sabato 28 gennaio 2012

Se Treviso muove e smuove

In un modo e nell'altro, i Leoni tengono banco e diversamente non potrebbe essere per i motivi che adesso vediamo. Dunque, tra Benetton Treviso e Federugby si sarebbe raggiunto un accordo in più punti al fine di sancire una tregua tra le parti dopo la guerra di carte bollate e la sospensione-non-sospensione del presidente Amerino Zatta e coach Franco Smith per il famoso impiego di Brendan Williams a ruolo di estremo, mentre c'era già uno straniero all'apertura come Willem De Waal e per le regole in atto non può accadere. 
Da quanto risulta attraverso un articolo a firma di Elvis Lucchese sul Corriere del Veneto, la rosa a disposizione delle celtiche d'Italia dovrebbe passare da 40 a 44 elementi, gli stranieri dovrebbero essere impiegati secondo le regole internazionali, mentre i club potrebbero gestire le trattative contrattuali con i giocatori. E ancora, accademie giovanili che gravitino attorno alle società con sbocchi nel campionato nazionale. Il condizionale va adoperato d'obbligo, perché se - come si dice - il presidente federale Giancarlo Dondi ha dato il via libera ("ora c'è una settimana per passare dalle parole ai fatti", ha pragmaticamente precisato Zatta), si tratterebbe di un totale cambiamento dei rapporti tra le parti in causa, giunto da un momento all'altro. Non è per fare quelli che vogliono mettere zizzania, semplicemente si tenta di tirare le fila del discorso. Perché il prezzo che pagherebbe la Fir sarebbe la decentralizzazione e fino a due giorni fa l'intento amministrativo era l'opposto. Attendiamo.

C'è dell'altro, in particolare questo articolo di Mick Cleary del Telegraph che seguendo i Saracens nella loro trasferta in Veneto in Heineken Cup si è intrattenuto con John Kirwan e i due hanno discusso. E il cronista inglese ha affrontato le esternazioni del chief executive della Premiership, Mark McCafferty, che vorrebbe tanto che la ERC modificasse la consistenza delle "nazioni" nel torneo europeo. Tenta di tirare l'acqua al proprio mulino da pezzo grosso del rugby inglese che è rimasto appeso ai Sarries in Heineken: maggiore presenza di team inglesi - scommettiamo che la risposta da angoli come Leicester e Northampton sarebbe: ok, grazie, ma prima di tutto rivediamo il modello salary cap? 
A conti fatti, la rappresentanza celtica (punto di partenza del ragionamento lungo le coste della Manica è che il Pro12 non prevede retrocessioni a differenza di Premier e Top 14) arriva a quota 11, attualmente: quattro irlandesi, tre gallesi, due scozzesi e due italiane. Ecco, le italiane, quando invece Inghilterra e Francia sono rispettivamente a sette e sei. Poi i risultati sul campo ridimensionano le quote. Più o meno: perché se ai quarti ci sono più celtiche che francesi o inglesi è perché le prime vincono i match che devono vincere e fanno sgambetti tipo il Connacht che - alla sua prima in HCup - batte gli Harlequins. Non dipende esclusivamente dalla maggiore difficoltà e competitività dei campionati inglese e francese: quando le cose vanno bene, il problema non viene mai a galla, anzi si esalta la professionalità (che non è messa minimamente in discussione) dei club di Premier sui diversi fronti della stagione agonistica.  
La meritocrazia se l'è meritata la formazione di Galway, che pur essendo ampiamente fuori dai giochi ci ha messo la voglia, la determinazione e l'orgoglio e ha portato a casa il risultato. E' lo stesso ragionamento che Cleary adopera per giustificare la presenza delle italiane in coppa, per di più del Treviso che a Monigo ha messo paura, molta paura, ai Saracens all'ultimo turno, ha pareggiato con gli Ospreys e ha vinto con il Biarritz

8 commenti:

Simo ha detto...

Non capisco le pretese della Premiership, in ogni sport si qualificano alle competizioni internazionali squadre che sono, sulla carta, meno meritevoli di alcune che non raggiungono la qualificazione in campionati più quotati. Sono le regole del gioco, altrimenti si dovrebbe creare una competizione a inviti dove le squadre comprano la loro partecipazione, senza preoccuparsi del loro ranking nazionale (una formula già vista nell'Eurolega di basket).

Posso essere in parte d'accordo con McCafferty quando parla di un Pro12 senza retrocessione, forse Munster e Leinster trovano tra le celtiche squadre più rilassate e/o meno competitive, anche se guardando le classifiche della Premiership degli ultimi anni si trova molto spesso la squadra materasso che di fatto annulla la lotta per la salvezza e un terzo delle squadre mai in lizza per la qualificazione per l'Heineken Cup.

Arriviamo al solito punto, noi italiani siamo inutili? Ci tengono nel 6 Nazioni solo per giustificare una gita a Roma ogni 2 anni? Monigo e Viadana (ora Monza) non sono turisticamente interessanti come la Capitale?

Abr ha detto...

Gli inglesi? Ce provano, sempre. Unitissimi ogni volta che c'è da prendere qualcosa agli altri.
Noi non siamo così: godiamo quando "l'altro campanile" ci rimette, molto molto di più di quando il nostro guadagni assieme a quello (ma che guadagno è?).

Non ce l'hanno con noi: per loro "the others" son sempre e tutti dei pezzenti, lì per grazia ricevuta. Bisogna solo farsene una ragione: anche quando ti fanno i complimenti, han sempre quell'aria come a dire: "ma come hai fatto, tu così scarso?".
Odio quando dicono di noi: "a very phisical squad". Ma chevordì? Loro come giocano, coi guanti?

Nick ha detto...

Parole sante, Abr. Ma di una cosa ho sempre dato atto ai British (ma non agli Irish, se devo dirla tutta): quella volta che riesci a suonarli, ma suonarli sul serio - mai successo nel rugby, eh? -, ti trattano come un re e se lo ricordano per sempre.
A Durand de la Penne la medaglia sul petto l'ha appuntata Charles Morgan.

Abr ha detto...

Morgan il corsaro? ;)
sisi, sportivissimi. Ma sempre con quell'aria un po' così, come a dire ora sei quasi come noi, ma solo per quell'istante e quell'impresa ...

Nick ha detto...

Nelle sue varie (spesso sgradevoli) emanazioni, geografiche e non, trattasi di razza padrona, Abr.

Abr ha detto...

"Razza padrona"? Lo fummo anche noi, qualche millennio fa e come il nostro, anche il loro tempo sembra oimè passato ...

Le attitudini cambiano nel tempo: fui colpito ad esempio quando scoprii, attingendo da cronachisti del passato, che la nomea comune dei tedeschi fino a tutto l'Ottocento era quella di infingardi indisciplinati, sempre pronti alla fuga e controllabili solo mediante la paura. Altro che passo dell'oca. Talora peraltro càpita di intravedere questa antica loro "fabric", in controluce ...
Del resto, ci sarà un motivo se da loro rugby proprio nisba, no? :)

Nick ha detto...

Confermo sulla nomea dei tedeschi; erano considerati buoni solo per "fare numero" (Castigliani e Italiani erano un'altra cosa, tanto per dire quanto cambino i tempi).
Non sono certo ottimista riguardo a ciò che aspetta il mondo anglosassone (l'Occidente non anglosassone è culturalmente morto, perciò non ne parlo nemmeno). Però non vorrei cedere al disfattismo: son tempi duri, mancano leaders, ascolto discorsi improntati all'odio sociale persino di là dell'Atlantico (!) ma voglio credere ("I want to believe" :-)) che la partita non sia ancora chiusa. Poi il mondo cambia, certo; l'importante sarebbe tenere la barra ferma su certi valori. Dici niente!

Abr ha detto...

Dici niente ... anche i valori dei romani, quelli di una volta, so' tramontati.
Nota bene, non perché spazzati via da nuovi o da forze/valori esterni più convincenti, ma corrosi dall'interno. Lessons ...
Ma è la vita: perché ne nasca di nuova, serve che quella vecchia diventi humus.

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