Galles-Inghilterra ai punti
Wales 23 - 15 England
(primo tempo: 9 - 8)
Wales: 15 Lee Byrne, 14 Leigh Halfpenny, 13 Tom Shanklin, 12 Jamie Roberts, 11 Mark Jones, 10 Stephen Jones, 9 Michael Phillips, 8 Andy Powell, 7 Martyn Williams, 6 Ryan Jones (capt.), 5 Alun-Wyn Jones, 4 Ian Gough, 3 Adam Jones, 2 Matthew Rees, 1 Gethin Jenkins.
Repl.: 16 Huw Bennett, 17 John Yapp, 18 Luke Charteris, 19 Dafydd Jones, 20 Dwayne Peel, 21 James Hook, 22 Andrew Bishop.
England: 15 Delon Armitage, 14 Paul Sackey, 13 Mike Tindall, 12 Riki Flutey, 11 Mark Cueto, 10 Andy Goode, 9 Harry Ellis, 8 Nick Easter, 7 Joe Worsley, 6 James Haskell, 5 Nick Kennedy, 4 Steve Borthwick (capt.), 3 Phil Vickery, 2 Lee Mears, 1 Andrew Sheridan.
Repl.: 16 Dylan Hartley, 17 Julian White, 18 Tom Croft, 19 Luke Narraway, 20 Paul Hodgson, 21 Toby Flood, 22 Mathew Tait.
Arbitro: Jonathan Kaplan (South Africa)
Sarà stata la carica accumulata in una settimana di critiche o sarà una reale inversione di rotta quanto di veramente buono mostrato dagli inglesi al Millennium? Sarà stata veramente una prova della raggiunta "maturità" gallese come asserito da coach Warren Gatland o nella RugbyNation devono iniziare a chiedersi dove sia finita la loro solita brillantezza d'attacco, la antica maestria nel perforare la linea avversaria?
Quello che doveva essere nelle previsioni una sorta di "massacro di San Valentino" a favore delle forti furie rosse s'è rivelata battaglia apertissima d'altri tempi, appannaggio dei bianchi di Sua Maestà nel conto dei "knock out" di gioco (due mete per gli inglesi a una) ma risolta a favore dei padroni di casa "ai punti" - quindici quelli segnati su punizione da un preciso Stephen Jones, più tre di Halfpenny obice dalla lunga distanza. A parità di stimoli, orgoglio e strano a dirsi, "classe" in campo, ha vinto insomma la squadra più "composta" rispetto a quella che ha mostrato più capacità nel breakdown e iniziativa.
La cronaca:
L'inizio pare orientato secondo le previsioni della vigilia: nel primo quarto di gara i gallesi azzannano al garretto i bianchi inglesi, costretti al gioco al piede per tenerli lontani e alle attività marchio di fabbrica inglese, quelle "borderline" in ruck vòlte a rallentare le ripartenze dei Dragoni intraprese dal veemente Andy Powell, dettate da Phillips ai centri Tom Shanklin e Jamie Roberts o aperte da Stephen Jones al largo.
L'arbitro chiarisce subito l'antifona: fischia ogni indisciplina inglese, Stephen Jones ne approfitta con precisione fino al 9-0; l'arbitro non pago al 15' estrae il giallo contro Tindall reo di un rallentamento di uscita della palla da una ruck abbastanza ininfluente; l'intento di Kaplan è di fornire un severo "primo esempio" per tenere diritta la barra del match.
E' la prima svolta dell'incontro ma paradossalmente va a favore del XV della Rosa.
Innanzitutto Worsley (alla fine Man of the Match) e compagni in seconda e terza linea stroncano ogni tentativo di Powell, Shanklin e Roberts di rompere la linea difensiva e ai gallesi, pur supportati dal pubblico amico in modo positivo (mica a fischi come i parigini con i loro Galletti poco prima), non rimane che campare di rendita sui problemi di "composture" degli avversari.
Dopodichè sale in cattedra l'ex Maori Ricky Flutey: attorno al 20' dimostra dal vivo ai compagni per due volte di fila che la linea gallese non è impenetrabile, al 23' anche Andy Goode ci crede, supera un avversario con una finta di corpo e calcia perfettamente lungo la linea esterna destra. Non c'è match in velocità tra Sackey e le linee arretrate gallesi, è meta in inferiorità numerica. Goode non trasforma ma si rifà dopo pochi minuti con il drop del 9-8 che chiude il primo tempo nel segno del bulldog inglese e delle perplesse grattatine di ponza gallese.
Secondo tempo:
Kaplan ci rifà col suo sigillo alla gara: due minuti e sbatte nella panca puniti anche Andy Goode, reo di affossar palla a 5 m dalla sua linea di meta sulla prima penetrazione "seria" gallese.
La seconda, decisiva svolta della gara costa 10 punti agli inglesi: prima Jones incassa il penalty (sarebbe stata punizione più che sufficiente) e pochi secondi dopo su apertura al largo a destra Leigh Halfpenny mostra di non essere inferiore in velocità a Sackey e che il Galles non ha dimenticato come si sfrutta il "power play" 15 contro 14, fattore decisivo nella vittoria al Murrayfield la settimana prima: siamo sul 17-8, troppo severo per quello che s'è visto in campo.
Gli inglesi non si perdono d'animo, mica sono latini; conservano il pallino della gara grazie a una difesa spietata anche se non sempre correttissima.
Al 52' rientra Toby Flood al posto del punito Goode e Croft in seconda linea al posto del nervosuccio Kennedy. L'apertura che ha sostituito proprio Goode nei Tigers mostra di eseguire il medesimo game plan con più velocità e grinta: i gallesi sono ripetutamente messi in difficoltà, avanti tiene solo Shanklin in termini di capacità offensiva, al punto che Gatland deve rimpiazzare il sempre veemente ma poco lucido Powell.
La supremazia inglese si concretizza al 57' con una bella meta partendo da lontano del positivo Delon Armitage, siamo 20-15 e la partita è riapertissima con tutto l'ultimo quarto da giocare.
Johnson ci crede: quadruplo cambio al 65', dentro le forse fresche di Julian White, Luke Narraway, Dylan Hartley, entra anche Mathew Tait al posto di Sackey in apnea che un attimo prima ha mancato di un millimetro e di un attimo la possibile meta della parità. Invece Gatland evidentemente preoccupato è costretto a rinunciare al suo abituale massiccio turnover di fine gara con l'eccezione del più posato e "garantista" Dwayne Peel rispetto a Phillips in mediana.
Di fronte al pubbilco ammutolito del Millennium ora sono i gallesi a contare i minuti che mancano e gli inglesi a provarci con grinta. Il quinto penalty (sesto in tutto) incassato da Stephen Jones fa tirare il respiro di sollievo ai padroni di casa, mentre quello fallito da Flood a cinque minuti dal termine toglie speranze non energie all'orgoglio inglese.
Commenti:
Coach Martin Johnson mette il dito nella piaga quando accenna, coi dovuti modini, al problema di "perception" che la sua squadra si trova ad affrontare: quattro espulsi in due gare, 11 negli ultimo otto match. Non gli piace dover pagar dazio con la nazionale se il rugby inglese soffre di un problema di "immagine" con la classe arbitrale "Elv-oriented", che ha deciso di intervenire senza tanti complimenti a reprimere quella certa attitudine borderline al rallentamento ostruzionistico in ruck tipica del loro gioco.
Così imparano, verrebbe da dire: alla fine ha vinto la squadra meno fallosa. Chiariamo infatti, le decisioni dell'arbitro John Kaplan sono state fondamentali per chiarire l'intricato garbuglio delle ruck in una partita veemente infarcita di scontri frontali in velocità, in definitiva per garantire uno spettacolo godibilissimo da partita d'altri tempi; chiaro però che diciotto punti su punizioni e venti minuti in inferiorità numerica sono un pedaggio pesante.
"This team is better than they think they are. This is a Test we could have won despite the penalty count if we'd backed ourselves and kept our composure." conclude un rinfrancato ma deluso Martin Johnson dopo la migliore prova della sua gestione: rubbish del tipo "sei il vincitore morale" non bastano a consolarlo.
Coach Warren Gatland dal canto suo loda la raggiunta "maturità" dei suoi: ""I said at half-time we were in a battle and it's about how we respond to it and we did"; capitan Ryan Jones parla di autocontrollo e di "sentire" che se del caso, i gallesi possono contare su "una marcia in più". .
In effetti serve una attitudine diversa per confermarsi al vertice quando tutti t'aspettano al varco, rispetto a quella più garibaldina che fa raggiungere le vette di corsa come l'anno scorso.
Un simbolo di questa attitudine alla sofferenza piuttosto che alla dominanza totale dell'anno scorso è proprio la scelta Stephen Jones titolare fisso all'apertura rispetto al turnover con James Hook: un furetto solido energico esperto forse poco brillante, rispetto all'altro più "estetico" e dotato ma forse mentalmente più fragile.
Rimane l'intrigante considerazione che questo Galles non pare imbattibile pure in casa; questo è un messaggio extra strong per l'Irlanda attesa al Millennium nell'ultima giornata, se saprà confermare i progressi soprattutto "mentali" raggiunti da O'Driscoll e soci, a partire (purtroppo per noi) dalla prova al Flaminio. Una extra-motivazione ai nostri prossimi avversari di cui non sentivamo certo la mancanza..
Nessun commento:
Posta un commento