Chris Horsman ha trascorso tanti anni sui campi da rugby tra allenamenti, partite, ritiri, tour e Test Match. Poi ha dovuto abbandonare per colpa di un infortunio, come accaduto in questi giorni ad un collega di reparto, Michael Owen, alle prese con un ginocchio che proprio non ha voglia di tornare a posto. Horsman, pilone nato a Bristol ma "naturalizzato" gallese per dimora, ha indossato la maglia dei dragoni rossi in 14 occasioni prima di ritirarsi un anno fa, alla fine di giugno 2009, per guai alla schiena e al collo, a 32 anni. Da allora la sua vita è cambiata e l'ha raccontata a Simon Roberts, reporter del Western Mail.
Prima c'era tutta una tabella di marcia da seguire con orari e luoghi dove farsi trovare pronti; c'era una dieta da rispettare il più possibile per rimanere in forma; giorni intensi scanditi dalle sessioni di allenamento e dalla vita all'interno di un club. Lontano da questo mondo evidentemente non è così facile tanto che il pilone chiede ai club e alle federazioni di prestare maggiore attenzione ai giocatori che lasciano. A fare da contorno al personaggio, una doppia sfida vinta contro il cancro alla fine degli anni '90 che gli aveva regalato una notorietà non piacevole. E ancora: ha sofferto di dislessia, faticando a scuola, e ha avuto a che fare con la polizia quando vestiva i panni di un giovane bullo.
E' tutta una questione di disciplina, fa intuire. Fuori e dentro dal campo. Al punto che, una volta chiusa la stagione di professionista, bisogna imparare l'ultima lezione, quella di sapersi adattare ad un nuovo capitolo. Uno dei segreti sta nel non gettare all'aria i risparmi, anche se non si dispone dell'ingaggio di un Carl Hayman, pari a 350.000 sterline l'anno. "Il rugby mi ha dato tutto e ha cambiato la mia vita", racconta Horsman. Ma allo stesso tempo "passi dall'avere ogni cosa fatta da altri per te e dal sapere dove farti trovare e quando ogni giorno al ritrovarti per conto tuo". Per questo motivo tanto i club quanto le Unions "devono pensare a ciò che accade agli ex giocatori dopo che si sono ritirati": c'è chi va in pensione ad una ragionevole età e chi, al contrario, deve smettere a soli 28 anni, come nel caso di Owen.
Nei periodi di magra si finisce per rivivere alcuni momenti memorabili, come giocare con il Galles al Millennium Stadium, o a gente con la quale si è dato battaglia, come Adam Jones, con il quale Horsman formava la coppia di piloni della nazionale.
Un modo per stare in contatto con un passato nemmeno troppo lontano comunque c'è: la carriera da arbitro, ad esempio. "E' un modo per rimanere nel gioco. Voglio rendere qualcosa e, da ex atleta, capisco le frustrazioni dei giocatori. Posso vedere che cosa una squadra sta cercando di fare e il modello di gioco che intende costruire. Mi da una sincera comprensione di ciò che i giocatori vogliono da un arbitro".
A proposito di arbitri, ce n'è anche per Jorge Larrionda, il giudice di gara dell'Uruguay che ha negato il gol di Lampard all'Inghilterra contro la Germania: "E' stato disgustoso. Disorienta il fatto che il calcio - lo sport più ricco al mondo - non si affidi ad una tecnologia sulla linea della porta. Nel rugby c'è il video referee e ho sempre pensato che aggiunge dramma e tensione mentre sei in attesa di sapere se è meta o meno".
1 commento:
La LNR - la lega delle squadre professionali francesi ha una sezione apposita "La vie apres le Rugby"...
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