sabato 26 novembre 2011

Treviso non scala la montagna Leinster

Ma ci va vicino. Le mete iniziali costringono i Leoni a una partita alla rincorsa, coronata al 50' dal pareggio e dal quasi sorpasso, poi otto punti dalla piazzola lasciati da Tobie Botes (ottimo peraltro in tutto il resto) nel finale di partita del nono turno di Pro12 condannano Treviso ad una sconfitta, immeritata nel punteggio per il gioco messo in mostra ma inevitabile scotto ai cali di tensione (iniziali stavolta): finisce 30-20 per gli ospiti, niente bonus per nessuno. Giornata bellissima a Treviso: fredda, ma soleggiata e senza apprezzabile ventilazione. Pubblico folto, sulle 5.000 unità. La cronaca da Monigo di Zamax.

La partita inizia subito male per il Benetton. Una mancata presa sul calcio d'invio irlandese di Benjamin De Jager concede al Leinster il primo attacco della partita al limite dell'area dei 22 dei trevigiani. E gli irlandesi fanno subito vedere i fraseggi stretti e rapidissimi in orizzontale a cercare l'intervallo per la penetrazione verticale vincente, lo schema che metterà in difficoltà la difesa trevigiana per tutta la partita le non molte volte che gli irlandesi si faranno vedere in attacco e che frutterà tre mete quasi in fotocopia. Il Numero 8 Leo Auva'a trova così il buco a va a schiacciare in meta non lontano dai pali. Trasforma Fergus McFadden, portando il Leinster sul 7-0 dopo trenta secondi di partita. 
Si gioca a viso aperto, senza molti tatticismi. Il Benetton comunque è tonico, paziente e sereno, nonostante l'approccio difficoltoso alla fase d'attacco a causa della difesa aggressiva del Leinster, e la mischia si dimostra affidabilissima, come il solito. E' per questo che una nuova meta irlandese al 7', intervallata da un calcio piazzato di Botes, non mette Treviso in ginocchio. Nell'occasione è l'ala Fionn Carr, l'ex del Connacht, ad andare in meta ricevendo l'ovale del centro Eoin O'Malley, che ricicla all'interno dopo la stessa fitta trama di passaggi in rapidità che aveva caratterizzata la prima meta, portando il Leinster sul 14-3. 

Ma la continuità dell'azione trevigiana, anche con fasi insistite di gioco al largo, inducono in fallo gli irlandesi: due calci piazzati di Botes dalla trequarti portano il risultato sul 14-9 per il Leinster. Al 23' McFadden ha a disposizione un calcio piazzato da circa 40 metri sulla sinistra a causa di un ingenuo “velo” trevigiano, dopo che il Benetton aveva impostato un'efficace maul. Un proiettile molto orizzontale centra i pali. Ma Botes risponde al 29' con un altro calcio piazzato fischiato per un placcaggio alto su Alberto Sgarbi (premiato poi come Man of the match), portando Treviso a cinque punti dal Leinster: 12-17. Che è il punteggio con il quale finisce anche il primo tempo, sul finire del quale Fabio Semenzato sostituisce De Jager infortunato, con Botes che viene spostato all'ala come nella prova di Heineken Cup. 

Nel secondo tempo è ancora il Benetton a manifestare una sostanziale supremazia territoriale e di possesso dell'ovale. Al 45' un calcio piazzato di Botes porta il risultato sul 17-15 per il Leinster. Gli risponde McFadden sempre su calcio piazzato da posizione centrale dopo una percussione del ficcante e potente Auva'a. Al 50' contrattacca Brendan Williams, che allarga a Botes. Calcetto che mette la difesa irlandese in crisi. Sgarbi placca il portatore dell'ovale portandolo dentro l'area di meta. Mischia ai 5 metri, dalla quale esce Manoa Vosawai per schiacciare in meta di potenza e portare il risultato in parità: 20-20. Botes però sbaglia la trasformazione facilissima. 
Al 54' un calcio piazzato da posizione centrale di McFadden per un fallo in ruck trevigiano riporta in vantaggio il Leinster. La pressione trevigiana tuttavia è costante e frutta un altro calcio piazzato al 58': da dentro i 22 Botes sbaglia ancora. Sbagli che si pagano a caro prezzo. Al 64' si ripete lo schema delle prime due mete irlandesi. 

Percussioni continue e in sicurezza, fraseggi stretti ad esplorare orizzontalmente la linea difensiva trevigiana, appena fuori la linea dei 22, finché O'Malley trova l'intervallo giusto e va a schiacciare in meta al centro dei pali. La trasformazione di McFadden porta il risultato sul 30-20, che sarà poi anche il risultato finale. Il Benetton tuttavia è caparbio nelle sue continue offensive e rimane anche abbastanza ordinato. 
Al 75' il flanker Shane Jennings si vede sventolare sotto il naso il cartellino giallo. Ma Botes sbaglia di nuovo un calcio piazzato facile da posizione centrale. L'ultima folata trevigiana vede per protagonista Paul Derbyshire che sfonda sulla destra ma che sulla pressione avversaria sfodera un passaggio fuori misura per Botes, che davanti a sé aveva ormai la via libera. Per il Benetton è una sconfitta dal sapore beffardo, almeno nel punteggio. Neanche il punto di bonus. Ma la squadra ha lottato alla pari con una delle grandi d'Europa. E per questo è stata a lungo applaudita dal pubblico. Per il giusto cinismo, o per l'ésprit de finesse ci vorrà ancora del tempo.

13 commenti:

Zamax ha detto...

Leggo da qualche parte di "distrazioni" difensive di Treviso. Non sono d'accordo. Treviso ha difeso bene finché si trattava di contrastare l'avanzamento irlandese. Anche il Leinster faceva fatica a risalire il campo. Ma le poche volte che è arrivato nei pressi della linea dei 22 è sembrato giocare al gatto col topo. La netta sensazione era che non cercassero né l'aggiramento della difesa, né l'avanzamento. Ma spostassero l'asse del gioco da una parte e dall'altra con palle corte e sicure eseguite con grande rapidità in modo da smagliare la difesa trevigiana. Riusciti in questo intento è ovvio che poi i break sembrassero fin troppo facili. Auva'a ha fatto venti metri da solo, O'Malley una trentina in occasione della terza meta, e una quindicina in occasione della seconda meta di Carr.

ringo ha detto...

Puntualissimo Zamax: nell'inviare dispacci dalla Marca e nell'aprire il dibattito. Il sottoscritto non è riuscito a vedere la partita, quindi si astiene ;)

Abr ha detto...

Quello che dici è esattamente anche la mia impressione, per tutto il "corpo" della partita. Ma trovo difficile non prendere in considerazione la tesi delle distrazioni o regali, quando prendi meta dopo trenta secondi e due mete in otto minuti.
A maggior ragione quando poi dimostri di esser squadra coi mezzi e le capacità di reggere difensivamente e di tenere l'iniziativa per gran parte della gara.
Anche Franco Smith ha dichiarato: nulla da dire ai miei per 70', ma non si possono giocare al recupero partite come questa.
I marpioni se ne stanno lì, ti reggono, approfittano dei tuoi errori e passano.

Sotto questo profilo, trovo che l'esser riusciti a negare il punto di bonus offensivo dopo un inizio così, sia indicativo del valore di Treviso, che se fosse più "presente" per 80 minuti, sarebbe al livello delle migliori. Già adesso tutte devono sudare in ogni caso. Ci mancavano solo i regali ...

ivanot ha detto...

Se la partita fosse stata giocata un anno e mezzo fa sarei stato felice del risultato, ieri uscendo dallo stadio masticavo amaro, ma oggi a mente fredda pensando a cosa hanno fatto i Leoni in questi sette giorni con gallesi e irlandesi ti senti fiero della tua squadra, dei ragazzi. Grande orgoglio e combattimento ad armi pari con chiunque contraddistinguono questa squadra a Monigo, mai doma. Continuano ad esserci momenti da "tordi" ma anche questi con il duro lavoro si potranno limare. La consapevolezza di essere "squadra" lo si legge negli occhi dei ragazzi e fanno ben sperare nel futuro, la strada è quella giusta. Già di per se è dura scalare montagne ma se poi quasi da solo le trasformi nel K2 diventa tutto un pochettino più difficile. Dopo la trasformazione sbagliata Botes era un pugile suonato, in bambola completa, bisognava avere il coraggio di sostituirlo e far entrare Di Bernardo ma con i se e con i ma.... se me nona gaveva e rode....
Un ultima considerazione non meno importante ma che ti fa capire il momento, non lontano da me c'era il preparatore atletico della nazionale che per quasi tutto il tempo parlava al telefono con lo sguardo rivolto verso il campo della Tarvisium e al 70' è andato via!!!! Ditemi voi è serietà questa?????? Se questo è il buon giorno......

Abr ha detto...

Nessuno viene a Tv a cuor leggero.
Il prossimo step è farli venire preoccupati, anche le maggiori, consapevoli che i trucchetti estemporanei (inizio, fine primo tempo etc.) vengono stroncati, anzi usati contro di loro.

E' esperienza e giocare assieme.
Basta sentire le interviste dei due allenatori della nazionale masch. e femm. di volley, vincenti a livello mondiale: traggono giocatori (oriundi ed equiparati anche da loro) da uno dei migliori campionati del mondo, quindi sui fondamentali individuali nemmeno discutono, anche se le altre nazionali hanno individui migliori; messe a punto un po' di tattiche "giuste", è tutta e sola questione di "amalgama", di "mentalità", di certezze quando si scende in campo.

Il preparatore atletico? Altro che volley! Si vede che aveva altri problemi suoi, più urgenti.

Abr ha detto...

Incredibile per dire della nazionale volley, il punto finale del primo set contro gli Usa sul 40 a 39 (!!): lo schiacciatore nostro dal posto 4 ha incrociato di destro verso sinistra, centrando la linea! S'è preso un rischio della malora nel punto decisivo, indice di confidenza estrema in quello che faceva.

Nel rugby siamo spesso portati a pensare che certe arretratezze siano una questione di mentalità "latina" vs. "anglosassone".
A parte che ciò non spiegherebbe i successi francesi o argentini (e nemmeno boeri), il volley fa vedere che così non è.
Anche noi possiamo arrivare a certi livelli, se non cercassimo regolarmente scorciatoie al duro, quotidiano lavoro.

elpigna ha detto...

ocio, piccolo particolare. nel volley in Italia adesso abbiamo una scuola di allenatori come nessuno al mondo. infatti molti allenatori allenano o hanno allenato all'estero, anche nazionali (berruto stesso emigrato per un periodo in finlandia). e gli skills gli alleni giorno dopo giorni in maniera curata in allenamento. da quando hai 10 anni, anche meno.
per cui gioco forza poi puoi curare la mentalita' quando sei grande. non so quanto nel rugby sia vero.
piuttosto, forse potremmo "draw a parallel" tra il rugby di adesso ed il volley pre anni 90. un certo velasco (guarda caso latino, abr, mi sa che haiproprio ragione) porta uno zoccolo di giocatori giovani, e con skills ad avere le palle quadrate ed a dominare il mondo per un decennio almeno. ma il lavoro la federazione lo aveva fatto anni prima alla base con selezioni di giocatori (in veneto i vari zorzi lucchetta si conoscevano gia' da un bel po') e senza molte accademie. un modello fatto di volley nelle scuole e poi tanta tanta scuola per generare un sacco di giovani (giani, papi per esempio) da amalgamare ai vecchi creando un ricambio generazionale.
poi nel volley si e' dormito sugli allori (soprattutto nel maschile) per un po', un sacco di stranieri, pochi investimenti nei vivai (post-legge bosman soprattutto) e si e' ritornati a mangiare polvere ed a fare fatica a qualificarsi per le olimpiadi, nonostante il campionato piu' bello del mondo.
per fortuna han poi corretto il tiro ed han trovato un altro bel po' di giovanotti talentuosi a cui applicare una mentalita' vincente. I mean, un esempio di porta da bussare per un metodo vincente per uno sport "minore" lo si avrebbe in casa, una telefonata a velasco/berruto ed alla fpav si potrebbe anche fare

PS han comunque anche nel volley i propri casini, andate a chiedere alla lega o federaazione in ambito femminile, che casin coi tesseramenti

Abr ha detto...

Già elpigna, la scuola italiana di allenatori del volley: Velasco stesso che ora allena l'Iran che ha battuto Cuba (come dire Aironi che stracciano i Crusaders), il coach della Germania femminile è italiano e poi Anastasi coach della Polonia, Busato assistant coach della Russia maschile ...

Tutto nasce dal nulla, o come dici tu facendo leva su due fatti: la penetrazione nelle scuole e Velasco. Il quale nota bene, s'era affermato nei club, perchè sono alcuni club ad alzare il livello guarda caso, non certo l'improbabile e mai visto "effetto trascinamento della nazionale" cui crede ancora Dondi & parenti dopo dodici anni di ultimi posti nel Sei Nazioni.

Torniamo a Velasco, che mi piacerebbe tantissimo in Fri: avuta carta bianca da una federazione intelligente, nel giro di qualche anno e senza tante "franchigie" o tracotanza federale anzi, sfruttando accortamente quello che diventava anno dopo anno il campioanto più importante del mondo, ti prende del buon materiale "fresco", ci aggiunge sopra la mentalità giusta e nasce una leggenda.

(I casini, leggi pochi soldi, dilagano oramai ovunque in tutti gli sport, minori o maggiori che siano).

elpigna ha detto...

io son d'accordissimo con te, sul fatto che la cultura della vittoria passa dalle vittorie coi club prima, poi i giocatori arrivano in nazionale vincenti, non viceversa. e una nazionale vincente serve da magnete per attirare nuove leve (nelle scuole comunque), non per creare cultura della vittoria.

poi velasco. lo vorrei avere ovunque velasco, anche a casa a cucinare :-)
è uno preparato innanzitutto. preparato tecnicamente, tatticamente ma anche come manager. sapeva gestire certe bestie: chiedere lumi sullo spogliatoio anni 90 dell'Italvolley, non se la mandavano certo a dire i vari bracci, bernardi, gardini, vullo, tofoli...), ma in campo non si è mai visto, anzi, si era lì per vincere e quello facevano.
e sulla forza del suo mentale, la corsa dell'iran sinora è emblematica, ha vinto polonia, serbia e cuba, mica cotiche.

io dico la mia: una persona alla velasco nell'Italia del rugby ci sarebbe, stessa preparazione, ed infatti certi risultati sul medio termine si vedono. munari.
quello che manca è (ti quoto) "la carta bianca da una federazione intelligente". entrambi gli elementi del virgolettato sono assenti.

ma vi rendete conto che qui in canada il rugby lo si può scegliere come sport in high school? in canada dico. in Italia quanti prof di fisica fanno giocare anche solo a touch? o a 7?

(i casini non sono solo i schei, ma nel campionato femminile c'è un grosso problema nei tesseramenti di under 22 e straniere, un po' la stessa solfa rugbistica, regole scritte male ed interpretate altrettanto)

Abr ha detto...

Ottima sintesi elpigna e beato te che te ne stai lassù.
Munari non è Velasco, che era una macchina spietata che non guardava in faccia a nessuno (a volte serve) ma concordo sia sicuramente il prodotto del rugby italiano che più gli si avvicina.
Sarebbe perlomeno utile per svecchiare l'ambiente, non tanto dal punto di vista anagrafico quanto nei ritmi e nella mentalità, aprendolo finalmente. Il resto verrebbe di conseguenza.
Il rugby in Italia è su un crinale: o si evolve sulla base di un progetto prima di tutto manageriale "diffuso" (scuole e accademie a livello di club, ecco di cosa dovrebbe occuparsi la fir, altro che centralismi e dirigismi) oppure s'affloscia come un sufflì mal riuscito.

Nick ha detto...

Per Munari - purtroppo, purtroppo! - in FIR la vedo dura. Voi portate giustamente l'esempio del ma c'è un problema fondamentale, secondo me, rispetto a quando è esplosa la nostra pallavolo: l'Italia degli Anni '90 era un'altra cosa rispetto a quella di oggi. Attualmente è più difficile mettere non dico una Federazione, ma anche una qualsiasi municipalizzata in mano a un Munari.

Nick ha detto...

"... L'esempio del (volley) ma..." :-)

Abr ha detto...

Già, viviamo tempi da grigi commissari per conto terzi più che per innovatori.
A parte che credo Munari veda una posizione in fir come il posto di coach dell'Inghilterra: prestigioso, tutti lo cercano ma nessuno lo piglia.
Sarebbe ora s'inventasse un modo più produttivo di sfruttare la popolarità che ha acquisito, ma in Benetton si deve star tanto bene ...

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