Tosto Sudafrica, impavida Inghilterra, grande partita
Ah, Sudafrica - Inghilterra ci voleva per appagare i nostri sensi rugbistici: bando ai gné gné di quelli "un po' stanchini a fine stagione", ecco una boccata di sano, vero, duro, sanguinoso rugby a muso duro; e tutto il resto è "amichevole"! Onore ad ambedue le contendenti del primo atto al Kings Park di Durban nella triplice sfida tra Inghilterra e gli Springboks, finita 22-17: una bella partita appassionante combattuta fino alla fine, vero rugby insomma.
Tosti i sudafricani versione Heineke Meyer, c'era da attenderlo visti i trascorsi Bulls del coach; al contempo impavidi gli inglesi messi in campo da Stuart Lancaster a sua immagine e somiglianza: da vero inglese freddo e imperturbabile, saldo come il reparto di giubbe rosse accerchiato a Rorke's Drift, capace di mutare in carica l'odio ambientale ("sarebbe bello che questa partita diventasse una rissa da strada": Bismark DuPlessis dixit) e trasformare un normale tour in una epopea simil-Lions. Niente sissies (mammolette) e niente scuse in campo, al prezzo di tanto sangue e qualche occhio gonfio. Vero rugby, da non far vedere alle mamme preoccupate per i loro piccini.
La vittoria nell'episodio uno della serie passa ovviamente dal pack, quindi dai piedi (quattro penalty per Morné Steyn e Owen Farrell, ma anche rispettivamente quattro e due punti mancanti nelle trasformazioni) e da tre mete provenienti dal reparto arretrato: Jean de Villiers capitano di giornata e Morné Steyn per i padroni di casa, Ben Foden a tempo di sirena per i "turisti", meta che chiude il punteggio e aggiunge interesse alle gare due e tre della serie.
Le formazioni schierate meritano un'occhio di dettaglio: vanno celebrati tutti, nessun guerriero si tira indietro dalla lotta. In casa Boks, al centro Meyer piazza l'ingrossato Frans Steyn, perfetto scoglio su cui far infrangere Manu Tuilagi che sarebbe originariamente indirizzato su DeVilliers, come il sudafricano di nascita in maglia bianca Brad Barritt destinato invece a giocare più di fino, sulle opzioni.
Al largo siamo in piena tradizione established by 2007: estremo Zane Kirchner a parte ci sono Bryan Habana in splendida forma con le sue corse a passo di ghepardo sotto le palle alte e JP Pietersen sempre più sagace e difensivamente prezioso; di fronte si sono gli amichetti Ashton - Foden, stavolta ai due lati, novità per lasciar spazio all'estremo Quins Mike Brown che darà brillante prova: bella coppia tattica in fondo, Foden-Brown, bella copertura, piedi e ripartenze.
In mediana Meyer schiera la coppia Bulls che più gli offre garanzie, Francois Hougaard- Morné Steyn, entrambe confermano la bontà della scelta anche se nel secondo tempo l'ingresso di Ruan Pienaar offre spunti di riflessione per la fredda precisione chirurgica del mediano di Ulster; dall'altra parte Owen Farrell è precisione nei piazzati e coraggio, mentre Ben Youngs viene preferito a Lee Dickson ... non si sa perché, forse per l'esperienza di battaglie serie.
Posizione di Frans Steyn a parte, le innovazioni vere Meyer le riserva al pack, ma col copioso materiale a disposizione non può che cascar bene. Davanti nulla di nuovo, si affida alla prima linea Sharks con Mtawarira e i fratelli DuPlessis: prezioso Bismark come ball carrier e fetcher difensivo ma finalmente s'affaccia in panchina la vera alternativa, Adriaan Strauss uno sfondatore che in più ha un maggior controllo degli ormoni (B.DuPlessis è il singolo giocatore più penalizzato di tutto il SuperXV). Davanti trovano i soliti Cole e Hartley con a sinistra la novità Joe Marler, la rivelazione di questa Premiership; inizialmente si auto- penalizzano anticipando l'ingaggio, trucco in cui lo sveglio arbitro Welsh non casca; dopodiché mostrano di non averne bisogno, riuscendo a reggere decentemente la potente spinta dei sudafricani.
Il coraggio Meyer lo mostra in seconda linea: s'era parlato di far rientrare al lavoro Matfield, invece a fronteggiare il bravo Parling e il "l'oriundo" Mauritz Botha, forse quello che più di tutti ha "sentito" la gara sul piano nervoso, ci sono il giovane Eben Etzebeth e l'ex Saints Juandre Kruger, autori di una buona prova che però non ha mai intaccato il controllo aereo inglese. I botti arrivano secodo tradizione dalla terza linea: col solito skipper Pierre Spies, il coach sudafricano schiera il già noto Willem Alberts , un blindside da Boks, a mio modesto avviso degno erede di Juan Smith; sul lato open un esordiente da paura, il ventenne Sharks Marcell Coetzee, un guastatore che si getta senza paura su tutto e tutti. E' qui che i pur validi Robshaw, Morgan e l'esordiente 29enne Tom Johnson perdono la partita.
Il depth è garantito in panca da carisma e neuroni di Keegan Daniel e dall'energia di Flip van der Merwe, dal giovane prop Coenie Oosthuizen, da Patrick Lambie "tappabuchi" dietro, mentre Lancaster s'è portato gli affidabili Phil Dowson e Tom Palmer, con Dickson e Flood per la mediana; in fondo c'è spazio per l'esordio del London Irish ventenne Jonathan Joseph, mentre davanti i cambi Mears e Doran-Jones sono un gradino più in basso in termini di potenza.
Primo tempo in equilibrio: scarsi automatismi nei Boks appena allestiti ma si intravede qualche abbozzo di gioco alla mano dal respiro più ampio del tradizionale a raggiungere l'ala aperta Pietersen, mentre sul l'altro lato Habana è tradizionalmente preposto alla caccia sulle palle alte, con licenza "da estremo" di ritornare il gioco tattico avversario ogni volta che veda la difesa salire sgranata. Gli inglesi di Lancaster si confermano "chiusi" ancor più dei sudafricani: si àncorano al piede di Youngs, a caute portate di ovale, alla sicurezza della rimessa laterale e gestiscono la mischia chiusa inizialmente male, da furbetti: l'arbitro non ci casca. Al 20' M.Steyn gestisce "alla sudafricana" la seconda infrazione della mischia inglese a metà campo: calcio altissimo e tutti sotto, dagli sviluppi Hougaard trova un buco e col sostegno di Spies arriva nei pressi della linea di meta inglese. Mancano però gli automatismi e l'iniziativa viene spenta dalla difesa inglese in scrambling. Al 25' è Ben Morgan a sfondare a sostegno di Johnson fino a 5 metri dalla meta, dove gli inglesi guadagnano la punizione, pareggiata poco prima della mezz'ora per il 6 pari con cui si va alla sosta. Da segnalare alla mezz'ora una profonda incursione di Ashton che si propone al centro a Youngs, di quelle tipiche sue ancora mai viste sotto Lancaster. A tempo scaduto Steyn fallisce un piazzato angolato. Poco altro da dire sul primo tempo: squadre solide e guardinghe.
La ripresa inizia com'era finita la prima parte, in equilibrio con un pizzico di iniziativa inglese in più. Nel frattempo si registrano le prime vittime della durezza dello scontro: l'estremo Kirchner lascia il posto a Lambie, Habana rientra dopo una sostituzione per sangue.
I Boks si prendono la partita al 46', grazie a una accelerazione improvvisa ai lati: allargano veloci una palla recuperata da un lato all'altro del campo, un duetto Habana-de Villiers lungo l'out sinistro guadagna metri, Hougaard riapre veloce all'incursione centrale di Alberts prima, di Jannie DuPlessis poi che arriva sotto i pali; dopo un paio di ruck sulla linea di meta, Morne Steyn trova il buco e marca la meta che spacca la partita.
L'apertura fallisce la trasformazione, è "solo" 11-6 ma in mano Bulls ooops Boks dovrebbe esser vantaggio solido, anche perché i sudafricani si installano stabilmente nella metà campo d'attacco. Invece Hougaard commette una leggerezza che potrebbe costar cara: dopo una serie di portate di palla veementi di Frans Steyn, Alberts e Bismark che produce un piazzabile in mezzo ai pali, lui batte veloce per cercare la meta: risultato palla persa e come diceva un mio amico, tre punti tra averli e non averli fa sei in meno.
Tant'è, Meyer prende il walkie talkie e coi cambi davanti - Oosthuizen per Jannie ferito prima, poi per The Beast Mtawarira al suo posto preferito a sinistra, Flip van der Merwe per Etzebeth - ne approfitta per sostituire il mediano col più freddo Ruan Pienaar. La durezza dello scontro produce sul lato inglese vittime più che cambi tattici: Barritt esce con un occhio chiuso, entra Toby Flood e anche uno scosso Botha cede il posto a Palmer.
I sudafricani nel frattempo si sono venduti metà del campo e insistono a premere: Frans Steyn, Habana, gli uomini del pack orchestrati da Pienaar, fin che all'ora di gioco capitan De Villiers finalizza in meta, da ala destra sull'angolo. M.Steyn sbaglia anche questa trasformazione, è 16-6.
Gli inglesi si sa, non alzano mai bandiera bianca e mentre Phil Dowson rimpiazza un esaurito Ben Morgan, nel giro di 5 minuti mettono Owen Farrell nelle condizioni di piazzare due calci di punizione, erodendo il margine fino al 16-12, nuovamente sotto break. Al che i sudafricani si rimettono a spingere, approfittando dell'ingresso di Adriaan Strauss per Bismark: c'è un altro bel ball carrier in campo, assieme all'infaticabile Alberts e al "pulitore" Coetzee, nel mentre i leonini Frans Steyn e Pat Lambie duettano "in punta di clava" che è una meraviglia. In particolare al primo va anche ascritto il regolare atterramento senza complimenti del pericolo pubblico Manu Tuilagi. Lo sforzo produce al 70' il piazzato del 19-12, la pressione Boks continua sotto la direzione d'orchestra di Pienaar e gli inglesi nuovamente perdono la metà campo avversaria oltre l'orizzonte. E' la mischia ordinata pilotata da Strauss che schianta quella inglese "declassata" dai cambi a procurare al 77' il piazzato del 22-12.
Il concetto di "garbage time" agli inglesi non si applica: ci provano ancora nel paio di minuti che rimane. E' connaturato in loro ma è anche intelligente nell'ottica della serie. Così negli ultimi istanti si mette in evidenza il giovane Joseph rimpiazzo di Brown (altra vittima della gara, tour finito per lui come per l'omologo Zane Kirchner) con una penetrazione centrale orchestrata dalle aperture di Dickson subentrato in mediana, poi è Parling a incidere sulla sinistra; il successivo allargamento all'estrema destra consente a Ben Foden di sorprendere Habana sul lato debole e marcare la meta finale. Giusto quel che serve per insaporire la minestra delle prossime due sfide.
Può anche non piacere ma questo è il vero rugby che bisogna saper reggere prima di poter dire, gné gné il gioco espansivo moderno ...
Tosti i sudafricani versione Heineke Meyer, c'era da attenderlo visti i trascorsi Bulls del coach; al contempo impavidi gli inglesi messi in campo da Stuart Lancaster a sua immagine e somiglianza: da vero inglese freddo e imperturbabile, saldo come il reparto di giubbe rosse accerchiato a Rorke's Drift, capace di mutare in carica l'odio ambientale ("sarebbe bello che questa partita diventasse una rissa da strada": Bismark DuPlessis dixit) e trasformare un normale tour in una epopea simil-Lions. Niente sissies (mammolette) e niente scuse in campo, al prezzo di tanto sangue e qualche occhio gonfio. Vero rugby, da non far vedere alle mamme preoccupate per i loro piccini.
La vittoria nell'episodio uno della serie passa ovviamente dal pack, quindi dai piedi (quattro penalty per Morné Steyn e Owen Farrell, ma anche rispettivamente quattro e due punti mancanti nelle trasformazioni) e da tre mete provenienti dal reparto arretrato: Jean de Villiers capitano di giornata e Morné Steyn per i padroni di casa, Ben Foden a tempo di sirena per i "turisti", meta che chiude il punteggio e aggiunge interesse alle gare due e tre della serie.
Le formazioni schierate meritano un'occhio di dettaglio: vanno celebrati tutti, nessun guerriero si tira indietro dalla lotta. In casa Boks, al centro Meyer piazza l'ingrossato Frans Steyn, perfetto scoglio su cui far infrangere Manu Tuilagi che sarebbe originariamente indirizzato su DeVilliers, come il sudafricano di nascita in maglia bianca Brad Barritt destinato invece a giocare più di fino, sulle opzioni.
Al largo siamo in piena tradizione established by 2007: estremo Zane Kirchner a parte ci sono Bryan Habana in splendida forma con le sue corse a passo di ghepardo sotto le palle alte e JP Pietersen sempre più sagace e difensivamente prezioso; di fronte si sono gli amichetti Ashton - Foden, stavolta ai due lati, novità per lasciar spazio all'estremo Quins Mike Brown che darà brillante prova: bella coppia tattica in fondo, Foden-Brown, bella copertura, piedi e ripartenze.
In mediana Meyer schiera la coppia Bulls che più gli offre garanzie, Francois Hougaard- Morné Steyn, entrambe confermano la bontà della scelta anche se nel secondo tempo l'ingresso di Ruan Pienaar offre spunti di riflessione per la fredda precisione chirurgica del mediano di Ulster; dall'altra parte Owen Farrell è precisione nei piazzati e coraggio, mentre Ben Youngs viene preferito a Lee Dickson ... non si sa perché, forse per l'esperienza di battaglie serie.
Posizione di Frans Steyn a parte, le innovazioni vere Meyer le riserva al pack, ma col copioso materiale a disposizione non può che cascar bene. Davanti nulla di nuovo, si affida alla prima linea Sharks con Mtawarira e i fratelli DuPlessis: prezioso Bismark come ball carrier e fetcher difensivo ma finalmente s'affaccia in panchina la vera alternativa, Adriaan Strauss uno sfondatore che in più ha un maggior controllo degli ormoni (B.DuPlessis è il singolo giocatore più penalizzato di tutto il SuperXV). Davanti trovano i soliti Cole e Hartley con a sinistra la novità Joe Marler, la rivelazione di questa Premiership; inizialmente si auto- penalizzano anticipando l'ingaggio, trucco in cui lo sveglio arbitro Welsh non casca; dopodiché mostrano di non averne bisogno, riuscendo a reggere decentemente la potente spinta dei sudafricani.
Il coraggio Meyer lo mostra in seconda linea: s'era parlato di far rientrare al lavoro Matfield, invece a fronteggiare il bravo Parling e il "l'oriundo" Mauritz Botha, forse quello che più di tutti ha "sentito" la gara sul piano nervoso, ci sono il giovane Eben Etzebeth e l'ex Saints Juandre Kruger, autori di una buona prova che però non ha mai intaccato il controllo aereo inglese. I botti arrivano secodo tradizione dalla terza linea: col solito skipper Pierre Spies, il coach sudafricano schiera il già noto Willem Alberts , un blindside da Boks, a mio modesto avviso degno erede di Juan Smith; sul lato open un esordiente da paura, il ventenne Sharks Marcell Coetzee, un guastatore che si getta senza paura su tutto e tutti. E' qui che i pur validi Robshaw, Morgan e l'esordiente 29enne Tom Johnson perdono la partita.
Il depth è garantito in panca da carisma e neuroni di Keegan Daniel e dall'energia di Flip van der Merwe, dal giovane prop Coenie Oosthuizen, da Patrick Lambie "tappabuchi" dietro, mentre Lancaster s'è portato gli affidabili Phil Dowson e Tom Palmer, con Dickson e Flood per la mediana; in fondo c'è spazio per l'esordio del London Irish ventenne Jonathan Joseph, mentre davanti i cambi Mears e Doran-Jones sono un gradino più in basso in termini di potenza.
Primo tempo in equilibrio: scarsi automatismi nei Boks appena allestiti ma si intravede qualche abbozzo di gioco alla mano dal respiro più ampio del tradizionale a raggiungere l'ala aperta Pietersen, mentre sul l'altro lato Habana è tradizionalmente preposto alla caccia sulle palle alte, con licenza "da estremo" di ritornare il gioco tattico avversario ogni volta che veda la difesa salire sgranata. Gli inglesi di Lancaster si confermano "chiusi" ancor più dei sudafricani: si àncorano al piede di Youngs, a caute portate di ovale, alla sicurezza della rimessa laterale e gestiscono la mischia chiusa inizialmente male, da furbetti: l'arbitro non ci casca. Al 20' M.Steyn gestisce "alla sudafricana" la seconda infrazione della mischia inglese a metà campo: calcio altissimo e tutti sotto, dagli sviluppi Hougaard trova un buco e col sostegno di Spies arriva nei pressi della linea di meta inglese. Mancano però gli automatismi e l'iniziativa viene spenta dalla difesa inglese in scrambling. Al 25' è Ben Morgan a sfondare a sostegno di Johnson fino a 5 metri dalla meta, dove gli inglesi guadagnano la punizione, pareggiata poco prima della mezz'ora per il 6 pari con cui si va alla sosta. Da segnalare alla mezz'ora una profonda incursione di Ashton che si propone al centro a Youngs, di quelle tipiche sue ancora mai viste sotto Lancaster. A tempo scaduto Steyn fallisce un piazzato angolato. Poco altro da dire sul primo tempo: squadre solide e guardinghe.
La ripresa inizia com'era finita la prima parte, in equilibrio con un pizzico di iniziativa inglese in più. Nel frattempo si registrano le prime vittime della durezza dello scontro: l'estremo Kirchner lascia il posto a Lambie, Habana rientra dopo una sostituzione per sangue.
I Boks si prendono la partita al 46', grazie a una accelerazione improvvisa ai lati: allargano veloci una palla recuperata da un lato all'altro del campo, un duetto Habana-de Villiers lungo l'out sinistro guadagna metri, Hougaard riapre veloce all'incursione centrale di Alberts prima, di Jannie DuPlessis poi che arriva sotto i pali; dopo un paio di ruck sulla linea di meta, Morne Steyn trova il buco e marca la meta che spacca la partita.
L'apertura fallisce la trasformazione, è "solo" 11-6 ma in mano Bulls ooops Boks dovrebbe esser vantaggio solido, anche perché i sudafricani si installano stabilmente nella metà campo d'attacco. Invece Hougaard commette una leggerezza che potrebbe costar cara: dopo una serie di portate di palla veementi di Frans Steyn, Alberts e Bismark che produce un piazzabile in mezzo ai pali, lui batte veloce per cercare la meta: risultato palla persa e come diceva un mio amico, tre punti tra averli e non averli fa sei in meno.
Tant'è, Meyer prende il walkie talkie e coi cambi davanti - Oosthuizen per Jannie ferito prima, poi per The Beast Mtawarira al suo posto preferito a sinistra, Flip van der Merwe per Etzebeth - ne approfitta per sostituire il mediano col più freddo Ruan Pienaar. La durezza dello scontro produce sul lato inglese vittime più che cambi tattici: Barritt esce con un occhio chiuso, entra Toby Flood e anche uno scosso Botha cede il posto a Palmer.
I sudafricani nel frattempo si sono venduti metà del campo e insistono a premere: Frans Steyn, Habana, gli uomini del pack orchestrati da Pienaar, fin che all'ora di gioco capitan De Villiers finalizza in meta, da ala destra sull'angolo. M.Steyn sbaglia anche questa trasformazione, è 16-6.
Gli inglesi si sa, non alzano mai bandiera bianca e mentre Phil Dowson rimpiazza un esaurito Ben Morgan, nel giro di 5 minuti mettono Owen Farrell nelle condizioni di piazzare due calci di punizione, erodendo il margine fino al 16-12, nuovamente sotto break. Al che i sudafricani si rimettono a spingere, approfittando dell'ingresso di Adriaan Strauss per Bismark: c'è un altro bel ball carrier in campo, assieme all'infaticabile Alberts e al "pulitore" Coetzee, nel mentre i leonini Frans Steyn e Pat Lambie duettano "in punta di clava" che è una meraviglia. In particolare al primo va anche ascritto il regolare atterramento senza complimenti del pericolo pubblico Manu Tuilagi. Lo sforzo produce al 70' il piazzato del 19-12, la pressione Boks continua sotto la direzione d'orchestra di Pienaar e gli inglesi nuovamente perdono la metà campo avversaria oltre l'orizzonte. E' la mischia ordinata pilotata da Strauss che schianta quella inglese "declassata" dai cambi a procurare al 77' il piazzato del 22-12.
Il concetto di "garbage time" agli inglesi non si applica: ci provano ancora nel paio di minuti che rimane. E' connaturato in loro ma è anche intelligente nell'ottica della serie. Così negli ultimi istanti si mette in evidenza il giovane Joseph rimpiazzo di Brown (altra vittima della gara, tour finito per lui come per l'omologo Zane Kirchner) con una penetrazione centrale orchestrata dalle aperture di Dickson subentrato in mediana, poi è Parling a incidere sulla sinistra; il successivo allargamento all'estrema destra consente a Ben Foden di sorprendere Habana sul lato debole e marcare la meta finale. Giusto quel che serve per insaporire la minestra delle prossime due sfide.
Può anche non piacere ma questo è il vero rugby che bisogna saper reggere prima di poter dire, gné gné il gioco espansivo moderno ...
7 commenti:
amico mio vedendo la partita non ho avuto nostalgia degli ab ,bella tosta maschia complimenti all articolo è degno di cotanta tenzone .
ps lancaster è una realtà ha compiuto un capolavoro tattico atletico psicologico e non era facile
ironduke
ma l all star game della nuovazelanda come è finito ?
All Star Game? Intendi forse North Island vs. South Island, quella che non si faceva dal 1995, allestita ora per raccoglier fondi a favore di Otago in crisi finanziaria?
(come se la fir organizzasse un Est contro Ovest Italia, o Nord contro Sud, per raccoglier fondi pro Aironi: fantascienza da noi, e pure politicamente scorretta ...)
Guarda (regolarmente) sul nostro tumblr, quello il cui link è in cima al blog dove riportiamo foto e news al volo stile "copiaincolla":
http://rightrugby.tumblr.com/post/24870794972/highlanders-fullback-kurt-baker-led-the-south
Tnxs ironduke, ma non va sottovalutato neppure l'abbozzo di lavoro di Meyer: dopotutto Lancaster parte con un torneo importante di vantaggio. Senza nulla togliere. Sulle tre partite sarà una bella sfida.
hai ragione ma come "suddito di sua maestà " la mia preferenza va al lavoro del sergente pur ammirando un s.africa notevolmente migliorato .... l all stargame è una mia licenza poetica . id
Allstar dei poareti: guarda le formazioni, maddai ... ;)
si un all star denoantri ma stamo a parlà della nuovazelanda
ironduke
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