tribuna per un infortunio alla spalla, con Chris Czekaj al suo posto. I guai grossi per i dragoni sono dietro l'angolo. La mission sudafricana è semplice: fisico e potenza, per poi affidarsi alla rapidità di gente come Aplon che si infila come uomo aggiunto dalle retrovie e matura tre punti (20-12). Hanno scavato il tunnel e cominciano a sbucare nel campo base nemico: passaggio e dentro, passaggio e dentro, con le prime crepe nel muro di cinta.
Al 50' i Boks vanno in rimessa anziché mirare ai pali. Pierre Spies porta giù l'ovale, Tendai Mtawarira sfonda la linea e la neoentrata terza linea Willem Alberts riapre definitivamente i giochi: 20-19.
Carri armati contro fanteria, con tanto di pertica Victor Matfield che festeggia al meglio il 103° cap chiudendo il secondo blitzkrieg boero nel primo quarto d'ora del secondo tempo. M Steyn non sbaglia più: al 56' è 20-26. Possesso: 83% Sud Africa, 17% Galles.
Ma ci sono i teenager incoscienti: al 56' North si fa trovare nell'angolo opposto a dove stanno gli altri, S. Jones lo serve con un cross kick e il ragazzo affronta a viso aperto Frans Steyn marcando pesantemente alla bandierina. Non arriva la conversione, ma almeno il pubblico casalingo torna a farsi sentire. A questo punto non ci vogliono solo i muscoli, ma anche la testa per non commettere falli e allora Andy Powell esce per Ryan Jones.
Come direbbe quel telecronista "Bisogna placcare!" e così è, solo che questo è il gioco preferito dagli australi, che ne approfittano per segnare, dopo un altro attacco fatto di breakdown e palloni vicini ai raggruppamenti per sfilacciare le maglie gallesi, che si fanno trovare in fuorigioco e M. Steyn non perdona: 29-25 per il Sud Africa al 64'. Quattro minuti dopo, Shanklin tira fuori i suoi dal letargo, ma sul più bello invece di servire Lee Byrne all'esterno, si lascia assorbire dagli ultimi due baluardi sudafricani davanti alla meta.
La solidità mentale degli ospiti è comunque salva, nonostante alcuni errori che potrebbero costare molto. Hanno la lucidità per risolvere i problemi, i volti gallesi indicano invece apprensione per una vittoria che sta per sfumare. Muovono palla, ma non vanno oltre la linea del vantaggio e quando ce la fanno, Shanklin vanifica tutto con un calcetto fuori luogo.
Gli ultimi due minuti sono pieni di emozione e pathos, i boeri concedono falli sapendo che ai gallesi non bastano tre punti e puntualmente riorganizzano la linea Maginot, con Aplon che ribalta North e il fiato che si accorcia. Dopo 14 fasi, l'ovale si spegne oltre la linea laterale e il Galles ci rimangono tutti male.
I soliti Boks dei bei tempi andati (by Abr)
Il Socio quando ci sono i Dragoni in campo vede solo le maglie rosse, ma devo riconoscere che stavolta ha composto una cronaca oggettiva della gara, sia pur venata di sottile e fatalista malinconia. Battute a parte, rimane da puntualizzare solo qualche episodio e dare una lettura generale.
La prima meta gallese: il giovanissimo North (sette cap in tutto con gli Scarlets e segna una doppietta alla prima convocazione in nazionale!) taglia, riceve palla da St.Jones e non trova nessuno tra lui e l'area di meta; eppure è una prima fase, non è azione granchè elaborata alla australiana e da quelle parti dovrebbe aggirarsi un novellino della difesa, un diciottenne al primo cap di nome Jean de Villiers ...
Il motivo di tale affondo facile nel burro non può sfuggire all'occhio allenato: è dovuto a un controtaglio di Shanklin, che va deliberatamente a schiantarsi frontale su DeVilliers mentre questi sta scalando; il centro pelato precede incrociando il compagno che taglia in direzione opposta e gli porta un blocco col timing perfetto. Perfetto se giocassero a basket: a rugby è fallo, dicesi "velo" o ostruzione. I sudafricani protestano (secondo Moscardi "per un in avanti che non c'è") ma non più di tanto, come si fa nel rugby. E noi capiamo come mai l'arbitro ex neozelandese ora australiano Welsh abbia accumulato tre sospensioni negli ultimi cinque anni e abbia dovuto attraversare il Mar di Tasman cambiando Federazione: non è solo per il suo "caratteraccio", come sostiene il telecronista.
La seconda meta gallese: Bryan Habana parte sulla sinistra su un up&under, ma come gli sta capitando troppo di sovente negli ultimi tempi, non fa le scelte giuste: sale troppo a razzo e si trova oltre l'avversario che s'è già impadronito della palla. North vede il buco difensivo sul suo lato - manca il terzino, si direbbe ne calcio - e si lancia, l'estremo Gio Aplon viene assorbito, i sudafricani suturano ma si scoprono sul lato opposto, dove riceve Shane Williams che comprende di avere un fantastico mismatch - davanti trova Jannie Du Plessis - e ne approfitta immediatamente girandogli intorno. Probabilmente questa era l'azione ideale nella mente di coach Gatland: far spostare la coperta sudafricana velocemente di qua e di là del campo, in modo da creare uno-contro-uno tra un bradipo e un purosangue. Ma succederà una volta sola.
Le due mete sudafricane: come fossero una sola. C'è a chi piace il gioco sviluppato per linee orizzontali, largo, arioso; c'è invece chi gode come un pazzo a veder il dritto per dritto, la verticalizzazione sistematica: bum bum, percussioni senza paura mettendoci la faccia, a guadagnare due metri a ogni testata invece che due metri in dieci fasi. Il modo di farlo dei sudafricani è perfetto, richiede attitudine, pratica e coraggio: invece di afflosciarsi al contatto per proteggere se stessi e l'ovale come fanno gli avanti Boreali, accelerano al contatto per guadagnare un ulteriore mezzo metro, se va bene uno o due. E, passetto dopo passetto, testata dopo testata, le trincee avversarie cadono una dopo l'altra: Cadorna o Foch li avrebbero adorati. Le due mete sudafricane che dànno il padrone alla gara nel giro di pochi minuti nascono così, quasi a un segnale convenuto di cambio marcia; della serie, ragazzino ti sei divertito abbastanza, ora scànsati che ti faccio vedere. I Boks son tornati: almeno a livello di pack sembrano nuovamente quelli del 2009, dal tour dei Lions al TriNations passando per due edizioni del Super14.
A proposito di giovani esordienti, se la prestazione del diciottenne North va giustamente celebrata, in questa partita c'è stato un altro esordiente impact player assoluto protagonista da celebrare: Willem Alberts, flanker degli Sharks neocampioni di Currie Cup. Il suo fisico ha dato un contributo essenziale all'improvviso impadronirsi della partita da parte dei Boks: se nel primo tempo questi avevano tenuto una lieve supremazia territoriale concedendo la maggior parte del possesso palla ai gallesi, nel terzo quarto i Boks si prendono un impressionante 83% del possesso. In tal senso non sono da celebrare solo gli avanti (anche se è difficile non rimanere impressionati, uno per tutti, da Tendai Mtawarira, che canta la Messa nel gioco aperto e porta il Cristo in mischia ordinata); mediana efficace a parte, padrone dell'aria centenario Matfield e "pacificatore" dei punti di contesa Bakkies Botha a parte, si fa notare anche il duo di centri Jean De Villiers - Frans Steyn, micidiale - pure troppo per Shane Williams, sbattuto giù duramente dal giovane parigino. E cruciali sono in fase difensiva le incursioni avanzate delle due ali Habana e Basson, a tarpare le aperture al largo troppo facili.
L'epilogo: l'uno-due sudafricano ad avvio del secondo tempo è una mazzata al morale gallese, affibbiata per di più a una squadra che stava conducendo un modello di gioco estremamente dispendioso. Tanto che i padroni di casa "rinvengono" solo a dieci minuti dalla fine. Applicando però il game plan che conoscono: milioni di fasi per guadagnare pochi metri, girando per tutta la larghezza del campo. Come detto in fase di presentazione, non sono certo i polmoni o la voglia di sacrificarsi quello che manca agli avanti Boks. Quando infine i Gallesi sono "costretti" a lavorare per linee verticali e non orizzontali nell'assalto finale a Fort Alamo degli ultimi quattro minuti, dimostrano di non averlo nelle loro corde.
Nel frattempo, chapeau al sangue freddo di coach Peter DeVilliers che con la partita in bilico di uno e quattro punti, prosegue imperterrito col suo programma di avvicendamenti come se fosse per davvero una "amichevole": mica solo il pilone o il seconda linea! Fuori Mornè Steyn dentro Patrick Lambie, fuori Ruan Pienaar dentro Hougaard, ( è lui o è DuPreez travestito?), fuori Bismark DuPlessis dentro Ralepelle (e i Boks non han più controllato una sola rimessa laterale); l'unico switch sensato è stato l'ingresso di Zane Kirchner al posto di Habana (ancora l'ombra di se stesso), che ha forzato Gio Aplon a togliersi dalla pericolosa (con lui) posizione di estremo e spostarsi all'ala, dove s'è prodotto in pregevoli azioni sia difensive che offensive. Già che siamo alle ali, finalmente s'è visto in due tre occasioni anche Bjorn Basson il Griqua (in senso etnico - non ricorda Willemse? - mentre di squadra oramai è Bulls): positivo, attento, abile sulle palle alte, una interessante alternativa a JP Pietersen . O a Habana stesso, se non recuperasse: anche stasera quasi non ne ha fatta una giusta. Peccato che torni a casa, infortunato: Bjorn, non Bryan.
Wales 25 - 29 South Africa
Se vi chiedete quale squadra possa dilapidare undici punti di vantaggio sui campioni del Mondo in carica e rispondete a voi stessi "il Galles", bravi, avete azzeccato. Il Sud Africa è in fase di guarigione dopo un'estate da malata d'eccezione e la cura passa anche per la vittoria al Millennium Stadium dove finisce 29-25 per gli Springboks, bravi a dettare le loro condizioni dopo un primo tempo appannato.
Primo tempo - I gallesi presentano in campo il "discolo" Andy Powell in posizione loose forward al posto dell'annunciato Lidyate: risulterà uno dei pochi del pack a provare non sporadicamente la percussione "dritto per dritto", ma senza esisti di rilievo. I gallesi perdono il primo possesso dal drop di Morné Steyn che dà il via alle danze e si fanno trovare in fuorigioco nella ripartenza sudafricana: la stessa apertura va sulla piazzola e apre le marcatura dopo nemmeno un minuto. E così al primo calcio di punizione a proprio favore, vanno in rimessa: scelta avventata, ma premiata con la meta del debuttante George North. Bradley Davies porta giù l'ovale che poi va al largo e c'è puntuale l'inserimento all'interno del 18enne degli Scarlets che ribalta il risultato: 7-3 dopo sei minuti.
Le difese non sono esattamente sveglie e quella dei red dragons permette all'estremo sudafricano Gio Aplon di arrivare ad un metro dalla meta, prima che Juan Smith perda il controllo della palla nella ruck che segue. M. Steyn avrebbe l'occasione di portare gli Springboks a -1 poco dopo, ma il suo piazzato è di poco largo, ma nel primo quarto d'ora il possesso è tutto sudafricano. I padroni di casa faticano a risalire il campo, partono profondi, ma senza spinta sulle gambe concedendo così agli ospiti di serrare i ranghi senza alzare eccessivamente il ritmo.
Infatti, non appena prendono velocità passano: è ancora North a dare il ritmo sulla destra del campo, il Galles ha superiorità numerica al largo che diventa dominio grazie a Shane Williams che esplora la profondità partendo da centrocampo e serve al sostenitore James Hook il più facile degli ovali. Al 17' è 14-3.
Al contrario, quando i boeri fanno le cose che gli riescono meglio (maul avanzante e gioco al piede), testano i gallesi e guadagnano i tre punti del solito M. Steyn. In più Bakkies Botha chiude la serranda a North che transita dalle sue parti. Stephen Jones fissa il +11 al 27' e per i verde-oro non è un bel momento, non c'è attrito e non c'è l'organizzazione per impensierire il Galles che prende consistenza: i placcaggi sudafricani arrivano sempre tardi.
Tutto lo sforzo offensivo non genera però un solo punto per il Galles, ma botte e controbotte per il folletto Williams braccato dai gigante scesi dagli altipiani, mentre Bismarck du Plessis lascia i segni di una testata al malcapitato Tom Shanklin. Gli avanti di coach Peter de Villiers lentamente hanno preso le misure anche in mischia ordinata e piazzano una piattaforma poco lontani dalla linea dei cinque metri da dove parte l'ultimo attacco della prima frazione che si chiude con un piazzato per M. Steyn che fissa il 17-9 al 40' tra i fischi del pubblico che non apprezzano la chiamata dell'arbitro Steve Walsh.
Secondo tempo - Gli uomini di Warren Gatland tornano dagli spogliatoi decisi a mettere altro fieno in cascina e S. Jones al 42' esegue, con S. Williams costretto a guardare dalla tribuna per un infortunio alla spalla, con Chris Czekaj al suo posto. I guai grossi per i dragoni sono dietro l'angolo. La mission sudafricana è semplice: fisico e potenza, per poi affidarsi alla rapidità di gente come Aplon che si infila come uomo aggiunto dalle retrovie e matura tre punti (20-12). Hanno scavato il tunnel e cominciano a sbucare nel campo base nemico: passaggio e dentro, passaggio e dentro, con le prime crepe nel muro di cinta.
Al 50' i Boks vanno in rimessa anziché mirare ai pali. Pierre Spies porta giù l'ovale, Tendai Mtawarira sfonda la linea e la neoentrata terza linea Willem Alberts riapre definitivamente i giochi: 20-19.
Carri armati contro fanteria, con tanto di pertica Victor Matfield che festeggia al meglio il 103° cap chiudendo il secondo blitzkrieg boero nel primo quarto d'ora del secondo tempo. M Steyn non sbaglia più: al 56' è 20-26. Possesso: 83% Sud Africa, 17% Galles.
Ma ci sono i teenager incoscienti: al 56' North si fa trovare nell'angolo opposto a dove stanno gli altri, S. Jones lo serve con un cross kick e il ragazzo affronta a viso aperto Frans Steyn marcando pesantemente alla bandierina. Non arriva la conversione, ma almeno il pubblico casalingo torna a farsi sentire. A questo punto non ci vogliono solo i muscoli, ma anche la testa per non commettere falli e allora Andy Powell esce per Ryan Jones.
Come direbbe quel telecronista "Bisogna placcare!" e così è, solo che questo è il gioco preferito dagli australi, che ne approfittano per segnare, dopo un altro attacco fatto di breakdown e palloni vicini ai raggruppamenti per sfilacciare le maglie gallesi, che si fanno trovare in fuorigioco e M. Steyn non perdona: 29-25 per il Sud Africa al 64'. Quattro minuti dopo, Shanklin tira fuori i suoi dal letargo, ma sul più bello invece di servire Lee Byrne all'esterno, si lascia assorbire dagli ultimi due baluardi sudafricani davanti alla meta.
La solidità mentale degli ospiti è comunque salva, nonostante alcuni errori che potrebbero costare molto. Hanno la lucidità per risolvere i problemi, i volti gallesi indicano invece apprensione per una vittoria che sta per sfumare. Muovono palla, ma non vanno oltre la linea del vantaggio e quando ce la fanno, Shanklin vanifica tutto con un calcetto fuori luogo.
Gli ultimi due minuti sono pieni di emozione e pathos, i boeri concedono falli sapendo che ai gallesi non bastano tre punti e puntualmente riorganizzano la linea Maginot, con Aplon che ribalta North e il fiato che si accorcia. Dopo 14 fasi, l'ovale si spegne oltre la linea laterale e il Galles ci rimangono tutti male.
I soliti Boks dei bei tempi andati (by Abr)
Il Socio quando ci sono i Dragoni in campo vede solo le maglie rosse, ma devo riconoscere che stavolta ha composto una cronaca oggettiva della gara, sia pur venata di sottile e fatalista malinconia. Battute a parte, rimane da puntualizzare solo qualche episodio e dare una lettura generale.
La prima meta gallese: il giovanissimo North (sette cap in tutto con gli Scarlets e segna una doppietta alla prima convocazione in nazionale!) taglia, riceve palla da St.Jones e non trova nessuno tra lui e l'area di meta; eppure è una prima fase, non è azione granchè elaborata alla australiana e da quelle parti dovrebbe aggirarsi un novellino della difesa, un diciottenne al primo cap di nome Jean de Villiers ...
Il motivo di tale affondo facile nel burro non può sfuggire all'occhio allenato: è dovuto a un controtaglio di Shanklin, che va deliberatamente a schiantarsi frontale su DeVilliers mentre questi sta scalando; il centro pelato precede incrociando il compagno che taglia in direzione opposta e gli porta un blocco col timing perfetto. Perfetto se giocassero a basket: a rugby è fallo, dicesi "velo" o ostruzione. I sudafricani protestano (secondo Moscardi "per un in avanti che non c'è") ma non più di tanto, come si fa nel rugby. E noi capiamo come mai l'arbitro ex neozelandese ora australiano Welsh abbia accumulato tre sospensioni negli ultimi cinque anni e abbia dovuto attraversare il Mar di Tasman cambiando Federazione: non è solo per il suo "caratteraccio", come sostiene il telecronista.
La seconda meta gallese: Bryan Habana parte sulla sinistra su un up&under, ma come gli sta capitando troppo di sovente negli ultimi tempi, non fa le scelte giuste: sale troppo a razzo e si trova oltre l'avversario che s'è già impadronito della palla. North vede il buco difensivo sul suo lato - manca il terzino, si direbbe ne calcio - e si lancia, l'estremo Gio Aplon viene assorbito, i sudafricani suturano ma si scoprono sul lato opposto, dove riceve Shane Williams che comprende di avere un fantastico mismatch - davanti trova Jannie Du Plessis - e ne approfitta immediatamente girandogli intorno. Probabilmente questa era l'azione ideale nella mente di coach Gatland: far spostare la coperta sudafricana velocemente di qua e di là del campo, in modo da creare uno-contro-uno tra un bradipo e un purosangue. Ma succederà una volta sola.
Le due mete sudafricane: come fossero una sola. C'è a chi piace il gioco sviluppato per linee orizzontali, largo, arioso; c'è invece chi gode come un pazzo a veder il dritto per dritto, la verticalizzazione sistematica: bum bum, percussioni senza paura mettendoci la faccia, a guadagnare due metri a ogni testata invece che due metri in dieci fasi. Il modo di farlo dei sudafricani è perfetto, richiede attitudine, pratica e coraggio: invece di afflosciarsi al contatto per proteggere se stessi e l'ovale come fanno gli avanti Boreali, accelerano al contatto per guadagnare un ulteriore mezzo metro, se va bene uno o due. E, passetto dopo passetto, testata dopo testata, le trincee avversarie cadono una dopo l'altra: Cadorna o Foch li avrebbero adorati. Le due mete sudafricane che dànno il padrone alla gara nel giro di pochi minuti nascono così, quasi a un segnale convenuto di cambio marcia; della serie, ragazzino ti sei divertito abbastanza, ora scànsati che ti faccio vedere. I Boks son tornati: almeno a livello di pack sembrano nuovamente quelli del 2009, dal tour dei Lions al TriNations passando per due edizioni del Super14.
A proposito di giovani esordienti, se la prestazione del diciottenne North va giustamente celebrata, in questa partita c'è stato un altro esordiente impact player assoluto protagonista da celebrare: Willem Alberts, flanker degli Sharks neocampioni di Currie Cup. Il suo fisico ha dato un contributo essenziale all'improvviso impadronirsi della partita da parte dei Boks: se nel primo tempo questi avevano tenuto una lieve supremazia territoriale concedendo la maggior parte del possesso palla ai gallesi, nel terzo quarto i Boks si prendono un impressionante 83% del possesso. In tal senso non sono da celebrare solo gli avanti (anche se è difficile non rimanere impressionati, uno per tutti, da Tendai Mtawarira, che canta la Messa nel gioco aperto e porta il Cristo in mischia ordinata); mediana efficace a parte, padrone dell'aria centenario Matfield e "pacificatore" dei punti di contesa Bakkies Botha a parte, si fa notare anche il duo di centri Jean De Villiers - Frans Steyn, micidiale - pure troppo per Shane Williams, sbattuto giù duramente dal giovane parigino. E cruciali sono in fase difensiva le incursioni avanzate delle due ali Habana e Basson, a tarpare le aperture al largo troppo facili.
L'epilogo: l'uno-due sudafricano ad avvio del secondo tempo è una mazzata al morale gallese, affibbiata per di più a una squadra che stava conducendo un modello di gioco estremamente dispendioso. Tanto che i padroni di casa "rinvengono" solo a dieci minuti dalla fine. Applicando però il game plan che conoscono: milioni di fasi per guadagnare pochi metri, girando per tutta la larghezza del campo. Come detto in fase di presentazione, non sono certo i polmoni o la voglia di sacrificarsi quello che manca agli avanti Boks. Quando infine i Gallesi sono "costretti" a lavorare per linee verticali e non orizzontali nell'assalto finale a Fort Alamo degli ultimi quattro minuti, dimostrano di non averlo nelle loro corde.
Nel frattempo, chapeau al sangue freddo di coach Peter DeVilliers che con la partita in bilico di uno e quattro punti, prosegue imperterrito col suo programma di avvicendamenti come se fosse per davvero una "amichevole": mica solo il pilone o il seconda linea! Fuori Mornè Steyn dentro Patrick Lambie, fuori Ruan Pienaar dentro Hougaard, ( è lui o è DuPreez travestito?), fuori Bismark DuPlessis dentro Ralepelle (e i Boks non han più controllato una sola rimessa laterale); l'unico switch sensato è stato l'ingresso di Zane Kirchner al posto di Habana (ancora l'ombra di se stesso), che ha forzato Gio Aplon a togliersi dalla pericolosa (con lui) posizione di estremo e spostarsi all'ala, dove s'è prodotto in pregevoli azioni sia difensive che offensive. Già che siamo alle ali, finalmente s'è visto in due tre occasioni anche Bjorn Basson il Griqua (in senso etnico - non ricorda Willemse? - mentre di squadra oramai è Bulls): positivo, attento, abile sulle palle alte, una interessante alternativa a JP Pietersen . O a Habana stesso, se non recuperasse: anche stasera quasi non ne ha fatta una giusta. Peccato che torni a casa, infortunato: Bjorn, non Bryan.
2 commenti:
Toh, senti chi parla. Qui adesso sembra che abbia giocato appena il Sud Africa :D
ehh cosa vuoi, debbo "compensare" ... :X
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