Clamoroso a Nantes: Fiji elimina Wales!
Fiji - Wales 38-34
In attesa del commento ufficiale del mezzo gallese Brett, probabilmente già in trepida clausura pre match dell'Italia, prendo la parola completamente sgolato dopo la partita più appassionante del Mondiale sinora.
Ma quale Tonga sorpresa del torneo! in troppi avevamo trascurato i segnali di quanto poco mancasse alle Fiji per passare da bella e romantica a vincente, come spetta agli autentici "Brasiliani del rugby".
Oltre al loro usuale "rugby champagne" tutto ricicli ma meno "pazzo" e solo fisico degli altri isolani, dovevano solo sistemare un po' la rimessa laterale, il piede e il cervello del petrarchino Nicky Little in apertura c'erano già (UPDATE: nel finale Nico ci ha rimesso il ginocchio, è out per almeno sei settimane); e così hanno fatto.
Il resto della partita sempre in bilico l'han fatto le residue indiscipline isolane (ai figiani un cartellino giallo è costato 4 mete, un passaggio improvvido la quinta), ma soprattutto l'ha determinato la passività, lo smarrimento e una certa arroganza del Galles - esemplificata dai gesti tronfi di Gareth Thomas e Shane Williams in meta, come a dire "job done" e il resto vaffa.; ma sulle pecche gallesi lascio la parola a Brett, lo credo bello carico al riguardo, come tutti nella "RugbyNation" celtica.
Invece i figiani non si sono persi d'animo dopo aver perduto, in 14, 22 punti di vantaggio; a proposito di disciplina sottolineo i 4 calci di punizione subiti dai celtici contro uno, è l'unico elemento statistico differenziato tra le due squadre, la differenza a favore delle Fiji sta tutta lì, mostra anche chi ha saputo tenere in mano il pallino della gara.
Va sottolineato che questa sconfitta è solo la punta dell'iceberg della già accennata crisi generalizzata del rugby boreale. Ci sovviene "The World turned upside down": leggenda narra fosse la canzone suonata delle bande a Yorktown, quando le truppe inglesi del generale Cornwallis si arresero a George Washington nel 1781.
LA VERSIONE DI BRETT
Wales crash
Fonti sicure mi assicuravano che nel remotissimo caso in cui il Galles avesse vinto il Mondiale, Cardiff sarebbe andata a fuoco. Beh, Cardiff a fuoco ci è andata oggi per la più clamorosa delle sconfitte giunta al termine di una partita al cardiopalma. Il 38-34 per Fiji, giunto quando i giochi sembravano fatti per i gallesi, è un incudine che cade sui piedi di Jenkins e dei suoi uomini. E’ rosso vergogna, non il solito indossato dai dragoni.
Mai nessuno si sarebbe atteso un fatto del genere. Non è per fare del male, ma affiancare la meta di Dewes alle giocate del Galles anni ’70 sembra davvero una eresia. Con i gallesi i Lions vincevano le sfide contro la Nuova Zelanda. Oggi il Millenium sembra un teatro per tenori senza voce. Per una dinastia in declino. Il Millenium oggi è vuoto.
Il Galles di questo Mondiale ha segnalato tutti i limiti di una nazionale che nello scorso 6 Nations almeno aveva avuto l’orgoglio di battere i nemici di sempre, gli inglesi, per evitare il cucchiaio di legno. Non c’era esperienza che tenesse in campo, nel fresco pomeriggio di Bordeaux. Il Galles si è fatto fregare dalla disordinata frenesia delle Fiji, non abituata a giocare normalmente. Capace di volate lungo tutto il campo e di pasticci clamorosi nel momento di difendersi dalla pressione avversaria. Data una regolata però alla rimessa, gli isolani hanno stravolto tutti i progetti di Jenkins portandosi sul più sorprendente dei 25-3. Solo allora i gallesi si sono ricordati di essere in campo, ma quei 25 punti erano ormai destinati a fare la differenza. Nonostante il gran recupero fino al 34-31 a pochi istanti dal fischio finale. La grande paura sembrava passata. Certo, il risultato non era dei più sicuri, ma da lì all’andare a perdere ce ne passa.
Col cavolo se hai di fronte le Fiji. E l’incubo si trasforma in realtà.
Mancanza di attrito. Placcaggi molli. Chiamate complicate. Poca alternativa ai soliti schemi. Gioco prevedibile e solidità mentale impalpabile. Sono queste le caratteristiche dell’ultimo Galles. Noi ci ostiniamo a dire che due anni fa non era così, che quel gioco sexy e alla mano, ricetta fondamentale per il Grand Slam nella corsa verso il 6 Nazioni 2005, è l’unico modo per dare linfa a questa formazione. Non è un caso che nel momento in cui i gallesi hanno accelerato siano riusciti a ribaltare le carte in tavola. La mischia non è delle migliori, ma i trequarti rimangono rapidi e frizzanti. Tutto inutile, perché se mancano le basi poi la casa crolla al primo soffio di vento.
Nei primi venticinque minuti della partita che in tutto il Galles faticheranno a dimenticare, ognuno andava per conto suo, senza le idee chiare e senza un compagno in sostengo. I placcatori rincorrevano le frecce oceaniche senza allungare le mani alle gambe e portandole a terra. D’accordo che poi hanno ripreso a giocare, ma è quel “ripreso” che è di troppo. Venticinque punti sono un macigno e forse qualcuno nella WRU si sarà svegliato dal torpore. Troppo tari anche stavolta, però.
Rimane il grande mistero: come è possibile che le franchigie provinciali vincano contro le dirette rivali irlandesi e scozzesi nella Celtic League per poi notare un tasso atletico e tecnico minore negli incontri internazionali? Al quale si aggiunge la fatidica domanda: valeva la pena lasciare a casa Gavin Henons, uno di certo poco simpatico, ma che in una formazione così avrebbe certamente potuto fare la differenza? Ed infine: quando tornerà il Galles?
Ps: qui la cronaca dalla Rugbynation
Ps2: il giorno dopo, qui e qui
Ps3: non hanno aspettato che Jenkins desse le dimissioni.
2 commenti:
Pagherà coach Jenkins (fossi in lui mi trasferirei ... a Samoa, dove necessitano di expertise), ma non dovrebbe a mio avviso essere il solo.
E' un Galles che somiglia tutto a Hook, il suo apertura spostato al centro: talentuoso ma fragilissimo. Dove sono i leader in campo? Mi sembrano più preoccupati di venir bene in foto nelle loro planate in meta che della squadra.
Sic transit gloria Celti.
Danny, hai capito tutto. Il paragone con Hook è più che mai azzeccato.
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