La marea nera circonda l'Inghilterra
Wales 10 - 33 New Zealand
Il tour neozelandese si appresta a celebrare l'ultimo passaggio, nel prossimo fine settimana quando gli All Blacks saranno a Twickenham, dove si presenteranno con lo scalpo del Galles: 33-10 al Millennium Stadium di Cardiff, con un parziale di 33-0. Siccità gallese, marea nera: la partita probabilmente dura un quarto d'ora, il tempo degli inni che scaldano il pubblico, della Kapa o Pango riservata ai dragoni, della sfida lanciata e accettata e quando al nono Aaron Cruden sblocca il punteggio dalla piazzola, nel computo del Galles mancano due calci di punizione che i padroni di casa decidono di giocare in rimessa anziché provare a trovare la via dei pali con la gittata lunga di Leigh Halfpenny: il pack conquista il primo penalty e Rhys Priestland calcia nei 22, rimessa e turnover, quindi altro fischio da parte dell'arbitro sudafricano Craig Joubert e di nuovo Priestland che cerca la rimessa il più vicino possibile all'area di meta e spedisce l'ovale troppo oltre e allora si riprende con una mischia per la truppa di Steve Hansen che non ha bisogno di regali.
In campo ci sono tutti i pezzi da 90, da una parte e dell'altra. C'è il confronto diretto tra Richie McCaw e Sam Warburton, che si ritaglia un momento di gloria nel momento in cui ruba il possesso in ruck - ma per Joubert il furto non è regolare - tagliando fuori proprio il rivale con un timing perfetto. C'è il tallonatore Andrew Hore che probabilmente salterà l'ultima trasferta boreale per un cazzotto rifilato a Bradley Davies, costretto a cedere il posto ad Aaron Shingler immediatamente. Con la seconda linea al primo minuto dice addio pure il pilone Aaron Jarvis, colpito duro, dentro Scott Andrews. E per terminare la lista, Jamie Roberts - che è ben sfigato per la serie di infortuni che lo perseguita - al 18' sarà rilevato da Scott Williams per un colpo all'anca.
La cronaca è presto riassunto per quanto riguarda la prima frazione perché Cruden supera l'esame brillantemente, spedendo la posta sempre a destinazione: comincia al 10', tra i fischi di Cardiff ma gli ABs non si formalizzano. Si ripete al 18' dalla distanza, mentre un tentativo di Julian Savea scaturito da un free kick si inchioda all'angolo. Liam Williams e Israel Dagg si affrontano a viso aperto e l'ala classe '91 di Llanelli non si tira indietro. Gioco al piede, ritmo alto, al 23' Cruden di nuovo alla piazzola e di nuovo centro.
Il Galles fatica assai, è la serata peggiore per rimediare alle due sconfitte contro argentini e samoani, alla presenza di Warren Gatland che torna nel box riservato allo staff. La Nuova Zelanda può contare su uno spiritato Conrad Smith, coadiuvato da Ma'a Nonu che non è in formato gita all'Olimpico. Con Cory Jane e Dagg a presidiare la profondità diventa dura anche per Halfpenny contrastarli nel gioco aereo e una volta che riesce a fare suo l'ovale, c'è Smith che glielo soffia rimesso piede a terra. Sono solo i preamboli della splendida meta corale che è marcata da Liam Messam al 25': i dragoni si muovo in attacco, quando sono nei 22 l'inerzia passa nelle mani ospiti che attendono gli avversari al varco, lasciando un solo uomo in ruck, Savea - Dagg - Savea per il triangolo che spinge l'ala in contropiede, si è nei 22 opposti, l'azione arrembante degli All Blacks ripassa al largo con Cruden e sul lato opposto la terza linea va a marcare. Cruden converte per il 16-0.
Questi campioni del mondo non perdonano: al 34' Jonathan Davies fugge via, ricicla per Williams, arriva il fischio per un fallo in ruck, il pallone viene consegnato a Priestland per portare i suoi a giocare una rimessa nei 22, ma l'apertura ripete l'errore precedente. E dunque al 38' gli ABs mostrano come si fa: stavolta calciano in rimessa invece di puntare i pali, organizzano la touche, giocata su due blocchi. Lancio lungo, Tony Woodcock viene servito mentre taglia in mezzo alle due file di saltatori e il gioco è fatto, un replay della meta della finale di un anno fa contro i francesi. 23-0, il risultato della prima frazione.
Giusto per testimoniare che l'intervallo è stato per gli australi solo una interruzione, prima Cruden dalla piazzola al 42' quindi sei minuti più tardi sfoderano un'altra accelerata con Savea che serve al suo esterno Luke Romano: il lock resiste all'urto di Alex Cuthbert e si allunga per il touchdown. 33-0. Trentatré a zero, quando in Galles sono lì a contare i giorni dal 1953, anno dell'ultimo successo sugli ABs. Giusto in tempo per inserire altre forze: Piri Weepu per Aaron Smith, Wyatt Crockett per Woodcock, Brodie Retallick per Romano. Sfida impari in mediana: Smith si muove con eleganza e muove le veloci gambe, Mike Phillips che da lì a poco lascerà posto a Tavis Knoyle non incide affatto.
Gli ospiti iniziano a preservarsi, il Galles ci deve mettere il cuore e inventarsi qualcosa perché a zero si sta male. S'inventa ordunque la rimessa laterale con tredici uomini schierati quando hanno un lancio nei 22 avversari: gli unici fuori sono ovviamente Matthew Rees al lancio e Knoyle, nei pressi. Maul di quindici cuori che in modo organizzato porta S. Williams a marcare, esaltando i tifosi sugli spalti, mentre i telespettatori di Galway ricordano di averla già vista una scena del genere, quando a dirigere il Connacht c'era guarda caso Gatland. Priestland non trasforma, tre minuti più tardi Jane finisce sulla panchina dei cattivi per un knock on volontario mentre il Galles prova a distendersi in avanti e l'ala tocca l'ovale lungo l'out di sinistra. Entra James Hook a numero 10, invece Gethin Jenkins entra con le mani in ruck sotto gli occhi di Joubert che gli dice di non farlo: ma la frustrazione è talmente visibile sugli occhi del pilone che non connette il cervello.
Sul 33-5 e con dieci minuti ancora sul cronometro è simil garbage time per i neozelandesi, ma vendono cara la pelle in difesa e offrono siparietti che mettono in mostra abilità innate, come nell'occasione dello scambio tra Dagg e compagno nel fazzoletto di terra tra i 22 e la meta, sotto la pressione portata da Halfpenny, S. e L. Williams. Il Galles ne approfitta da parte sua, arriva con Ken Owens ad un centimetro dalla destinazione ambita dopo un penalty battuto velocemente da Knoyle, i suoi compagni mantengono il possesso, si passa da un'ala all'altra Cuthbert chiude alla bandierina al 76'.
Il conteggio a fine gara indica che il Galles ha concesso 21 turnover, la Nuova Zelanda 10, meno della metà. Che i padroni di casa su 82 placcaggi ne hanno mancati 22, gli ospiti 19 su 122. Il 58% del possesso è stato gallese, eppure la sensazione è che l'ovale fosse sempre nelle mani avversarie, per il fatto che quando lo era effettivamente voleva dire punti sicuri o quasi. Le differenze sono tante e sono enormi, ma sono soprattutto nella tremenda convinzione - semplicità d'intenti - effectiveness as result da parte dei neozelandesi, trittico al quale si aggiungono le abilità innate delle nuove leve (il modo con cui Savea raccoglie il passaggio di Dagg in occasione della prima meta, l'intelligenza tattica di A. Smith nel creare lo spazio sfruttando il canale lasciato sguarnito di guardie sul lato chiuso, l'opportunità di McCaw di fare il suo lavoro con l'assistenza dei compagni di reparto che non si presentano tardi all'appuntamento).
Here we go, ladies and gentlemen, the All Blacks. Ai detentori dei 6 Nations non resta che l'ultima spiaggia contro i Wallabies: a giugno si applaudiva la loro performance Down Under che aveva regalato due Test Match serratissimi nella serie, con l'arrivo dell'autunno sono cadute le foglie e sono 6 le sconfitte di fila. Agli altri, dopo la Scozia e il Galles, resta sono un regno sul quale infilare la bandiera. Appuntamento a Londra.
Il tour neozelandese si appresta a celebrare l'ultimo passaggio, nel prossimo fine settimana quando gli All Blacks saranno a Twickenham, dove si presenteranno con lo scalpo del Galles: 33-10 al Millennium Stadium di Cardiff, con un parziale di 33-0. Siccità gallese, marea nera: la partita probabilmente dura un quarto d'ora, il tempo degli inni che scaldano il pubblico, della Kapa o Pango riservata ai dragoni, della sfida lanciata e accettata e quando al nono Aaron Cruden sblocca il punteggio dalla piazzola, nel computo del Galles mancano due calci di punizione che i padroni di casa decidono di giocare in rimessa anziché provare a trovare la via dei pali con la gittata lunga di Leigh Halfpenny: il pack conquista il primo penalty e Rhys Priestland calcia nei 22, rimessa e turnover, quindi altro fischio da parte dell'arbitro sudafricano Craig Joubert e di nuovo Priestland che cerca la rimessa il più vicino possibile all'area di meta e spedisce l'ovale troppo oltre e allora si riprende con una mischia per la truppa di Steve Hansen che non ha bisogno di regali.
In campo ci sono tutti i pezzi da 90, da una parte e dell'altra. C'è il confronto diretto tra Richie McCaw e Sam Warburton, che si ritaglia un momento di gloria nel momento in cui ruba il possesso in ruck - ma per Joubert il furto non è regolare - tagliando fuori proprio il rivale con un timing perfetto. C'è il tallonatore Andrew Hore che probabilmente salterà l'ultima trasferta boreale per un cazzotto rifilato a Bradley Davies, costretto a cedere il posto ad Aaron Shingler immediatamente. Con la seconda linea al primo minuto dice addio pure il pilone Aaron Jarvis, colpito duro, dentro Scott Andrews. E per terminare la lista, Jamie Roberts - che è ben sfigato per la serie di infortuni che lo perseguita - al 18' sarà rilevato da Scott Williams per un colpo all'anca.
La cronaca è presto riassunto per quanto riguarda la prima frazione perché Cruden supera l'esame brillantemente, spedendo la posta sempre a destinazione: comincia al 10', tra i fischi di Cardiff ma gli ABs non si formalizzano. Si ripete al 18' dalla distanza, mentre un tentativo di Julian Savea scaturito da un free kick si inchioda all'angolo. Liam Williams e Israel Dagg si affrontano a viso aperto e l'ala classe '91 di Llanelli non si tira indietro. Gioco al piede, ritmo alto, al 23' Cruden di nuovo alla piazzola e di nuovo centro.
Il Galles fatica assai, è la serata peggiore per rimediare alle due sconfitte contro argentini e samoani, alla presenza di Warren Gatland che torna nel box riservato allo staff. La Nuova Zelanda può contare su uno spiritato Conrad Smith, coadiuvato da Ma'a Nonu che non è in formato gita all'Olimpico. Con Cory Jane e Dagg a presidiare la profondità diventa dura anche per Halfpenny contrastarli nel gioco aereo e una volta che riesce a fare suo l'ovale, c'è Smith che glielo soffia rimesso piede a terra. Sono solo i preamboli della splendida meta corale che è marcata da Liam Messam al 25': i dragoni si muovo in attacco, quando sono nei 22 l'inerzia passa nelle mani ospiti che attendono gli avversari al varco, lasciando un solo uomo in ruck, Savea - Dagg - Savea per il triangolo che spinge l'ala in contropiede, si è nei 22 opposti, l'azione arrembante degli All Blacks ripassa al largo con Cruden e sul lato opposto la terza linea va a marcare. Cruden converte per il 16-0.
Questi campioni del mondo non perdonano: al 34' Jonathan Davies fugge via, ricicla per Williams, arriva il fischio per un fallo in ruck, il pallone viene consegnato a Priestland per portare i suoi a giocare una rimessa nei 22, ma l'apertura ripete l'errore precedente. E dunque al 38' gli ABs mostrano come si fa: stavolta calciano in rimessa invece di puntare i pali, organizzano la touche, giocata su due blocchi. Lancio lungo, Tony Woodcock viene servito mentre taglia in mezzo alle due file di saltatori e il gioco è fatto, un replay della meta della finale di un anno fa contro i francesi. 23-0, il risultato della prima frazione.
Giusto per testimoniare che l'intervallo è stato per gli australi solo una interruzione, prima Cruden dalla piazzola al 42' quindi sei minuti più tardi sfoderano un'altra accelerata con Savea che serve al suo esterno Luke Romano: il lock resiste all'urto di Alex Cuthbert e si allunga per il touchdown. 33-0. Trentatré a zero, quando in Galles sono lì a contare i giorni dal 1953, anno dell'ultimo successo sugli ABs. Giusto in tempo per inserire altre forze: Piri Weepu per Aaron Smith, Wyatt Crockett per Woodcock, Brodie Retallick per Romano. Sfida impari in mediana: Smith si muove con eleganza e muove le veloci gambe, Mike Phillips che da lì a poco lascerà posto a Tavis Knoyle non incide affatto.
Gli ospiti iniziano a preservarsi, il Galles ci deve mettere il cuore e inventarsi qualcosa perché a zero si sta male. S'inventa ordunque la rimessa laterale con tredici uomini schierati quando hanno un lancio nei 22 avversari: gli unici fuori sono ovviamente Matthew Rees al lancio e Knoyle, nei pressi. Maul di quindici cuori che in modo organizzato porta S. Williams a marcare, esaltando i tifosi sugli spalti, mentre i telespettatori di Galway ricordano di averla già vista una scena del genere, quando a dirigere il Connacht c'era guarda caso Gatland. Priestland non trasforma, tre minuti più tardi Jane finisce sulla panchina dei cattivi per un knock on volontario mentre il Galles prova a distendersi in avanti e l'ala tocca l'ovale lungo l'out di sinistra. Entra James Hook a numero 10, invece Gethin Jenkins entra con le mani in ruck sotto gli occhi di Joubert che gli dice di non farlo: ma la frustrazione è talmente visibile sugli occhi del pilone che non connette il cervello.
Sul 33-5 e con dieci minuti ancora sul cronometro è simil garbage time per i neozelandesi, ma vendono cara la pelle in difesa e offrono siparietti che mettono in mostra abilità innate, come nell'occasione dello scambio tra Dagg e compagno nel fazzoletto di terra tra i 22 e la meta, sotto la pressione portata da Halfpenny, S. e L. Williams. Il Galles ne approfitta da parte sua, arriva con Ken Owens ad un centimetro dalla destinazione ambita dopo un penalty battuto velocemente da Knoyle, i suoi compagni mantengono il possesso, si passa da un'ala all'altra Cuthbert chiude alla bandierina al 76'.
Il conteggio a fine gara indica che il Galles ha concesso 21 turnover, la Nuova Zelanda 10, meno della metà. Che i padroni di casa su 82 placcaggi ne hanno mancati 22, gli ospiti 19 su 122. Il 58% del possesso è stato gallese, eppure la sensazione è che l'ovale fosse sempre nelle mani avversarie, per il fatto che quando lo era effettivamente voleva dire punti sicuri o quasi. Le differenze sono tante e sono enormi, ma sono soprattutto nella tremenda convinzione - semplicità d'intenti - effectiveness as result da parte dei neozelandesi, trittico al quale si aggiungono le abilità innate delle nuove leve (il modo con cui Savea raccoglie il passaggio di Dagg in occasione della prima meta, l'intelligenza tattica di A. Smith nel creare lo spazio sfruttando il canale lasciato sguarnito di guardie sul lato chiuso, l'opportunità di McCaw di fare il suo lavoro con l'assistenza dei compagni di reparto che non si presentano tardi all'appuntamento).
Here we go, ladies and gentlemen, the All Blacks. Ai detentori dei 6 Nations non resta che l'ultima spiaggia contro i Wallabies: a giugno si applaudiva la loro performance Down Under che aveva regalato due Test Match serratissimi nella serie, con l'arrivo dell'autunno sono cadute le foglie e sono 6 le sconfitte di fila. Agli altri, dopo la Scozia e il Galles, resta sono un regno sul quale infilare la bandiera. Appuntamento a Londra.
1 commento:
"eppure la sensazione è che l'ovale fosse sempre nelle mani All Blacks": capisco cosa vuoi dire Socio, fai riferimimento all'efficacia del possesso AB, ma mi permetto di puntuializzare: è evidente l'esatto contrario, gli AB ultimamente se ne fregano del possesso persinoi con l'Italia.
Ultima evoluzione AN: se ne fregano persino del territorio, nonostante il superbo gioco al piede.
Lo faccio notare perchè trattasi del nuovo trend tattico: la percentuale di possesso palla sta diventando un indicatore di INEFFICACIA.
Quando il possesso è dell'avversario, gli AB lasciano vincere la contesa e guadagnare un metro la volta (che differenza coi tempi in cui McCaw cadeva regolarmente "di là" nei breakdown e spuntavano le manine e i piedini da tutte le parti), impegnando solo due uomini nel breakdown contro quattro, cinque attaccanti come i gallesi.
Tanto, gli AB presidiando la linea in sovrannumero, dove vuoi che vadano gli avversari?
Dopodiché, quando fatalmente l'ovale cambia di mano, partono a mille all'ora tutti in linea, dove sei sei, in modo fantasticamente improvvisato, basandosi sugli skill individuali.
33-0 un parziale che la dice lunga al proposito.
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