Australia efficace, Usa pericolosi?
L'Australia inizia la "fase facile" della prima parte del suo mondiale con un solido 67-5 sugli Stati Uniti, fatto di undici mete a una - è il terzo thrashing del Mondiale sinora, dopo All Blacks-Giappone e Sudafrica-Namibia di ieri (e davanti a Italia-Russia). Tripletta o hat trick come si dice per Adam Ashley Cooper, doppietta per Anthony Faingaa toccato duro (ginocchiata al collo in un placcaggio) nell'ultima azione della giornata, singoli per Kurtley Beale, Rob Horne, Pat McCabe, Drew Mitchell del reparto arretrato, più Elsom e Samo del pack.
L'Australia subisce anche la prima e unica meta del mondiale in tre partite, un guizzo del nr.8 mezzo sudafricano Jonathan Gagiano (a Roma nella stagione 09/10). La meta statunitense è certamente un po' fortuita - un paio di chiari errori individuali di copertura si sommano, di Elsom e di Mitchell, evidentemente troppo rilassati durante una fase, la mischia ordinata, dominata in lungo e in largo dai Wallabies; essa apre qualche dubbio in alcuni per quando arriva, al 22', portando il punteggio sul 10-5, sotto break, dopo due mete Aussie non trasformate.
Di fatto il primo tempo termina "solo" 22-5, suscitando in alcuni analisti frettolosi dubbi, perplessità e cacce al "colpevole" - il solito Quade Cooper, beccato come non mai dal tamarro pubblico neozelandese - che il proseguo della gara rivelerà di scarso spessore.
I Wallabies hanno semplicemente eseguito con metodo e calma il compito auto assegnato: raggiungono il bonus in mezz'ora con la prima meta di Faingaa dopo quelle di Horne, Elsom e Beale, cos'altro si vuole? Lo fanno con intelligenza: fan giocare e stancare gli americani, difendendo con attenzione ed efficacia (salvo episodio della meta); poi nel secondo tempo accelerano come fecero con noi, marcando sette mete - circa una ogni 5 minuti - e, udite udite, riuscendo persino a trasformarne qualcuna (zero su una per Beale, due su quattro Quade, quattro su sei Berrick Barnes).
Una bella sgambata inietta-fiducia per i Wallabies, più ancora un bell'esercizio difensivo contro il gioco multifase; in più un paio di segnali: il primo, negativo, è l'assenza di un piazzatore; il secondo, positivo, è l'iniezione di razionalità e organizzazione apportati dagli ingressi di Luke Burgess in mediana con Berrick Barnes, schierato estremo ma nella realtà "second five eight" alla australiana nelle fasi di attacco. La fluidità del gioco ne ha beneficiato, pur rimanendo il primo tentativo di aprire il gioco lasciato alla fantasia galoppante di Quade.
Torna il sorriso per gli Ozzy, pedaggio pagato di infortuni a parte (anche preventivo: Higginbotham previsto titolare non può scende in campo, come Pocock)? Troppo presto e troppo poco, anche se undici mete son pur sempre un bell'andare, per poter dire se i Wallabies tornano nell'Olimpo delle potenziali prime quattro, dopo lo schiaffo subito dall'Irlanda.
Delle Eagles che dire? Beh non molto, avendo coach O'Sullivan scelto di risparmiare i titolari in previsione dell'Italian Job di martedì, cambiando i 14/15 di una formazione molto stabilizzata da ben prima dei mondiali. Ma qualcosa trapela dai rincalzi che non possono far individualismi, si nota bene la caratteristica di questi americani: san giocare, sanno cosa fare, sono ben messi in campo, sono ben organizzati, coesi.
Sfortunatamente per loro han davanti i migliori backs del mondo da generazioni: al minimo varco individuale, al minimo placcaggio eluso, alla prima ripartenza vengono impiombati senza pietà dai sostegni che si presentano immediatamente da tutte le parti: tutte le mete Aussie sono dei trequarti, incluse quelle di Elsom e Samo, che in quell'azione han coperto il ruolo di centro e ala. Tant'è vero che le statistiche del controllo - possesso e territorio - sono appannaggio degli americani: loro giocano fasi e fasi, gli Aussie le ripartenze ma con tutt'altra efficacia.
Ciò detto, vedendo la questione con "occhi Azzurri" in proiezione martedì prossimo, gli Usa non sono certo l'Australia, ma neppure la Russia. Il ranking che non mente (quasi) mai, ci dà un vantaggio di 7 punti e mezzo, più o meno la differenza che c'è tra noi e ... l'Irlanda (ergo un logico ne dedurrebbe che se noi possiamo battere l'Irlanda, allora loro posson battere noi ...).
Il punto è, sanno giocare a rugby, cioè eseguire poche cose forse ma ben fatte e prendere automaticamente le scelte corrette. Il nostro livello di concentrazione deve salire e di molto rispetto all'ultimo incontro: mezz'ora splendida con loro può non esser sufficiente, così come la mentalità deve tornare a un incontro del Sei Nazioni, tipo l'aver davanti una Scozia un po' acciaccata al Flaminio.
Gli Usa si sono dimostrati in netta crisi nelle fasi statiche oggi, ma coi titolari possono crescere, anche se non di moltissimo. Crediamo nella superiorità degli Azzurri in mischia ordinata e rimessa laterale, ma sarebbe illusorio pensare di conquistarle facilmente come con la Russia: ci vorrà tempo e logoramento. In compenso sono tutti bei ball carrier e placcatori scatenati vicino al punto d'incontro e nel gioco aperto, sia le riserve che soprattutto i titolari; lo fanno in modo "Clever", "Eccellente" (Stanfill, Johnson) e senza paura. Qui per la nostra terza linea sarà battaglia durissima. Hanno in Suniula una apertura efficace e in Petri un mediano esperto, in più hanno dei backs solidi (Emerick) e in grado di giocare uno-contro-uno (Ngwenya, Wyles, Scully).
Ci servirebbe una mediana in grado di bombardarli oculatamente col gioco territoriale, vicino - grubber - e lontano, alla caccia di rimesse laterali da rubare. Poi, una volta che li vedi con la lingua fuori - non sono abituati a reggere questi ritmi per più di un'ora, entrarono in crisi nel finale anche con la Russia - allora allargare decisamente il gioco.
Va tenuto conto che dopo martedì gli Azzurri avranno il big clash domenica, mentre per le Eagles sarà comunque vada l'ultima partita del Mondiale. Senza dimenticare che la fisicità delle Eagles richiede spesso, anche stavolta, un bel tributo "di sangue" agli avversari. Almeno dal punto di vista degli infortuni, gli Usa son quindi certamente pericolosi.
Occhio allora ai cuori gettati oltre la barricata che da parte loro, mentre fredda ragione impone che i minutaggi di alcuni Azzurri vadano attentamente soppesati. Noi la vediamo partita adatta a Mauro Bergamasco, Zanni e Derby e Parisse tenuto in panchina, mentre nei primi cinque van bene tutti, salvo Ghiraldini e Castro (non più di mezz'ora); Semenzato nel primo tempo (ordine e disciplina) e Gori (avventura) nel secondo. In mediana chi c'è c'è (il meglio oggi disponibile? Luke McLean), i i giovanotti "russi" schierati trequarti, con Sgarbi e Benvenuti al centro nella prima ora e Masi chioccia, alla ricerca di meta per l'autostima.
Martedì non ci giocheremo "solo" il punto di bonus per "giocare tranquilli" la partita con l'Irlanda (ha! Slim odds, dice unanime la stampa di tutto il mondo): molto di più sarà "on stake", se non altro negli appetiti americani: la posta vera in palio sarà il terzo posto nel girone, con tutto quel che ne consegue.
L'Australia subisce anche la prima e unica meta del mondiale in tre partite, un guizzo del nr.8 mezzo sudafricano Jonathan Gagiano (a Roma nella stagione 09/10). La meta statunitense è certamente un po' fortuita - un paio di chiari errori individuali di copertura si sommano, di Elsom e di Mitchell, evidentemente troppo rilassati durante una fase, la mischia ordinata, dominata in lungo e in largo dai Wallabies; essa apre qualche dubbio in alcuni per quando arriva, al 22', portando il punteggio sul 10-5, sotto break, dopo due mete Aussie non trasformate.
Di fatto il primo tempo termina "solo" 22-5, suscitando in alcuni analisti frettolosi dubbi, perplessità e cacce al "colpevole" - il solito Quade Cooper, beccato come non mai dal tamarro pubblico neozelandese - che il proseguo della gara rivelerà di scarso spessore.
I Wallabies hanno semplicemente eseguito con metodo e calma il compito auto assegnato: raggiungono il bonus in mezz'ora con la prima meta di Faingaa dopo quelle di Horne, Elsom e Beale, cos'altro si vuole? Lo fanno con intelligenza: fan giocare e stancare gli americani, difendendo con attenzione ed efficacia (salvo episodio della meta); poi nel secondo tempo accelerano come fecero con noi, marcando sette mete - circa una ogni 5 minuti - e, udite udite, riuscendo persino a trasformarne qualcuna (zero su una per Beale, due su quattro Quade, quattro su sei Berrick Barnes).
Una bella sgambata inietta-fiducia per i Wallabies, più ancora un bell'esercizio difensivo contro il gioco multifase; in più un paio di segnali: il primo, negativo, è l'assenza di un piazzatore; il secondo, positivo, è l'iniezione di razionalità e organizzazione apportati dagli ingressi di Luke Burgess in mediana con Berrick Barnes, schierato estremo ma nella realtà "second five eight" alla australiana nelle fasi di attacco. La fluidità del gioco ne ha beneficiato, pur rimanendo il primo tentativo di aprire il gioco lasciato alla fantasia galoppante di Quade.
Torna il sorriso per gli Ozzy, pedaggio pagato di infortuni a parte (anche preventivo: Higginbotham previsto titolare non può scende in campo, come Pocock)? Troppo presto e troppo poco, anche se undici mete son pur sempre un bell'andare, per poter dire se i Wallabies tornano nell'Olimpo delle potenziali prime quattro, dopo lo schiaffo subito dall'Irlanda.
Delle Eagles che dire? Beh non molto, avendo coach O'Sullivan scelto di risparmiare i titolari in previsione dell'Italian Job di martedì, cambiando i 14/15 di una formazione molto stabilizzata da ben prima dei mondiali. Ma qualcosa trapela dai rincalzi che non possono far individualismi, si nota bene la caratteristica di questi americani: san giocare, sanno cosa fare, sono ben messi in campo, sono ben organizzati, coesi.
Sfortunatamente per loro han davanti i migliori backs del mondo da generazioni: al minimo varco individuale, al minimo placcaggio eluso, alla prima ripartenza vengono impiombati senza pietà dai sostegni che si presentano immediatamente da tutte le parti: tutte le mete Aussie sono dei trequarti, incluse quelle di Elsom e Samo, che in quell'azione han coperto il ruolo di centro e ala. Tant'è vero che le statistiche del controllo - possesso e territorio - sono appannaggio degli americani: loro giocano fasi e fasi, gli Aussie le ripartenze ma con tutt'altra efficacia.
Ciò detto, vedendo la questione con "occhi Azzurri" in proiezione martedì prossimo, gli Usa non sono certo l'Australia, ma neppure la Russia. Il ranking che non mente (quasi) mai, ci dà un vantaggio di 7 punti e mezzo, più o meno la differenza che c'è tra noi e ... l'Irlanda (ergo un logico ne dedurrebbe che se noi possiamo battere l'Irlanda, allora loro posson battere noi ...).
Il punto è, sanno giocare a rugby, cioè eseguire poche cose forse ma ben fatte e prendere automaticamente le scelte corrette. Il nostro livello di concentrazione deve salire e di molto rispetto all'ultimo incontro: mezz'ora splendida con loro può non esser sufficiente, così come la mentalità deve tornare a un incontro del Sei Nazioni, tipo l'aver davanti una Scozia un po' acciaccata al Flaminio.
Gli Usa si sono dimostrati in netta crisi nelle fasi statiche oggi, ma coi titolari possono crescere, anche se non di moltissimo. Crediamo nella superiorità degli Azzurri in mischia ordinata e rimessa laterale, ma sarebbe illusorio pensare di conquistarle facilmente come con la Russia: ci vorrà tempo e logoramento. In compenso sono tutti bei ball carrier e placcatori scatenati vicino al punto d'incontro e nel gioco aperto, sia le riserve che soprattutto i titolari; lo fanno in modo "Clever", "Eccellente" (Stanfill, Johnson) e senza paura. Qui per la nostra terza linea sarà battaglia durissima. Hanno in Suniula una apertura efficace e in Petri un mediano esperto, in più hanno dei backs solidi (Emerick) e in grado di giocare uno-contro-uno (Ngwenya, Wyles, Scully).
Ci servirebbe una mediana in grado di bombardarli oculatamente col gioco territoriale, vicino - grubber - e lontano, alla caccia di rimesse laterali da rubare. Poi, una volta che li vedi con la lingua fuori - non sono abituati a reggere questi ritmi per più di un'ora, entrarono in crisi nel finale anche con la Russia - allora allargare decisamente il gioco.
Va tenuto conto che dopo martedì gli Azzurri avranno il big clash domenica, mentre per le Eagles sarà comunque vada l'ultima partita del Mondiale. Senza dimenticare che la fisicità delle Eagles richiede spesso, anche stavolta, un bel tributo "di sangue" agli avversari. Almeno dal punto di vista degli infortuni, gli Usa son quindi certamente pericolosi.
Occhio allora ai cuori gettati oltre la barricata che da parte loro, mentre fredda ragione impone che i minutaggi di alcuni Azzurri vadano attentamente soppesati. Noi la vediamo partita adatta a Mauro Bergamasco, Zanni e Derby e Parisse tenuto in panchina, mentre nei primi cinque van bene tutti, salvo Ghiraldini e Castro (non più di mezz'ora); Semenzato nel primo tempo (ordine e disciplina) e Gori (avventura) nel secondo. In mediana chi c'è c'è (il meglio oggi disponibile? Luke McLean), i i giovanotti "russi" schierati trequarti, con Sgarbi e Benvenuti al centro nella prima ora e Masi chioccia, alla ricerca di meta per l'autostima.
Martedì non ci giocheremo "solo" il punto di bonus per "giocare tranquilli" la partita con l'Irlanda (ha! Slim odds, dice unanime la stampa di tutto il mondo): molto di più sarà "on stake", se non altro negli appetiti americani: la posta vera in palio sarà il terzo posto nel girone, con tutto quel che ne consegue.
Nessun commento:
Posta un commento