TriNation "finals": All Blacks beat Robbie Deans 28 - 24
La "finale" del TriNations davanti ai 50.000+ di Brisbane comincia con la Kapa O Pango come da video, qui non c'è "domani". L'Australia non ha perso, ha vinto Graham Henry. Non è stata infatti la tipica, feroce e sempre lucida determinazione degli All Blacks pur dispiegata in campo: l'ha magnificamente rintuzzata lo spirito di sacrificio e la sublime competenza dei Wallabies. Stavolta la sottile linea rossa che separa a questi livelli trionfo da sconfitta, il giusto dallo sbagliato, l'ha fatta attraversare alla sua squadra la saggia e diciamolo, geniale capacità di coach Henry a intervenire positivamente con un quid che ha rotto gli equilibri in campo, mentre Robby Deans ha rivelato i suoi limiti rimanendo "stick to his plan".
Procediamo con ordine.
A bocce ferme il vantaggio Aussie del fattore campo è equilibrato dalle formazioni: mentre gli All Blacks ripropongono la formazione tipo degli ultimi tre incontri (fatto raro nei molti anni della gestione Henry e non certo per gli infortuni), i Wallabies devono rinuciare a Barnes nel ruolo chiave tattico di centro-seconda apertura, un 5/8th alla rugby league; Deans ci sposta Mortlock a fronteggiare Ma'a Nonu e inserisce Ryan Cross, solido centro "classico" davant allo sgusciante Conrad Smith. Burgess è degnamente rimpiazzato in mediana da Cordingley e il rientro di Nathan Sharpe "copre" l'indisponibilità di Vickerman in seconda linea a fianco di Horwill.
A livello di morale infine, mentre gli All Blacks sono reduci dalla sgambata 101 a 14 con Samoa, i Wallabies avevano sulle spalle la "scimmia" della pesante sconfitta subita a Johannesburg.
Pronti via, i Wallabies svelano subito il loro piano: iniziativa costante, pressione in attacco fatta di verticalizzazioni e le solite, improvvise aperture al largo: avanti, mediani, centri, ali o estremo, sono tutti costantemente alla ricerca del vantaggio, di andare oltre la linea di difesa a stabilire "teste di ponte". Dimenticandosi sovente dei piedi. Appare spiegata la scelta di Deans si portare in panchina ben cinque avanti e due soli "utility back": le sue scelte tattiche comportano battaglia dura, di logoramento là davanti.
Il gioco Aussie produce due punizioni calciabili nei primi dieci minuti di prevalenza territoriale, di cui una sola trasformata da Giteau.
Gli All Blacks pur inizialmente schiacciati nella loro metacampo si difendono con ordine, disciplina e ferocia, sempre predisposti alla controruck ogni volta ce ne sia l'opportunità. Quando s'impadroniscono dell'iniziativa fanno male: la medesima ferocia e velocità delle fasi difensive viene dispiegata addosso ai difensori.
Emerge una chiara superiorità tattica dei Tutti Neri: i piedi di Carter aggiungono una dimensione ignorata dagli Aussie. Al punto che a tre quarti gara la statistica conterà 10 rimesse laterali a favore Aussie contro solo tre per i neozelandesi: i Kiwis respingono i nemici paracadutando palloni alle loro spalle mentre i Wallabies avanzano assaltando la trincea, zaino in spalla.
Prima della fine del primo quarto di gioco, l'altra caratteristica everlasting All Blacks assieme alla ferocia - la spietata capacità di sfruttare il minimo errore avversario - porta in meta Muliaina, lanciato su un errore nell'adeguamento difensivo al largo dei padroni di casa. Siamo sul 3-7 di una partita stupendamente aperta giocata a mille all'ora.
Alla fine del primo tempo finalmente la tattica Aussie produce: meta di Ashley Cooper al largo che si fa strada col fisico, dopo una esemplare azione multifase e calcio di Giteau a lanciare l'ala Hynes dall'altra parte del campo, il quale a sua volta apre al volo per l'inserimento dell'estremo. Al riposo sul 10-7.
Si rientra in campo e la partita non cambia antifona: equilibrio a mille all'ora, con Aussie impegnati in un dispendioso gioco multifasi tutto in verticale e gli All Blacks più diversificati tra veemenza e gioco tattico. Al 45' il sempre positivo Horwill cala in meta l'ennesimo attacco a 10+ fasi: 17-7, la partita è ancora lunga ma s'imbrusca bene peri locali, che certo di benzina però ne stanno consumando ...
La svolta della partita inizia con la superba capacità dei Tutti Neri di sfruttare una fase "rotta" di gioco grazie alla loro polivalenza: alla fine emerge dal nulla il pilone Tony Woodcock in posizione di ala pura e si beve sullo scatto un paio di terze linee e l'estremo! Evidentemente lo sforzo prolungato di una partita tutta corse su e giù per il campo e "testate" (30 ruck australiane a 7 sino a questo momento) inizia a pesare su flanker e centri Aussie.
Siamo sul 17-14, mezzora ancora da giocare, partita di nuovo aperta. E arriva qui la genialata di Henry. Mentre ci si attendeva sostiuzioni anticipate lato Wallabies (nel primo tempo era uscito Palu per infortunio), sono gli All Blacks a rinvigorirsi anticipatamente in prima linea (Afoa e Mealamu in al posto di Sommerville e Hore) ma la mossa innovativa e inattesa è rinnovare tutta la mediana: Weepu per Cowan e soprattutto Donald all'apertura, con Carter spostato al posto di Ma'a Nonu al centro.
Inizia una partita nuova: L'Australia prova a chiudere la gara ma viene fermata a mezzo metro dalla meta, spendendo altre energie. Mano a mano che il tempo passa i Kiwis prendono progressivamente il controllo della gara.: avanti e centri Wallabies logorati devono tener testa ad avanti All Blacks più freschi e soprattutto a un reparto arretrato TuttoNero schierato "alla australiana", con una apertura (Donald) e due centri (Carter e Smith) manovrieri e dalle buone mani e opzioni. Al 61' calano in meta prima Weepu (61') poi Carter (67') pe ril 17-28, su percussioni di Sivivatu e So'oialo.
Coach Robby Deans è frastornato, non muove le sue pedine: completely outbeaten by White, solo al 71' cambierà Elsom con McMeniman e un poco lucido Moore con Freier; too little too late.
Però non mollano; la meta finale di Ryan Cross, una bella prova di forza, è un tardivo monumento alla grandezza di tutti spendidi combattenti Australiani in campo: non cambia l'esito ma ha il merito di rendere il punteggio più somigliante all'equilibrio visto in campo. Finisce 24-28, quattro mete neozelandesi (bonus acquisito) contro tre e un penalty australiani.
La sfida finale del TriNations 2008 è stata un magnifico spot al rugby, il vertice assoluto raggiunto nel 2008 da questo sport a parere di chi scrive.
Chissà con quanta soddisfazione il sinora criticatissimo coach Graham Henry incassa questa vittoria del TriNations (la quarta di fila) e la Bledisloe Cup (che verrà rimessa in gioco a novembre nella sfida finale dell'anno tra le due nazionali a Hong Kong).
Vittoria che porta la firma del vecchio coach dopo l'incerta partenza nel torneo, a fronte di quella che sembrava la più lesta capacità del connazionale Deans a adeguare il gioco australe alle nuove regole.
Forse, chi lo sa, questa è stata l'ultima partita internazionale giocata con le regole "nuove" preferite Sanzar; le tournèe autunnali in Europa si giocheranno infatti con le Elv "limitate" in uso in Europa e poi si vedrà, secondo la piega che la navigazione politica a vista da parte della Irb prenderà in questa fase di interregno.
2 commenti:
contenta per la vittoria tuttanera, anche per il presunto spionaggio australiano
http://forum.sky.it/australia-nuova-zelanda-su-skysport-3-t74717-15.html
Bene anonima, contenti anche noi,soprattutto di un Trinations equilibratissimo e ad alto livello. Sullo spionagggio, mah ... se è vero, chi è senza peccato ... (Deans è neozelandese).
E poi se pure l'hanno fatto, non ci hanno capito nulla: la partita a nostro avviso l'ha vinta la mossa tattica di Donald all'apertura tenedo Carte in campo fatta da G.Henry: l'avran pur provata no?
A meno che non sia stata fatta per caso ... ma non credo: al posto di ma'a Nonu poteva spostare Kahui al centro e far entrare un'ala.
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