domenica 1 marzo 2009

Il cucchiaio di legno è nostro di diritto. E Mallett se lo merita


Contro la Scozia, unica squadra abbordabile per noi nel 6 Nazioni, l’Italia era condannata a vincere: ne è uscita con un mezzo cucchiaio di legno. Perché questa nazionale è anonima e paurosamente disarmata. L’esatto contrario della mediocre Scozia che può permettersi, ad esempio, di tenere in panchina un cecchino formidabile come Chris Paterson, quello che con i suoi piazzati ci ha eliminato nello spareggio per i quarti di finale ai Mondiali del 2007. Lo scozzese fa il suo ingresso temporaneo al quinto minuto, al posto di Godman che si fa male ad un occhio: entra, segna sei punti e si risiede. Averne, di gente così, tant’è che ci sblocchiamo solo con un drop che non è messo a segno da un trequarti, ma da un giocatore che sarà pure completo, ma gioca pur sempre in mischia ed è Sergio Parisse.

I nostri attacchi non sono organizzati, vanno a folate individuali e tra i reparti non c’è comunicazione. Anche la mischia, con la quale negli anni passati abbiamo spianato gli avversari e che con il tempo era diventata il punto di forza del rugby italiano, tradisce. Colpa delle nuove regole nelle fasi statiche, osservano in molti: certo sarebbe il caso che lo staff tecnico partorisse qualche idea per rimediare. Ed invece continuiamo a perdere palloni e uno degli elementi base di questo sport, il sostegno al portatore di palla, è sparito. Gli azzurri in questa edizione non vanno nemmeno in meta, sembrano i tempi del tanto criticato John Kirwan: a parte quella di Mirko Bergamasco contro l’Inghilterra, hanno fatto peggio solo nel 2004 con una media 0.4 in cinque incontri. Ironia della sorte, la meta la segna Danielli, che di italiano ha solo il cognome. Mentre in tv si soffermano a discutere se il passaggio di Morris all’ala fosse in avanti (presidente della Federazione Giancarlo Dondi compreso), l’azione mostra un altro limite di questa Italia: maglie larghe in difesa e lo sfortunato di turno che si trova a dover chiudere da solo su due uomini. I trequarti, i più rapidi, non aiutano a coprire e la frittata è fatta.

Il primo tempo finisce 16-3, la partita 26- 6: l’Italia è sterile e si stanca presto nel dare il via a manovre che poi terminano in un nulla di fatto per i soliti errori di gestione e concentrazione. Quando un giocatore ha l’ovale fra le mani, sembra quasi che abbia paura a tenerlo. Dopo pochi istanti si capisce che è un discorso chiuso anche quello con la Scozia. Non bastano gli scatti d’orgoglio solitari, guidati dal solito Parisse: tante botte ma da soli non si va lontani perché il rugby è gioco di squadra. I nostri avversari prendono coraggio e si divertono, giocano veloci e vanno in meta con Gray, servito da un off-load (un passaggio veloce mentre si viene placcati) di Evans: noi queste robe ce le siamo dimenticate.

Dal sudafricano Mallett, che vanta un curriculum eccellente da allenatore nella Francia del rugby champagne, non si attendevano le grandi cavalcate vittoriose, ma almeno di crescere come disciplina e continuità. Ma quando mai. Ed ora ci attendono Galles e Francia a Roma: due batoste quasi certe, con il disperato di augurio di una smentita sul campo. I tifosi moderino i fischi.
Dario Mazzocchi, Libero, 1 marzo 2009

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Speravo di trovare conforto sul blog ma alla fine anche qua ho letto un resoconto sulla cruda verità. Da buon romantico mi aspetto una metà per partita contro Galles e Francia : )


Ale.

Abr ha detto...

Tnxs Ale., anche noi non smettiamo di sperare ma la realta' va descritta per quello che e', pur senza esagerare con le animosita': il rancore del trifoso ferito e' peggio e piu' distruttivo dell'ironia di quelli che si credono i piu' forti - come la stampa anglosassone, che per reazione mi spingono a tifar ... Francia o (meglio) Irlanda.
W Azzurri, risorgeremo.

ringo ha detto...

Caro Ale, fosse per me passerei volentieri il tempo a raccontare quanto mi fa piacere vedere questa Italia. Purtroppo, in questa edizione, non è così. Poi quoto il socio, ovviamente. Può andare male questa volta, ma a noi poco importa. Restiamo dove siamo sempre stati, a fianco del rugby italiano.

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