Abbiamo scoperto che i rugbisti sono professionisti...
La notizia arriva dagli strascichi della vicenda Aironi, perché dal tribunale di Mantova - dove proseguono i lavori sulla procedura fallimentare dell'ex franchigia celtica - è arrivata la conferma che i giocatori della suddetta rientrano nella qualifica di lavoratori subordinati. E' una notiziona, dal momento che a distanza di quasi vent'anni dallo switch nel Rugby Union al professionismo, anche in Italia gli atleti di alto livello sono di fatto riconosciuti come tali, dei professionisti.
A questi lidi si procede sempre a ritmi lenti, come dimostra la lunghezza del procedimento fallimentare degli Aironi. E si giunge a scoprire l'acqua calda. Una volta, chiedendo lumi in Fir in merito a bilanci federali e stipendi dei giocatori, mi fu risposto che 1) i bilanci della Fir non sono pubblici e 2) che era difficile arrivare ad una stima perché i rugbisti erano (e sono) considerati semi-professionisti. Il livello di gioco espresso nell'ultimo anno anche in nazionale potrebbe far pensare che la qualifica di azzecca - pensiero cattivo -, ma è al tempo stesso una pretesa troppo imbarazzante da nascondere. Sarebbe come beccare il ladro goloso con le mani sporche di marmellata e credere alla sua arringa difensiva: "Non sono stato io!".
La G.I.R.A., il sindacato che rappresenta anche gli ex Aironi, ha diramato un comunicato nel quale fa il riassunto della situazione e che si conclude rivolgendosi alla federazione: "La F.I.R. continui pure sulla sua strada e nelle sue convinzioni, ma non è lontano il tempo in cui certe decisioni non verranno più calate dall’alto degli uffici dello Stadio Olimpico, dovendosi pesare ogni scelta con riferimento a ben altri contesti…". E' pure una battaglia di campanili, leit motiv del rugby italiano da parecchio tempo, non solo durante i mesi di campagna elettorale per il rinnovo del consiglio, ma ormai perenne (qui una volta, figlio mio, era tutta campagna elettorale).
Dilettantesca era stato anche l'accoglienza dei nuovi equilibri europei in materia di coppa. Il presidente Gavazzi aveva spiegato all'indomani dell'equilibrio raggiunto in ERC di essere soddisfatto per l'accordo, "pienamente in linea con quelle che erano le nostre volontà ed aspettative", ma come ha fatto notare il collega Stefano Franceschi su ilneroilrugby, "l’Italia avrà una e non due squadre con accesso di diritto nella massima competizione europea, la ex-Heineken che si chiamerà European Rugby Champions Cup, l’Italia avrà una squadra, prima erano le prime quattro squadre di Eccellenza, che entri di diritto nella seconda competizione europea, si chiamerà European Rugby Challenge Cup, ma potranno accedervi, al massimo altre, dopo aver vinto un torneo di qualificazione con altri paesi FIRA". Visti certi precedenti in Challenge Cup, c'è poco da stare allegri.
Professionalità.
A questi lidi si procede sempre a ritmi lenti, come dimostra la lunghezza del procedimento fallimentare degli Aironi. E si giunge a scoprire l'acqua calda. Una volta, chiedendo lumi in Fir in merito a bilanci federali e stipendi dei giocatori, mi fu risposto che 1) i bilanci della Fir non sono pubblici e 2) che era difficile arrivare ad una stima perché i rugbisti erano (e sono) considerati semi-professionisti. Il livello di gioco espresso nell'ultimo anno anche in nazionale potrebbe far pensare che la qualifica di azzecca - pensiero cattivo -, ma è al tempo stesso una pretesa troppo imbarazzante da nascondere. Sarebbe come beccare il ladro goloso con le mani sporche di marmellata e credere alla sua arringa difensiva: "Non sono stato io!".
La G.I.R.A., il sindacato che rappresenta anche gli ex Aironi, ha diramato un comunicato nel quale fa il riassunto della situazione e che si conclude rivolgendosi alla federazione: "La F.I.R. continui pure sulla sua strada e nelle sue convinzioni, ma non è lontano il tempo in cui certe decisioni non verranno più calate dall’alto degli uffici dello Stadio Olimpico, dovendosi pesare ogni scelta con riferimento a ben altri contesti…". E' pure una battaglia di campanili, leit motiv del rugby italiano da parecchio tempo, non solo durante i mesi di campagna elettorale per il rinnovo del consiglio, ma ormai perenne (qui una volta, figlio mio, era tutta campagna elettorale).
Dilettantesca era stato anche l'accoglienza dei nuovi equilibri europei in materia di coppa. Il presidente Gavazzi aveva spiegato all'indomani dell'equilibrio raggiunto in ERC di essere soddisfatto per l'accordo, "pienamente in linea con quelle che erano le nostre volontà ed aspettative", ma come ha fatto notare il collega Stefano Franceschi su ilneroilrugby, "l’Italia avrà una e non due squadre con accesso di diritto nella massima competizione europea, la ex-Heineken che si chiamerà European Rugby Champions Cup, l’Italia avrà una squadra, prima erano le prime quattro squadre di Eccellenza, che entri di diritto nella seconda competizione europea, si chiamerà European Rugby Challenge Cup, ma potranno accedervi, al massimo altre, dopo aver vinto un torneo di qualificazione con altri paesi FIRA". Visti certi precedenti in Challenge Cup, c'è poco da stare allegri.
Professionalità.
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