martedì 6 luglio 2010

"Sono tutte storie del passato"

Il Mondiale di calcio sudafricano va terminando -mentre il coach nazionale (di rugby) Peter de Villiers confessa di esserne oramai "bothered".
Abbiamo già fatto cenno su RightRugby all'evento sportivo del 2010, riproponendo un articolo "di costume" dalla grande stampa, che stigmatizzava qualcosa di noioso - le vuvuzelas - e sottolineava la differenza tra il calcio apparentemente più aperto e democratico, con lo sport che amiamo, forse più conservatore ma certamente meno conformista - vedi le antidiluviane polemiche su arbitri e tecnologie che ancora affliggono quel "giuoco".
Quell'articolo non la spiegava così, piuttosto faceva leva su certi luoghi comuni sul Sudafrica, forse per tagliar giornalisticamente corto.
A proposito di clichè, c'è un altro mantra propalato a Reti unificate Rai & Sky fin che è durato: "Tutto il Continente Nero a tifare per i fratelli del Ghana".
Traduciamo allora a mo' di spunto un articolo di qualche settimana fa sul Wall Street Journal, a firma John Miller e Matthew Futterman. L'abbiamo scovato dopo aver visto il fiume di maglie arancione che si riversava allo stadio per la gara dei quarti di finale Olanda - Brasile: possibile siano tutti turisti? E a Porth Elizabeth, lontano dagli Altipiani, non ci ricordavamo ci vivessero tutti 'sti Boeri.
L'articolo circumnaviga le risposte scontate e ci racconta come il grande e rivoluzionario messaggio di Nelson Mandela - riconciliazione e memoria - si sia fatto strada e venga praticato dalla gente, lontana da visioni miopi e furbette cui siamo oimè familiari, del tipo: "han vinto i buoni ma occorre vigilare, gli "-isti" (razzisti, fascisti, linotipisti etc.) son sempre in agguato".


Il Sudafrica ha perdonato gli Olandesi
BLOEMFONTEIN, South Africa - Da quando la squadra di casa è stata eliminata dalla World Cup, il pensiero allineato ha ritenuto che il suppporto della gente si sarebbe diretto verso il Ghana, l'unica squadra del Continente Nero rimasta nel torneo. Di fatto invece una percentuale molto grande di Sudafricani è dalla parte dell'Olanda.
Parte di quel supporto arriva ovviamente da bianchi di discendenza olandese come Merietjie Serfontein, presente alla prima partita dell'Olanda nel suolo Sudafricano per tifare per gli Oranje "Non tutto il Paese tiferà Olanda - forse solo il 99% - ha dichiarato.
Curiosamente, la gran massa dei tifosi arriva dai neri sudafricani, la cui lunga storia di oppressione nel Paese deriva soprattutto dai coloni di origine olandese e dai loro discendenti. Dal momento del calcio d'inizio della prima partita degli olandesi con la Danimarca —una vittoria per 2-1 —la squadra ha potuto godere degli hurrahs in uno stadio riempito per la maggior parte da neri sudafricani.
"Sono tutte storie del passato" afferma riguardo all'apartheid Melanie Grobbelaar, una nera sudafricana di 28 anni, mentre lei e suo marito Daniel guardano la prima partita.
Residente a Johannesburg, Ms. Grobbelaar ci ha detto che stava dalla parte dell'Olanda perchè due suoi giocatori sono dell'Arsenal, il suo club inglese preferito.
Anche Clive Solomon tifa per l'Olanda. 62-enne, Mr. Solomon è abbastanza anziano per ricordarsi bene le indegnità che i sudafricani di pelle scura soffrivano da parte degli oppressori di lingua olandese. I neri non avevano diritto di voto, nessuna possibilità di crescita economica e nessuna libertà se non nelle aree a loro destinate, dove il 75% della popolazione affollava l' 8% del territorio del Paese.
Nel caso di Mr. Solomon's c'era anche una ingiustizia peculiare: malgrado fosse probabilmente il miglior calciatore sudafricano dei suoi tempi - o di tutti i tempi - non gli fu concesso di giocare nella Nazionale Sudafricana, i Bafana Bafana, perchè era un "colored" cioè un mezzosangue. "Noi giocavamo con le squadre nere della regione ma non potevamo giocare con quelle dei bianchi" dice, mostrando il campo in cui giocava. Eppure Mr. Solomon farà il tifo per l'Olanda (...). "E' la mia lingua e cultura", afferma. "Inoltre, mi piace il loro stile di gioco". (...)
Il calcio in particolare è stato usato come ponte razziale. Un po' come il baseball desegregò prima del resto dell'America, il calcio ha aiutato a velocizzare la scomparsa dell'apartheid.
Negli anni '70 e '80, il calcio precedette la società sudafricana nella desegregazione razziale,
spesso perchè i team neri proponevano il gioco migliore. "I calciatori bianchi volevano giocare nei campionati migliori, così entravano nei club dei neri", afferma Steven Bloomfield, autore del libro "Africa United: Soccer, Passion, Politics and the First World Cup in Africa". "Il calcio fu uno dei primi luoghi dove sudafricani bianchi e neri potevano stare assieme da eguali". (...)
Per alcuni neri, ovviamente la lingua e la cultura olandese rimangono troppo associate al ricordo dell'apartheid per andare ad acclamare l'Olanda. Meglio il Brasile, più affermato e con gli stessi colori gialloverdi o il Ghana, l'unica nazione africana superstite al Mondiale 2010. "Faccio il tifo per il Brasile, sono i migliori" dice Chris Kholotete, 52-enne infermiere nero di Soweto mentre va con la moglie a vedere una partita.
Tutto considerato, i legami tra Olanda e Sudafrica - lingua, cultura, storia, e ammirazione per l'alto livello del calcio europeo - sono sufficientemente profondi per aver spesso fatto sentire gli olandesi a casa qui, e potrebbero provare lo stesso nel proseguo del torneo.

E ci sono anche capisaldi bianchi che sono appassionatamente Olandesi. E' "la nostra lingua e cultura" dice Melinda Dekker, direttrice del Museo della Provincia del Free State, un caposaldo dei sentimenti pro-olandesi, chiamato Stato Libero dell'Orange fino al 1995 e in cui esiste una cittadina di soli bianchi Afrikaner chiamata Orania.

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