mercoledì 4 aprile 2012

Si fa presto a dire vivai

Istruttivo quel che succede in Francia: nel Paese del Bengodi dal punto di vista del reclutamento di campioni stranieri, devono iniziare a stare accuorti anche lì. Le regole federali imposte per preservare le filiere giovanili locali inizieranno a farsi più  restrittive dalla prossima stagione: giocoforza che i club Pro debbano iniziare a farci i conti seriamente. Ma non è detto che, contrariamente alle intenzioni, i vivai per come li conosciamo ora e soprattutto i giocatori "nativi" ne trarranno gran benefici (nella foto: Will Greenwood in un clinic).

Non è salary cap come nelle Isole Britanniche o gli "equiparati" come da noi: in Francia devono iniziare a contare i «joueurs issus des filières de formation», i giocatori rilasciati dalle filiere di formazione (locale), già acronimati in "Jiff". Sono i giocatori che abbiano speso almeno tre stagioni in un vivaio nazionale o che abbiano giocato in Francia per almeno cinque stagioni prima di aver compiuto 24 anni. E' l'escamotage scovato dai legulei al fine di incentivare l'utilizzo dei "nativi" (o quasi, come vedremo): la legislazione europea infatti proibisce in linea di principio ogni menzione di limiti per razza o nazionalità nei flussi di lavoratori internazionali, quindi le definizioni hanno la loro importanza, a scanso di ricorsi e carte bollate.
La regola della Lega LNR francese sancisce che nelle formazioni Pro (quindi i team impegnati nei campionati Top14 e Pro12), la quota di Jiff salga al 60% nella prossima stagione, dall'attuale 50%. Significa che il numero di "non Jiff" cioè "stranieri" sarà limitato a 14 su una rosa standard di 35, per le neopromosse 15 su 36.

Le conseguenze - Che effetto avrà la misura sul numero di stranieri? Secondo i più, se ne ridurrà certamente la quantità ma il provvedimento non toccherà l'appetibilità dei giocatori di qualità. Quindi meno stranieri "mediocri", come ci si augura(va) anche in Italia? A quanto pare, gli effetti economici della misura potrebbero avere effetti imprevisti.
"E' un Jiff, mi dicono i procuratori, prima ancora di dirmi se è bravo e in  che ruolo gioca", lamenta il sinora munifico pàtron del Tolone Mourad Boudjellal. E' caccia aperta a questi Jiff,  dato che diverse squadre dovranno usare il mercato per adeguarsi alle nuove regole, sostituendo a prezzi di saldo qualche straniero con qualificati francesi ceduti a peso d'oro, provando a non perdere in qualità. Non vale solo per le grandi squadre anzi, è più problema delle medio piccole (Agen lo scorso weekend schierava in campo solo 3 titolari francesi).
C'è chi segnala lo sviluppo di una autentica "bolla Jiff": per le leggi della domanda e dell'offerta, dice che il costo dei giocatori francesi sia salito al livello degli stranieri. E' il caso ad esempio del pilone "Jiff" Antoine Guillamon del Lyon, 20 anni, promettente ma non certo una superstar, conteso tra molti club: ora vale più di affermati campioni stranieri della specialità, segnala un articolo su Sud Ouest. E non è il solo.

Non c'è solo il fenomeno dell'artificiale rialzo dei costi dei giocatori francesi, bravi o mediocri che siano. Come accade nel calcio, la regola incoraggia i club  a reclutare ragazzini promettenti nei Paesi poveri ma rugbisticamente più interessanti, da trasferire in Francia "per farli crescere e studiare". Modello cantera del Barcelona con Messi.
Non è una novità assoluta neppure nel rugby, in Nuova Zelanda e Australia è pratica decennale, ma ora sta divenendo endemica anche in Francia. « Abbiamo due ragazzi Georgiani nel nostro centro di formazione di Tolone, presto saranno dei Jiff », ammette Boudjellal, mentre a Clermont si trovano dei giovani figiani - come chiamarli, stagisti? Transalpe hanno una storia di integrazione di giocatori figli di immigrati o sangue misto, provenienti dalle ex colonie: basti pensare al capitano della nazionale Dusatoir, a Bastareaud, Ouedraogo o alla rivelazione Fofana; il problema è che ora non  si limitano a  integrare seconde generazioni (e hai detto niente): ora se li vanno a cercare "proattivamente" in giro per il Mondo.
In Francia han già dato un nome al fenomeno,  sono i «Fidjiff»: giovani stranieri che prendono il posto dei giovani nativi nei vivai di prestigio. E' fenomeno noto a tutti i papà col bambino che vorrebbe giocare a calcio, simile a quanto accade nel mondo del lavoro normale. Anche se in questo caso non si tratterebbe certo di "lavori che gli italiani non vogliono più fare". «Un giorno, potremmo diventare campioni del mondo con quei giocatori», profetizza il presidente di Clermont Laurent Marti, forse per darsi un tono meno neo-colonialista, tél quél a certi politici e imprenditori "illuminati" nostrani. Di questo passo, il rugby transalpino si avvia a un destino simile a quello del loro calcio, dove di nazionali dall'aspetto "francese" oramai c'è rimasto quasi solo la faccia da galeotto di Ribery?
Benvenuti comunque ai futuri El-Shaarawy del rugby: secondo alcuni, sarebbero meglio di operazioni old style di "naturalizzazione", ventilate sui nomi di Caminati e Ambrosini e segnalate da Il Nero. Tipico del clima politically correct che va per la maggiore a nostro avviso: si finge di scordare che così fan tutti (da Dan Parks a Manu Tuilagi, passando per Dylan Hartley, Mauritz Botha etc.etc.). Alla fine comunque, anche se costa di più (mantenimento, studi, famiglia), almeno vivai e "osservatori" lavorano. Per noi che "laici" siamo, ci piacerebbe solo ci fosse meno ipocrisia in giro, nel definire le varie "sacrosante" norme protezioniste "senza dubbio giuste" e traguardate allo sviluppo della base locale del rugby. Smoke gets in your eyes ...

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