Passano le Tigri a ciabattate (la versione di Ringo)
Cardiff, Millennium Stadium: Cardiff Blues 26 - 26 Leicester Tigers - Tigers win 7-6 on penalties (First half: 12-13)
Sì, sì, avete letto bene: Leicester vola alla finale di Edimburgo contro Leinster dopo aver battuto i Blues ai calci di rigore. Roba mai vista nella storia, una partita che ha fatto la storia del rugby: gli inglesi si sono imposti sui gallesi dopo la serie di calci piazzati dalla linea dei 22 e il timbro è quello di Jordan Crane, un avanti, un uomo di mischia. Si è presentato sul dischetto con la tranquillità di uno che pare essere abituato a dover centrare i pali della porta di rugby. Tocco morbido, poi ha fatto il verso dell'indiano che annuncia l'inizio della battaglia, ma al Millennium Stadium la guerra era appena finita dopo che nemmeno i tempi supplementari erano bastati.
Match bellissimo, intendendola alla boreale. Grandi scontri in mischia, con Leicester bravissima a ingessare la manovra dei Blues, legati e incapaci di giocare come erano soliti per tutti i primi 40'. Una formazione con Tom Croft piazzato in seconda linea, mentre Cardiff ha dovuto subire l'infortunio di una delle pedine fondamentali, anche lei piazzata in seconda linea, il neozelandese Tito. Dupuy schierato a mediano di mischia è stato il cervello di una squadra che sembra costruita per le partite che contano. Che, insomma, ha fatto quello che Munster avrebbe dovuto fare contro Leinster.
Ecco il riepilogo di sostituzioni e tabellino:
Cardiff Blues: B Blair; L Halfpenny, T Shanklin, J Roberts (C Sweeney 109), T James; N Robinson, R Rees; G Jenkins, G Williams, F Filise (J Yapp 74), B Davies, P Tito (capt, D Jones 9), M Molitika (A Powell 60), M Williams, X Rush.
Tries: Roberts, James.
Cons: Blair (2).
Pens: Blair (4).
Leicester Tigers: G Murphy (capt); S Hamilton, D Hipkiss (A Mauger 46-49; Dupuy 108), S Vesty, J Murphy (M Smith 64-75); T Flood (Mauger 61), J Dupuy (H Ellis 75); M Ayerza (Castrogiovanni 91), G Chuter (B Kayser 60), M Castrogiovanni (J White 51), T Croft, B Kay (M Wentzel 103), C Newby, B Woods (L Moody 73), J Crane.
Tries: Hamilton, G Murphy.
Cons: Dupuy (2).
Pens: Dupuy (4).
Due mete a testa, ma con Leicester che ha gestito a lungo l'incontro, al punto che tutto quello avvenuto dopo sembrava del miracoloso ad un certo momento, quando davvero Cardiff sembrava in balìa di un avversario programmato per uccidere. Il neozelandese volante Hamilton e l'eterno irlandese Murphy hanno portato a casa le due mete grazie al lavoro costante di sfinimento delle guardie avversarie da parte dei loro compagni nel pacchetto di mischia. Bellissima la prestazione del nostro Martin Castrogiovanni, come quella di Ben Kay, spina nel fianco nelle rimesse gallesi. E poi l'impatto del numero 8, Jordan Crane: gambe, potenza, gestione dell'ovale.
Eppure, eppure... I gallesi si sono ritrovati, a venti minuti dalla fine, molto indietro: 26-12, quattordici punti da recuperare, due mete da dover mettere a segno di fronte ad una trincea fatta di soldati pronti a tutto, a gettare l'anima oltre l'ostacolo. Fino a quel punto solo il piede del cecchino estremo Blair aveva tenuto a galla Cardiff, oltre alla lotta in prima linea ingaggiata spesso da solo da Gathin Jenkins, il pilone che volerà con i Lions in Sudafrica mica per niente. Con Tito fuori, la battaglia nel breakdown pareva segnata, ma non va dimenticato che tra le file dei Blues c'è, per esempio, l'eterno Martin Williams. Oltre all'innesto di Andy Powell: uno che poi magari più che altro fa casini, pasticcia un po', ma fisicamente il suo ingresso si fa sempre sentire. Così, con i Tigers in riserva di benzina, senza l'infortunato Tobey Flood - e con di fronte le semifinali di Guinness Premiership - ecco che quel fanciullo di 22 Jamie Roberts, uno dei centri più terribili in Europa, ha preso in mano la squadra e ha lanciato le volate che, nell'arco di cinque minuti, dal 70' al 75', ha cambiato le sorti della partita. Da segnalare poi che i Tigers hanno giocato pure in 13, con i sin bin per Newby e Geordan Murphy. Non da poco.
Pazzesca l'ultima meta, quell'ala dell'ala James: una corsa, un contropiede lungo 60 metri, concluso con la meta nell'angolo sinistro e con Ben Blair chiamato al compito più difficile di tutti: piazzare l'ovale in mezzo ai pali da posizione defilatissima. Una trasformazione accurata, con il compasso: 26-26, inerzia nella mani dei Blues, Tigers ad urlare: O il Piave, o tutti accoppati.
Tempi supplementari: e che vuoi mai? Qui il primo che sbaglia va a casa. Guerra di calci, come ha detto in telecronaca il sapiente Munari ad affrontarsi erano meccanici che avevano spostato macchine fino a pochi istanti prima e che ora avevano indossato i panni di chi si mette di fronte ad una scacchiera. I Tigers avanzano, i Blues rispondono. I Blues incalzano, i Tigers reggono. La fatica monta, palloni persi con Leicester che rischia più del dovuto, ma Cardiff ha i contagiri limitati anche lei a questo punto. Serie di waltzer, torna Castro in campo, Jenkins invece deve tenere botta anche a White.
L'irlandese Rolland fischia dopo altri venti minuti di attesa e si va ai penalties con abbianata sudden death. Morte improvvisa: chi canna, fuori.
Tutto bene e nella norma: i primi dieci a calciare sono quelli che lo potrebbero fare durante un incontro normalissimo, ma poi Johne Murphy non fa centro, per Cardiff sembra fatta. James ha la possibilità di concludere nel migliore dei modi una grande prestazione, ma anche spara fuori. E come accade in queste battaglie, i Blues cedono soltanto quando a cedere è il condottiero Martyn Williams. Il flanker spara fuori, quando ormai gli uomini di mischia sono pronti ad andare a sparare le loro ciabattate. E' al contrario un tocco normalissimo, tranquillissimo e semplicissimo quello di Jordan Crane. 7-6, la logica è tutta qui. Direbbero, nel calcio, la logica della lotteria dei calci di rigore. Nel rugby, è un po' diversa.
Immediati nel dopo partita i commenti per la variante dei calci piazzati. Richard Cockerill (Leicester) lo ha fatto notare senza giri di parole: "Forse gli organizzatori dovrebbero pensarci. Può essere spettacolare, ma è orribile per i giocatori". Da tradurre nel seguente modo: a rugby si vince come si deve, non affidandosi ai calci. Mischia, passaggi, corsa.
"Non è il modo migliore di vincere, ma è certamente il modo peggiore per perdere", le parole di Dai Young, head coach dei Blues.
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