Thank God it's Summer!
Down under world. Proprio qui sta il bello, quando arriva l’estate al Nord e l’inverno al Sud e quelle del Nord scendono al Sud per i test matches. Poi, volle il calendario, stavolta al Sud sono scesi pure i Leoni del Nord, pronti a dover rincorrere gli Springboks per le praterie che una volta furono piegati dai boeri. Prima che arrivassero proprio gli antenati dei Leoni britannici.
I British & Irish Lions faticano, sudano molte magliette, ma alla fine vincono le partite di riscaldamento. Dovrebbe essere giusto così, nel senso che i warm-up matches servirebbero proprio per testare tutti i giocatori a disposizione e capire con quali affrontare il Sud Africa. Ian McGeeghan lo sa bene, d’altronde era a capo di quei Lions che si imposero sugli altipiani nel 1997. Eppure è probabile che stia sudando freddo pure lui, perché poco importa che i Lions abbiano di fronte i Natal Sharks o i Golden Lions: quando i sudafricani impostano il loro gioco al largo, la sofferenza si fa sentire. Ora, proprio dalle parti degli Sharks i dirigenti avevano espresso, alla vigilia dell’incontro di mercoledì scorso, il disappunto per non disporre degli atleti convocati in nazionale. A conti fatti, se ci fosse stati – e se ci fossero sempre, in qualsiasi incontro con le franchigie – probabilmente gli avventurieri albionici avrebbero rimediato qualche sconfitta.
La sconfitta l’hanno rimediata gli All Blacks che, ormai è ufficiale, hanno imparato quale sia il loro gatto nero: in realtà sabato era vestito di bianco, il bianco francese. Dalle parti della Nuova Zelanda l’aria è un po’ cambiata. Nello scorso Tri-Nations Graham Henry era finito sotto pressione ben più che in seguito all’eliminazione del Mondiale di Francia per opera dei francesi nella battaglia disputata sul campo neutro di Cardiff. Era finito sotto pressione perché i suoi avevano perso due partite di fila nel corso del torneo australe. Non sono più quegli All Blacks che a tre – due anni dalla Coppa del Mondo fanno scorpacciata di tutto a mani basse. Paradossalmente, sembrano più pragmatici ora, portati a sperimentare pure loro, anche per far fronte alle assenze. Un caso su tutti: Dan Carter, infortunatosi durante la stagione a Perpignan – Francia, guarda caso – e non con la maglietta dei Crusaders. Segni del tempo che cambia, che non è più quello di pochi mesi fa. Ciò non toglie che la sconfitta di sabato bruci, come l’acqua ossigenata sulle sbucciature più toste.
Al Sud ci siamo anche noi. I Wallabies tirano sempre qualcosa fuori dal cilindro. Ai Mondiali tale giovanotto di nome Barnes chiamato a sostituire Paperoga Larkham, il mediano d’apertura australiano. Il week end ha visto la stella di O’Connor. Uno che porta il cognome irlandese ed è cresciuto nei Western Forces, la formazione di Perth, estremo occidentale del Paese, che per raggiungerlo occorre attraversare il deserto, non può che potersi rivelare un Maverick pronto a colpire quando meno te lo aspetti. Tanto vale segnarsi il nome. Una sola sensazione da qui: com’è che quando l’Italia gioca contro una grande, sembra sempre giocare meglio di quando si deve dare il tutto per tutto per evitare la figuraccia al 6 Nations?
E poi dicono che d’estate lo sport va in vacanza…
UPDATE: a proposito di vacanze (finite), Lions vincenti anche nell'ultima partita di preparazione, quella odierna contro la neonata franchigia dei Southern Kings: 8-20 il risultato finale.
Il 3-3 del primo tempo ha visto due Lions - James Hook e Euan Murray - "eliminati" nei primi dodici minuti dal gioco dei Kings particolarmente ruvido e intimidatorio, anche secondo i laschi standard sudafricani: welcome on the wild side!
Nel secondo tempo un penalty di O'Gara e una fortunosa meta di Ugo Monye (in foto) tranquillizzano gli animi; la meta tecnica per i Lions a 11 minuti dalla fine chiude la partita e quella della bandiera del flanker Mpho Mbiyozo serve giusto per raccogliere gli applausi della folla.
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