La finalissima di Currie Cup è cominciata sul 24-0 per i Blue Bulls. Non sto dando i numeri, il fatto è che è andata veramente così. Perché a quel punto anche il più prudente degli osservatori si sarebbe sbottonato: è andata, hanno finto Botha e soci (che per soci si intende mezza nazionale sudafricana, gente che in un anno ha vinto tutto). Invece Free State Cheetas (nome bellissimo, Free State) ha avuto ben più che un sussulto di gloria: ha proprio giocato a rugby, cosa che nelle finale boreali non accadde da un pezzo a questa parte. Ed è per questo che gli Springboks dominano in lungo e in largo. Perché giocano a rugby.
Nella sfida di ieri si sono visti applicati i fondamentali di questo sport, compresi i sostegni che le malelingue del Nord davano ormai per bannati in terra boera. Al contrario, la forte reazione dei Cheetas non ha potuto fare a meno della grande grinta usata per forzare i posti di blocco e del fatto che dietro al portatore di palla ci fosse sempre un compagno pronto a fare altrettanto o a creare una maul vagante per il campo. Il sostegno che da parte loro i Blue Bulls non hanno mai scordato negli spogliatoi: perché vale non solo in fase offensiva, ma anche difensiva. E così, sul ritorno degli avversari, hanno saputo tenere botta grazie ad una superbia difesa, capace di contestare qualsiasi ruck e rendendo nervosi gli ospiti, mai così fallosi come in tutta la stagione. E tra un piede e l'altro di Morné Steyn, hanno aggiunto la ciliegina sulla torta al perfetto primo tempo.
Gioco faccia a faccia, grandi placcaggi e grandi ripartenze, tatticismo, ma anche spettacolo. L'ultimo capitolo della Currie Cup 2009 ha sancito la differenza dei mondi. Altro che non juego, le grandi del Nord sono avvertite.
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