Si fanno strada, a colpi di spallate
A furia di spallate, il rugby si sta facendo largo tra il pubblico italiano. Lo testimoniano le cifre: nel 2009, secondo una ricerca dell’Ipsos, in 14 milioni si sono dichiarati interessati a questo sport, mentre 6 milioni hanno detto di aver assistito alle partite della Nazionale allo stadio o dalla poltrona di casa.
La conferma adesso arriva anche dai due club che partecipano alla Celtic League, assieme a squadre gallesi, irlandesi e scozzesi: dopo le prime sei giornate, la Benetton Treviso ha avuto una media di 4.950 spettatori a partita, gli Aironi di Viadania (Mn) di 4.253, piazzandosi rispettivamente all’ottavo e al nono posto in un gruppo di dodici società. Ma per incrementare il successo di pubblico ora i club italiani devo puntare anche sul marketing.
Anche se i numeri apparentemente potrebbero sembrare spiccioli, soprattutto se paragonati con quelli del calcio o con quelli degli avversari stranieri, il successo di pubblico che stanno riscuotendo in Celtic League la Benetton Treviso e gli Aironi di Viadania (Mn) è tutt'altro che povero. Circa 4.950 spettatori a partita per i veneti e 4.253 per i lombardi, valgono l’ottavo posto per i primi e il nono per i secondi nella classifica delle squadre più seguite tra le dodici società che partecipano alla prestigiosa competizione internazionale.
Per capire il risultato serve fare i conti con le capienze degli stadi dei due club italiani: quello di Monigo, dove fino a ora il Treviso ha giocato quattro incontri, può contenere fino a 6.700 posti, mentre lo “Zaffanella” di Viadana, quartiere generale degli Aironi, ha una capienza di 5.500 posti. Non solo: il calendario della Celtic prevede partite in orari diversi dalle abitudini italiane, come quelle in programma alle sette del venerdì sera.
Nella particolare graduatoria, alle ultime posizioni ci sono le squadre di Edimburgo e Glasgow, città che hanno ben altro bacino di utenza rispetto alla città veneta o alla cittadina mantovana che sorge a due passi dal Po. Comanda il Leinster, di Dublino, con addirittura 33 mila spettatori: una cifra viziata dal fatto che la squadra risultava come formazione di casa nel caldissimo match contro il Munster al nuovissimo Aviva Stadium, casa della nazionale irlandese di rugby. Un incontro da record, giocato davanti a 50.645 spettatori.
Al contrario, il campionato di eccellenza, massima espressione agonistica di casa nostra, rimane a crogiolarsi nel solito brodo, con all’incirca 1.600 spettatori per partita. Domenica 24 ottobre erano soltanto in 1.460 a vedere il derby Padova-Rovigo, città dove il rugby è motivo di orgoglio campanilistico.
Pagano è convinto che si possa «andare oltre» e incrementare ulteriormente il pubblico. Un obiettivo, questo, che può essere raggiunto anche con una buona dose di "marketing", come per esempio ha fatto il patron dello Stade Français Max Guazzini, che si è inventato il calendario “Dieux Du Stade” e che è riuscito nell’impresa di riempire gli stadi di rugby a Parigi, zona dove la palla ovale non ha mai attecchito come nel Sud della Francia.
L’ingrediente è la spettacolarizzazione: «Non dico di arrivare a far entrare in campo un carro con sopra un ghepardo e una amazzone a seno scoperto come ha fatto Guazzini». Per Pagano semplicemente serve «unire all’evento sportivo uno collaterale con musica, mascotte e cheerladers, come fanno già in tutto il mondo, anche nel rugby». E come ci si può arrivare? «Migliorando l’ospitality» risponde convinto, «quindi le società devono investire».
La domanda che i club devono porsi è banale: come fare per invogliare la gente che non va allo stadio o che non segue il rugby? Nel Super 14, competizione che racchiude le franchigie australiane, neozelandesi e sudafricane, sono dei maestri. Ma anche i London Saracens non sono da meno, per portare un altro esempio europeo. «Quando ho organizzato il concerto di Giusy Ferreri per la presentazione della squadra del Viadana», conclude Pagano, «sono venute 6.000 persone». A volte, però, basta anche meno di una star internazionale: «Un anno fa, in tre settimane, sono riuscito a vendere 2 mila pezzi del “Bersagliotto”, il peluche mascotte del Rovigo. E lo sponsor ha garantito dall’inizio 100 mila euro per tre anni».
Dario Mazzocchi, Lettera43
La conferma adesso arriva anche dai due club che partecipano alla Celtic League, assieme a squadre gallesi, irlandesi e scozzesi: dopo le prime sei giornate, la Benetton Treviso ha avuto una media di 4.950 spettatori a partita, gli Aironi di Viadania (Mn) di 4.253, piazzandosi rispettivamente all’ottavo e al nono posto in un gruppo di dodici società. Ma per incrementare il successo di pubblico ora i club italiani devo puntare anche sul marketing.
Anche se i numeri apparentemente potrebbero sembrare spiccioli, soprattutto se paragonati con quelli del calcio o con quelli degli avversari stranieri, il successo di pubblico che stanno riscuotendo in Celtic League la Benetton Treviso e gli Aironi di Viadania (Mn) è tutt'altro che povero. Circa 4.950 spettatori a partita per i veneti e 4.253 per i lombardi, valgono l’ottavo posto per i primi e il nono per i secondi nella classifica delle squadre più seguite tra le dodici società che partecipano alla prestigiosa competizione internazionale.
Per capire il risultato serve fare i conti con le capienze degli stadi dei due club italiani: quello di Monigo, dove fino a ora il Treviso ha giocato quattro incontri, può contenere fino a 6.700 posti, mentre lo “Zaffanella” di Viadana, quartiere generale degli Aironi, ha una capienza di 5.500 posti. Non solo: il calendario della Celtic prevede partite in orari diversi dalle abitudini italiane, come quelle in programma alle sette del venerdì sera.
Nella particolare graduatoria, alle ultime posizioni ci sono le squadre di Edimburgo e Glasgow, città che hanno ben altro bacino di utenza rispetto alla città veneta o alla cittadina mantovana che sorge a due passi dal Po. Comanda il Leinster, di Dublino, con addirittura 33 mila spettatori: una cifra viziata dal fatto che la squadra risultava come formazione di casa nel caldissimo match contro il Munster al nuovissimo Aviva Stadium, casa della nazionale irlandese di rugby. Un incontro da record, giocato davanti a 50.645 spettatori.
- «I club italiani puntino sul marketing»
Al contrario, il campionato di eccellenza, massima espressione agonistica di casa nostra, rimane a crogiolarsi nel solito brodo, con all’incirca 1.600 spettatori per partita. Domenica 24 ottobre erano soltanto in 1.460 a vedere il derby Padova-Rovigo, città dove il rugby è motivo di orgoglio campanilistico.
Pagano è convinto che si possa «andare oltre» e incrementare ulteriormente il pubblico. Un obiettivo, questo, che può essere raggiunto anche con una buona dose di "marketing", come per esempio ha fatto il patron dello Stade Français Max Guazzini, che si è inventato il calendario “Dieux Du Stade” e che è riuscito nell’impresa di riempire gli stadi di rugby a Parigi, zona dove la palla ovale non ha mai attecchito come nel Sud della Francia.
L’ingrediente è la spettacolarizzazione: «Non dico di arrivare a far entrare in campo un carro con sopra un ghepardo e una amazzone a seno scoperto come ha fatto Guazzini». Per Pagano semplicemente serve «unire all’evento sportivo uno collaterale con musica, mascotte e cheerladers, come fanno già in tutto il mondo, anche nel rugby». E come ci si può arrivare? «Migliorando l’ospitality» risponde convinto, «quindi le società devono investire».
La domanda che i club devono porsi è banale: come fare per invogliare la gente che non va allo stadio o che non segue il rugby? Nel Super 14, competizione che racchiude le franchigie australiane, neozelandesi e sudafricane, sono dei maestri. Ma anche i London Saracens non sono da meno, per portare un altro esempio europeo. «Quando ho organizzato il concerto di Giusy Ferreri per la presentazione della squadra del Viadana», conclude Pagano, «sono venute 6.000 persone». A volte, però, basta anche meno di una star internazionale: «Un anno fa, in tre settimane, sono riuscito a vendere 2 mila pezzi del “Bersagliotto”, il peluche mascotte del Rovigo. E lo sponsor ha garantito dall’inizio 100 mila euro per tre anni».
Dario Mazzocchi, Lettera43
2 commenti:
In realtà trovo un anomalia nei numeri di spettatori delle 2 italo celtiche.
"solo" 700 spettatori di differenza tra Treviso e Viadana mi sembrano pochi considerando
a. i risultati molto diversi che stanno ottenendo le 2 squadre
b. la localizzazione dei 2 stadi: uno, seppur periferico rispetto alla geografia italiana (tutto spostato a nordest), sta al centro della cultura rugbistica nostrana; l'altro sta in una zona con meno humus (anche se si tratta pur sempre di una franchigia) ma sopratutto geograficamente e logisticamente isolata. Anche da Milano - tanto per dire - raggiungere Mantova/Viadana, non è comodissimo non trovandosi direttamente su una direttiva autostradale.
Quindi mi chiedo: è Viadana ad avere tanti spettatori o è TV ad averne pochi?
Concordo con forthose sull'aspetto della centralità di Tv rispetto a (un) bacino rugbistico molto importante, il principale in Italia.
Tv nominalmente ha 100.000 abitanti ma è al centro di un territorio densamente popolato, che nel raggio di 50km (inferiore al raggio urbano di Roma) include tre quattro capoluoghi e almeno 1,5 milioni di abitanti.
In tal senso Edimburgo ( e i romani) se la beve col thè.
Trovo difatti opinabile la tesi dell'articolo (mica siamo sempre per definizione d'accordo, io e il Socio): "tanti spettatori a Tv, più di città più grandi come Edimburgo o Glasgow".
Fa sovvenire quelli che, da Roma ai tempi della fatal scelta celtica e tentando di trascinare alla sommossa anche qualche sparuto milanese, di Treviso dissero (e dicono): "è cità tropo picoa" ("però è grati; vuto du tiri? Grassie" - Cit. per cultori agè dei Pitura Freska).
Paradossalmente, conoscendo i nostri polli, potrebbe essere che i numeri di Viadana siano corretti e quelli di Tv no: già in questi commenti qualcuno ebbe a notare come le dichiarazioni della società siano invariabilmente sotto i 5.000, anche quando lo stadio che ne tiene più di 6,000 appare stracolmo.
Che sia un riflesso condizionato tipico veneto: denunciare un filo di meno dell'incassato reale? ;)
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