Tri Nations 2011: l'Australia gioca come sa e non sbaglia
Bastano due minuti ai Wallabies per mettere in chiaro che l'approccio alla partita non è di quelli visti contro Samoa e per cominciare a mettere la firma sulla prima pratica di questo Tri Nations: il risultato finale da Sydney è di 39-20 per l'Australia (clicca per il tabellino) sul Sud Africa e tra l'ottavo e il decimo del primo tempo va in scena la linea dei trequarti della nazionale di Robbie Deans. Tra un Quade Cooper che manda fuori giri gli avversari e un Will Genia che va ad affrontare due giganti che non possono tenere il suo ritmo fuori dal breakdown, le acque si dividono e partono le galoppate della fanteria leggera. I padroni di casa alla fine metteranno a segno cinque mete, lasciando spazio agli avversari solo nel finale, quando il risultato è in cassaforte da un pezzo e ai sudafricani non rimane che timbrare il cartellino in attesa di tempi - e formazioni e idee - migliori.
In meno di mezz'ora di gara gli Springboks rincorrono gli australiani e mancano una decina di placcaggi. Il filone è sempre lo stesso: l'Australia attacca dai propri 22 muovendo palla e sfruttando inventiva, ritmo e affiatamento - è parte del suo dna -sapendo di poter contare su esecutori dalle mani calde e sull'armonia con la quale si muove tutto il reparto dei trequarti.
Dopo otto minuti, Q. Cooper evita l'intervento di Ruan Pienaar dopo aver ricevuto palla fuori dalla ruck e apre il primo varco in mezzo a maglie verdi troppo larghe tra loro per chiudere la falla. Gli si presenta in sostegno l'estremo Kurtley Beale che passa fuori per James O'Connor: trasmissione non perfetta, la giovane ala è comunque brava a mantenere il controllo quando è tra la linea dei 22 e dei cinque metri avversari. A quel punto giungono a dare una mano i cingolati, con capitan Rocky Elsom che assorbe due placcatori e ricicla per il pilone Benn Alexander con il gioco che in pochi seconda passa dalla corsia di sinistra a quella di destra ed è la meta che apre i giochi. Due minuti più tardi, Genia gira al largo di John Smit e Dean Greyling e aziona la rapidità dell'altra ala, Digby Ioane, supera l'estremo Gio Aplon e tiene a bada il ritorno di Morné Steyn che pretende di abbatterlo ormai prossimo all'area di meta, afferrandolo per la maglia. Aggiungeteci i punti al piede di O'Connor che trasformerà quattro conversioni e due calci di punizione. Il meccanismo funziona, l'approccio mentale è radicalmente diverso da Samoa.
In una squadra densa di stelle in gran spolvero - Genia, Cooper, O'Connor e Beale etc. - ci sono i comprimari ancorchè di lusso. C'è ad esempio Adam Ashley-Cooper che al 54' marca pesante per coronare un'ottima prestazione: è l'uomo al quale affidare l'ovale per il primo ingresso in velocità o è la spia da lanciare contro il muro sudafricano per mandare in confusione i marcatori. A fasi alternate con l'inside centre Pat McCabe, sopravvissuto al repulisti fatto da Deans rispetto a sette giorni fa, mentre Matt Giteau non è manco nei 22 convocati per l'occasione. Possiamo dire che l'armonia e il ritmo d'insieme ci guadagnano, pue riconoscendo a Giteau d'essere un fuoriclasse?
Il pack soffre la potenza degli ospiti ma regge agli urti: se gli aussie avessero anche la mischia ordinata dalla loro, sarebbero guai quando sempre nel primo tempo ne giocano una quasi sotto i pali avversari, ma non riescono a garantirsi una base solida di partenza. La touche invece funziona, del resto Hargreaves non è quella presenza che pur coi suoi anni e acciacchi è Matfield. Gli Springboks fanno di necessità virtù: Steyn va di pedata alta, ma il triangolo allargato di casa non va sotto pressione, mentre nell'impatto alla lunga la lucidità viene meno ed è difficile ricordare un possesso conservato in serie dalla terza linea.
Che il gioco sudafricano sia quel che è si sa: tutto impatto e calci alti, rimesse e maul; quel che manca in questi Springboks è il ritmo e quel bit in più di velocità e determinazione nell'impattare l'avversario, sia nei centri - oggi De Jongh e Olivier han perso punti in prospettiva mondiale, mentre il vecchio Adi Jacobs ha fatto meglio - che nei loose forwards. In mediana Pienaar anche lui risulta un filo troppo lento per gli Aussie, Steyn si sa, è fa il suo compitino e non offre alternative, giustificando i rumori di chi vorrebbe il ritorno di Butch James all'apertura. Il triangolo allargato infine, soffre di inesperienza a questi livelli: si vede che Basson e Mvovo son veloci e potenti, ma non sanno (ancora) identificare il punto giusto da attaccare o afferrare al volo quegli ovali impossibili che a O'Connor non sfuggono; quanto a Aplon, beh quando parte è un bel furetto, ma da ultimo uomo difensivo, capisci come mai tutti aspettino il ritorno di Frans Steyn.
Si va negli spogliatoi sul 15-6, risultato tutto sommato interessante per i sudafricani, ma quando si riparte non sono i Boks a provarci: sempre Australia a fare gioco, stavolta mettendo l'accampamento nei 22 sudafricani con gli avanti, assorbendo le guardie nemiche. Concedendo così a Cooper di correre di taglio prima di allargare per la bionda giovane ala: passaggio lungo e con i giri un po' corti, ma O'Connor riesce ad allungarsi evitando l'in avanti e l'intervento in extremis di Mvovo.
Si corre sul 22-6, al 46' c'è festa anche per il tallonatore Stephen Moore a riprova del fatto che questa squadra si muove bene in ogni reparto, lanciato da Elsom. Nel frattempo il numero di placcaggi mancati dai Boks sale a quota 30.
Al 58', il neo entrato Chiliboy Ralepelle rende meno passivo il risultato, che in quel momento segna 39-6 per via della meta di Ashley-Cooper. La marcatura arriva con lo schema nel quale i sudafricani sono forse i migliori in circolazione: rimessa ai 5 metri, maul e ovale in area: è la prima meta con la nazionale per il rincalzo di lungo corso. Per le mani di Bjorn Basson e Patrick Lambie passano due grandi occasioni che sfumano tra imprecisioni e maggiore attenzione australiana nel difendere. Il capitano Smit, con gli occhi di chi sa che ci saranno giornate peggiori, ma di sicuro la serata non è stata minimamente piacevole, va a segnare al 75', appoggiando l'ovale alla base del palo. Lambie, incaricato calciare dopo aver preso il posto di Steyn, non sbaglia in entrambi i casi.
I Wallabies dimenticano la sconfitta contro i samoani e posano per le foto di rito con il Mandela Plate, il trofeo in ballo tra le due squadre. Al Sud Africa invece tocca scendere ancora un po' più giù, in Nuova Zelanda, dove è atteso dagli All Blacks. Coach Peter De Villiers ha sette giorni per trovare l'amalgama giusto. Non è facile, ma forse tutto questo fa parte del piano o perlomeno è ampiamente messo in preventivo: PdV sa benissimo che nessuno lo giudicherà mai per questo TriNations, gli basterà solo riportare risultati un minimo decenti in casa per evitare critiche; il vero appuntamento dove tutti lo aspettano al varco è tra poco più di un mese, sempre in Nuova Zelanda.
In meno di mezz'ora di gara gli Springboks rincorrono gli australiani e mancano una decina di placcaggi. Il filone è sempre lo stesso: l'Australia attacca dai propri 22 muovendo palla e sfruttando inventiva, ritmo e affiatamento - è parte del suo dna -sapendo di poter contare su esecutori dalle mani calde e sull'armonia con la quale si muove tutto il reparto dei trequarti.
Dopo otto minuti, Q. Cooper evita l'intervento di Ruan Pienaar dopo aver ricevuto palla fuori dalla ruck e apre il primo varco in mezzo a maglie verdi troppo larghe tra loro per chiudere la falla. Gli si presenta in sostegno l'estremo Kurtley Beale che passa fuori per James O'Connor: trasmissione non perfetta, la giovane ala è comunque brava a mantenere il controllo quando è tra la linea dei 22 e dei cinque metri avversari. A quel punto giungono a dare una mano i cingolati, con capitan Rocky Elsom che assorbe due placcatori e ricicla per il pilone Benn Alexander con il gioco che in pochi seconda passa dalla corsia di sinistra a quella di destra ed è la meta che apre i giochi. Due minuti più tardi, Genia gira al largo di John Smit e Dean Greyling e aziona la rapidità dell'altra ala, Digby Ioane, supera l'estremo Gio Aplon e tiene a bada il ritorno di Morné Steyn che pretende di abbatterlo ormai prossimo all'area di meta, afferrandolo per la maglia. Aggiungeteci i punti al piede di O'Connor che trasformerà quattro conversioni e due calci di punizione. Il meccanismo funziona, l'approccio mentale è radicalmente diverso da Samoa.
In una squadra densa di stelle in gran spolvero - Genia, Cooper, O'Connor e Beale etc. - ci sono i comprimari ancorchè di lusso. C'è ad esempio Adam Ashley-Cooper che al 54' marca pesante per coronare un'ottima prestazione: è l'uomo al quale affidare l'ovale per il primo ingresso in velocità o è la spia da lanciare contro il muro sudafricano per mandare in confusione i marcatori. A fasi alternate con l'inside centre Pat McCabe, sopravvissuto al repulisti fatto da Deans rispetto a sette giorni fa, mentre Matt Giteau non è manco nei 22 convocati per l'occasione. Possiamo dire che l'armonia e il ritmo d'insieme ci guadagnano, pue riconoscendo a Giteau d'essere un fuoriclasse?
Il pack soffre la potenza degli ospiti ma regge agli urti: se gli aussie avessero anche la mischia ordinata dalla loro, sarebbero guai quando sempre nel primo tempo ne giocano una quasi sotto i pali avversari, ma non riescono a garantirsi una base solida di partenza. La touche invece funziona, del resto Hargreaves non è quella presenza che pur coi suoi anni e acciacchi è Matfield. Gli Springboks fanno di necessità virtù: Steyn va di pedata alta, ma il triangolo allargato di casa non va sotto pressione, mentre nell'impatto alla lunga la lucidità viene meno ed è difficile ricordare un possesso conservato in serie dalla terza linea.
Che il gioco sudafricano sia quel che è si sa: tutto impatto e calci alti, rimesse e maul; quel che manca in questi Springboks è il ritmo e quel bit in più di velocità e determinazione nell'impattare l'avversario, sia nei centri - oggi De Jongh e Olivier han perso punti in prospettiva mondiale, mentre il vecchio Adi Jacobs ha fatto meglio - che nei loose forwards. In mediana Pienaar anche lui risulta un filo troppo lento per gli Aussie, Steyn si sa, è fa il suo compitino e non offre alternative, giustificando i rumori di chi vorrebbe il ritorno di Butch James all'apertura. Il triangolo allargato infine, soffre di inesperienza a questi livelli: si vede che Basson e Mvovo son veloci e potenti, ma non sanno (ancora) identificare il punto giusto da attaccare o afferrare al volo quegli ovali impossibili che a O'Connor non sfuggono; quanto a Aplon, beh quando parte è un bel furetto, ma da ultimo uomo difensivo, capisci come mai tutti aspettino il ritorno di Frans Steyn.
Si va negli spogliatoi sul 15-6, risultato tutto sommato interessante per i sudafricani, ma quando si riparte non sono i Boks a provarci: sempre Australia a fare gioco, stavolta mettendo l'accampamento nei 22 sudafricani con gli avanti, assorbendo le guardie nemiche. Concedendo così a Cooper di correre di taglio prima di allargare per la bionda giovane ala: passaggio lungo e con i giri un po' corti, ma O'Connor riesce ad allungarsi evitando l'in avanti e l'intervento in extremis di Mvovo.
Si corre sul 22-6, al 46' c'è festa anche per il tallonatore Stephen Moore a riprova del fatto che questa squadra si muove bene in ogni reparto, lanciato da Elsom. Nel frattempo il numero di placcaggi mancati dai Boks sale a quota 30.
Al 58', il neo entrato Chiliboy Ralepelle rende meno passivo il risultato, che in quel momento segna 39-6 per via della meta di Ashley-Cooper. La marcatura arriva con lo schema nel quale i sudafricani sono forse i migliori in circolazione: rimessa ai 5 metri, maul e ovale in area: è la prima meta con la nazionale per il rincalzo di lungo corso. Per le mani di Bjorn Basson e Patrick Lambie passano due grandi occasioni che sfumano tra imprecisioni e maggiore attenzione australiana nel difendere. Il capitano Smit, con gli occhi di chi sa che ci saranno giornate peggiori, ma di sicuro la serata non è stata minimamente piacevole, va a segnare al 75', appoggiando l'ovale alla base del palo. Lambie, incaricato calciare dopo aver preso il posto di Steyn, non sbaglia in entrambi i casi.
I Wallabies dimenticano la sconfitta contro i samoani e posano per le foto di rito con il Mandela Plate, il trofeo in ballo tra le due squadre. Al Sud Africa invece tocca scendere ancora un po' più giù, in Nuova Zelanda, dove è atteso dagli All Blacks. Coach Peter De Villiers ha sette giorni per trovare l'amalgama giusto. Non è facile, ma forse tutto questo fa parte del piano o perlomeno è ampiamente messo in preventivo: PdV sa benissimo che nessuno lo giudicherà mai per questo TriNations, gli basterà solo riportare risultati un minimo decenti in casa per evitare critiche; il vero appuntamento dove tutti lo aspettano al varco è tra poco più di un mese, sempre in Nuova Zelanda.
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