Video Technology
Il dibattito è di quelli che sono destinati a continuare, anche qualora venisse scritta la parola fine. Tecnologia e sport, nel senso di applicazione della prima per redimere discussioni su decisioni prese durante una partita. E' entrato di peso - e diversamente non poteva essere - pure Brian Moore, l'ex tallonatore di Inghilterra e British Lions che oggi è commentatore per il Daily Telegraph e per la tv. Moore ha ripreso uno studio condotto dal giornalista Tim Long per un documentario radiofonico, "Beyond the Goal Line: Football's Technology Debate".
250 ore di registrazioni delle partite della scorsa stagione della Premier League di calcio, 713 incidenti analizzati di cui 361 per rigori dati o non dati e 152 per gol attribuiti o meno per segnalazioni di fuorigioco. Il risultato, in soldoni, riporta la cosiddetta "sudditanza psicologica" degli arbitri nei confronti dei grandi club: al Manchester City sarebbero spettati nove punti in meno, vale a dire il quarto posto nella classifica finale, mentre l'Arsenal avrebbe evitato i preliminari di Champions League chiudendo in seconda piazza, dietro al Manchester United. In ambito retrocessione, si sarebbero salvate sia il Blackpool che il Birmingham, finite invece nella Championship.
Rimane un po' tutto nelle teoria, al di là dei numeri. Perché poi il rigore non dato, ma che c'era, poteva finire sparato sopra la traversa. Oppure l'attaccante lanciato in porta, ma interrotto sul più bello dalla bandierina alzata del guardalinee, poteva ciccare ugualmente il tiro. La questione, tuttavia, rimane.
Tra le righe, Moore lascia intendere che occorre il buon senso. Sempre secondo lo studio in questione, sarebbero due a partita i casi grossi di fischi arbitrali obiettabili e di conseguenza i novanta minuti di calcio non finirebbero in una bolgia senza fine per ogni decisione presa dal giudice di gara. Questo in UK, perché in Italia lo scenario è molto diverso, aggiungiamo noi.
Il rugby, si sa, le misure le ha adottate da tempo e sono consolidate. Funzionano, non sempre al 100%, ma non per difetto tecnologico, quanto per quello umano: l'arbitro in caso di assegnazione o meno di una meta deve usare le parole giuste. Tanto che le domande poste al TMO sono: "Posso assegnare o no la meta?" oppure "C'è qualche motivo per cui non dovrei assegnare la meta?". Quest'ultima è tagliente: dove andare a pescare il motivo per cui rispondere sì o no al quesito? In quale momento preciso dell'azione sotto la lente d'ingrandimento?
Il punto - e lo lascia intendere anche Moore - non è se nel calcio vada introdotta la moviola in campo di biscardiana ispirazione o meno: piuttosto, qual è l'uso corretto della tecnologia in campo? Salvo ribadire che farebbe comodo ai tifosi che assistono alle cattive sorti della propria squadra del cuore, viziate da errori che potrebbero essere risolti in pochi istanti di analisi. Salvaguardo comunque il mito e il fascino dello sport, pretesto per alcuni (leggi FIFA) per non prendere decisioni a riguardo.
(Nella foto, la meta/non meta dell'inglese Mark Cueto in finale di Coppa del Mondo 2007 contro gli Springboks, alla fine non assegnata)
250 ore di registrazioni delle partite della scorsa stagione della Premier League di calcio, 713 incidenti analizzati di cui 361 per rigori dati o non dati e 152 per gol attribuiti o meno per segnalazioni di fuorigioco. Il risultato, in soldoni, riporta la cosiddetta "sudditanza psicologica" degli arbitri nei confronti dei grandi club: al Manchester City sarebbero spettati nove punti in meno, vale a dire il quarto posto nella classifica finale, mentre l'Arsenal avrebbe evitato i preliminari di Champions League chiudendo in seconda piazza, dietro al Manchester United. In ambito retrocessione, si sarebbero salvate sia il Blackpool che il Birmingham, finite invece nella Championship.
Rimane un po' tutto nelle teoria, al di là dei numeri. Perché poi il rigore non dato, ma che c'era, poteva finire sparato sopra la traversa. Oppure l'attaccante lanciato in porta, ma interrotto sul più bello dalla bandierina alzata del guardalinee, poteva ciccare ugualmente il tiro. La questione, tuttavia, rimane.
Tra le righe, Moore lascia intendere che occorre il buon senso. Sempre secondo lo studio in questione, sarebbero due a partita i casi grossi di fischi arbitrali obiettabili e di conseguenza i novanta minuti di calcio non finirebbero in una bolgia senza fine per ogni decisione presa dal giudice di gara. Questo in UK, perché in Italia lo scenario è molto diverso, aggiungiamo noi.
Il rugby, si sa, le misure le ha adottate da tempo e sono consolidate. Funzionano, non sempre al 100%, ma non per difetto tecnologico, quanto per quello umano: l'arbitro in caso di assegnazione o meno di una meta deve usare le parole giuste. Tanto che le domande poste al TMO sono: "Posso assegnare o no la meta?" oppure "C'è qualche motivo per cui non dovrei assegnare la meta?". Quest'ultima è tagliente: dove andare a pescare il motivo per cui rispondere sì o no al quesito? In quale momento preciso dell'azione sotto la lente d'ingrandimento?
Il punto - e lo lascia intendere anche Moore - non è se nel calcio vada introdotta la moviola in campo di biscardiana ispirazione o meno: piuttosto, qual è l'uso corretto della tecnologia in campo? Salvo ribadire che farebbe comodo ai tifosi che assistono alle cattive sorti della propria squadra del cuore, viziate da errori che potrebbero essere risolti in pochi istanti di analisi. Salvaguardo comunque il mito e il fascino dello sport, pretesto per alcuni (leggi FIFA) per non prendere decisioni a riguardo.
(Nella foto, la meta/non meta dell'inglese Mark Cueto in finale di Coppa del Mondo 2007 contro gli Springboks, alla fine non assegnata)
7 commenti:
"Salvaguardo comunque il mito e il fascino dello sport". AH! Lo dici dopo, è solo un pretesto, un barbatrucco.
Ma è l'uso delle parole ad essere fuorviante: non è sport (sport non è solo muoversi e eseguire più o meno bene dei fondamentali), il calcio andrebbe definito categoria a parte: come dicono loro, "gioco" (o meglio "GIUOCO").
Preferisco decisamente il paternalismo arbitrale del rugby, e anche quel certo margine di errore nell'uso e interpretazione delle tecnologie. Lo trovo minimale rispetto all'ipocrisia del giuoco, fondato sulla scusa che il più debole "potrebbe anche vincere", per lasciar invece spazio ai Moreno e a chi li può pagare.
PS.: bella ed estremamente significativa la foto scelta per illustrare l'argomento: la non meta di Mark Cueto in finale rwc2007.
La decisione più "pesante" mai presa sulla faccia della terra da un Tmo. Il fatto che anche per il Tmo sia stata un 50-50 non sminuisce il valore della "moviola in campo", anzi lo esalta.
Ed esalta la valenza di quel che predichiamo da sempre: nel rugby CONTRARIAMENTE al calcio, le decisioni dell'arbitro si accettano senza discussioni in campo, ma si possono anche criticare dopo, salvo restando che il risultato non si discute mai.
Ma se al posto degli inglesi ci fossero stati i neozelandesi ..... !!!
Lo dice Brian Moore: te lo chiamo, così chiarisci direttamente con lui ;)
http://www.youtube.com/watch?v=jTQWT-B0EBw
"lo dici dopo: è solo un pretesto, un barbatrucco".
Volevo dire, ce l'hai chiaro(e quindi anche Moore, credo).
e pensate che nell'NRL (il league come l'union ha da anni il TMO) hanno intenzione di provare ad usare nella off-season un micro gps nei palloni per segnalare in tempo reale all'arbitro se c'è stato un passaggio in avanti...naturalmente stanno venendo giù piogge di critiche!
Ah, in quel senso. Scusa Socio, ma il caldo... Richiamo Moore e disdico subito ;)
@Faggy86: probabilmente quello che sognano ancora oggi gli AB per quel forward della Francia non ravvisato da Barnes...
e sapete chi era il tmo quella volta? ta taaaaa ... il famoso arbitro australiano Dickinson, quello di San Siro! Delle volte la vita ti segna eh ...
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