sabato 26 settembre 2009

Afl Grand Final



Ogni tanto facciamo incursioni fuori dal rugby union, nel variegato universo degli sport a palla ovale; tanti i flavour diversi, uniti da una comune piattaforma di compresenza di contatto fisico, capacità di raziocinio e di composture (cioè mantenimento di una disciplina).

Sabato (alle 6.30 am CET per gli aficionados, diretta su Eurosport) s'è celebrata a Melbourne davanti al solito centone (di migliaia) di spettatori nonostante un tempo da lupi la Grand Final dell'Australian Football League, il cosiddetto footy o Aussie Rule.
Per chi non lo conoscesse, il footy è lo sport nazionale australiano, una specie di calcio fiorentino o per i meno latini di calcio gaelico, giocato tra diciotto energumeni per parte in un campo da cricket (lungo 180m e largo 150m: quasi quattro volte un campo di calcio), senza fuorigioco e con palla - un ovale prolato di dimensioni intermedie tra quello del rugby e del football americano - passabile in tutte le direzioni e con (quasi) tutte le modalità. Scopo del gioco è calciare o gettare la palla nella porta avversaria, fatta di quattro pali; sono sei punti se la palla passa tra i due pali più interni, uno solo se tra quelli interni ed esterni ("behind"). Per informazioni più approfondite, seguire le telecronache di Luca Tramontin su Eurosport in epoca di campionato.
La Grand Final dicevamo: massimo rispetto, si tratta regolarmente della finale di un campionato a squadre con più pubblico ogni anno al Mondo, con i suoi oltre 100.000 spettatori surclassa regolarmente i Superbowl e le finali di Champions League.
Quest'anno si fronteggiavano i Saints di St.Kilda, Melbourne, la migliore in stagione regolare con un record di 22-2 e i Cats di Geelong, seconda città dello stato di Victoria (lo stesso di Melbourne, l'epicentro di questo sport), finalisti da tre stagioni in fila e sconfitti l'anno scorso.
I primi eran dati per favoriti dai giornalisti sportivi, i secondi dai bookmaker. Hanno vinto i bookmaker, o meglio i Cats per 80 - 68: per la precisione 12.8 (12 goal e 8 behind) contro 9.14 (9 goal e 14 behind).
Qui trovate tutti i commenti e analisi pre e post nonchè gallerie e quant'altro.
Il nostro cenno di commento da avventizi: intensissima partita giocata costantemente testa a testa; Saints nettamente prevalenti fino ai cinque fatali minuti finali nel costruire e gestire il gioco, ma poco precisi in fase di conclusione (il numero di "behind" segnati la dice lunga) e la colpa non e' solo delle avverse condizioni, mentre i Cats sono stati più "cinici" in fase d'attacco, aggressivi in difesa e coi nervi più saldi nei 5 minuti finali.
La difesa di Geelong è riuscita ad annullare quasi completamente il miglior giocatore del torneo, il nr.12 Riewoldt, una sorta di "centro boa" piazzato sotto la porta avversaria, cui la difesa ma anche la pioggia battente hanno consentito un solo "possesso" (mark) in tutta la partita.
La Medaglia Norm Smith che premia il miglior giocatore della finale è andata al pelato Paul Chapman di Geelong, autore di 3 goal e di 26 "possessi", nonchè del goal che ha portato al break decisivo a 5 minuti dalla fine, nonostante abbia giocato per 3 tempi su 4 con uno stiramento.
A proposito di Melbourne e dello stato di Victoria, esso pare destinato a rimanere terra di Aussie Rule e cricket: tornando al rugby infatti, fosche nubi si addensano sul sogno di basarci la quinta franchigia australiana del SuperRugby - oggi il torneo internazionale Super14, then Super15 a partire dal 2011.
SuperVic
, il "sindacato" più accreditato per ottenere l'assegnazione, s'è chiamato fuori non riuscendo a trovare l'accordo con un altro sindacato in lizza, ma forse è stata solo una graziosa scusa per uscirsene indenni.
Dopo nessuna squadra nelle semifinali del Super14, l'ultimo posto della nazionale al TriNations e la sconfitta nel mondiale League, questo e' un annus horribilis per lo sport australiano tutto, vedi Ashes perdute nel cricket. A questo punto la Aru (la federazione australiana) che doveva presentare entro la scorsa settimana la "sua" candidata alla Sanzar l'ente titolare del SuperRugby e del TriNations, ha chiesto una proroga e si sta grattando la ponza perplessa.
Ha colto la palla al balzo il sindacato sudafricano dei Southern Kings basati nel nuovo Nelson Mandela Stadium di Porth Elizabeth, Eastern Cape: ha ri-presentato ufficialmente la sua candidatura per quel 15' posto vacante.
Sei team sudafricani contro cinque neozelandesi e quattro australiani complicherebbero lo scenario del torneo sotto il profilo logistico e degli equilibri, ma dati i tempi e in mancanza di candidature australiane anche in Sanzar si stanno dicendo, piuttosto che niente ..
A riprova il suo Ceo Andy Marinos ha dichiarato: "Sanzar has to make a decision that makes rugby sense and business sense and the Southern Kings fills both criteria", aggiungendo a mo' di giustificazione "dimensionale" che, dopotutto, "There are 74 South Africans playing in the French Top 14 and English Premiership, compared to 20 Australians ...".
Il board Sanzar dovrebbe prendere una decisione entro il 21 ottobre, alla Aru rimane poco tempo per un eventuale "piano B".
Mal comune non fa mezzo gaudio, ma è interessante constatare come 'sta cosa delle "franchigie" ingeneri problemucci vari anche fuori dall'Italia. Con buona pace di quelli che, ispirati dalla classica "vocina" in testa ("italiani, non siamo degni") conclamavano, ma che indegna gazzarra per una franchigia internazionale assegnata o meno, al confronto con la anglosassone trasparenza, serietà e assenza di polemiche mostrate in pari frangenti nell'emisfero australe ... ;)

4 commenti:

Nicola ha detto...

Certamente il SA parte da una posizione di forza negoziale straripante mentre per l'Australia non potrebbero esserci tempi peggiori. Mettiamola così: a mio modo di vedere il possibile naufragio australiano è il risvolto "duro" della meritocrazia anglosassone. Se da un lato anche loro condividono, quando si tratta di creare una franchigia internazionale, problemi simili ai nostri, dall'altro se ora come ora venisse premiata la candidatura SA al posto di quella Australiana si potrebbe sempre dire, non senza ragione, che i risultati contano. Tra l'altro, il fatto che sia stata la ARU stessa a "frenare" secondo me rappresenta un'ammirevole dimostrazione di buon senso. Infine (qui divago un pò, scusatemi) la candidatura di Melbourne aveva sì il sacrosanto obiettivo di diffondere il Rugby Union nallo stato di Victoria, ma se accettata non avrebbe agito a discapito di zone dove lo Union è più radicato. Tutto questo per dire che sì, anche loro hanno problemi, ma sono solo lontani parenti dei nostri. Paradossalmente, se in Italia avessimo (fatte le dovute proporzioni, ovviamente) problemi di quel genere, affrontati con quello spirito, mi sembrerebbe già un progresso. Intendiamoci: sappiamo tutti con chi ce l'avevano quelli che parlavano di "indegna gazzarra" riferendosi alle proteste post-votazione del 18 Luglio...

Abr ha detto...

Beh Nicola, la Aru fa un passoindietro per mancanza di candidati .. e poi ha chiesto tempo.
E' vero piuttosto che lì si trattava di aggiungere e non penalizzare, e questo fa un monte di differenza tra approcci.
Il mio punto è come dici alla fine, stigmatizzare quelli che cavalcano la politica e poi fanno le verginelle, additando i luminosi esempi.

Nicola ha detto...

D'accordo. A proposito, se le cose stessero così e fossero accettati i Southern Kings (che mi lasciano un pò perplesso, sia chiaro) almeno non entrerebbero a discapito di una delle franchigie dell'altopiano, per fortuna. Qui naturalmente salta fuori il tifoso, lo ammetto. Almeno salta fuori in chiave positiva - la gloriosa storia di Orange Free State, Transvaal e Northern Transvaal - e non sotto la forma, negativa, di odio verso questa o quella selezione, colpevole magari solo di vincere più delle altre...

Abr ha detto...

Concordo. Già in S14 comunque le franchigie sudafricane realmente competitive sono due, a tratti tre e non di più. Quante le australiane, un po' meglio mediamente le neozelandesi.
E allora si capisce: l'è principalmente una questione economica, da sempre più gente c'è più bestie si vendono. Vale anche per i celtici.

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