Due vicende tengono banco down under: di mezzo ci sono i soldi e le guerre diplomatiche tra Union e club. Da una parte c'è Quade Cooper che sarebbe disposto a lasciare il rugby versione Union in Australia per rimanerci, approdando però al più popolare (laggiù) Rugby League, mettendo così a rischio la sua avventura mondiale; dall'altra c'è Mister Bombarda, Francois Steyn, che dice di essere disposto anche a morire in campo per la sua nazionale, il Sud Africa, ma contro gli All Blacks non ci sarà perché bloccato da un infortunio non ben documentato. Notare bene: Steyn gioca in Francia con il Racing Metro, allenata da quel "farabutto" di Pierre Berbizier, uno che in quanto a scaltrezza, furbizia e a spirito polemico non è secondo a nessuno. Come ogni mediano di mischia transalpino che si rispetti.
L'ex ct dell'Italia, quando era sulla panchina azzurra, non nascondeva l'insofferenza per via delle società di turno che rallentavano le partenze dei convocati in vista di Test Match o del 6 Nazioni: quando è tornato a fare il manager di club, ha adottato la strategia dei nemici. Guarda caso, Steyn è ufficialmente infortunato e quindi indisponibile per gli Springboks. Malignità? Supposizioni? Gossip? Macché: anche questo è sport, anche questo è rugby, soprattutto da quando circolano i soldi. Che non vuol dire che lo spirito del gioco sia andato a farsi un giro, ma semplicemente che le complicazioni apportate dal professionismo passano anche per di qua. Tanto che in Sud Africa, dove provano a guardare ai fatti senza affidarsi al provincialismo, il dibattito c'è e si fa sentire. Il bel ragazzotto con un piede che sembra un mortaio a lunga gittata è solo l'ultima vittima di quella guerra che impazza tra federazioni, campionati stranieri o non, club e rispettive nazionali? C'è poi l'altra storia dell'estate, quella di Cooper. Talentuoso, fisico, atletico: uno di quei giocatori che ormai è richiesto dal Total Rugby che si vede ai piani alti. E non a caso è un aussie che sa bene quanto facciano gola gli inviti della NRL, la lega a 13. Stiamo pur sempre parlando di Australia, dove la variante del classico rugby a XV così tanto variante non è, se consideriamo il peso specifico del torneo: basta dare un'occhiata ai post e ai video che settimanalmente pubblichiamo grazie ai corrispondenti Simone Martellucci e Matteo Visonà. John O'Neill, chief executive dell'Australian Rugby Union, ha dichiarato che non se la sente di fare la guerra a colpi di offerte per trattenere Cooper dal passare alla Rugby League. Ieri il Ceo ha fatto visita ai Wallabies sul campo di allenamento, ha chiacchierato con il mediano d'apertura e a cercato di convincerlo a restare. Si è detto fiducioso, certo che verrà raggiunto un arrangement che faccia del bene al 22enne non solo come giocatore ma come persona, dal momento che è chiaro che la nazionale punta su di lui. Però dai Parramatta Eels sarebbe pronti 600.000 dollari australiani, pari a 420mila euro. All'inizio si parlava addirittura di 850.000 dollari, vale a dire 595mila euro. Niente a che fare con i milioni del calcio, e ci mancherebbe. Ma sono un bel gruzzolo.
E allora è tutta una questione di soldi? Non esattamente. Semplicemente, così vanno le cose. Ci sono tante variabili da prendere in considerazioni, pure quelle geografiche. Che vanno dal giocare in Francia da sudafricani o dall'essere un australiano che potrebbe calzare a pennello in una formazione di XV o 13 persone, in una parte del mondo dopo l'ovale a tredici è quasi una questione di stato - sportivo. Piaccia o meno, bisogna farci i conti.
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3 commenti:
gli Eels hanno un bisogno disperato di un'ottimo half-back, quest'anno è stato il loro punto più debole con Mortimer, incapace di creare qualcosa di qualitativamente elevato a livello di attacco; qualcuno però sta storcendo il naso, con tutti quei soldi è possibile che vadano sopra il salary cup, anche se gli Eels dicono ch nn c'è pericolo perchè per il prossimo anno intendono mandare via parecchi giocatori(ed alcuni si ritirano)...
@Faggy86: grazie per l'appunto tecnico-tattico ;)
prego è un piacere!
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