domenica 6 ottobre 2013

La miglior partita dell'anno

Sudafrica - Nuova Zelanda:  degnissima, epica sfida prima contro seconda, in tempi di "diluizione" delle altre in caduta libera nel ranking - Australia e Argentina a Rosario han confermato con quel gioco costantemente "rotto", individuale e prono agli errori, il gap attualmente intercorrente tra le prime e le seconde due.
C'è stato tutto in questa partita: la sfida aperta, la suspence, il pallino in mano ora all'una ora all'altra, la fisicità solidale dei sudafricani e la mai fredda, sempre vitale expertise All Blacks. 

RSA
Score
27
Team
NZL
S
38

South Africa versus New Zealand

PlayersHabana (18min, 20min), le Roux (46min), de Villiers (58min)Tries4Tries5PlayersSmith (12min), Messam (26min, 41min), Barrett (61min), Read (65min)
PlayersSteyn 2/4 (50%)Conversions2Conversions5PlayersCruden 3/3 (100%), Barrett 2/2 (100%)
PlayersSteyn 1/1 (100%)Penalty goals1Penalty goals1PlayersBarrett 1/1 (100%)
PlayersDrop goals0Drop goals0Players

La conclusione forte è che anche per quest'anno non ce n'è per nessuno, le speranze europee per il novembre di Test si riducono. Gli All Blacks si prendono il torneo ma questo era già abbastanza scontato (avrebbero dovuto perdere subendo più di quattro mete e senza prendere bonus difensivo); soprattutto respingono la sfida aperta dei rampanti sudafricani e li battono ancora in casa.
La posta in gioco di fatto non era il titolo nel The Championship - che comunque male non fa; era piuttosto la vittoria del duello. Siamo a metà del cammin verso i mondiali di Londra e gli Springboks, ancora un po' verdi nel senso di inesperti ma fisici e coesi come non mai, gestiti alla perfezione minimalista dai due registi Fourie Du Preez e Morne Steyn, eran pronti e motivati, alla luce dell'andamento della gara d'andata, a piantare un potente picchetto difficile da svellere: in 15 contro 15 vinciamo noi. Gli All Blacks han raccolto la sfida e rivelato immediatamente cosa fossero venuti a fare: la Kapa O' Pango dice son lì per vincere ad ogni costo, senza calcoletti di punti di bonus, come novelli Saturno per troncare nella culla le velleità dei pretendenti al trono supremo.
Prima di andare a vedere come i Tutti Neri han mantenuto l'impegno preso davanti a tutti, una parola di plauso all'arbitraggio: Nigel Owens ha dimostrato a tutto il mondo come si arbitra. Ha usato l'autorevolezza coi giocatori ma anche coi collaboratori a partire dal Tmo, mai lasciato solo con la sua moviola ("io ho visto così e colà, confermami che è andata così") e soprattutto correndo, fin a quasi strapparsi alla fine (è sempre col fiatone alla fine delle interminabili fasi e controfasi: bravo). Ha mostrato inoltre come si arbitrano in particolare gli All Blacks: senza farsi intimidire, tanto si adattano e vincono lo stesso; certo che viaggiare a una media di due puniti a partita prima o poi diventerà tosta anche per loro, ci ricordano l'Inghilterra pre-mondiale.
Altra nota pre-cronaca: quanti esami dovrà ancora superare Beauden Barrett prima di sottrarre definitivamente la titolarità della maglia numero 10 All Blacks al più fragile e anche meno preciso Aaron Cruden? Un motivo in realtà c'è ed è il gioco tattico (con buona pace di quelli che ancora adesso "gli All Blacks giocano espansivo, i sudafricani calciano") ed è la ragione per cui Dan Carter è ancora nel giro.
Ultimo elemento preventivo: la prestazione sudafricana è stata enorme, epica, grandiosa, meritevole di miglior fortuna. Ma non è la fortuna quella che è mancata; han trovato i veri numeri uno, la coesione c'è e la copertura dei ruoli anche come i rincalzi ma han bisogno di fare esperienza, di maturare ulteriormente: le scelte, la disciplina (che è già in via di miglioramento), la capacità di finalizzare quando si deve farlo. Una serie di dettagli che analizzeremo. Ne hanno il tempo: ci sarà un altro The Championship prima dei Mondiali. Obbiettivo, presentarsi a Londra come l'Australia arrivò in Nuova Zelanda?  Brrr brividi: coach Heyneke Meyer pare aver scelto la strada opposta, quella calcistica di evitare il peso dei favoriti o del pericolo pubblico, definendo gli avversari "la squadra più forte del mondo" per diverse volte in conferenza stampa, mentre lodava i suoi giocatori.

- La cronaca in sintesi 
I primi venti minuti sono da antologia. La partita non è certo perfetta, ad esempio i sudafricani perdono il possesso nei primi due calci di ripresa del gioco (iniziale e sul 3-0 di Steyn al 9'). Ma quale intensità!
L'obiettivo dei Tutti Neri è quello delle compagini forti: macché possesso, macché tikitaka, è gestire il gioco stando nella metà campo avversa e rallentare se non fermare le avanzate altrui, attendendo quindi l'inevitabile liberazione, imponendosi poi mediante la superiorità nel gioco tattico e la capacità di sfruttare le ripartenze. Il che non significa marcare solo in contropiede o a gioco rotto ma saper gestire attivamente il possesso avversario; quando poi gli eventi portano in zona rossa, si cambia marcia e non si esce di lì senza punti. Gli Springboks invece le ripartenze se le tengono buone per l'ultimo quarto di partita, prima vogliono schiantare il pack avversario puntando al dominio davanti sia in fase statica che dinamica.
A inizio gara la tattica All Blacks è di mettere in crisi il pack verdeoro sul piano dinamico: han schierato il meglio del meglio come esperienza in terza, McCaw, Messam e Read per domare i meno esperti ultra fisici Louw, Alberts e Vermeulen; Brodie Retallick e Sam Whitelock in seconda hanno il fisico per reggere l'intimidatore Eben Etzebeth e il più aereo Juandre Kruger ed è proprio dalla loro pressione sulle palle iniziali che gli All Blacks possono attaccare. I padroni di casa reggono la prima serie di possessi avversi dentro la loro metà campo, non la seconda dopo aver marcato il 3-0: su quell'ovale recuperato, al 10' il solito splendido Read approfitta di mezzo metro di ritardo di Alberts per aprire al produttivo Ben Smith sull'estrema destra; questi riesce a piantare due difensori, convergere al centro e arrivare alla meta, al 99% invenzione pura dal suo cappello più che capacità corale di aprir varchi. Ma grande squadra è anche grandi individualità. A proposito di individualità, Israel Dagg ultimamente un po' discusso, apre alla grande con un paio di incursioni ma poi ripiega sulla routine del preciso gioco tattico, senza peraltro offrire garanzie "estreme" agli sfondamenti della linea difensiva e anzi soffrendo il piccolo Willie LeRoux su qualche palla alta e la velocità di JJ Engelbrecht.

E' 3-7, partita in salita per chi vuole mettere i bastoni tra le ruote ai campioni in carica. Si riparte, i Boks iniziano pian piano a imporre la propria fisicità, impegnando non solo col pack ma anche con le incursioni di Zane Kirchner la difesa All Blacks.  Già prima del 3-0, era subito chiaro che la battaglia statica è vinta dai sudafricani: Faumuina davanti soffre Mtawarira, forse il miglior numero uno mondiale con le nuove regole, mentre i DuPlessis Bros. reggono bene i veterani Hore e Woodcock.
Lo scardinamento dei Tutti Neri che pare fatale, arriva non dalle fasi statiche, in cui tra l'altro i Boks ripeteranno i soliti errori "da Bulls" - calciare in rimessa due volte piazzati ravvicinati, per farsi fregare nelle maul con le buone e soprattutto con le cattive. Comunque il varco viene trovato due volte in fila, al 17' e al 19', sempre con percussioni su sviluppi da destra verso sinistra, il lato di Bryan Habana: prima è Vermeulen a rompere il placcaggio di Hore in ritardo e infilarsi alle spalle di Ma'a Nonu, aprendo alla perfezione per l'ala, che dal lungolinea va a marcare dietro ai pali;  poi è Louw infilare la linea Tutta Nera alla ripresa del gioco, aprendo a metà campo dietro al placcatore, un passaggio in sapore di in avanti (ma anche il Tmo "premierà l'azione"); Habana riceve in corsa, calcia per se stesso a scavalcare l'ultimo difensore ed è meta splendida. Un uno-due da pugno in mezzo agli occhi, che porta i padroni di casa a ribaltare il risultato 15-7 (una trasformazione su due per Steyn). La doppietta di Habana lo rende il miglior marca-mete della storia del TriNations/Championship alla vigilia del suo rientro in Francia, scavalcando Chris Cullen.

Proprio quando i giochi sembrano farsi interessanti per i padroni di casa e per lo spettacolo, il secondo quarto inizia con un campanello d'allarme per i Boks, l'infortunio ad Habana che deve lasciare al 21'; entra Serfontein, spaesato nel ruolo non suo. I Tutti Neri reagiscono, entrano in zona rossa grazie a una iniziativa sgusciante di Aaron Smith e qualche placcaggio mancato, una volta lì dentro il contratto a cottimo impone che non si fermino, l'ultimo metro lo fa Liam Messam "abbracciato" da Retallick, a sfondare in due un improbabile Steyn prima guardia al lato della ruck. Con la trasformazione di Cruden è 15-14 al 25', partita pienamente riaperta.
Partita riaperta e riequilibrata: scontri crudi, le terze linee si dannano, nessuna prevale tranne che nelle fasi statiche sempre in mano ai Boks, l'equilibrio è di altissimo livello, gli errori ci sono ma provocati dalla pressione difensiva. Fin che arriva il fatidico ultimo minuto, l'area spazio-temporale prediletta dai Tutti Neri, momento in cui sovente infilano quelli che anelano allo spogliatoio. Stavolta il la lo dà l'infortunio di Alberts portato via in barella, lo rimpiazza Siya Kolisi che è più un openside alla Louw e il leit motif dei Boks di Meyer è all ball carrier, per parafrasare la qualifica all backs da cui deriva il nome storico della nazionale Kiwis. Tant'è, i Boks riconquistano palla due volte, la seconda volta partono con Engelbrecht - impressionanti un paio di sue progressioni in precedenza - quasi a dire, attenti che anche noi colpiamo in zona Cesarini. E invece mal glie ne incoglie: placcaggio, palla persa in avanti, recupero dei Tutti Neri, avanzata sul lato sinistro a gioco mezzo rotto, Hore apre a Messam, Kolisi è spiazzato e va mollo, evidentemente è ancora freddo: arriva la terza meta oltre la sirena e la doppietta personale per il miglior blindside neozelandese.
Si va all'intervallo sul 15-21: questi sono gli All Blacks signori, se si decide di giocarsela con loro è meglio sapere quel che si sta facendo e cosa si rischia.


I sudafricani tornano in campo decisi a rimettere le cose a posto dal loro punto di vista. Pressione, All Blacks come al solito quando sono sotto pressione seria, vanno per le spicce e "ce provano" in fase difensiva. Owens oggi però non è uno dei tanti arbitrini solo chiacchiere e distintivo: al 45' manda fuori per dieci minuti Messam, ma avrebbe potuto prenderne uno a caso del pack neozleandese, almeno un fallo l'avevan commesso tutti nel giro di 30 secondi. I Boks non stan lì a progettar come sfruttare la superiorità numerica: mentre Messam trotterella ancora in campo diretto alla panca puniti battono velocemente la punizione e LeRoux, uno dei migliori nel secondo tempo, guizza e s'allunga tra i difensori distratti fino alla meta. Tre a tre, tutti i bonus e quindi tutte le opzioni sono aperte. Con la trasformazione di Steyn è 22-21 per i padroni di casa.
Inizia la fase della gara più thriller, in cui ogni singola decisione ha un peso: anche dal boothHansen poco prima aveva richiamato Hore per Dane Coles  presente a referto come "Mils Muliaina" ("errore di battitura", si giustifica il management AB: incredibile "copiaincolla pigro" per dei Pro, poteva costar carissimo); Hansen inserisce anche Ben Franks per il distrutto Faumuina ma la cosa giusta è richiamare il molto targettato Cruden e inserire Barrett; invece Meyer sostituisce i fratelli Du Plessis con Oosthuizen e Strauss nel momento sbagliato, quando c'è da fare una mischia sui 5 metri avversari. La mischia è vinta ma non produce nulla, la pressione viene respinta. Meyer  cambia anche Mtawarira re della prima linea con Steenkamp, Hansen replica con Crockett al posto di Woodcock. Barrett piazza una punizione per il nuovo sorpasso 22-24 al 54' ma tre minuti dopo l'eroe è capitan Jean de Villiers, che di forza recupera palla e sfonda potente fino alla linea di meta. 27-24, quarta meta (sono decenni che gli AB non ne subiscono tante) quindi bonus offensivo; ora si tratta "solo" di impedire la quarta meta All Blacks nei restanti venti minuti e togliergli il bonus difensivo con due piazzati o una meta trasformata. Vaste programme. Non è questo il Championship l'obiettivo realistico, anche se ci provano: il vero scopo è come detto all'inizio, vincere la partita per lanciare un segnale, i punti si conteranno poi alla fine.
L'esaltazione dei grandi momenti epocali non dura molto: al 60' Barrett spegne l'entusiasmo della folla sold out di Johannesburg (63.000 presenti), inventando il break centrale nel gioco mezzo rotto che rompe la difesa, arrivando solitario in meta (nella foto). E' la quarta, quella della certezza del titolo qualunque cosa accada, il secondo Castle Trophy - The Rugby Championship su due disputati; in più la trasforma per il vantaggio 27-31. La collaborazione del colleghi a partire da Conrad Smith e Julian Savea è importante ma risulta più decisivo qualche errore non da stanchezza, piuttosto da troppa foga della rimaneggiata linea Boks, con difensori che si (sbi-)lanciano a caccia di anticipi e quindi fatalmente aprono varchi.

E' la svolta finale, l'ultimo quarto è pura sofferenza per i padroni di casa, ancora impegnati a cercare di ribaltare il risultato ma oramai nelle mani dei marpioni Tutti Neri inebriati dal sangue e dalla vittoria.
Ci prova Ben Franks a rovinare la festa facendosi cacciare per un pugno a Oosthuizen, ma i Tutti Neri in campo provano all'indispettito Hansen di poter prevalere anche in 14, difatti Kieran Read marca in mezzo ai pali il 27-38 finale (trasformazione di Barrett). I Boks che pura tanto han consumato non sono morti, arrivano in meta con un intercetto di LeRoux ma gli AB non concedono nulla: Barrett si impegna per mezzo campo, riuscendo alla fine a raggiungere l'ala, portandogli la punta del piede a sfiorare la linea. Meta evitata quindi grazie a una ulteriore prova di abnegazione individuale, il resto è garbage time.

Gli All Blacks hanno respinto l'assalto, il trono appare ancora inviolabile, sarà per un altro anno, la supremazia Australe è sancita nuovamente. Lo staff può ora concentrarsi su come intimidire le europee a novembre.
Han vinto senza nascondersi, dichiarando espicitamente di esser venuti per vincere e senza far calcoletti, onore al merito. Poi certo, han dovuto stringere i denti e serrare i ranghi in certe fasi della partita; sono stati impegnati seriamente ma non hanno mai dato l'impressione di "soffrire", prova ne siano i ribaltamenti di risultato quasi immediati.
Per i Boks s'è trattato di una prova di maturità estrema, mancata non di tanto per la seconda volta nell'anno. Il bello e anche il brutto di questi "fallimenti" (si fa per dire) è che errori ed imperfezioni ce le han messe loro, sia all'andata che al ritorno, mentre gli AB sempre quelli sono. C'è quindi spazio per migliorare.

1 commento:

daveTN ha detto...

Complimenti per l'analisi, mi accodo anch' io alle sperticate lodi alla questa partita e soprattutto a Nigel "this is not soccer" Owens.
Devo ammettere che verso il 60° mi ero quasi illuso che gli springboks portassero a casa il malloppo, ma mi accontento dello spettacolo.
Mi sento di fare però un piccolo appunto su Barrett, il quale, oltre ad alcune pecche tattiche, ha la spiacevole tendenza a farsi asfaltare in fase difensiva, un po' come il nostro Orquera (spesso mosso ad estremo difensivamente) questa è però una mancanza che il XV più forte al mondo non può, secondo il mio modesto parere, permettersi. Ciò nonostante sono costretto ad ammettere che offensivamente sia una spina nel fianco delle difese avversarie sia a livello di club che di nazionale, staremo a vedere se riuscirà a sistemare le basi, per riuscire a scalzare definitivamente cruden nella gerarchia dei numeri 10

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