venerdì 28 maggio 2010

Rugby e razzismo

La notizia viene dalla Nuova Zelanda e la sensibililità all'argomento nei paesi anglosassoni Down Under la sta facendo diventare una bomba.
Andy Haden, grande campione attivo tra il 1972 e il 1985, ex capitano dei Crusaders con 117 caps All Blacks, ha rivelato una politica segreta di selezione razziale presente nella franchigia neozelandese, vòlta a limitare i giocatori "darkies" (sic) schierati a un massimo di tre; brutto colpo per l'immagine della squadra, una sorta di Manchester United del rugby per palmares, campioni e tifoseria sparsa nel mondo, ma anche per quella dell'intero Paese prossima sede dei Mondiali, in cui il rugby è sport nazionale e che ci tiene più di altri alla political correctness.
Del resto i nervi scoperti nelle ex Colonies amplificano certi argomenti fino al parossismo.
Poco importa che Haden abbia chiarito che la regola Crusaders, se così vogliamo chiamarla, non riguarda(va) giocatori Maori, cioè i nativi neozelandesi ma solo gli Isolani del Pacifico, risultando quindi più che razzista, una sorta di limite autoimposto all'import di giocatori stranieri. Oramai il tamtam mediatico è partito e se la parola "razzista" fa un gran bel titolo, il concetto di selezione sulla base del "Paese di formazione" invece no - anche se con tale denominazione molte orecchie inizierebbero a fischiare quassù in Europa Continentale ...

Sta di fatto che non solo i Crusaders ma anche la Federazione NZRU per bocca del suo Ceo Steve Tew si sono affrettati a negar tutto, dando sostanzialmente del matto ad Haden e mettendo in discussione la sua presenza nel panel di sei Ambassador selezionati per presentare i mondiali.
Haden imperterrito insiste; guarda caso, nella semifinale Super14 persa la scorsa settimana dai Crusaders coi Bulls all'Orlando Park di Soweto (altro bel luogo simbolo per il concetto di razzismo), gli Isolani Pacifici schierati eran proprio tre: Kahn Fotuali'i, Robbie Fruean e Ti'i Paulo.

Vedremo gli sviluppi di questo outing dallo strano tempismo e i suoi eventuali "rimbalzi" nel sedicente baluardo ai razzismi, il Paese Arcobaleno prossma sede dei mondiali di calcio.
Ricordiamo che giusto un mesetto prima, il solito ineffabile Mr. Stofile ministro per lo Sport in Sudafrica ed attivista dell'ANC, aveva rivangato la vecchia storia dell'ospitalità offerta dalla Nuova Zelanda agli Springboks sudafricani in tempi di boicottaggio mondiale, quando i suoi compatrioti sportivi erano a suo dire "una espressione dell'Apartheid razzista", pretendendo dopo un ventennio una nuova rata di scuse ufficiali dai neozelandesi.
Di solito si tratta di polveroni sollevati con scopi interni, nel Sudafrica che quindici anni fa attuò un regime change a una situazione decisamente più politically correct, ma che ha spazzato via il predominio di una minoranza con una per molti versi altrettanto odiosa dittatura della maggioranza col contorno di corruzione, violenza e povertà, il tutto messo in luce dalle classiche e abbondanti in questi casi dosi di culto delle personalità, di suadente ipocrisia e di falsi entusiasmi.
Il polverone interno è dovuto al fatto che la famigerata Transformation, che significa forzare il rugby verso un "dosaggio etnico" meno limitato alla componente bianca e più consimile alle distribuzioni di popolazione nel Paese (si era arrivati alle "quote" nelle squadre: questa sì un chiara misura razzista!), avrebbe conosciuto una decelerazione dopo la nomina di un commissario tecnico relativamente poco qualificato ma nero. Anche la piattaforma per la recente rielezione di Oregan Hoskins a Ceo della Federazione sudafricana di rugby SARU ha guarda caso posto l'accento sull'imprimere una rinnovata accelerazione alla Transformation.
Gli è che coach Peter de Villiers s'è rivelato dotato di molto buon senso e furbizia, ivi inclusa la parte relativa alla comunicazione, dove sta giocando la parte dell'impertinente e provocatorio Mourinho australe. Nella realtà ha compreso che nello sport come nella vita, visibilità e risultati sono condizione necessaria ( ancorchè spesso non sufficiente) per rimanere a galla, ed essendo nero nessuno lo può accusare di razzismo; quindi seleziona i suoi Springboks principalmente sulla base delle capacità e non del colore della pelle, irritando non poco i razzisti al contrario alla Stofile, che sono costretti dal suo colore (e dalla propria logica profondamente razzista, ancorchè all'incontrario) a giocare di rimbalzo.

Da cui le scuse richieste ai neozelandesi per vent'anni fa o le diatribe per rimpiazzare una delle cinque franchigie sudafricane nel prossimo Super15 con gli allineatissimi e razzialmente impeccabili Southern Kings: operazione complicata dalle buone performance di quest'anno, incluse quelle della franchigia "bianca" del Free State, i Cheetahs, e dal disastro combinato da quella "più nera" di tutte, i Lions, sconfitta 13 volte su 13 incontri. Siamo curiosi di vedere come ne usciranno i politicanti sudafricani, campioni mondiali di suadenti scuse furbette e di political correctness.

Il rugby in effetti non smette mai di stupire per le sue implicazioni "politiche".
Ne vedremo qualche pallido riflesso anche qui in Italia, al prossimo Consiglio Federale di sabato, dove uno degli argomenti all'ordine del giorno è la diatriba sugli "oriundi", quel centinaio circa di giocatori di formazione rugbistica non italiana, presenti a tutti i livelli, spesso dotati pure di passaporto nazionale e installati con tanto di famiglia da anni e anche decenni nel BelPaese, che secondo le nuove norme stabilite dalla Fir perderebbero la possibilità di giocare nei campionati italiani.
Ci rendiamo conto che per un anglosassone come Mallett il concetto stesso di "oriundo" risulti incomprensibile, ma dato che a quanto pare gli sforzi della nazionale verso "l'equiparazione" di talenti mancanti e dal passaporto straniero non rallenta, ci sembrerebbe più corretto privilegiare chi risieda qui da tempo (jus soli), chi vanti solide ascendenze Peninsulari (jus sanguinis) o meglio di tutto chi sia cittadino italiano, rispetto a cognomi polacchi con nonna italiana con residenza e passaporto francesi, tanto per fare un esempio a caso su una delle recenti "fisse" dei Selezionatori Fir, per fortuna caduta nel cortese rifiuto.
Ma tant'è, siamo anche qui curiosi di capire come ne usciranno i capintesta federali: dal basso della nostra inesperienza, la scusa che i campionati italiani tutti sarebbero "semipro" e quindi le norme sulla libera circolazione dei lavoratori non sarebbero applicabili, ci pare francamente risibile, quanto far passare per co.co.pro. uno che timbri il cartellino e abbia un capo in azienda da qualche anno.

Lo stesso problema ci pare latente nelle due franchigie celtiche, obbligate dalla Fir a un del tutto unfair limite di 5 "stranieri" nel roster, considerando stranieri atleti formalmente italiani ma formatisi sportivamente altrove; nel mentre le avversarie dirette han limiti più alti (otto) e fanno distinguo solo tra Comunitari e non, inclusi atleti di Paesi che han stipulato nel tempo accordi sulla libera circolazione dei lavoratori con la Comunità Europea (Sudafrica, Isole del Pacifico, Paesi del Commonwealth etc.). Non ci siamo. Per adesso nessuno protesta formalmente, ma trattasi di altra mina a miccia corta innescata sotto le scrivanie della Fir.

2 commenti:

Nicola ha detto...

Davvero splendido il suddetto limite, peraltro difeso a spada tratta contro eventuali deroghe, sia pure temporanee, da sedicenti "esperti" che hanno minacciato di "mangiarsi viva" la FIR se avesse ceduto su tale fronte.
Ne è risultato l'ennesimo caso di pressapochismo massimalista per il quale andiamo giustamente celebri, si veda al riguardo la pessima abitudine di recepire (per dirne una) le direttive UE in qualsiasi campo nel modo il più rigido possibile, spesso inasprendo le normative, rendendole più stringenti di quelle cui sottostanno i nostri maggiori competitors continentali.

Abr ha detto...

Parole sante, tutte, Nicola. Ai cittadini italiani nati all'estero e/o ai lavoratori stranieri discriminati, non resta che il ricorso ai tribunali: un rigore a porta vuota, credo.
La Fir allora ringrazierà i suoi esperti.

Recent Posts


Latest Rugby Headlines


Championships

Rugby Values

rugbyboots.net

rugbyboots
We take a look at all the rugby boots on the market, show you the best for your position, the conditions and whether it is rugby union or rugby league you need the boots for.

Rugby news from Scrum.com

Rugby World News

Premiership News

SuperSport.com News

Eurosport - France

SudOuest.fr - rugby

Il Rugby in Italia (via RugbyCS)