domenica 25 novembre 2012

Tredici a zero ai Wallabies non basta?

Dice bene il Socio nel post precedente definendo l'Italia "Giano bifronte": raramente si vede una partita così nettamente divisa nelle supremazie in campo in due tempi, come è stata Italia-Australia. Il punteggio è esplicito: parziale di 6-22 nel primo tempo a favore dei Wallabies, dominanti il campo in lungo e in largo a partire dal breakdown, dove Hooper e compagni ci facevano regolarmente il cu... ehmm ci facevano soffrire; 13-0 (tredici a zero) nel secondo a favore dell'Italia, ebbene si, è riuscita l'impresa di tenere a zero per un tempo una delle prime tre del Mondo. Una partita che rimarrà negli annali come una delle migliori prestazioni italiane di sempre.
Tutto questo perché, come è successo, dove nasce?  E' liquidabile semplicisticamtente come fa Planet Rugby con un "Wallabies below par" o ci hanno messo anche gli Azzurri qualcosa? E questo qualcosa è solo deludente,  da mordersi le mani o valutare con freddo distacco e "cinture allacciate", o c'è anche dell'altro?
Partiamo dalla fine.

- Orquera centra i pali ... quasi 
Nel finale del secondo tempo gli Azzurri hanno in mano il pari: sotto di tre punti, han da tempo - da praticamente tutta la frazione aperta con la meta di Barbieri  -  messo su la musica che sanno suonare, le testate di percussione con valido sostegno; con una importante novità rispetto al primo tempo e a tante altre partite: niente errori (in avanti, sealing off, calci senza tempismo  in bocca ai trequarti avversari etc.etc.). Altra decisiva novità, le "controtestate" dei Wallabies vengono rette e respinte regolarmente al mittente.
La musica passa da andante con brioallegro al 78':  in un colpo solo, ci troviamo in 15 contro 14 - il giallo a Ioane  per il placcaggio da cornerback su Favaro - e con una punizione piazzabilissima: abbastanza centrale da 40-45 metri, tanto che si decide all'unanimità di provare a piazzare per il pareggio invece di tentare nuovamente la sorte con la rimessa laterale: Orquera ha senz'altro piazzato ben di peggio. E' la storica occasione del primo pareggio con una nel podio del ranking mondiale.
Roba da far tremare i polsi, e infatti ad Orquera tremano le ginocchia: il calcio gli esce lievemente sbananato, l'ovale sfiora il palo di destra ma sul lato esterno. Come l'altro italo argentino Alberto Di Bernardo la sera prima aveva fallito il piazzato della vittoria su Ulster: sic transit gloria mundi.
Michael Jordan ammoniva che un campione non è chi segna di più ma chi marca i canestri che "pesano". Infatti questo è stato l'unico errore in giornata di Luciano Orquera, onesto lavoratore dell'ovale e autore della miglior partita che abbia mai giocato in nazionale, non solo per i cinque centri su sei dalla piazzola ma anche per coraggio, iniziativa, scatto, fantasia, autorevolezza man mano che il tempo passava, sino a divenire autentico deus IN - non ex -  machina di gran parte degli attacchi Azzurri. Se non emergeva un Minto straordinario sia in percussione che come fetcher in difesa (ecco perché Favaro poteva stare in panchina, avevamo in campo "l'arma segreta"), la nostra apertura avrebbe meritato il Man of the Match (dato che si assegna prima del 78'). Invece, niente: l'italo argentino non passerà alla storia come Stephen Donald o, più in piccolo, come Marcato col drop della vittoria sulla Scozia nel 2008 o Mirco Bergamasco coi due piazzati contro la Francia nel 2011.

- Primo tempo
Personalmente ho intravisto due nette "cesure", due momenti topici nella prima parte. Entrambi riguardanti la mischia ordinata, che a questi livelli e soprattutto per chi è costretto ad affidarvisi quasi messianicamente come noi italiani, rappresenta un elemento psicologico fondamentale.
Premessa: fin dai primi minuti di gioco, gli Azzurri si trovano di fronte l'Australia di Robbie Deans: un team sfortunato (la quantità spaziale di indisponibili per infortunio), ricco di classe e ondivago, capace di tutto: del meglio (unica squadra ad aver fermato gli All Blacks) come del peggio; rispetto alle Australie storiche più performanti dei Campese, Lynagh, Larkham etc. si contraddistingue per esser più prevedibile in attacco ma dotata di una ferocia assoluta nei punti di incontro. Altro che All Blacks che si tirano indietro e attendono l'errore, i nostri trovano pan per i loro denti quando eseguono lo spartito bruneliano alla Cadorna: caricare le trincee nemiche costi quel che costi.
Sharpe, Higginbotham, Timani e Palu ci mettono il fisico, Hooper la classe del grillotalpa specializzato di scuola Pocock. I nostri insistono ma iniziano a sbandare presto, lo capisci dai calci di Gori e Orquera che non sono up&under o tattica ma di veri e propri punt di liberazione.
Fatta questa premessa di scenario - è chiaro a tutti che sarà tosta - arriviamo al primo momento topico della gara. Poco dopo il decimo minuto c'è una mischia a introduzione Azzurra, la seconda della partita mi pare, che viene vinta dai nostri "half arm" cioè con punizione "di seconda". Gli sciagurati indottrinati a tenere il possesso, chiamano nuovamente la mischia. Mal glie ne incoglie: la prima linea Azzurra si prende una bella  arrotolata di canottiere da Ben Alexander e Robinson, Stephen Moore in mezzo, Sharpe e Timani dietro, tanto da perdere l'introduzione. Poi l'azione australiana sfuma ma lo schiaffo in faccia ai Castrogiovanni, LoCicero e Ghiraldini è di quelli così pesi che ne risente palesemente il morale di tutti gli Azzurri: ehhh annamo bbene, e questo sarebbe il  nostro punto di forza?!
E' il primo inflection point della partita a giudizio di chi scrive. Gli Azzurri si vedono con le budella in mano (scusate la traduzione letterale da altra lengua ma il modo di dire esprime bene il concetto, credo), sbandano vistosamente e ai già pesanti colpi subiti nei punti di incontro, aggiungono caterve di errori apparentemente gratuiti, nella realtà mentali, da sottomessi fisicamente e psicologicamente.
Andiamo alla misura di quel che dico: nel quarto d'ora tra 15' al 30' concediamo 19 punti unanswered, più di uno al minuto e il punteggio passa da tre pari a 3-22.  In questo quarto d'ora di depressione Azzurra i Wallabies segnano tutti i loro punti, primi tre a parte.
Vogliamo parlare della meta di Cummins al 18'? No lasciamo stare: palla persa dagli Azzurri in attacco, scrambling difensivo affannato e disorganizzato, Masi che sale al centro, Orquera che non arriva a coprire l'ala quindi uomo in meno al largo (la nostra apertura in fase difensiva scivola estremo), Black Hawk Down e meta intonsa senza difesa in una azione d'attacco che non ha nulla di speciale.
Si procede tra errori ed orrori azzurri - Parisse che perde palla in avanti con gli avversari lontani trenta metri, Barbieri che mette la manina e si fa giallare - e tra infortuni da partita durissima sul breakdown: prima tocca a LoCicero lasciare, poi il mediano Sheehan, infine al 37' anche Benn Robinson.
Ecco, siamo al secondo inflection point a mio avviso: la differenza abissale tra "prime prime linee" e "seconde prime linee" Wallabies è evidente e profonda, con Slipper in campo è tutt'altra musica per Castro, Ghira e il subentrato Rizzo - ottima la sua partita, oltre che in mischia da inedito ball carrier.  I nostri si rincuorano e riprendono animo (altro che appelli all' "anima azzurra" delle dichiarazioni ufficiali, era l'animo quel che serviva oggi ai nostri); significativi gli sberleffi e buffetti con cui si "liberano" alle prime mischie rivinte con facilità. Già lì si poteva capire che nonostante gli Azzurri fossero in 14, la partita era in discesa. A patto di smetterla di fare errori, e riprendere un minimo di controllo della rimessa laterale, dove svettava Higginbotham anche su nostro lancio.

- Secondo tempo
La seconda frazione è quindi iniziata al 37' con l'uscita di Robinson, è la mia tesi, e si è perfezionata con il rientro di Barbieri. Il quale festeggia marcando meta, è il segno  dell'inversione del momentum della gara. Ripetiamo, i numeri sono importanti: gli Aussie non marcheranno più un solo punto, peggio, non avranno più opportunità di farlo se non negli ultimi istanti, in cui per un pelo non abbiamo assistito alla beffa di una meta finale; lì l'intelligente Berrick Barnes comprende che questa partita è giusto termini in modo umiliante per i Wallabies e calcia l'ovale in tribuna appena il tempo scade.
C'è poco da dire d'altro perché nulla riesce a mutare l'inerzia della gara: non i cambi, azzeccati per una volta quelli italiani con Cittadini, Favaro, Giazzon stesso che si dà da fare, Pavanello che riassesta anche la rimessa laterale.
Note un po' stonate in un secondo tempo da incorniciare per quel che passa il convento - ribadisco il parziale: 13-0 all'Australia, scusate se è poco - sono l'infortunio a un Mirco Bergamasco che finalmente non ha tentato offload arditi, rimpiazzato da un McLean un po' sfavato (forse ci teneva particolarmente a giocare dall'inizio contro i suoi connazionali veri); The Rock  Zanni sostituito da Vosavai che fa bene un paio di sfondamenti ma perde a mo' di saponetta una decisiva rimessa laterale a pochi passi dalla meta australiana. Anche Botes entra al posto di Gori ma nessuno se n'accorge: intanto la leadership della squadra se l'era presa come detto Orquera che dettava tempi e modi dell'attacco come raccomandato da Brunel (a Gori). Ah, altro aspetto stonato, l'unico a non recuperare pienamente tutte le proprie facoltà è capitan Parisse: sfortunato nel finale, quando un calcetto delizioso di Orquera gli rimbalza "strano" (lo fan sempre le palle ovali, lo dice anche la pubblicità Adidas) e si fa sfuggire l'opportunità di una meta storica.

- Altalenanti Aussie, Giano Azzurro
Cosa fa la mente!  Gli Azzurri rasserenati dal fortunato ritrovare l'ancoraggio in mischia ordinata dopo il 37', mostrano ai Wallabies di non temerli sui punti d'incontro; questi a loro volta, perso lì e nelle fasi statiche il possesso che è per loro come il sangue per i vampiri, si son trovati stretti nell'assedio e sul piede arretrante. Solo la pochezza dei nostri trequarti ha impedito di marcare un'altra meta, unita ai soliti immancabili errorini degli avanti nei momenti topici (Vosawai, Parisse). Ma ci sta; di più, la chiara opportunità del pareggio era lì a portata di piede. Un gran peccato: a separarci da un pari storico che ci stava non è stato per una volta il "cinismo" dei più esperti avversari ma solo la winning vertigo individuale di un bravo, onesto lavoratore dell'ovale.
Ci scuserete se alle sconfitte "gloriose" da quaranta punti in saccoccia, nelle kermesse dove tutti sono bravi bravissimi di fronte a immortali campionissimi che sbadigliano distratti, noi preferiamo roderci il fegato e celebrare questo tipo di "ugly loss": ci siamo andati vicini vicini.

- Un bilancio
Tre Test di novembre, due sconfitte e una vittoria. Paradossalmente, l'unica celebrata e santificata dal mainsream  è stata sinora la sconfitta pesante con gli All Blacks. Partita che andrebbe derubricata tra le kermesse pubblicitarie riempi pista, roba che se fossimo neozelandesi ci chiederemmo che senso abbiano a meno che che non gli si paghi il gettone presenza.
Piuttosto, speriamo che ora ci si renda conto del valore della ugly win (nel senso più positivo del termine)  su Tonga, che ha raccolto oggi lo scalpo della Scozia. perdendo in novembre solo con noi. Quanto all'Australia, è una sconfitta che vale la vittoria con la Francia - mai dimenticare chi arbitrò da par suo quella interminabile mischia finale: tal Bryce Lawrence ... Purtroppo non varrà tanto nelle statistiche, ma tant'è.
Due sconfitte e una vittoria, bilancio ampiamente preventivabile alla vigilia ma per come è maturato è da considerare positivo, pur con qualche ombra: se ci avessero detto che avremmo perso di tre punti con l'Australia, avremmo tutti firmato eccome.
Un anno di Brunel è passato: vi diranno che il positivo è che ora si gioca per vincere, nella realtà ha fatto un bel lavoro psicologico sui ragazzi vecchi e nuovi, col contraltare di puntare troppo sul possesso ("imporre la nostra iniziativa"), un modo arcaico di giocare in tempi di ripartenze alla mano e al piede, che è costato la testa ad Andy Robinson e una serie di sconfitte brucianti a Lancaster e Gatland.

Parliamo quindi del gioco espresso dagli Azzurri. Ovviamente non ha senso far passare quel quarto d'ora da incubo nel primo tempo come un tentativo, magari poco efficace, di modulare i ritmi di gara e risparmiarsi per il secondo tempo. La realtà è che eravamo forse troppo tesi per le richieste di gioco espansivo dello staff, siam stati surclassati  e siamo crollati psicologicamente: indiscipline, errori ...  Brunel s'era raccomandato al proposito con Gori, ma nel finale è stato Orquera a salire sul podio del direttore d'orchestra. Meglio uno che nessuno.
Sotto il profilo del gioco complessivo, la cura Brunel si vede all'opera, ora la tanto invocata iniziativa d'attacco agli Azzurri non manca.  Altro discorso è valutare se la cura sia efficace in sé: anche Cadorna teneva l'iniziativa, undici sono state le "offensive dell'Isonzo",  "percussioni" con scarso guadagno di territorio ma fu la dodicesima, una "ripartenza" avversaria, a passare alla storia come Caporetto e a farli arrivare arrivare quasi in meta.
Fuor di metafora,  ci pare che il rugby di alto livello vada da tutt'altra parte rispetto alla mera "iniziativa": a giocare basandosi sul possesso, tra le prime è rimasta solo l'Australia mentre "quelli bravi" come gli All Blacks giocano di rimessa, aspettando e accelerando sulle ripartenze, s'è visto bene anche col Galles oggi. L'altro approccio vincente (tre vittorie su tre Test in novembre) è quello Springboks, fondato sulla solidità difensiva. Se  sei veramente solido, puoi andare a vincere a Twickenham sfruttando i rimpalli stile flipper...  Abbiamo visto la fine che han fatto le europee di primo rango che giochino "all'attacco": Inghilterra, Galles, Scozia, alti e bassi irlandesi ...
La Francia fa caso a sé: sono riusciti a far leva su una fisicità prorompente senza perdere la tradizionale classe. Oggi han superato una straripante Samoa che ha guidato la gara per oltre un'ora, inseguendo e rispondendo colpo su colpo - rispondere è il contrario del mantenere l'iniziativa, devi esser "solido" per riuscirci.
C'è da dire che gli Azzurri han bisogno a livello psicologico di sentirsi "attaccanti", anche se per adesso poco efficaci. Il lavoro sulla psiche fatto da Brunel va riconosciuto. Speriamo che dal "bel gioco" si ascenda presto al "gioco più efficace", che non vuol dire ancora vincente, semplicemente significa avere in testa che non si esce dai 22 avversari con gli stessi punti con cui vi si è entrati. Mai.

Concludendo, tredici a zero rifilato in un tempo ai Wallabies, terza nazionale del ranking, non basta per vincere. Ma visto che abitiamo tra quelli  felici e contenti  di prendere quaranta punti dagli All Blacks (e poi si chiedono, come si permettano quelli del calcio a prenderci per i fondelli ...), allora noi questo ce lo faremmo bastare, che dite?

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche a me pare pienamente soddisfacente questo novembre di test match. Sono solo un po' deluso dalla inconsistenza mostrata in touche: ne abbiamo perse tante (specie quelle decisive) e le volte che abbiamo preso palla non siamo riusciti a organizzare un buona maul.
Ps. la maul a quindici organizzata dai gallesi contro i tuttineri, se l'avessimo fatta noi ci avrebbero presi per il cuculo a vita!

Vanni

Abr ha detto...

Vanni, "pienamente" soddisfacente è una parola grossa, diciamo che il bilancio è positivo, dobbiamo ancora studiare (su libri di testo probabilmente vecchi e sorpassati) ma l'esame, il "Test" l'abbiamo superato.
Hai presente quegli alunni poco dotati che arrivano alla sufficienza sputando sangue e sgobbando come muli, anche "per merito" di un sistema e di maestri poco capaci di identificare i loro "asset"?

Ora si apre il capitolo Sei Nazioni, in cui dovremmo vincerne almeno due (avremo tre partite in casa ma non la Scozia) per darci la sufficienza, tre per sentirci promossi a pieni voti.

Eh si le touche vanno un po' random. Eppure il lanciatore è migliorato e di saltatori ne alterniamo diversi (persino Vosawai han tirato su, 'na roba da denuncia all'ispettorato del lavoro).

Grande gesto tecnico quella maul del galles! Han dovuto scoprire un altarino che portrebbero usare nel 6Nazioni. Difatti la maul di massa non è facilmente difendibile, e anche se perdi la rimessa, anche tutti gli avversari son raggruppati lì quindi possibilità di subire contropiedi da allargamento del gioco sono minime.
L'unica altra volte che ne vidi diverse, l'avevan fatto anni fa i Lions di Johannesburg in un SyperXIV o in una Currie Cup non mi ricordo, dovrei cercare il post.
Presi per il cuculo? Il pubblico ha gradito moltissimo le facce impotenti delgi AB: quel che insegna quella super maul è, non conta quel che fai l'importante è marcare.

Sarebbe infatti ora la finissero con 'sta retorica ammorbante e freudiana del "giocar bene", divenuta addirittura stucchevole con la kermesse All Blacks.
Per favore, è ora che saliamo mentalmente di un gradino, giochiamo non ancora per vincere ma almeno per marcar mete!
I peana post Olimpico avrebbero un minimo senso solo se avessimo perso violando 3, 4 volte la meta avversaria, come appunto han fatto nel finale i gallesi.
Viceversa, se non ne sei capace ha senso gioire solo nel caso San Siro, cioè quando riesci a limitarli anche a loro e in più sei micaccioso per lunghi minuti. Preferibilmente nel finale, così rimane impresso e non devi fingere di rimuovere l'ultimo quarto d'ora.

Mi accaloro contro i pessimi cantori del "bel gioco d'attacco" perché questo sta diventando un problema culturale: prima di tutto è un errore logico (le partite IN OGNI SPORT DI SQUADRA si vincono con la difesa non in attacco), e poi perché avanti così, toccherà dar ragione ai calciofili che ci sfottono, proprio perché ce ne andiam tutti felici con 30 punti di margine in saccoccia e avversari annoiati. E lo scriviamo pure!

Anonimo ha detto...

Ma infatti anch'io ho apprezzato molto la maul del galles! Però credo se la provassimo noi una soluzione del genere, a livello internazionale, verremmo un po' presi come dei disperati. Invece mi è piaciuta l'autorevolezza e la serenità mentale del galles che ci ha provato e gliel'ha fatta!

Visto che a treviso la maul funziona decisanente bene, è un peccato che non succeda anche in nazionale.

Vanni

Anonimo ha detto...

purtroppo il 6N inizia tra due mesi e non due settimane e questo ci penalizza ora che eravamo rodati peccato il calcio di orquera ci manca sempre un centesimo pe fa na lira o un euro che dir si voglia .........ironduke

Guido ha detto...

"giochiamo non ancora per vincere ma almeno per marcar mete!" parole sante, ma di difficile realizzazione, il problema, a mio modestissimo avviso, è che manchiamo di ali vere, degne di questo nome, in grado di finalizzare il duro lavoro dei compagni.

Abr ha detto...

Beh iron, quel che conta sono le giornate di raduno (allenamento e rodaggio) più che il tempo che passa. Avranno impatto ad esempio sulle maul di cui molto si parla.
E, ti dò ragione, poi contano i possibili infortuni che capitano (ma non solo ai nostri).
Per uno che esce di forma, magari ne torna un altro (un nome a caso: Masi).

Poi sai, in ogni caso il 6N fa musica a se. In particolare in anni lontani dal mondiale.
Non va trascurato piuttosto il discorso Lions Tour, che influenza i britannici nel bene per loro (devono mettersi in mostra) ma anche nel male (per le squadre)?

Abr ha detto...

Il porblema è che le "ali vere" in Italia giocano bloccate. Basti vedere Venditti: che gli manca fisicamente rispetto a Cummins? Eppure quando riceve palla, lo vedi che pensa già al placcaggio e non al decollo.
A fronte di ciò hai due strade anzi tre: una volta "nazionalizzacvi" qualche ala coi nonni italiani; la second aopzione è investire nel futuro, crei le Zebre dove fai giocar Sarto Odiete Venditti stesso etc. e li fai galoppare regolarmente (risultati: tra due stagioni), oppure, terza via, adotti un modo di giocare più consono alle caratteristiche locali e delle ali ti scordi, tanto ci sono mille altri modi di marcar meta.
Oppure adotti la terza opzione, fin che aspetti che le tue ali crescano.

Abr ha detto...

Mah vanni, gli anglosassoni ci farebbero buuuh se fallissimo e ci applaudirebbero sorpresi (ora non più) se ci riuscisse. Quel che conta pe rloro è quel che lampeggia alla fine della gara nel tabellone punti.

La maul è questione di affiatamento e allenamento: nei test bastano un paio di "estranei" (a tv in questo caso: parisse, castro etc.) e fatalmente fai casino.
Di più: la maul nasce dalla rimessa laterale, quando hai davanti i migliori specialisti storici della fase sin dai tempi di Eales, beh che non sarà facile partire di maul devi mettere in preventivo.
Al sei nazioni con un po' più di allenamento e avversari più "umani", credo sarà diversa: lo è quasi sempre stato.

gsp ha detto...

la maul a 13 e' trucco di gatland sin dai tempi del connacht. il problema e' che se non porti giu' la palla e' meta di 80 m. in una partita come quella contro l'aus (o galles al 6n due anni fa), dove l'arbitro in touche ha permesso praticamente tutto prima che la maul si formasse.

manca il saltatore? il problema e' sempre quello. con Minto e Pavanello/Geldenhuys e' andata benissimo perche' hai pulito meglio ed in ruck e' stata un inferno.

se metti Bortolami o Van zyl il pack e' meno mobile, pulizia un po' piu' lenta ed efficace, pero' la differenza in touche si vede. Vedasi statistiche della touche italiana all'ultimo 6n. Nel rugby mondiale, seconde linee che fanno tutto e bene ce ne sono pochissime e non sono le nostre. e quindi dovrai sempre sacrificare qualcosa.

GiorgioXT ha detto...

Una piccola nota , ho rivisto nei dettagli la mischia del primo tempo che hai citato (al min. 11.25 circa) e più che un "arrotolata di magliette" fatta dai wallabies è un altro errore (meno grave dei successivi) dell'Arbitro, era calcio contro l'Australia per due motivi:
-Spingono a stappare
- Ruotano deliberatamente la mischia - non c'è avanzamento giallo ,anzi, Lo Cicero fa strada in una mischia ormai sfaldata.

Non è una situazione chiarissima, ma in questi casi nel 90% si fa giocare, perchè la palla era ormai uscita (e dalla parte giusta per noi)
Infatti gli Australiani erano talmente confidenti che alla mischia successiva appena conquistata hanno anticipato già alla chiamata del "touch" ...

Tornando al discorso in generale, io sono convinto che l'attuale eccellenza stia tornando dopo molti anni un campionato utile alla formazione ed alla crescita, e mi ha dato conferma la buona prova di Giusti permit player contro l'Ulster .
Però poi si deve scegliere di valorizzare successivamente quello che ritorna utile alla crescita del movimento .
In poche parole : domenica abbiamo visto giocare due squadre , una con 6 nazionali e 3 under 25 e l'altra che invece aveva 4 OVER 25 in campo... e giocare allo stesso livello.

Abr ha detto...

Si dovrebbe essere quella a quel minuto lì.
Quel che conta di quella mischia è che i nostri retrocedevano vistosamente. Alla seconda mischia disputata. Poi guarda caso è iniziato il quarto d'ora di follìa scomposta.
Per me c'è nesso di causa-effetto, conoscendo i nostri polli, che si è sovrapposta a uno stato psicologico già on the edge per la pressione nel breakdown cui erano sottoposti e la tensione con cui sono scesi in campo, di cui ha detto Minto in una intervista.

Forse hai ragione, il tutto nasce da un fallo e da un errore arbitrale (noi non ci tiriamo centro indietro a sottolinearli), ma algi uomini del pack non importa: gli resta quella sensazione terribile di venir spinto indietro a incrinare le certezze, soprattutto se (a) sei contro qualcuno che stimi inferiore come skill di prima linea (giusto o meno che sia), e (b) se succede quando hai chiamato tu la ripetizione della mischia.

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