mercoledì 13 gennaio 2010

Attivismo sudafricano e Celtic League

Il rugby è sport nazionale ufficiale in Nuova Zelanda e nel Galles, non lo è in Sudafrica solo perchè (fortunatamente) l'era dell'Apartheid è finita senza la nascita di una "nazione bianca sudafricana" indipendente o federata che fosse; altrimenti lo sarebbe anche laggiù, ma l'attivismo internazionale della Federazione Sudafricana (SARU) non è certo quello di una "minnows" e stavolta anticipa la Irb stessa.

Due le aree di lavori in corso in Sudafrica, le decisioni strategiche in corso di elaborazione.
La prima è la decisione rivoluzionaria di ospitare un team argentino e uno namibiano nella Vodacom Cup, la competizione nazionale tra tutte le Unions provinciali, giocata prima della Currie Cup in contemporanea col Super14 e destinata tipicamente a mettere in evidenza giovani leve promettenti.
Se il board SARU darà il suo assenso definitivo, la selezione argentina verrà basata a Stellenbosch e giocherà nel girone Sud della Vodacom Cup, l'anno scorso composto da Sharks XV, SWD Eagles, Free State, Western Province e Border Bulldogs; mentre i namibiani da casa loro parteciperanno al girone Nord, dove l'anno scorso c'erano Blue Bulls, GWK Griquas, Platinum Leopards, Golden Lions, Pumas, Griffons e Valke.
Un bel modo di metter cappello politico - e visionare i migliori - in previsione di Super15 prossimo venturo e dell'estensione del TriNations.

La seconda area di lavoro "politico" della SARU, ne abbiamo già riferito e ora riportiamo che in Sudafrica insistono, è in Europa, collidendo parzialmente con i disegni italiani.
Il boss della Saru Oregan Hoskins sta continuando infatti i suoi colloqui col Board della Magners Celtic League per "piazzare" nel campionato dei sogni (di alcuni ma non di tutti gli) italiani la neonata e appoggiatissima super-franchigia dell'Eastern Cape, i Southern Kings di Porth Elizabeth, esclusi dal futuro Super15 australe a favore dei Melbourne Rebels.
Mr. Hoskins ha definito i colloqui coi vertici Celti "incoraggianti".

Di questo nessuno parla in Italia, pur risalendo i primi annusamenti tra Celti e Sudafricani alla stessa epoca (prima del 2004) di quelli con gli italiani: non è una boutade e basta insomma.
Assieme al mantra "ve l'avevo detto io che je tutto sbajato je tutto da rifà", per la critica locale l'unico tema caldo alla vigilia delle decisioni sulla nostra partecipazione alla Celtic League è l'ultimo "rilancio" celtico: ci avrebbero richiesto prima a due e poi dice cinque milioni di euro in nuovo sponsor e diritti tv, il tutto per entrare con due squadre in un campionato che sinora ha racimolato dalla Magners meno di un milione l'anno da dividere in tre.
Alla luce di ciò i più continuano a intonare il refrain "siamo piccoli e neri": hanno alzato la posta perchè non ci vogliono e han ragione, siamo inaffidabili, troppi i casini ed errori geopolitici nella selezione delle franchigie.
A fianco di questa s'affaccia anche l'idea o la speranziella che si tratterebbe solo di un bluff per alzare il prezzo e che i Celti scenderanno alla fine a più miti consigli. Lo fa capire ad esempio Melegari, presidente degli Aironi e Viadana, dichiarando il suo ottimismo basato in sostanza sul fatto che la sua franchigia, sulla carta più discussa, "sarebbe a posto" con tutte le richieste economiche e logistiche esplicitate sinora e che il resto, se c'è, riguarderebbe solo la Fir.
Noi invece nella nostra infinita miseria e distanza dalle sacre aule, azzarderemmo una terza ipotesi.
Essa prende ispirazione dalle notizie sudafricane e da un fatto bellamente ignorato dalla critica: la "povertà tecnica" del rugby italiano è vera ma con una significativa eccezione, grande è il rispetto che la Benetton s'è guadagnata quest'anno in Europa. Anche l'aspetto logistico di Treviso è considerato "a posto", con buona pace di quelli che "la grande città": aggirarsi nel raggio di 25km da Venezia attizza i Celti, lo han sempre detto.
Ii Celti invece rimarrebbero perplessi dall'altra franchigia presentata dalla Fir, gli Aironi del Po che fa tanto Bacchelli, ma la soluzione non è la loro sostituzione con Praetoriani, Duchi, Lupi, Fringuelli, Camosci e nemmeno una Selezione Nazionale. C'entra poco il dove, il fatto è che non si può allestire oggi una seconda squadra italiana competitiva senza il rientro di giocatori italiani dall'estero, operazione economicamente proibitiva anche per la Fir stessa.
Forse allora qualcuno lassù dopo le visite di Oregan Hoskins, sta immaginando per il bene della League e anche paradossalmente degli italiani, una espansione della Celtic in Italia MA ANCHE verso il Sudafrica, invitando Benetton Dogi e Southern Kings.
La buttiamo lì così, un puro esercizio della nostra fantasia nell'orecchiare news non solo dall'Europa.
Nella realtà lo scenario più probabile e non escudente quanto sopra detto, ci pare pur sempre il rinvio al dopo Coppa del Mondo 2011 - effettivamente e Dondi a parte, che senso avrebbe partire prima? Come si dice, vedarèm, speriamo a breve anche se sospettiamo che le performance nel duplice turno di Coppa e ancor più nel Sei Nazioni potrebbero essere attese e valutate all'uopo. Per intanto, piaccia o meno ad alcuni, sottolineiamo ancora che a far schifo in Europa non è "tutto il rugby italiano a livello di club": non tutto. Indipendentemente dalla popolazione comunale.

3 commenti:

Abr ha detto...

Un "autocommento" a questo post: è una IPOTESI, personale certo.
Per chi non l'avesse inteso, è una ipotesi per mettere in rilevo due notizie dal mondo, che nessuno in Italia ha sottolineato granchè: l'interesse sudafricano a piazzare i SK in Celtic e il rinnovato rispetto europeo per la Benetton.
Obiettivo: smetterla di guardarci l'ombelico e dirci quanto piccoli e neri saremmo noi italiani (o meglio, quanto lo siano quelli che non sono della nostra medesima parrocchia) o sparacchiare bambinate su quanto sarebbe bello se bastasse rompere il salvadanaio per pagarci una o due selezioni nazionali.

Ora, a leggere i commenti da parte di certuni in certi forum, vien da chiedersi, ma che è?
Nel medesimo forum qualcuno tempo fa lanciava un grido 'allarme: opponiamoci con ogni forza alla "calcificazione" del tifo nel rugby, c'è da aver timore che sia troppo tardi.
Noi nonostante tutto rimaniamo dei MAVERICK, che vuol dire bestioni tosti che non temono di avventurarsi in terreni poco praticati lontano dal branco.

Scusate lo sfogo, ma tra rugbisti ci si placca subito.

Anonimo ha detto...

Amen!
;-)

Abr ha detto...

Crouch, touch, pause ... engage! ;)

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