domenica 10 giugno 2012

Piove sulle celtiche Down Under, anche forte sull'Irlanda

Ok, Australia - Scozia è passata e con essa la perturbazione che non solo aveva segnato la partita di Newcastle vinta dagli scozzesi, ma anche l'avvio in pieno relax e distrazione della serie nei confronti diretti tra le nazionali australi e quelle celtiche. Nel sabato dei Test Match ci sono gli All Blacks che vincono per 42-10 sull'Irlanda e ci sono i Wallabies che si riscattano con il 27-19 sul Galles, evidenziando i classici limiti di tenuta ritmo delle Boreali a fine stagione. Anche se questo nuovo-antico format delle tre gare deve portare a giudicare ogni partita non in sé come siamo abituati a fare ma come l'episodio uno di una serie, stile playoff del basket. Sotto tale profilo, tanto tra gli irlandesi quanto tra i gallesi si contano anche i postumi perché se il pilone Cian Healey è ko per un infortunio alla spalla,e dubbi anche su Declan Fitzpatrick e Keith Earls; sul fronte gallese, Toby Faletau ha chiuso il suo tour per colpa di una mano rotta, al posto suo viene richiamato da Melbourne il vecchio grande escluso di sempre Gareth Delve

Nuova Zelanda 42-10 Irlanda
Venendo alle singole partite, i campioni del mondo in carica scendono in campo per la prima volta dalla finale di RWC contro la Francia per ribadire il loro potenziale anche sotto la gestione nel segno della continuità di Steve Hansen, la spalla destra di coach Graham Henry. Ci sono i soliti noti e qualche interessante giovane innesto: è tornato a pieni giri anche capitano Richie McCaw. I padroni di casa all'Eden Park di Auckland prima reggono le sfuriate irlandesi, che tentano di aggirare la linea allargando il gioco senza timori reverenziali. i Neri rimangono composti e sfruttano le indiscipline, fissando il comando dalla piazzola nel corso del primo quarto, portandosi sul 9-3 con il piede di Dan Carter (che ieri si muoveva con un gps incorporato per il senso di posizione mostrato in diverse occasioni): notare che il +6 al 18' arriva dopo il gran placcaggio che l'ala 21enne esordiente Julian Savea rifila a Rob Kearney. L'estremo irlandese è uno di quelli che prova a tradurre anche in NZ l'ottima stagione con la maglia del Leinster nonché il titolo di miglior giocatore d'Europa della stagione, ma si ritrova abbattuto dal giovane degli Hurricanes alla sua prima con la maglia tutta nera. La prepotenza della terza linea neozelandese Vito-McCaw-Read detta il leit motiv dei raggruppamenti conquista quindi il penalty che Carter spedisce tra i pali dalla metà campo. A quel punto la svolta, si apre il Mar Rosso: al 26' Conor Murray calcia dalla base nei propri 22, Zac Guildford afferra al volo con difficoltà, commettendo un chiaro in-avanti ma il pur ottimo arbitro Owens non se ne avvede, tiene vivo il possesso che giunge sull'altro lato del campo nello sbilanciamento della difesa, Sonny Bill Williams ricicla a modo suo all'interno per Carter che serve quindi Savea per la prima delle sue tre mete di serata. La strategia degli ospiti ne risente, passa ai calci in profondità sotto i quali portare pressione nel ricevitore ma non funziona: tra Sam Whitelock e Kieran Read c'è sempre un pezzo grosso a sostegno del triangolo allargato, mentre la back row irlandese incassa i colpi e la linea dei trequarti, al di là degli sprazzi iniziali, si arresta per scarsità progressiva di rifornimenti e di benzina. Si va negli spogliatoi sul 23-3 perché al 37' di nuovo Savea marca, alla bandierina, resistendo al placcaggio di Kearney e Murray. In realtà allo scadere della prima frazione gli AB si ritrovano per la seconda volta sui 5 metri avversari, ma la difesa verde ancora una volta è impeccabile,  Jamie Heaslip e compagni respingono gli assalti degli avanti e dei centri di casa.

La ripresa è manuale del rugby, o meglio da solidi e confidenti contro chi forzatamente  sta già pensando all'episodio due della serie: rimessa in mezzo al campo, SB Williams il primo ad andare a contrasto con la linea al largo, palla fuori velocemente, riciclo veloce per Carter, Israel Dagg (what a player!) che si inserisce, assorbe due avversari e pur potendo fisicamente puntare alla meta, opta per la sicurezza di fianco a lui, Savea manco a dirlo. L'Irlanda si dispera quando l'ala Fergus McFadden si beve 100 metri di campo andando a marcare sotto i pali, ma nel frattempo era arrivato il fischio di Nigel Owens perché il tutto era cominciato con un pallone rubato in fuorigioco: in compenso al 50' i neozelandesi schiacciano un pisolino - anche se in verità stanno attaccando per l'ennesima volta -, Carter tenta  un grabber che impatta sulla mole di Rory BestJohnny Sexton di piede butta l'ovale nella profondità scoperta e lo stesso McFadden raccoglie e marca per il 30-10 (notare che a rincorrerlo si era messo McCaw). Sul drop di ripartenza, Read salta e prende palla e corre e quasi marca alla bandierina, solo l'intervento di Brian O'Driscoll gli impedisce il touchdown. Il resto ormai è solo trascorrere dei minuti (si arriva anche alla mischia no contest per l'infortunio a Healey). Altro manuale del rugby: mischia sui 5 metri per gli All Blacks, Read parte sul lato chiuso e sponda all'interno per il neo entrato flanker Adam Thompson che segna al 55'. L'ultima delle cinque mete neozelandesi arriva al 77' con Conrad Smith, un altro che agli appuntamenti si fa trovare presente dopo una lunga azione inaugurata dal solito Dagg che scappa via dalle maglie verdi ormai ai box.
Il team di Declan Kidney si presenta con piglio volitivo contro i detentori del titolo mondiale, anche se portare a casa una vittoria era roba ardua da pensare, non erano lì a limitare i danni. Di fatto la palla girava bene, la difesa reggeva regolarmente gli assalti all'arma bianca anche con pochi centimetri di campo rimasti. Però c'è poco da fare contro i re dei turnover: gli All Blacks si dimostrano implacabili maestri delle ripartenze, grandi nello sfruttare ogni minimo errore altrui. Tale fase è questione di una parolina magica del rugby sovente sottoalutata: sostegno. Quando uno con la visione di SB Williams o Dagg o Smith riparte, sa di non essere solo, di aver sempre un paio di opzioni per il riciclo. Le tre mete di Savea: troppo facile per il ragazzo giocarsi con maestrìa i due contro due sul lato sinistro del campo, ogni volta che la difesa era sbilanciata.  Questo è un team che nella settimana davanti va sistemato, dopo aver preso atto che i ritmi son drammaticamente diversi, perché gli irlandesi sono arrivati Down Under dopo una lunga stagione appena conclusa e su questo, contrariamente che sulla partita, non ci piove. 




Australia 27-19 Galles
Basta prendere in considerazione certe immagini da Brisbane: Gethin Jenkins, ma specialmente Luke Charteris che dopo nemmeno un quarto di partita fanno dei grandi respironi in campo perché non reggono il ritmo che la truppa di Robbie Deans dà alla battaglia. I Wallabies dovevano vincere, per levarsi di dosso la sconfitta con la Scozia, il Galles puntava ovviamente ad approfittarne per cominciare la serie nel migliore dei modi: anche per i detentori del 6 Nations ci sono sette giorni di lavoro per rimettersi in pari e recuperare le energie. La chiave di lettura della disfida passa dal breakdown: i palloni di Will Genia sono di qualità e veloci, non sono rallentati quanto quelli di Mike Phillips e alla lunga il mediano ospite ci mette del suo, pasticciando come sovente gli capita nel momento in cui non ha grip. Faletau ci rimette una mano nello scontro diretto tra le due terze linee, Sam Warburton e Dan Lydiate provano a reggere all'urto portato da David Pocock (schierato con i gradi di capitano) che mette lo zampino nella meta di Scott Higginbotham al 14', quando gli Aussie si sono riversati in massa nei 22 avversari e il blind side flanker si allunga in area di meta per aprire le danze. Il piede di Derrick Barnes è caldo, tanto quando c'è da infilato la via dei pali quanto, specialmente, quando c'è da guadagnare terreno. E se George North si rende protagonista di quella che in gergo calcistico si definirebbe una ottima diagonale per andare a placcare Digby Ioane lanciato in meta, deve abbandonare il campo per una botta al ginocchio destro. Pressione su Leigh Halfpenny che in compenso ha fisico e abilità per aggirare l'ostacolo, poco possesso e quando c'è, mancano i migliori meccanismi d'intesa (ovali che scappano di mano nei ricicli tra gli avanti che tentano di avanzare, 20 turnover concessi a fine gara): il Galles non è al meglio in quanto focus offensivo e il primo tempo si chiude sul 10-3 per i padroni di casa che si rendono più minacciosi e concreti.

La ripresa è firmata da Will Genia: ritmo subito alto, continuo possesso, partenza dal raggruppamento a terra nei 22 gallesi, Jenkins che non lo afferra, il mediano aziona la marcia più alta, dribbla James Hook (schierato estremo dopo essere entrato per North, con Halfpenny spostato all'ala) e in un attimo è in meta per il 17-3. Da casa Jamie Roberts, bloccato da guai fisici, commenta: "A world class try". Certo che la difesa ai lati dei punti di incontro è al minimo rivedibile. Al 49' Barnes risolve da par suo una situazione che andava complicandosi per mancanza di sbocchi, marcando di drop (20-6).
Mentre si sta per entrare nell'ultimo quarto, gli australiani cadono nel solito loro difetto: rallentano. Il Galles ne approfitta per riaprire i discorsi. Prima gli innesti di Matthew Rees, Alun-Wyn Jones e Ryan Jones ridanno fiato al pacchetto di mischia ospite, e inizianno a provarci per davvero attorno al 55', arrivando con uno sforzo massivo a pochi passi dalla meta che però s'infrange in una zuccata tra il tallonatore Polota Nau e il povero Scott Williams che ha la peggio: tanto sangue e soli tre punti per Halfpenny. Fossero stati irlandesi sarebbe stato l'infrangersi dell'ultima marea e invece per i gallesi è l'inizio della riscossa. E' l'esplosività di Alex Cuthbert che marca al 57', servito con un bello offload da Ashley Beck, appena entrato al posto di Williams, il trequarti degli Ospreys aveva contribuito alla vittoria nella finale di Pro12 sul Leinster. Halfpenny marca la trasformazione e soprattutto dalla distanza mette a segno al 62' i tre punti del 20-19 che riporta a galla brividi freddi per gli australiani che comandavano per quattordici punti quindi minuti prima. Stavolta i Wallabies non si fanno prendere da eccessivi timori e costruiscono gioco per rimettersi al sicuro: al 66' il centro Pat McCabe passa all'interno di Beck che dava un'occhiata a Rob Horne e si ritrova in mezzo ai due fuochi mentre presidia la linea dei 5 metri fuori da una ruck e arriva così la terza meta dei padroni di casa che di fatto chiude i discorsi; eppure la reazione gallese c'è, pericolosa ma rovinata da qualche passaggio un po' troppo affannato: un buon viatico per le gare due e tre, sempre ammesso che il "prezzo di sangue" da pagare da parte della Boreale non risulti troppo alto.
Lato Aussie c'è spazio anche per Dennis e Hooper, mentre brilla poco il giovane esordiente Rebels Cooper Vuna: contrariamente al compagno all'ala Digby Ioane, aspetta più che andare a cercarsi il pane.
Un momento da ricordare in questa gara 1: l'hooker Polota Nau che nel primo tempo parte lungo l'out sinistro e fa un passaggio no look come un'ala non potrebbe farlo meglio.

Da annotare che alla fine dei conti i Red Dragons macinano maggiore possesso (54%), ma come detto mancano quella coralità e velocità d'esecuzione che sono l'ingrediente principale del loro modus operandi per assicurarsi consistenza. Da sottolineare anche la prestazione, qualitativa più che quantitativa, dell'estremo australiano Adam Ashley-Cooper.
Tutto considerato, ricordando che siamo all'episodio uno ed è la serie quella che conta, bene gli Aussie che scacciano i fantasmi vincendo, ma non male come indicazioni per i Dragoni, fatte salve le inevitabili vittime degli infortuni da durezza Australe e logorio di fine stagione. Appuntamento per la replica nel prossimo fine settimana: si va sul sicuro nell'intuire che ci sarà da divertirsi. 
 


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