giovedì 3 marzo 2011

Macchè moviolone, macchè Biscardi

Si discute in Ovalia sulle le crescenti polemiche attorno alle decisioni arbitrali anche nel rugby: il terzo turno del Sei Nazioni ne è stato particolarmente afflitto. Mischia al 61' in Italia -Galles, lassismo di Nigel Owen nei riguardi dei ripetuti infringiment irlandesi, arbitraggio eccentrico delle mischie ordinate di Clancy in Inghilterra-Francia. E tutte le discussioni che ne seguono. O tempora o mora, par dire qualcuno, non decadrà il rugby di questo passo a far la fine del calcio con tutti i suoi movioloni?
Altri invece affermano, siamo proprio sicuri che questo sport sia tanto superiore al vituperato calcio? Anche nel rugby le polemiche sugli arbitri non scoppiano certo da oggi. Quindi, non è che qualcuno ami raccontare un rugby che non esiste da mo'?

Bah, ambedue le posizioni sono lontane dalla nostra visione, che peraltro non prende certo spunto da una sorta di una qualche "antropologica diversità " del rugby. No, troviamo piuttosto che ci sia una falla logica. Il punto erroneo infatti ci pare essere, dato che tutti paiono sostenere che nel rugby si discuta troppo di arbitri, il tentare di far passare l'equivalenza "discutere uguale NON ACCETTARE".
All'opposto, la grande lezione valoriale del rugby è che il verdetto del campo si accetta sempre, ma questo non significa abolire il diritto alla discussione a posteriori, franca e a viso aperto. Se prima e durante la gara si sta zitti, alla fine nel rugby ci si confronta davanti al classico boccale di birra. Su tutto, su un piano di parità. Con l'unico punto fermo, assieme alla accettazione del risultato, del non permettersi di discutere la adamantina trasparenza e superiorità alle parti, pur in presenza di errori, dell'arbitro.
Si trascura ad esempio che Lievremont premetteva alla sua (per noi giusta) critica all'arbitro Clancy di Inghilterra - Francia che il risultato del campo fosse corretto e accettato: "siamo stati fragili", ha detto. Non è dettaglio da poco, è esattamente l'atteggiamento che distingue la polemica sterile dal giusto diritto a sottolineare, da uomo libero, privo di paure e ricatti, errori od omissioni altrui. Trascurare quella parte di dichiarazione e sottolineare solo le frasi polemiche, o sostenere che il semplice discutere l'operato degli arbitri sia atteggiamento "Biscardiano", vorrebbe dire stabilire una equivalenza surrettizia tra analisi e critica distruttiva.

Il ragionamento non è diverso se invece del farlocco grido d'allarme "occhio che di questo passo il rugby si sta biscardizzando", la tesi fosse, l'enfasi sulle critiche agli arbitri rivela che qualcuno ama raccontare un rugby che non esiste, non siamo poi così diversi dal calcio come ci piace credere.
A pensar male si fa peccato, ma a volte ci s'azzecca: non è che così si voglia per caso giustificare il comportarsi come si fa nel calcio, cioè tifo organizzato, fumogeni, ululati "XY merda" etc.etc? E si voglia anche giustificare il parlar di rugby come si fa di calcio? Macchè critiche supportate dall'analisi, vai piuttosto col gossip, si vivisezionino noiose e ipocrite dichiarazioni, si analizzi il labiale invece delle azioni e degli errori. L'effetto sarebbe un "Qui studio a voi stadio" de' noantri o se preferite, le decine di radio che parlano da'a Maggica ventiquattro per sette, con parate di "opinionisti" più o meno macchiettistici, più o meno sclerotizzati nei loro "come avevo anticipato ...".

Con tutto 'sto parlar di calcio qui e Biscardi là, sarebbe doverosa una premessa: come i più "esterofili" già sanno, il problema delle polemiche arbitrali affligge non tanto il calcio di per sé, quanto gli sport in genere giocati nei paesi latini.
Nella Premier League inglese di calcio, stampa, allenatori, giocatori e tifosi non si sognano nemmeno di moviolare e menar polemiche contro gli arbitri che si ritrovano, peraltro in media particolarmente cani. E' una questione di mentalità: chi si lagni dopo la sconfitta, viene sfottuto due volte. Lo si fa per ribadire "siamo i più forti anche se abbiamo perso" e non per sostenere "siamo stati fregati": differenza sottile ma importante.
Allo stesso tempo il clima del rugby francese è da sempre rovente. Si vedono ogni tanto gesti di palese dissent sulle decisioni arbitrali da parte dei giocatori; e come non ricordare le polemiche montate la stagione scorsa, quando Berbizier si scagliò contro il miglior arbitro francese, Romain Poite, per una singola decisione nella partita di playoff con Clermont, dove peraltro costui manco faceva l'arbitro, era solo guardalinee?
Il problema di tali rischi di degenerazione - ripetiamolo: non il DISCUTERE ma il NON ACCETTARE le decisioni - pare quindi più legato alla latitudine o meglio alla (in-)cultura sportiva che non alla forma della palla.
Esso prospera dove la polemica personale con l'arbitro è solo una faccia di una medaglia con tanti lati, inquadrabile nella più vasta "sindrome da par condicio". Essa tipicamente attanaglia chi, sentendosi debole, tema le furbate altrui più che badare ad attrezzarsi per vincere le sfide contro chiunque si presenti. Teme cioè che gli altri siano esattamente come è lui ...
Un esempio concreto per capirci meglio: in altre realtà sportivamente più evolute, nessuno si sogna di contestare la regolarità di un torneo asimmetrico per natura, il Super15, dove un team potrebbe evitar per un anno di incontrare Crusaders e Bulls, oppure un altro aver gli Sharks solo in casa, mentre da noi si assiste allo spettacolo di fior di dirigenti federali petto in fuori per imporre paletti ai trasferimenti di giocatori tra Celtic e Eccellenza. Comprenderete la differenza tra chi se ne frega se qualcun altro salta di confrontarsi coi migliori, tanto dovrà pur passare dalle sue parti prima o poi e chi invece, nel nome della "par condicio", vorrebbe poter questionare le formazioni dell'avversario.

In conclusione, qui lo sosteniamo da tempo: il verdetto del campo è l'unica cosa scolpita nella pietra ma tutto il resto si discute, decisioni arbitrali incluse; a ragion veduta e argomentata e senza bandieroni.
E' l'unico modo per crescere e far crescere dal punto di vista sportivo; il rugby è particolarmente adatto a questo tipo di processo per il set valoriale chiaro e condiviso che lo anima e che si è riusciti a preservare decentemente, tra alti e bassi, anche nel passaggio tra era dilettantistica e professionistica.

4 commenti:

GiorgioXT ha detto...

Possiamo anche dire di chi è la colpa iniziale ...degli All Blacks "Originals" che nella tournee del 1912 persero una sola partita in Galles , affermando che in realtà la meta della vittoria la avevano segnata, ma il giocatore era stato tirato indietro e l'arbitro non la convalidò...
:-)))))

Abr ha detto...

Miiii Giorgo, fin lì non ci arrivavamo ... Certo che a nessuno piace perdere, in particolare agli anglosassoni. E l'episodio si ricorda anche perchè di mezzo ci andarono i gallesi, che in quanto a lamentazioni ...
Il primo caso di sudditanza dell'arbitro nel rugby. Come si chiamava il director, Moggy? E il presidente, McMoratt? ;)

Anonimo ha detto...

Quoto in pieno! Bella analisi.

Abr ha detto...

Tnxs anonimo

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