Appunti sulla presentazione del private Gavazzi
Dovremo abituarci a questa faccia, noi fanatici del rugby italiani?
Per capirlo, nulla di meglio che ascoltare. Sono tanti gli spunti che desideriamo condividere, arrivati dalla presentazione del candidato dell'establishment Fir alla presidenza federale per il prossimo quadriennio. Si tratta come noto del bresciano Gavazzi Alfredo, fondatore del Calvisano Rugby, quattro mandati da consigliere federale: quanti Dondi da presidente ma non sempre a lui "allineato" come l'altro veterano, il toscano Saccà, anche lui presente a portare almeno formalmente il suo sostegno. Certo che questo "compattamento" di tutte le anime Fir dà il senso di quanto seria sia stata valutata la minaccia Benetton.
La gente si valuta a partire dalle piccole cose: importante elemento di valutazione dell'uomo per il ruolo che ambisce a ricoprire è la lingua inglese, requisito fondamentale per uno che dovrà parlare sovente con i membri non solo della Irb e coi finanziatori primari Rbs e Erc, ma anche con il board celtico. Abbiamo l'apparenza del classico "autodidatta di provincia": nella intervista qui riportata lo si sente pronunciare un significativo e tristemente comune kno-aut (voleva dire non knock out ma know how).
- Intanto è significativo il luogo prescelto: Moletolo frazione di Parma, un luogo che significa continuità con la gestione precedente ma lega il nuovo candidato al più che probabile ultimo insuccesso della gestione Federale precedente, la Nuova Franchigia Celtica. Insuccesso almeno per via dei piedi pestati per crearla - sono tanti e non solo a Viadana; non vorremmo gufare ma data l'ottica hard discount usata per allestirla anche sul piano del roster, si profilano mesi se non anni di acuta sofferenza per un pubblico che come lo stadio non c'è (ma che "faranno innamorare", parole del nuovo ds Manghi: auguri).
- L'altro elemento di continuità è la "mano sulla spalla" del presidente uscente Dondi, introduttore ufficiale alla presentazione del candidato. Noi non vediamo nulla di eticamente scorretto nell'endorsement dondiano: è il candidato ufficiale della casa e a noi piacciono le cose chiare, alla luce del sole. Siamo felici che in epoca di coming out conclamati e reclamati, almeno ci siano state risparmiate ipocrisie "corrette".
Infastidisce la tronfia arroganza di un molto stizzito Dondi che chiama a raccolta i clientes affermando: "Gavazzi non ha fatto i conti ma io si e so che vincerà"? Beh, dopo 16 anni di Bulgaria troviamo sia il minimo. Purtroppo è tanto arrogante quanto probabilmente vero: se coloro che auspicano il cambiamento si aspettavano strade in discesa, forse non avevano afferrato bene la situazione.
- In termini di "programma" - meglio sarebbe dire, intenzioni di massima - il segno com'è logico è quello della continuità ("lo chiedono i nostri partner internazionali", minaccia Dondi manco fosse Monti), ma il Gavazzi coerente col suo passato di notorio carattere tosto (è continuità anche questa), già inizia a smarcarsi leggermente: nel suo italiano-padano dice "no a scombussolamenti", ma anche si a «elementi di rinnovamento, perché i tempi si evolvono e bisogna sempre adattarsi alle novità». Una minimale apertura alle istanze sintetizzate nel comunicato della Benetton e dettagliate con dovizia di particolari nei "Tinelli" di Vittorio Munari? O semplicemente annunciava con mucho gusto il rotolìo prossimo di qualche testa (nulla è peggio di un promosso interno per i "colleghi", quel punto di vista)? Vedremo.
In particolare Gavazzi afferma di volersi interessare al disastro del settore giovanile: interesse che ben depone - ma dipende come. Fa cenno all'intenzione di costruire qualcosa per le "leve" del '97, '98 destinate ai Mondiali in Giappone del 2019 (per quelli destinati a Londra 2015, purtroppo è tardi). Pone anche nell'intervista video sopra allegata, un corretto cenno alla priorità di formare i tecnici - e gli arbitri.
- L'elemento caratterizzante della candidatura Gavazzi è sostanzialmente un non si cambia l'approccio vincente. Vincente su che piano, non certo quello sportivo! ED' quello dei schei : sempre dall'intervista sopra detta, "Nel 1995 ero tesoriere e la Fir aveva un bilancio di 8 miliardi" dichiara,"oggi siamo tra i 37 e i 38 milioni di euro", svelando uno dei segreti dondiani gelosamente conservati pur senza entrare nei dettagli. L'altro aspetto vincente sarebbe l'espansione, in pubblico e partecipazione: i sold out della Nazionale a San Siro e all'Olimpico, i "novantamila iscritti contro i 26.000 del '96, alcuni scritti in matita".
Il senso del primo punto è, vedete quanto ripaga investire la gran parte del budget federale sulla Nazionale, l'alfa e l'omega del rugby in Italia? L'obiezione è facile: quanto si potrebbe aver di più se si fosse capaci di vincere un po' più spesso? Per vincere di più servono giocatori forti, per averli servono club forti, è questo il senso della sfiducia a una gestione federale che sta soffocando i club nel territorio e puntando a un circuito autoreferente nazionale-franchigia federale-accademia, con tanto di usucapione dei cartellini dei ragazzi in cambio di un piatto di lenticchie (quanto basta a certi capintesta di club). E poi, va ben guadagnare ma come e dove si spende? Guarda caso, qui la trasparenza è nulla.
Anche il secondo "punto forte" sfiora l'autogol: confrontiamo il numero di praticanti con quelli in Francia, Paese dalla mentalità e numero di abitanti comparabile al nostro? Inoltre, tutti sanno che circa un terzo dei tesserati italiani sono senior; tolti questi è una crescita del 30% circa ma in sedici anni, veramente poco anche se fossero euro. Evitiamo pure il confronto con gli oltre 300.000 iscritti nel 2011 al basket o al volley in Italia, il vero smacco Fir è che in Italia ci sono 113.000 iscritti alla federazione badminton ... Una federazione che vanta il secondo budget dopo il calcio ma non compare tra le prime dieci per numero di tesserati: c'è proprio nulla da vantarsi, i numeri dicono che questa dirigenza non sa ben investire quel che incassa e quindi magìa, ritorni sportivi non ne ha.
- No, non ci par certo il programma il punto forte del candidato dell'establishment. Con buona pace di Dondi che afferma: «Il programma federale c’è, è molto chiaro, ambizioso ed è noto a tutti. Mi fa strano che chi dice di essere al vertice del rugby italiano faccia finta di non conoscerlo.». Forse confonde programma con obiettivo: quell'antico, sbugiardato sogno rilanciato ancora una volta di "raggiungere i primi otto posti nel ranking entro due anni". Nulla di male a far sogni ambiziosi, ma un piano è descrivere razionalmente come si realizzano: evidentemente il presidente uscente non sa cosa sia e come si faccia un Business Plan - non parliamo poi di Balanced Scorecard per misurarne i progressi. Nessuno dei suoi scalzacani gli ha mai stampato (e tradotto) documenti di quel genere dai siti della Irfu, Sru o Rfu. Da ignorante (nel senso che ignora) fa allora emergere il lato sanguigno, immaturo e provinciale: "non saprebbero gestire una federazione": dopo di lui il diluvio, il senso di lesa maestà: «Mi sarei aspettato lealtà e confronto». Confondere confronto con applausi a prescindere: la faccenda è grave, una volta si diceva sudamericana. C'era piaciuto di più a caldo il presidente, quando comprese e disse: "Forse non sono più adatto a questi tempi". Ora invece prova anche fare il pungente: «Io non mi sono mai candidato contro qualcuno». Bah, nella sua Bulgaria non c'è quasi mai stato un antagonista vero.
- Vien da pensare che il punto debole di Gavazzi si chiami proprio Dondi. Lo è sicuramente per la stragrande maggioranza degli appassionati, a leggere forum e blog in questi giorni. Le sparate da Gran Califfo offeso accompagnate dalla assenza di trasparenza: un autogol che dà automatico àdito al sospetto anche nei confronti della più adamantina delle amministrazioni. L'endorsement del presidente uscente è contemporaneamente però il punto di forza del Gavazzi dal punto di vista elettorale, se riuscirà il trasferimento della base elettoral-clientelare.
- Quanto dipenderà dalle capacità dall'altro fronte? Non tanto Amore, candidato alternativo "standard" come ce n'è stati diversi anche nel passato, da sé e per sé. Piuttosto, chi sarà il "champion" designato del fronte Benetton: molto dipenderà dalla sua capacità di aggregare gli scontenti - tutto il Veneto e Viadana tanto per cominciare - e controbattere all'acquisto dei clientes della parte opposta. Sarà scontro a base di posti in consiglio ma anche palloni, biglietti, buffet, magliette e promesse come nel passato. Se la Toscana pare in mano a Saccà, già Rovigo ad esempio ha messo in chiaro che non ha un consigliere in Fir da decenni. Anche tutto il Sud si aspetta qualcosa, a partire dal Lazio lasciato a secco di Celtic - un cavallo di battaglia di Gavazzi da anni, già col Calvisano rev.1.0 che per quel motivo uscì con la Benetton dalla Lire, la Lega dei club Pro italiani, decretandone la fine.
Il rischio insomma è che, come spesso accade, la battaglia sui massimi principi si trasformi in un do ut des di basso livello; che il referendum sui risultati della gestione Dondi, trasmuti in una reverse auction. D'altronde, qualcuno sintetizzò efficacemente la politica in "sangue e merda".
- In tale prospettiva, qui lo diciamo e qui lo neghiamo, non ci stupiremmo che l'eterna anima negoziale veneta - han i cromosomi di chi commerciava col Turco mentre poco distante s'impalavano a vicenda - trovasse un qualche tradeoff con l'esponente lombardo. Andare ai materassi non conviene ai trevigiani ma sarebbe anche nell'interesse del Gavazzi finirla con le stucchevoli contrapposizioni dondiane contro quelli che "dicono di essere al vertice del rugby italiano". A meno che i numeri non lo convincano di essere in netto vantaggio. Il bresciano pare uno scarpe grosse come il parmense, quindi un "qua comando solo io", ma forse a suo vantaggio è privo di "sindrome da Maria Luigia" (tradotto: io so' io e voi ....).
La possibilità di un abboccamento tra le parti spiegherebbe in parte il ritardo nel presentare un candidato del fronte della sfiducia a Dondi. Una trattativa che, portata in porto, sarebbe il vero modo per Gavazzi Alfredo di smarcarsi dalla tutela di un padrino mai troppo digerito e troppo simile a lui, svincolandosi da una immagine di as-soldato - private- che poco si aggrada alla sua combattiva storia personale.
Andasse così, sarebbe palpabile la delusione degli italiani: amano vedere il sangue scorrere, ma solo alla televisione. La speranza è che almeno non si tratti di compromesso al ribasso: niente palloni, no a un paio di equiparabili in più. Il tempo darà le risposte.
- Non dovrebbe mancar poi molto: il Coni fa pressione affinché la Fir sistemi al più presto le pendenze formali (Nuovo Statuto, nuove modalità elettorali, nuovo consiglio) e anche a Gavazzi potrebbe convenire una elezione a settembre, prima che i probabili schizzi di fango sollevato dagli zoccoli delle Zebre si facciano troppo alti e i concorrenti convincano e si spieghino e si incontrino con troppa gente. Segnalerebbe un certo nervosismo stile "fate presto" su quello "spezzeremo le reni a Treviso" calato con tracotanza dal Dondi.
Per capirlo, nulla di meglio che ascoltare. Sono tanti gli spunti che desideriamo condividere, arrivati dalla presentazione del candidato dell'establishment Fir alla presidenza federale per il prossimo quadriennio. Si tratta come noto del bresciano Gavazzi Alfredo, fondatore del Calvisano Rugby, quattro mandati da consigliere federale: quanti Dondi da presidente ma non sempre a lui "allineato" come l'altro veterano, il toscano Saccà, anche lui presente a portare almeno formalmente il suo sostegno. Certo che questo "compattamento" di tutte le anime Fir dà il senso di quanto seria sia stata valutata la minaccia Benetton.
La gente si valuta a partire dalle piccole cose: importante elemento di valutazione dell'uomo per il ruolo che ambisce a ricoprire è la lingua inglese, requisito fondamentale per uno che dovrà parlare sovente con i membri non solo della Irb e coi finanziatori primari Rbs e Erc, ma anche con il board celtico. Abbiamo l'apparenza del classico "autodidatta di provincia": nella intervista qui riportata lo si sente pronunciare un significativo e tristemente comune kno-aut (voleva dire non knock out ma know how).
- Intanto è significativo il luogo prescelto: Moletolo frazione di Parma, un luogo che significa continuità con la gestione precedente ma lega il nuovo candidato al più che probabile ultimo insuccesso della gestione Federale precedente, la Nuova Franchigia Celtica. Insuccesso almeno per via dei piedi pestati per crearla - sono tanti e non solo a Viadana; non vorremmo gufare ma data l'ottica hard discount usata per allestirla anche sul piano del roster, si profilano mesi se non anni di acuta sofferenza per un pubblico che come lo stadio non c'è (ma che "faranno innamorare", parole del nuovo ds Manghi: auguri).
- L'altro elemento di continuità è la "mano sulla spalla" del presidente uscente Dondi, introduttore ufficiale alla presentazione del candidato. Noi non vediamo nulla di eticamente scorretto nell'endorsement dondiano: è il candidato ufficiale della casa e a noi piacciono le cose chiare, alla luce del sole. Siamo felici che in epoca di coming out conclamati e reclamati, almeno ci siano state risparmiate ipocrisie "corrette".
Infastidisce la tronfia arroganza di un molto stizzito Dondi che chiama a raccolta i clientes affermando: "Gavazzi non ha fatto i conti ma io si e so che vincerà"? Beh, dopo 16 anni di Bulgaria troviamo sia il minimo. Purtroppo è tanto arrogante quanto probabilmente vero: se coloro che auspicano il cambiamento si aspettavano strade in discesa, forse non avevano afferrato bene la situazione.
- In termini di "programma" - meglio sarebbe dire, intenzioni di massima - il segno com'è logico è quello della continuità ("lo chiedono i nostri partner internazionali", minaccia Dondi manco fosse Monti), ma il Gavazzi coerente col suo passato di notorio carattere tosto (è continuità anche questa), già inizia a smarcarsi leggermente: nel suo italiano-padano dice "no a scombussolamenti", ma anche si a «elementi di rinnovamento, perché i tempi si evolvono e bisogna sempre adattarsi alle novità». Una minimale apertura alle istanze sintetizzate nel comunicato della Benetton e dettagliate con dovizia di particolari nei "Tinelli" di Vittorio Munari? O semplicemente annunciava con mucho gusto il rotolìo prossimo di qualche testa (nulla è peggio di un promosso interno per i "colleghi", quel punto di vista)? Vedremo.
In particolare Gavazzi afferma di volersi interessare al disastro del settore giovanile: interesse che ben depone - ma dipende come. Fa cenno all'intenzione di costruire qualcosa per le "leve" del '97, '98 destinate ai Mondiali in Giappone del 2019 (per quelli destinati a Londra 2015, purtroppo è tardi). Pone anche nell'intervista video sopra allegata, un corretto cenno alla priorità di formare i tecnici - e gli arbitri.
- L'elemento caratterizzante della candidatura Gavazzi è sostanzialmente un non si cambia l'approccio vincente. Vincente su che piano, non certo quello sportivo! ED' quello dei schei : sempre dall'intervista sopra detta, "Nel 1995 ero tesoriere e la Fir aveva un bilancio di 8 miliardi" dichiara,"oggi siamo tra i 37 e i 38 milioni di euro", svelando uno dei segreti dondiani gelosamente conservati pur senza entrare nei dettagli. L'altro aspetto vincente sarebbe l'espansione, in pubblico e partecipazione: i sold out della Nazionale a San Siro e all'Olimpico, i "novantamila iscritti contro i 26.000 del '96, alcuni scritti in matita".
Il senso del primo punto è, vedete quanto ripaga investire la gran parte del budget federale sulla Nazionale, l'alfa e l'omega del rugby in Italia? L'obiezione è facile: quanto si potrebbe aver di più se si fosse capaci di vincere un po' più spesso? Per vincere di più servono giocatori forti, per averli servono club forti, è questo il senso della sfiducia a una gestione federale che sta soffocando i club nel territorio e puntando a un circuito autoreferente nazionale-franchigia federale-accademia, con tanto di usucapione dei cartellini dei ragazzi in cambio di un piatto di lenticchie (quanto basta a certi capintesta di club). E poi, va ben guadagnare ma come e dove si spende? Guarda caso, qui la trasparenza è nulla.
Anche il secondo "punto forte" sfiora l'autogol: confrontiamo il numero di praticanti con quelli in Francia, Paese dalla mentalità e numero di abitanti comparabile al nostro? Inoltre, tutti sanno che circa un terzo dei tesserati italiani sono senior; tolti questi è una crescita del 30% circa ma in sedici anni, veramente poco anche se fossero euro. Evitiamo pure il confronto con gli oltre 300.000 iscritti nel 2011 al basket o al volley in Italia, il vero smacco Fir è che in Italia ci sono 113.000 iscritti alla federazione badminton ... Una federazione che vanta il secondo budget dopo il calcio ma non compare tra le prime dieci per numero di tesserati: c'è proprio nulla da vantarsi, i numeri dicono che questa dirigenza non sa ben investire quel che incassa e quindi magìa, ritorni sportivi non ne ha.
- No, non ci par certo il programma il punto forte del candidato dell'establishment. Con buona pace di Dondi che afferma: «Il programma federale c’è, è molto chiaro, ambizioso ed è noto a tutti. Mi fa strano che chi dice di essere al vertice del rugby italiano faccia finta di non conoscerlo.». Forse confonde programma con obiettivo: quell'antico, sbugiardato sogno rilanciato ancora una volta di "raggiungere i primi otto posti nel ranking entro due anni". Nulla di male a far sogni ambiziosi, ma un piano è descrivere razionalmente come si realizzano: evidentemente il presidente uscente non sa cosa sia e come si faccia un Business Plan - non parliamo poi di Balanced Scorecard per misurarne i progressi. Nessuno dei suoi scalzacani gli ha mai stampato (e tradotto) documenti di quel genere dai siti della Irfu, Sru o Rfu. Da ignorante (nel senso che ignora) fa allora emergere il lato sanguigno, immaturo e provinciale: "non saprebbero gestire una federazione": dopo di lui il diluvio, il senso di lesa maestà: «Mi sarei aspettato lealtà e confronto». Confondere confronto con applausi a prescindere: la faccenda è grave, una volta si diceva sudamericana. C'era piaciuto di più a caldo il presidente, quando comprese e disse: "Forse non sono più adatto a questi tempi". Ora invece prova anche fare il pungente: «Io non mi sono mai candidato contro qualcuno». Bah, nella sua Bulgaria non c'è quasi mai stato un antagonista vero.
- Vien da pensare che il punto debole di Gavazzi si chiami proprio Dondi. Lo è sicuramente per la stragrande maggioranza degli appassionati, a leggere forum e blog in questi giorni. Le sparate da Gran Califfo offeso accompagnate dalla assenza di trasparenza: un autogol che dà automatico àdito al sospetto anche nei confronti della più adamantina delle amministrazioni. L'endorsement del presidente uscente è contemporaneamente però il punto di forza del Gavazzi dal punto di vista elettorale, se riuscirà il trasferimento della base elettoral-clientelare.
- Quanto dipenderà dalle capacità dall'altro fronte? Non tanto Amore, candidato alternativo "standard" come ce n'è stati diversi anche nel passato, da sé e per sé. Piuttosto, chi sarà il "champion" designato del fronte Benetton: molto dipenderà dalla sua capacità di aggregare gli scontenti - tutto il Veneto e Viadana tanto per cominciare - e controbattere all'acquisto dei clientes della parte opposta. Sarà scontro a base di posti in consiglio ma anche palloni, biglietti, buffet, magliette e promesse come nel passato. Se la Toscana pare in mano a Saccà, già Rovigo ad esempio ha messo in chiaro che non ha un consigliere in Fir da decenni. Anche tutto il Sud si aspetta qualcosa, a partire dal Lazio lasciato a secco di Celtic - un cavallo di battaglia di Gavazzi da anni, già col Calvisano rev.1.0 che per quel motivo uscì con la Benetton dalla Lire, la Lega dei club Pro italiani, decretandone la fine.
Il rischio insomma è che, come spesso accade, la battaglia sui massimi principi si trasformi in un do ut des di basso livello; che il referendum sui risultati della gestione Dondi, trasmuti in una reverse auction. D'altronde, qualcuno sintetizzò efficacemente la politica in "sangue e merda".
- In tale prospettiva, qui lo diciamo e qui lo neghiamo, non ci stupiremmo che l'eterna anima negoziale veneta - han i cromosomi di chi commerciava col Turco mentre poco distante s'impalavano a vicenda - trovasse un qualche tradeoff con l'esponente lombardo. Andare ai materassi non conviene ai trevigiani ma sarebbe anche nell'interesse del Gavazzi finirla con le stucchevoli contrapposizioni dondiane contro quelli che "dicono di essere al vertice del rugby italiano". A meno che i numeri non lo convincano di essere in netto vantaggio. Il bresciano pare uno scarpe grosse come il parmense, quindi un "qua comando solo io", ma forse a suo vantaggio è privo di "sindrome da Maria Luigia" (tradotto: io so' io e voi ....).
La possibilità di un abboccamento tra le parti spiegherebbe in parte il ritardo nel presentare un candidato del fronte della sfiducia a Dondi. Una trattativa che, portata in porto, sarebbe il vero modo per Gavazzi Alfredo di smarcarsi dalla tutela di un padrino mai troppo digerito e troppo simile a lui, svincolandosi da una immagine di as-soldato - private- che poco si aggrada alla sua combattiva storia personale.
Andasse così, sarebbe palpabile la delusione degli italiani: amano vedere il sangue scorrere, ma solo alla televisione. La speranza è che almeno non si tratti di compromesso al ribasso: niente palloni, no a un paio di equiparabili in più. Il tempo darà le risposte.
- Non dovrebbe mancar poi molto: il Coni fa pressione affinché la Fir sistemi al più presto le pendenze formali (Nuovo Statuto, nuove modalità elettorali, nuovo consiglio) e anche a Gavazzi potrebbe convenire una elezione a settembre, prima che i probabili schizzi di fango sollevato dagli zoccoli delle Zebre si facciano troppo alti e i concorrenti convincano e si spieghino e si incontrino con troppa gente. Segnalerebbe un certo nervosismo stile "fate presto" su quello "spezzeremo le reni a Treviso" calato con tracotanza dal Dondi.
46 commenti:
Come sempre puntuali,ma non vi sembra che dalla foto assomigli a Superciuk, senza offesa a nessuno per carità.
ahahahahahahahahahahahahahah
articolo ottimo come sempre del resto, la chiosa di ivanot l ha impreziosito .ironduke
Ho appena finito di leggere sul grillotalpa la difesa del presidente dalle "voci". Bè, non so nemmeno da dove cominciare.
Dal fatto che non deve dimostrare più niente a nessuno (ed è l'unico a poterselo permettere)?
Dal fatto che i suoi risultti si difendono da soli?
Dal fatto che ha creato "un "sogno" (vallo a dire a quelli dell'U20)?
O infine, vera perla tra gli altri che in confronto sono cocci di bottiglia, dal fatto che "il rugby di vertice si è staccato dai vagoni (!?) creando una serie di scompensi"? Fosse per me comincerei dalla volgarità della sparata. Altro che balanced scorecard.
Bella anche l'intervista a Gavazzi, con 3 quarti delle risposte che cominciavano con "non so". Altro che business plan.
Più parla peggio fa: non a caso ho scritto che il punto debole di Gavazzi è l'endorsement di Dondi. Gli sta bruciando tutti i ponti.
La cosa più allucinante dell'intervista ginocchioni della Voce del Padrone del regbi da'a Grande Città, oooops volevo dire LaMeta, è che tre quarti del tempo da Dondi dedicato a sminuire i trevigiani consiste nel lagnarsi del fatto che non gli han fatto incontrare Luciano Benetton.
Ora Luciano Benetton ha un patrimonio PERSONALE stimato di 2.1 miliardi di euro, non può perder tempo con vecchietti malmostosi che gestiscono 40 milioni scarsi e trova certamente più interessante e motivante premiare i vincitori del trofeo Topolino.
Per parlare coi Dondi e scalzacani vari, Luciano paga lo stipendio a Zatta e Munari, già di molto sovradimensionati rispetto alla bisogna.
:D
Anche un po' Teomondo Scrofolo, volendo ...
Molto bello anche l'attacco di Borra ai blogger...perche' quell'attacco non e' emanazione di un poere forte?Oppure semplicemente i dai di vendita delle riviste sono in calo grazie alla crescita dei vari blog?Opuure piu' probabilmente entrambe...
Naoto
Sì, tra l'altro... Ho notato che quest'estate vanno di moda le interviste alla Oliver Stone, tanto per non fare nomi (me la prendo con un foresto così non mi arrivano i Carabinieri a casa).
Bello e fuori dai denti, come sempre.
Temo Dondi sia in una fase di palese distacco con la realtà, la cosa pazzesa è che probabilmente lui crede veramente in quello che dice....
Comincio ad immaginare come possono essere andati i colloqui tra lui e Melegari, probabilmente non ha nemmeno capito come mai Melegari si è incazzato....
Su Gavazzi avete detto tutto voi...
L.R.
Naoto, quei cartolai ci preoccupano quanto i dinosauri post meteora: osassero mai esporsi su media bidirezionali tipo forum, fb o blog, verrebbero annichiliti.
EA mio avviso Dondi decise di non ripresentarsi (significativo avesse detto che ci pensava su) dopo la bordata di fischi che molto lo sorprese a Padova, quando bel bello andava a presentare il trofeo JWC 2011, aspettandosi che gli appassionati apprezzassero la sua mentalità da casta - so' stato bravo a portarvi la coppa del mondo in casa eh? Echissene 'ndo lo metti? Sky e stream arrivano ovunque, VOGLIAMO AZZURRI COMPETITIVI, NOI!
Dondi è in fuga dalla realtà da qualche anno. Purtroppo c'è gente (la maggior parte della gente, va riconosciuto: esame di coscienza) che non si rende conto quando sbaglia, e dà la colpa all'invasione delle cavallette, o ai blogger.
Sull'altro fronte c'è Munari: in un suo "Tinello", parlando della necessità di Stati Generali del rugby disse testuale: "ci sono opinioni, blog etc, dove si leggono cose interessanti, si capisce che dietro c'è del pensiero, delle competenze ...".
Nick, che te devo dì? Non per caso qui interviste non ne trovi, qui commentiamo. E il miglior feedback l'abbiamo avuto da uno dei massimi protagonisti di tutte queste vicende, che a uno di noi ha recentemente detto testuale: "complimenti, si vede che non ve ne frega un ... e dite quel che pensate, sapendo di cosa parlate".
Ciascuno coltiva il suo orticello. Del tipo: se non ci fossero soldi federali alle spalle, non si andrebbe in edicola - non lo diciamo noi, riportiamo solo voci a tal riguardo.
Abr (e ringo)
immaginavo non vi toccaste il pezzo di Borra e' solo che mi pare la Fir sia entrata ben da subito in campagna elettorale...Dondi che annuncia la sua uscita in Radio (Rai se non ricordo male...mancava solo il messaggio a reti unificate), investe ufficialmente Gavazzi come suo erede con tanto di presentazione "in pompa magna", stampa ufficiale che gli permette le sue tirate contro i possibili avversari con tanto di uscite simpatiche come quella delle canottiere (La Repubblica se non ricordo male -chiedo scusa ma vivendo all'estero seguo solo tramite blogs le cose- mica un quotidiano locale), editoriali a screditare chi ha permesso che il malcontento della gente trovasse uno spazio dove esprimersi...insomma mi pare chiaro che per quanto dicano di essere sicuri di avere l'elezione di Gavazzi in tasca stiano usando tutta l'artiglieria amica a disposizione...
Sulle interviste...non so se nessuna vi va bene ma per fortuna che almeno qualcuno si e' preso la briga di chiamare Amore e dargli uno spazio per espriemersi, visto come la stampa "vera" mi pare si sia gia' ben allineata...poi oh ci sono blogs che puntano sull'aggiornarnamento di news, chi preferisce fare approfondimento e chi preferisce "fare opinione"...l'importante e' che ognuno alla sua maniera e con il suo stile ha permesso che il malcontento si facesse sentire...forse e' quello il potere forte di cui voi bloggers siete emanazione...
Naoto
Si naoto, del resto era logico che dondi entrasse subito all'attacco, "togliendosi qualche sassolino dalla scarpa" dal suo punto di vista. E' una indicazione di quanto pericolosa ritengano la "sollevazione".
Noto però che Gavazzi non lo segue, si limita al pur trito "è un bene per la democrazia" ma non attacca. Da cui ne deduco la possibilità per una intesa.
Sulle interviste mi sono spiegato male. Il punto è esattamente quello che dici tu: ognuno segua la sua "vocazione", avendo ben presente i propri limiti e potenzialità. La tecnologia ha aperto la possibilità di esprimere opinioni, più o meno "sapute", ma il movimento complessivamente trae solo benefici - checché ne pensino in cartoleria - dalla pluralità di voci e di approcci.
Noi ci siamo perché abbiamo stimato esistesse un "gap", sul lato delle competenze e dell'apertura vera (non solo cartellini partita) nei confronti degli stimoli e spunti evolutivi provenienti dal rugby estero. E' la nostra "nicchia".
Un commento a uno degli elementi più controversi delle "esternazioni" dondiane: quel suo "i nuovi non hanno la più pallida idea di come gestire il network messo in piedi in sedici anni".
La dice molto lunga sullo stile "boita" (piemontese per piccola botteghetta familiare) messo in piedi dal Dondi e accoliti: tutto al telefono e a tavola (o meglio "a tavolino" come si dice al bar), poco o nulla su powerpoint, non parliamo di excel.
Fa venire in mente certi imprenditori anni '80, che gestivano la contabilità di imprese miliardaria con note a mano su foglietti tenuti nel portafogli. Business Plan è veramente roba che se magna per 'sti qui.
Portafogli tenuti chiusi con l'elastico: c'è chi ha visto cose che voi gggiovani, cresciuti sotto il tallone di Equitalia, manco potete immaginare ...
vorresti dirmi che non ci fanno vedere il bilancio perchè hanno perso il portafoglio con i foglietti??????????
Proprio vero, Abr. Altri tempi, infatti quando c'è stato da cambiare passo (internazionalizzazione un pò diversa dal "le prime serie per i crucchi le facciamo noi") alcuni hanno annaspato e altri sono pure affogati. Però come sai l'evoluzione - al Nord - c'è stata e pure notevole. Per questo sento un peso sul cuore quando vedo, ogni giorno, che un bel pezzo d'Italia (messa assieme supera alla grande il 50% del PIL) lavora ancora coi pizzini. E'uno spreco della malora.
Corsi e ricorsi: adesso le fregature con le seconde serie fatte male e consegnate in ritardo, si prendono tutti da quei napoletani al cubo solo un po' meno simpatici, chiamati cinesi ...
Il 50% a pizzini: la mafia dici? Beh, c'è un bel 60% del Pil (lo stato) che fa i conti coi numeri del 2009, se va bene del 2010. Oppure si rivolge all'Istat, ha ha ha.
E' effettivamente una ipotesi: o glie li ha mangiati il cane?
No no, intendevo proprio lo Stato... Mi sono autocensurato dicendo che supera alla grande il 50% perché temevo di non essere preso sul serio (non da voi, da qualche lettore) ma ci hai pensato tu a mettere le cose a posto. Grazie!
Se pensi che il nord si internazionalizzato oggi mi sa che ti sbagli. Anzi, era davvero internazionaliizato negli anni 80, quando il veneto esplodeva, milano capitale del mondo per design, moda e tutto cio' che e' bello, e torino gigante automobilistico. Adesso si che siamo davvero diventati periferia.
La storia dei Benetton e' per certi versi emblematica.
Poi spero di aver capito male, ma si prendono degli abbaglia strepitosi nelle generalizzazioni nord/sud. Ed anzi, se c'e' un impresa davvero internazionalizzata e' la malavita, ed i profitti li fa al nord, dove c'e' attivita' economica. E' difficile trovare la verita' nella generalizzazioni.
;)
La mafia non è una impresa: necessita controllo territoriale e culturale, ergo è in competizione con ... state parlando quindi dello stesso tipo di ente.
Che per uno dei due - lo stato - l'altro - la mafia -sia illegittimo, non è che dica granché: anche i conquistadores con l'Inca.
Gsp, Direi che ti ha risposto Abr. Aggiungo solo sull'internazionalizzazione del Nord che forse un tour ti farebbe bene. Ti ci porterei io (for free) se non fosse che il tempo per tutti noi é quello che é (basta guardare a che ora scrivo, la mia giornata inizia adesso). ALtro che abbagli, posizioni e quattro frecce.
@nick, vienimi e trovare e ti porto un po' in giro in europa. Pero' sempre con lo spirito di chi vuol migliorarsi. Si puo' imparare da tutti. Quando invece si pensa di essere arrivati e' il momento in cui inizia il declino.
Stima e rispetto perche' lavori tanto e duro. Pero' lascio il tuo caso da parte, e dico che se si trattasse solo di lavorare tanto grecia ed italia sarebbero le prime al mondo. Ed invece...
Gsp, tu stai prendendo un granchio grande come una casa perché sei afflitto dalla "sindrome dell'italiano all'estero". L'ho avuta anch'io (tra l'altro, amico mio, parli come se vantassi un'esclusiva) perciò capisco. Ma non puoi pontificare con chi ha vissuto e lavorato di qua e di là dell'Altlantico e, se permetti, non si impressiona a sentire la parola "Europa".
Nel merito, non é vero che l'internazionalizzazione fosse quella degli '80, "quando il veneto esplodeva, milano capitale del mondo per design, moda e tutto cio' che e' bello, e torino gigante automobilistico". Internazionalizzazione non é essere al centro del mondo, é saper dove trovare i fattori produttivi, dove trasformarli e dove vendere il proprio prodotto/servizio ed é in questo campo che, ribadisco, ho visto grandi passi avanti, ribadisco, in alcune aree geografiche italiane. Riguardo all'internazionalizzazione c'é tutta una bibliografia, da Gary Gereffi a Gary G. Hamilton (un pò troppo puntato sull'Asia per servirci), a Peter Dicken solo per citare quelli leggibili per diletto. Senza contare "The World is Flat", lungo lavoro divulgativo di Thomas Friedman. Personalmente l'ho trovato un pò noioso (Friedman non mi piace) ma resta un classico, ormai persino datato, nel suo genere. Fine della sparata. Ora, io sono convinto che tu, gsp, sappia già perfettamente di cosa sto parlando. Tu però cerca di capire che non tutti quelli che vivono fuori dal Kent o dall'Essex sono "bepi tondini" da illuminare.
Tornando alla elezione del presidente FIR, volevo fare un paio di considerazioni generali.
parto dal modello scozzese ed inglese. non li prendo come esempio in se, ma ci sono un paio di elementi che potrebbe aiutarci.
In scozia ad esempio c'e' il chief executive. ma il Chief Executive non e' eletto dal consiglio, ma selezionato/assunto dal board come qualsiasi dipendente. col vantaggio che si sceglie gente nei posti chiave con delle competenze specifiche.
cioe', nella vita e' difficilissimo trovare una persona che sappia vincere una elezione (skills in se molto difficili), ed anche avere competenze specifiche per guidare una federazione professionistica in ambiente internazionale. con l'aggravante che nel rugby italiano il semi-professionismo e' la norma, e quindi avere uno che si adatta a lavorare a livello professionistico, per lo piu' internazionale sara' sempre una scommessa. prendi Amore come esempio.
il chief executive (con molte responsabilita' che oggi ha il nostro presidente federale) andrebbe scelto come si sceglie un allenatore della nazionale e non come si elegge un deputato.
Il vantaggio e' che se il Chief Executive non funziona, o non raggiunge i target del board, lo si manda via, senza dover necessariamente tornare ad elezioni e senza doversi trasformare in regicidio.
questa riforma puo' funzionare solo se 'imposta dal CONI', perche' i club perderebbero un po' di potere. e perche' culturalmente ci appartiene poco, basta vedere l'incapacita' delle nostre aziende di capire che se sei artigiano e manager allo stesso tempo, e' una eccezione, non la regola (idem se tu sei un buon manager non e' detto che lo sia anche tuo figlio, tuo nipote o il tuo cavallo).
detto questo, anche il ruolo del board (o consiglio, to tornando alla metafora del deputato) e del presidente eletto dalla base rimane centrale. primo dovrebbero ricevere un rimborso spese piu' che uno stipendio, e quindi viene meno lo uno stipendio da difendere, rimane la dedizione, senso di responsabilita', capacita' di sintesi anche politica.
secondo il loro ruolo di consiglio e presidente eletto e' importante in termini di rappresentanza, strategia e di vigilanza sul ruolo del CHief Executive. in pratica il board dice al chief executive che ha 6 mesi per metterre a punto un piano per l'allargamento della base, e poi valuta la bonta' del piano. invece di sentire cose del tipo 'facciamo come l'argentina', senza chiedersi chi, come e quando.
e cosi' si capisce la differenza tra strategic (il consiglio e presidente) ed operational (il CHief Executive). ragion per cui e' un po' assurdo che Amore (ma faccio un esempio perche' e' l'unico programma che abbiamo visto, gli altri neanche quello) parli di Haka e sito web, che sono le ultime cose di cui dovrebbe occuparsi un presidente.
so che con la maggior parte di voi sfondo una porta aperta, pero' magari dibattere anche sulla governance servirebbe, invece che su Veneto contro Parma, e Munari/gavazzi.
Perdonami se ti ho dato la sensazione del so tutto io e che avessi le chiavi. e' fastidiosa e l'ho provata anche io quando dicevi che la internazionalizzazione era solo al Nord (c'hai le chiavi?), ed il resto chiuso molto bucolico (magari, di turismo, cibo ed energie rinnovabili si vivrebbe benissimo). poi tu mi hai proposto un viaggio, che io farei con piacere, ed io te ne ho contropoposto un altro, meglio in primavera, ma anche in autunno si sta bene.
ed hai ragione, bisogna vedere di che parliamo quando discutiamo di internazionalizzazione. lo so la faccio semplice, pero' se internazionalizzazione e' fare le scarpe in romania che costano meno e' un problema per l'economia. e dal momento che la nostra manodopera ha un costo molto basso rispetto all'europa, allora dovremmo aver visto i benefici negli ultimi 10 anni. ed invece... se poi la capacita' artigiana e' il selling point di quello che fai, e la perdi muovendo il capannone senza artigiani perdi anche il selling point.
se invece fai un prodotto a Vicenza, che pero' risponde alle esigenze del tutto il mondo, e prende il meglio del design e ricerca italiana, della ricerca e dei matieriali da tutto il mondo, allora quella internaziolizazione serve di piu' all'economia della nazione (tipo campagnolo per intenderci).
senza stato si vive meglio? ci sono molte nazioni senza stato e senza governo. per me un fattore che faciliti ad allochi serve. come ben sai la totalita' dei comportamenti razionali individuali (ed economici) non necessariamente implica il bene della collettivita'.
Perdonato, ancora un pò e il giretto per l'Europa lo faccio sul serio!
Sulla questione geografica diciamo che ho lasciato le chiavi in tinello. Seriamente, ti ascolto e riconosco che ci sarà anche qualche sforzo in quella direzione, ma lo stadio è molto embrionale. Il problema, lungi dall'essere risolto sopra la Linea Gotica, stenta persino ad essere riconosciuto come tale sotto di essa e qualche conclusione va tratta altrimenti con la scusa del "non generalizziamo" finisce che non si può più parlare (vista dall'Hilton anche Caracas é un paradiso). Dalla mia impressione il Meridione si è dato altre priorità finendo per assegnare troppa importanza a quanto succede nel capoluogo di regione o a Roma.
Sul facilitare e allocare... Fini legittimi che comprendo (sul secondo mi scatta ancora qualche riflesso pavloviano, ma ci sto lavorando). COnfesso di avere ancora qualche dubbio che per riuscirci occorra proprio fare il 60% del PIL e che così si persegua il tanto strattonato bene della collettività. Corollario: quando si parla di contrazione del PIL dell'x%, ceteris paribus, il settore privato si è ridotto almeno di 2x%. Chissà cosa succederebbe dando le "notizie" in questi termini. Probabilmente niente.
Bello l'esempio Campagnolo di Vicenza, hai capito cosa intendo. Personalmente mi ha impressionato la Dallara o su altra scala penso alla Picchio, così spezzo una lancia anche per il Sud (quanto sono magnanimo...).
Tra l'altro i club perderebbero un pò di "potere" (peraltro dalla dubbia esercitabilità: oltre una certa frammentazione il potere, semplicemente, non esiste) ma potrebbero - forse - guadagnarne in termini di "controllo".
Bello mi piace: qui si discetta e bene di globalizzazione, mentre altrove si arriva al massimo al dondi vattene. Non male come livello di club house :)
Nel merito, trovo che qualcosa di disruttivo sia accaduto dal 2008 in avanti: non è solo subprime o finanza, la globalizzazione ha colpito durissimo.
Se prima andare a produrre scarpe in Romania era una avventura in cui sovente i costi nascosti mangiavano almeno inizialmente i vantaggi in termini di costo, oggi tecnologia e trasporti consentono e i mercati IMPONGONO di pensare globlae e senza frontiere. Portando baracca e burattini e non solo produzione dove più serve e conviene. Non sono più decisioni in termini meramente di costo lavoro e produttività, ma di marketing mix esteso.
E se non sai valorizzare il fatto che "aria" e "acqua", o "arte" del tuo posto producono risultati diversi, vieni sommerso dai cloni più market orientend - e oriental.
Applausi a Gsp sul chief executive.
Il ceo è un manager, il presidente cui risponde è il chairman del board (una sorta di consiglio degli azionisti). Munari e Zatta.
Così nei paesi seri e meno politicizzati ("culturalmente ci appartiene poco": da noi c'è ancora il mito dell'azienda gestita dal fondatore), si risolve la diatriba tra strategy/execution e relazioni/politica. Dondi vede solo la seconda, è un presidente, provinciale per giunta. Peccato che alla fine il diavolo stia nei dettagli, e circondarsi da un mix tra yesmen e simili, fa in modo che si crei un vuoto in cui cade ogni buon proposito: niente piani formalizzati e professionali, quindi niente trasparenza e nessun respiro, solo tattica, telefonate e "tavolini".
Sul tema dei club con meno potere per via della introduzione del ceo, non credo.
E' un rifiuto culturale, non un problema operativo.
In tutti i club c'è oramai un ds che gestisce gran parte delle operazioni, magari con la classica "creatività" cioè idiosincrasia italica a pianificare che produce comportamente puramente reattivi e poco proattivi.
Gsp quello che tu proponi e' una rivoluzione culturale non un semplice cambiamento.
In Italia la figura dello sport manager non esiste, le federazioni sono quasi tutte (ora non sono andato a controllare per carita' ma non credo si sbagliarmi) gestite da ex atleti della singola disciplina che in quanto tali dovrebbero sapere come risolvere i problemi del loro sport e come gestirlo...cncetto ampiamente superato nel mondo anglosassone. Lo stesso sistema educativo in Italia non prevede lo sports management come un percoso di studi vero e proprio come invece all'estero, l'unico corso in materia che mi viene in mente e' quello dei Benetton. Occhio non sto dicendo che la formazione accademica sia tutto ma questa situazione chiaramente dimostra come lo sports manager non sia concepita cme una figura professionale vera e propria in Italia cosa che invece lo e' all'estero con Universita' come Loughborough in Ighilterra o altre universita' in Ausralia, USA ormai ache in Cina quotatissime per la formazione di questa tipologia di professionisti.
La profesionalizzazione della figura fa si che ormai nel mondo anglosassone non sia per certe posizioni necessaria neanche la conoscenza specifica dello sport ma anzi avvenga che i managers si spostino da una federazione all'altra in base ai risultati conseguiti...cosa che avviene anche per posizione piu' "tecnciche", due esempi: O'Sullivan al momento fa da consulente alla pallamano irlandese come direttore dell'alto livello...di pallamano sa poco se non nulla ma di certo sa che struttura serve implementare per creare l'alto livello, Woodward e' capo dell'elite performance di British Olympics per gli stessi motivi.
Pur vivendo all'estero anche io purtroppo mi pare che in Ialia viva ancora un cncetto di gestione dello sport amatoriale, sei stato un bravo ex giocatore quindi di sicuro saprai come mettere a posto il tuo sport...cosa assurda visto che una federazione per quanto sia no profit e' ormai un business vero e proprio dove bisogna avere capacita' di planning, budgeting, project development and management ecc ecc
Chiud con una chiosa, si il sistema di selezione dovrebbe essere diverso ma quello che hai citato avviene in tutto il modno anglosassone e spesso e' cosi' per motivi legali, se si apre una posizione la devi pubblicizzare ma non mancano i rucchetti: apro una posizione ma in maniera formale o meno faccio sapere a te che una tua candidatura sarebbe certamente presa in considerazione...faccio un esempio praico, purtroppo in nessun blog italiano ho visto riportata la notizia delo scandalo che sta investendo la IRB sul processo di selezione del nuovo CEO in cui un membro del panel di selezione si e' dimesso accusando il sistma di non essere trasparente, fair ed altro...di fat ha detto che la selezione era ben stata pilotata.
Naoto
Basta vedere cosa sta succedendo ad Amore in giro per l'Italia ovale sul potere da peones dei clubs
Certamente Abr. Il 2008 (secondo me ancora più il 2007, ma sono dettagli) resterà nella storia come un anno spartiacque proprio perchè è da allora che chi non poteva contare su certe distorsioni del mercato - assistenzialismo industriale, per di più mal distribuito - ha capito di dover cambiare. Secondo me "a pelle" l'hanno capito in tanti, poi che avessero gli strumenti culturali e i mezzi materiali per farlo è un'altra cosa. Chi ci è riuscito, però, ha davvero cambiato passo nell'attesa che si sveglino anche a Palazzo.
Naoto, sono tante le cose in cui in Italia siamo "atemporali": non è difatti solo colpa dei politici, che peraltro mica arrivano da Marte ...
Quanto agli ex sportivi,tempo fa dissi che per capire il rugby aver giocato aiuta, ma non è condizione nè necessaria nè tantomeno sufficiente. E' generale: basta sentire un commento di Collovati o D'Amico per rendersene perfettamente conto.
Sull'elezione in Irb, ottimo spunto, andremo a vedere. Anche se lì la politica la fa da padrona, a tutti i livelli: non vorrei che l'accusatore non fosse che l'ennesimo elemento della resa dei conti tra ala anglosassone e supporter di Lapasset. Dondi, schieratissmo, s'avvia a prendersi il gettone nel comitato antidoping, qualificatissimo direi ...
Amore: anche lui fa il suo gioco, da outsider. Da numero uno del comitato siciliano, li conosce tutti uno per uno: nomi tipi e logiche vigenti. Interessante il fatto che adesso porti i panni sporchi alla luce del sole, così sappiamo tutti come han fatto a vincere per 4 mandati.
Concordo sul 2007 anno del cambiamento.
Temo però siano eventi più grandi della dimensione locale, o della volontà e capacità sistemica (locale) di adeguarsi. Troppi fattori in gioco, come la moneta comune ingessante, o le guerre economico-finanziarie globali in atto (tutti addosso alla Merkel, sarebbe meglio controllassero ogni tanto Obama e il dollaro).
Voglio dire: puoi costruire la casa più antisismica del mondo ma se arriva un magnitudo nove, ti cade tutto comunque in testa.
Temo che stia per iniziare tale fase, se non cambia: prima son morti gli inefficienti, ora tocca anche agli efficienti soffrire. Perché i compratori tutti stan tirando la cinghia (eri tu che facevi l'esempio della componentistica auto?).
Abr l'aver giocato aiuta per certe cose non c'e' dubbio, e sicuramente posizioni estremamente "tecniche" come non so giusto per fare un esempio programmare come si deve sviluppare un giocatore, a che eta' introdurre concetti tecnici e tattici ha bisogno di una persona che sappia di cosa parla, cosi' il direttore dell'accademia o degli arbitri o della formazione degli allenatori.
Nella parte piu' strettamente manageriale non e' necessario, o meglio se c'e' meglio (e questo per qualsiasi sport non solo il rugby) ma gli skills necessari sono quelli di un manager: programmazione, budgeting, project management ecc...il mio era un discorso piu' sul CEO ed altre posizioni prettamente manageriali (il marketing manager anche se non ha mai giocato a rugby il suo lavoro se bravo lo sa fare per intenderci).
Corretta la distinzione che fai ma mi riferivo alle competenze tecniche: spesso ci sono problemi già a livello "basic" per molti ex. Alcuni non hanno la più pallida idea di cosa e perché lo facessero in campo. Io stesso ho capito la differenza tra blindside e openside dopo un po', e non perché qualcuno me l'abbia spiegata.
Ah scusa Abr pensavo parlassimo ancora del post di gsp...completamente d'accordo su quello che scrivi...purtroppo quella e' la situazione e mi sa che per formare veramente degli "insegnanti" di rugby competenti ci si dovrebbe affidare ad uno straniero (al riguardo ma Coste non era stato assunto un anno fa per la formazione degli allenatori?C'e' ancora?Non se ne sente mai parlare).
Naoto
Fino alla stagione scorsa s'aggirava ancora, non so a che titolo ... ma poi sono arrivate le accademie, si parte dal basso e tutti i "vecchi", formatori e ARBITRI inclusi, sono "esodati", abbandonati a loro stessi, mi sa ...
... abbandonati ad Ascione, non a loro stessi che già sarebbe qualcosa.
Se intendi Dallara e Picchio ero io, ma devo aver toccato un tasto che conosco (componentistica auto) anche in passato, solo non ricordo il contesto a furia di vivere nella terra dei lotofagi.
Dici che "qui si discetta e bene di globalizzazione". Grazie, gentilissimo ma mi sa che sei troppo buono. Si fa quel che si può senza offendere nessuno, generalizzare e "sbroccare" a vario e abbondante titolo. In pratica invidio le regole d'ingaggio della Delta :D
Quanto al post precedente: sì, la crisi è crisi anche per i virtuosi. La affrontiamo lancia in resta con una pistola carica al fianco e una sciabola pronta ad essere sguainata dall'altro lato, come piace al vecchio Gustavo Adolfo. E come sempre, le chiacchiere sul quanto pesa lo Stato stanno a zero. E'un'altra carica di cavalleria, Abr. Goditela finché dura!
@naoto sono daccordo sul fatto che in italia del manager sportivo non c'e'. Ma qui si parla di un solo ruolo, il chief executive, magari anche straniero.
Aggiungo, e' vero che anche nel mondo anglosassone esistono le decisioni poco chiare, le raccomandazioni a volte. Ma come sia e' difficile che si metta un imberbe inesperto in posizioni di responsabilita' e visibilita'. E di solito il raccomandato dura poco, magari mandato via con lauta ricompensa.
Nel caso dei chief executives SRU ed RFU sono ruoli cosi' specifici dove il recruitment puo' durare mesi, parli col recruiter e si fa anche l'application anche su invito.
Il punto non e' tanto come, ma avere gente con le competenze per dirigere una organizzazione da 40mln all'anno. Competenze che uno che fino ieri presiedeva un club semiprofessionistico non e' detto che abbia.
Sul punto finale e' quello che dico io, un ex atleta non e' per forza idoneo a dirigere un movimento perche' conosce lo sport e basta, servono skills diversi, in Italia purtroppo la gestione dello sport e' ancora amatoriale non si comprende che ormai una federazione e' business vero e proprio e non si assumono dei managers...le conoscenze tecniche del singolo sport come ho scritto sono fondamentali in certe posizioni ma non in quella di un CEO o altre posizioni strettamente manageriali.
Su certe decisioni, no e' diverso il discorso non capisci la sfumatura: non sto dicendo di mettere l'imberbe o altro, sto dicendo che le posizioni sono aperte e publiccizzate perche' devono esserlo, e' la legge che glielo impone ma succede (non sempre) che sia solo una cosa di facciata che si contatta in maniera piu' o meno formale chi si vuole e gli si dice di candidarsi...gsp l'ho visto fare e piu' di una volta proprio nello sport...poi magari le persone scelte sono quelle giuste non dico che si selezionino fratelli, cugini o amici degli amici ma non e' tutto oro quello che luccica, tutto qua.
Posta un commento