lunedì 19 ottobre 2009

Giochiamo al rilancio

Il Socio per vivere fa un mestiere serio e quindi si permette di scrivere che il presidente Dondi questo blog non lo legge. Il sottoscritto non fa altrettanto e quindi ci è rimasto un po' quando ha letto questa ironica battuta. E quindi, facendosi portavoce anche del Socio - sempre per via del fatto che il sottoscritto non fa un mestiere serio e si appropria anche delle volontà altrui -, ecco che questo blog gioca al rilancio. Alla luce delle prestazioni delle italiane in Heineken Cup. Perché se siamo ancora qui in attesa di capire cosa davvero capiterà al rugby italiano in versione celtica, c'è molta carne al fuoco. In primis, quella prestazione del Treviso su, in terra di Munster. Dove non solo è difficile vincere, ma a volte è quasi impossibile giocare. Vuoi perché Munster è una formazione fatta apposta per dominare in campo europeo (vanta numerosi titolari dell'Irlanda e certi giocatori che con gli All Blacks hanno fatto molto bene); vuoi perché il Thomond Park è una bolgia di tifosi che sostengono e cantano per tutto il match, eccetto al momento di un calcio tra i pali; vuoi perché possono contare su un movimento ben più diffuso e solido di molti altri. Vuoi per tutta questa serie di cose, a Munster è davvero dura scendere in campo, basta dare un'occhiata a quanto segue.





Il Benetton lo ha fatto, sempre con la nuova maglietta che sposta le lancette dell'orologio del tempo indietro - non è un caso, a pensarci bene: profumo di vecchio rugby, non professionistico, ma non per questo meno convincente di quello di oggi, mi si intenda a tal proposito -, costringendo i padroni di casa a passare in vantaggio con una meta spericolata allo scadere del primo tempo, roba che in un'altra occasione agli irlandesi tutti rossi sarebbe riuscita senza fronzoli ed invece, di fronte al Treviso, hanno avuto una buona dose di culo, detta fuor di metafora. Nei secondi 40' la storia è cambiata, come era prevedibile. Ma siccome, come dice il buon Munari, il rugby è una versione epica delle guerre, si sa che alcune battaglie si vincono, altre le si vincono comunque anche soltanto tenendo alta la testa e non lasciandosi travolgere senza proferir parola. I conti si fanno alla fine.
Non significa che il Benetton qui lo diamo come possibile aspirante alle fase ad eliminazione diretta della Heineken: siamo abituati a stare con i piedi per terra e i voli pindarici li lasciamo solo a certa gente di Roma che pensa che per fare una squadra di rugby da mandare Oltremanica basti seguire le regole del calcio pallonaro. Significa soltanto che il presidente Dondi dovrebbe non tanto leggere questo blog, quanto guardare ai match del rugby italiano non con gli occhiali del "questo mi sta antipatico, quest'altro no", dal momento che ricopre l'incarico, per l'appunto, di presidente. Troppo facile andare a Viadana e lanciarsi in certe dichiarazioni, soprattutto se tra il centro mantovano e Parma corre il filo della franchigia per la Celtic League.
Che le nostre squadra debbano apprendere l'arte del tenere botta per ottanta minuti in campo internazionale, lo si sa da un pezzo. Il discorso, giusto per intendersi, vale per la stessa nazionale che spesso perde a testa alta, ma perde. Il Treviso, sabato pomeriggio, ha dato una sensazione diversa: quella che oltre alla voglia di ben comparire, abbia messo in campo - e che campo! - la voglia di far intendere che è in grado di fare belle cose, anche correndo contro tutti.
E' davvero un peccato che in un'altra bella giornata per il rugby di casa nostra, ci si trovi qui obbligati a montare una piccola polemica nei confronti della Fir. Ma dato che stiamo parlando di rugby, la Fir deve pure attendersi che ad un suo placcaggio duro ne segua un altro da chi guarda alla palla ovale da tifosi non sfegatati e non da dirigente all'italiana.
Vedrai, caro Socio, che in certi uffici della Fir ora non ci leggeranno semplicemente perché gli è andato il boccone di traverso.

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