martedì 8 novembre 2011

Lievi mistificazioni

Un piccolo contributo fattuale alle discussioni in corso. Ecco l'elenco del numero di stranieri schierati sinora dalla Benetton Treviso gara per gara nella presente edizione del campionato Rabobank Pro12:

1) 3 sett.2011: Benetton-Connacht 9-11. Tv schiera 3 stranieri (Allori, DeWaal, Williams) più 2 in panchina; Connacht sei stranieri titolari.
2) 11 sett. 2011: Cardiff Blues - Benetton 33-18. Tv 3 (Allori, Vermaak, Williams) più 1 in panca; Blues tre più due in panca.
3) 17 sett 2011: Benetton-Ospreys 27-32. Tv 3 (Vidal, Vermaak, Williams) più 1 in panca; Ospreys uno +uno.

4) 23 sett.2011: Warriors- Benetton 13-15. Tv 3 (Allori, Vermaak, Williams) + 2; Warriors tre +due. 
5) 1 ott. 2011: Benetton-Scarlets 20-10. Tv 3 (Allori, Vermaak, Williams) +3; Scarlets uno. 
6) 7 ott. 2011: Ulster-Benetton 12-13. Tv 3 (Vermaak, Botes, Williams) +2; Ulster quattro + due. 
7)  29 ott. 2011: Benetton- Dragons 50-24. Tv 1 (Williams) +1; Dragons due.
8)  5 nov.2011: Benetton-Edinburgh 11-22. Tv 1 (Botes) +3; Gunners tre.

Quindi in media Benetton ha schierato titolari 2,5 stranieri per gara, portandone 1,8 in panca. Le avversarie, tutte "franchigie federali", gli han schierato contro una media di 2,8 stranieri a gara, più 1 in panchina. Dice, ma noi siamo più indietro. Si, nella produttività e nei numeri assoluti dei vivai: che c'entra il vertice della piramide sportiva?
Le posizioni in campo più coperte da stranieri nella Benetton? Il triangolo allargato: 7 volte su 8 (ma uno solo dei tre in campo) con Brendan Williams. Il quale è in Italia ininterrottamente da 11 anni: manco il Trota se la sentirebbe di definirlo ancora "straniero", ma tant'è.
Segue in ordine di occupazione la posizione di pilone, notoria "emergenza" italiana: coperta (da italo-argentini) 5 volte su 8 giornate, un solo ruolo su due; poi la terza linea: 4 volte, un solo ruolo su tre. E in mediana, dove non abbiamo più le aperture di una volta? Benetton ha schierato stranieri solo 3 volte e in una sola delle due posizioni. Due volte su tre trattasi di Botes, uno eleggibile dal luglio passato per giocare tra gli Azzurri.
Notare che la perniciosa violazione delle farlocche disposizioni federali, secondo cui un estremo non va mai "sovrapposto" a un mediano, pena la negazione di 100 anni di evoluzione del rugby e la rovina di tutti i vivai della Penisola, è avvenuta  una sola volta, alla prima di campionato. Tant'è bastato per far partire le diffide federali.
Facciamo l'opposto ora, contiamo gli italiani. Durante i mondiali, periodo in cui la nazionale sottrae 12 giocatori alla Benetton, questa ha schierato una media di 18.7 italiani su 23, dei quali 12,5 titolari. In tutte le posizioni del campo. Sono più o meno degli italiani veri in nazionale?

Numeri. Fatti. Facili da verificare. Dipingono una realtà così diversa da quella suggerita da chi riporta posizioni federali come fossero oro colato. "Il problema è che Treviso secondo la Federazione", si legge sul Corriere online, "penalizza i giocatori italiani, spesso in panchina o in tribuna, a beneficio dei rugbisti stranieri". Buuum!
 Il giornalista riporta le posizioni della Fir senza menzionare quelle di Treviso: accenna solo al fatto che questa vuole li sordi  ('sti avidi Shylock senza passione). Tantomeno si cura di comparare le sparate con facts and figures, nel giornalettismo italico non usa. Ne risulta che il lettore si ritrova capziosamente attirato in trappola: l'impressione è una squadra di provincia, Treviso, arrivata alla Celtic League da ripetente, avendo rimediato una "clamorosa bocciatura ... a beneficio di una franchigia romana (che forse dava più garanzie di uniformarsi ai vincoli richiesti dalla federazione)". Si tace peraltro sulla fine fatta da detta candidata così ligia.
 Di più: non una parola sui risultati sportivi della Benetton nella Lega Celtica. Evidentemente la comparazione tra i risultati di Treviso col "mondiale incolore disputato in Nuova Zelanda", come lo definisce l'autore dell'articolo, non s'ha da fare: se ne potrebbe ricavare che la Benetton sappia usare meglio gli stessi atleti ...
Alla fine di tutto, resta una "sensazione di ridicolo" che riguarda tutto il rugby italico ad attanagliare l'articolista; è un po' la medesima sensazione che Ivan Zazzaroni condivise con l'audience sua dopo la Haka a San Siro. Povero lui. A noi parrebbe ridicolo solo pensare che basti esporre un Bocchino qualsiasi (senza offesa, è solo un esempio) ai raggi della kryptonite celtica per farlo diventate una star; a parte che i numeri mostrano, di spazi in prima squadra ce n'è proporzionalmente più per italiani a Treviso che per irlandesi a Galway o Belfast.
La sensazione che rimane dopo aver letto 'sto articolo è tipo frullato misto di roba scaduta. Per evitare, basterebbe ogni tanto guardar le date e i dati sulle confezioni.

UPDATE: Nel frattempo giunge notizia che anche Richie Gray, il lock biondone nazionale scozzese in foto, si unirà alla oramai imponente diaspora dalle Lowlands, lasciando le franchigie di casa per andare a giocare in un club inglese, i Sale Sharks dove già sono i connazionali Fraser McKenzie, Alasdair Dickinson e Richie Vernon. Gray ha 22 anni, come il collega di reparto McKenzie, Vernon ne ha 24 mentre Dickinson 27 ma fa il pilone.
Che c'entra col resto del post? Non molto, dal momento che il tema della "viability", della stabilità dei modelli federal-centralisti a franchigie, non è stato manco sfiorato dal giornalista del corrierino. Quello scozzese, col suo paio di franchigie come quello italiano, da un annetto sta smottando: in termini di nazionali all'estero sono ai livelli cui era l'Italia prima di approdare in Keltia.
Un giornalista un po' meno italico potrebbe chiedersi cosa stia succedendo e far paralleli (chiamasi "inchiesta"), scoprendo, mettendosi la manina davanti alla bocca, che nello sport Pro gli organismi statal-centralisti fan sempre più fatica, analogamente ai macro scenari dove banche centrali e stati vengono massacrati a colpi di spread.
Il che potrebbe aiutare a capire che dovremmo ritenerci molto fortunati ad aver finanziatori privati come i Benetton, fin che ci stanno (ricordiamo che la famiglia s'è già disimpegnata da basket e volley), al posto di  entità ectoplasmiche che diano "più garanzie di uniformarsi ai vincoli richiesti". Quindi, minacce di rimpiazzar squadre dal Pro12 e di riprendersi i giocatori, son le sparate che  dovrebbero lasciare "una sensazione di ridicolo".

12 commenti:

gsp ha detto...

"che nello sport Pro gli organismi statal-centralisti fan sempre più fatica, analogamente ai macro scenari dove banche centrali e stati vengono massacrati a colpi di spread". professione di fede. ci vorrebbe un'inchiesta anche li o magari chiedi agli irlandesi se gli organismi statal-centralisti fanno fatica.

Che il COrriere non sappia di che parla, lo sappiamo. pero' la definizione del mondiale italiano la trovo azzeccata.

per quanto riguarda la Scozia. Glasgow ed Edinburgh hanno fatto terza e seconda, e non e' cambiato molto. adesso col nuovo modello vediamo come va tra un paio d'anni. devi anche chiarirti le idee su qual'e' la tua unita' di analisi. la nazionale o la franchigia.

chiaramente l'optimum sarebbe avere un campionato professionale, nazionale, serio. se non ce l'hai allora ti devi affidare agli altri. anche perche' quando l'eccellenza si scopre insostenibile, tutti a chiedere l'intervento dell'organismi statal-centralista'.

Benetton ad oggi ci mette una montagna di soldi, ma e' anche vero che non possiamo permetterci di dare ingaggi di mercato a (o ingaggi che richiedono) Mauro, Gower, Mirco, Canale, Parisse, Castro...

Abr ha detto...

Non contesto nemmeno io la definizione che vien data del mondiale italiano, gsp: però, proprio perchè è così bravo a fotografare, come mai non si applica a raffigurare il percorso celtico della Benetton, facendole fare la figura della parvenu ripescata e ripetente, oltre che asseverar frottole sui numeri di stranieri impiegati?

E occhio, non scipparmi l'Irlanda eh!
E' da anni che la indichiamo come il migliore dei modelli a franchigie (o meglio, il meno peggio: ma per un mercato da 4 milioni di abitanti, più che bene): percè correttamente han compreso che solo vincendo con le franchigie si vince poi in nazionale. Non solo: venghino stranieri venghino (pagano gli sponsor e le tv), la federazione si concentra e investe nei vivai.

Le idee credevo di averle chiare, forse non mi sono espresso chiaramente, allora mi ripeto, formalizzando logicamente:
IF vuoi che la nazionale vinca,
THEN devi rendere vincenti i tuoi club (England, France) o franchigie (Galles, Irlanda),
ELSE fai la fine della Scozia: al massimo raggiungi un (mini-)apice NON SOSTENIBILE e poi ti crolla tutto il castello.

Cuttitta e gli altri assistant coach spendono gran parte del loro tempo nelle due franchigie; ora con gran parte dei giocatori via, che ci andranno a fare?

"chiaramente l'optimum sarebbe avere un campionato professionale, nazionale, serio": chiediamolo alla Fir, dopo che ha eliminato il cadavere della Lire di mezzo, dài ....

"e' anche vero che non possiamo permetterci di dare ingaggi di mercato": quindi la soluzione qual'è, far la guerra all'unico privato che offre una parvenza di riuscirci almeno in parte (McLean, Ghira, Zanni, VanZyl etc.etc.)?
In veneto dicono, piuttosto che niente ('a fir nel nostro caso: il massimo che sa fare è mezza Aironi, ho detto tutto), allora meglio piuttosto.

Abr ha detto...

A proposito di stranieri: i Vito (capitano dei Blues!) o i Collins, mica impediscono anzi aiutano lo sviluppo dei Warburton e Lydiate.
Come gli Howlett e i Warwick quelli degli Earls, Kearney e Bowe ...

gsp ha detto...

ma magaaaari, riesci a portare gli howlett e pienaar. se riesci a fare come il Munster, o Lenister, contre innesti trasformi una ottima squadra in una fuoriserie.

Pero' Howlett e Vito non ce li possiamo permettere, non ci giriamo intorno, e neanche Hook e Lee Byrne.

il nostro problema e' che in termini di stranieri devi prendere delle 'scommesse'. alcuni come Williams funzionano alla grande, altri come Delmas, Maddock purtroppo funzionano un po' meno. poi purtroppo ci sono gli infortuni, l'adattamento...

pero' per chiarire la mia posizione. io non la vedo neanche in termini di stranieri, io la vedo in termini di giocatori di maturi che vanno a giocare altrove e lasciano spazio a giocatori che devono crescere. ci vuole un mix, tra esperienza e possibilita' di crescere.

sarebbe ideale avere team e nazionale vincenti tipo francia ed irlanda. pero' con due team vincenti non e' detto che vinci. senza team vincenti vinci? se guardi intorno un caso simile c'e'.

Pero' io non mi nascondo, viene prima la nazionale per me, poi treviso ed Aironi. La Federazione da statuto deve fare lo stesso.

Abr ha detto...

Nel nostro piccolo, non mi spiacerebbe allenarmi a calciare con dewaal o botes. Pay as you go, come dicono gli anglosassoni. Le topiche non le prendiamo solo noi: pensa a quanti non son passati per Tolone solo per fare un esempio: sa Sackey a Rudi Wulff, ora rientrato down under ...

Quello che stai dicendo è che ci vorrebbe un progetto unitario. La cosa è indipendente da come ti organizzi - franchigie o club. Basterebeb avere le idee chiare e le capacità di pianificare. Esiste in rete un documento di 40 pagine della Irfu, un programma di crescita a 4 anni.

Tutti vogliamo i trionfi della nazionale. S eil fine è chiaro e condiviso, confondi mi pare i fini coi mezzi. Noi stiamo parlando di COME SI FA, prendendo atto di una serie di fatti:
a) i fallimenti pregressi fir,
b) l'insistenza sua a perseguire le vecchie strade dell' "effetto traino della nazionale" che orami han mnostrato la corda: andava bene negli anni '90 per entrare nel 6 nazioni, ora serve altro,
c) le famose "best practices" altrui, ad esempio quella irlandese che anche tu citi: mostra chiaramente come si fa: PRIMA i club, POI la nazionale.

Nb: anch'io ritengo che per un mercato potenziale come quello italiano, il modello francese (club sul territorio) sarebbe più adatto di quello irlandese.
Ma presupporrebbe l'esistenza di una Lega Pro forte. In Italia non ci sono mai state società rugby forti, peggio, da vent'anni c'è uno squilibrio economico tante piccole-una forte (prima la mediolanum poi la benetton).

"la fir da statuto deve pensare alla nazionale per prima": chiarissimo. Ma il punto critico è proprio L'ENORME CONFLITTO DI INTERESSI generato dall'invasione di campo Fir sui campionati e sulle società.
Senza averne nè la capacità nè i dineri.

Abr ha detto...

Questa idea delle priorità: l'ha detto che dovrebbe esserci contrapposizione tra i trionfi della nazionale e quelli dei club nazionali impegnati all'estero?
E' come quelli che vedono l'economia - torta: se uno mangia una fetta, qualcun altro se ne dovrebbe trovar di meno. Non funziona così.

GiorgioXT ha detto...

Di nuovo si deve precisare alcune cose tutt'altro che vere, altrimenti si rimane sommersi dalla propaganda... sarebbe da ricapitolare la storia..

La FIR NON sostiene il campionato d'eccellenza , nè con soldi (a dire il vero con i contributi per le iscrizioni alcune invece finanziano la FIR ..) nè con altro , visto che non ci sono più le "liste federali" con pagamenti per i giocatori in eccellenza.
In passato il massimo campionato Italiano era gestito dalla LIRE -fra molte critiche- che arrivò comunque ad avere presenze superiori ai 10.000 per le finali campionato (a Monza) e main sponsor del campionato disposti a pagare quasi mezzo milione di euro.

C'era effettivamente anche allora il problema di una carenza di giocatori italiani ed un eccesso di oriundi e stranieri...

Un Federazione seria avrebbe affrontato questo problema in modo coerente e serio : uno standard comune per tutti , invece che spingere per qualsiasi straniero in nazionale ma non nei club
promuovendo la formazione dei giovani - invece di penalizzare proprio le società che formavano più giocatori
Lavorando per un ritorno e sostenibilità a medio-lungo termine , imponendo per primo il rispetto delle regole ed il rigore finanziario - invece di spingere solo per i risultati immediati e favorire amici e sodali anche se dannosi...

Le persone sono le stesse, e le politiche anche; sostenute da un sistema elettivo estremamente funzionale al mantenimento dello status-quo e molto difficile da scalzare.

Un campionato italiano competitivo è INDISPENSABILE per ogni ipotesi di sviluppo, non è solo la mia opinione ma pure quella dell'IRB e dell'ERC europeo che da anni spingono per campionati nazionali anche dove non vi sono.

Abr ha detto...

Elementare Watson: se vuoi svilupparti serve un campionato nazionale degno di tal nome.
In Nzl (4 milioni di abitanti), fare il Superrugby non toglie spazi al NPC, per non dire di Sudafrica e Currie Cup.

Interessante il fatto che la Fir non incentivi le società eccellenti: immagino (e spero) lo faccia per i VIVAI! Sennò che ci sta a fare, solo per dragar risorse e investirle nelle sue accademie?

Resta poi la solita vecchia ipocrisia: se vuoi creare un sistema che si autoalimenti, in cui realtà semipro campano sul territorio inserendosi in una economia i cui vertici sono le Celtiche, allora s'agisca in tal senso, senza infingimenti!
Permettendo ad esempio un qualche tipo di affiliazione territoriale tra club e il ocnseguente transito senza formalità dei giocatori, come succede in Galles/Irlanda.
La sensazione invece è che la Fir preferisca il caos, in modo da poter decidere lei, di volta in volta. Clientelarmente.

ringo ha detto...

Il campionato d'Eccellenza italiano è stato relegato allo status di semi-professionismo. Siamo nel 6 Nations. Boh, fate voi.

ivanot ha detto...

Abr sono parole sagge da persona che presumo vede il rugby come una passione un gioco di vita, anche per me è così, ma in tutto questo sembriamo extraterrestri.

ivanot ha detto...

Ringo Dividi et impera, il potere per il potere, anche in un cumulo di macerie che diventerà il rugby in Italia se non si cambia marcia, se la scelta tecnico tattica per vincere il 6N ed entrare nelle prime sei a livello mondiale è il semi professionismo quasi dilettantismo allora siamo a posto, vinceremo sicuramente il terzo tempo ma per i primi due prevedo buio pesto.

Abr ha detto...

già ivanot, su tutto il fronte.

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