All Blacks: Veni, vidi, vici - con brivido finale
New Zealand tour - Millennium Stadium, 27 November 2010
Wales 25 - 37 New Zealand
Dopo il 2005 e il 2008 gli All Blacks si mettono in tasca un altro Grand Slam in cinque anni nella terra delle Home Unions. I neozelandesi vincono anche a Cardiff contro l'ultimo ostacolo, il Galles che in questo piovoso novembre se ne esce con un pareggio contro i figiani e con tre sconfitte patite dagli australi. Finisce 37-25 per la Nuova Zelanda al Millennium Stadium, dopo ottanta minuti emozionanti e non facili per la truppa di coach Graham Henry. Merito in parte degli avversari, in parte della confusione che gli AB hanno creato con le proprie mani sul campo. Tra le tante cose, Dan Carter diventa ufficialmente il top scorer nella storia dei Test Match, superando in classifica Jonny Wilkinson. Ma è un'apertura spesso imprecisa quella neozelandese, che inizialmente sbaglia calci facili e incespica in altre situazioni di gioco, salvo poi invece trasformare nel finale piazzati ben più complicati; non è un caso che tutto il gruppo finisca per risentirne. Da segnalare anche il minuto di silenzio spettrale, in una terra che fu di miniere, per i 29 minatori morti down under, ignorati dai media di casa nostra: gli AB avevano un nastro bianco sulla spalla sinistra per ricordarli.
Pronti via, pare che la solfa sia già ben scritta, nonostante sia Stephen Jones ad aprire le marcature al 1', colpa di un'ostruzione di Mils Muliaina: il numero 10 gallese infila la palla tra i pali, ma l'azione successiva gli ospiti marcano visita attaccando al largo e passando da Sonny Bill Williams, lesto a riciclare per l'ala Isaia Toeava che serve l'ovale a Hosea Gear il quale al 4' marca all'altezza della bandierina. Azione da manuale Tutto Nero sulla quale le maglie rosse arrivano tardi. Carter non converte, ma allunga poco dopo da un calcio di punizione che marca il record mondiale di punti marcati in Test Match e il momentaneo 3-8 dopo sette minuti.
Il game plan del Galles è di ribattere punto su punto e apertura per apertura al fiato e al gioco corale degli All Blacks, tentando di stroncarli sul ritmo, con la regia del mediano Mike Phillips per alzare il baricentro dalla piattaforma del raggruppamento, innescando la corsa del giovane George North o di Tom James, senza grande fortuna perché in questa prima parte gli AB sono in tutti gli angoli del pessimo campo del Millennium, dove le zolle crescono come funghi. La difesa è la prima a cedere: dopo una serie di fasi da apnea deliberatamente volute dai gallesi, la vince la marea nera, che si ripresenta al 21' quando Mils Muliaina semina panico e avversari nella difesa avversaria in debito di ossigeno auto indotto, con un taglio dalla propria metà campo e andando a segnare la seconda meta. Carter non converte manco questa ed è 3-13.
A questo punto, è difficile ipotizzare che agli AB sia venuto il braccino, forse sonoi Dragoni a serrare un po' di più i ranghi difensivi e tener meglio l'iniziativa, complica anche l'infortunio a Kieran Read che porta in campo Daniel Braid e sposta Richie McCaw a nr.8; fatto sta che gli AB finiscono per stallare, risultando meno pericolosi.
Alla mezz'ora il capitano tallonatore Matthew Rees è lesto a mettere a disposizione un'ovale da una ruck per il proprio mediano che allarga il gioco, con James Hook che obliquamente si infila alle spalle dei tuttineri, venendo chiuso sulla linea di meta da Jimmy Cowan e perdendo il pallone in avanti, sul quale si getta inutilmente la seconda linea Bradley Davies. Ci sono in compenso tre punti dal piede di S. Jones.
Il confronto si fa pesantemente fisico, con il pack gallese che ha la meglio in mischia ordinata su quella opposta e con la rimessa laterale inceppata per i Kiwis. Gli ultimi punti della prima frazione arrivano al 39' dopo il collasso della prima linea guidata da Tony Woodcock e S. Jones manda tutti negli spogliatoi sul 9-13, con i tifosi di casa che per scaramanzia non dicono ma sperano.
L'ulteriore iniezione di fiducia arriva dalle prima battute della seconda metà di gara. D'altronde è dal 1953 che da queste parti sognano battere gli All Blacks. E ci sono un pubblico e una credibilità da recuperare: i Red Dragons di fatto non hanno nulla da perdere, i neozelandesi temono la beffa finale. La difesa di casa è reattiva e arriva ad assalire l'uomo con la palla tra le mani dopo due trasmissioni, Carter non ha più spazio e nemmeno mira per alleggerire il tutto di tomaia, mentre Richie McCaw e Jerome Kaino devono fare gli straordinari. Sarà il blindside flanker in nero, autore di una gara magistrale in fase di spinta e di tamponamento, a essere eletto giustamente Man of The Match.
Succedono cose anche strane, come Rees che al 46' apre il contrattacco con un perfetto colpo al piede, sull'ovale McCaw è tutto solo a ridosso dei propri 22 in ripiegamento, è turnover e la folata gallese è bloccata dallo spilungone Brad Thorn che rallenta un taglio al centro di Tom James, lo stesso che un paio di fasi dopo perderà in avanti il pallone. La touch rimane una croce per gli AB, Gatland a quel punto gioca la preannunciata carta "terza linea tutta nuova": inizia con Andy Powell per Ryan Jones al 49' e a stretto giro di posta, Henry fa uscire S. B. Williams per Ma'a Nonu: l'indicazione è chiara, meno offload e andare oltre il contatto ovale in mano. Gli affari si complicano al 51', quando Braid si becca un cartellino giallo e S. Jones porta i suoi a -1: 12-13. Nessuno è arrivato così vicino agli All Blacks in un secondo tempo di questo autunno.
Il Galles ha però uno spiccato senso per il suicidio. Lee Byrne dovrebbe calciare un penalty in rimessa laterale ma la palla rimane in campo e per sfortuna dell'estremo arriva a Conrad Smith, sempre affidabile quando è tirato in ballo. Il secondo centro fugge alle marcature, serve Ma'a Nonu che passa a McCaw giunto a sostegno, finché dalla fascia destra non si arriva dalla parte opposta, dove di nuovo Hosea Gear marca sulla bandierina, nonostante il ripiego estremo di North e Phillips: per il TMO italiano De Santis è meta. E Carter stavolta non sbaglia nemmeno il calcio più difficile della serata: 12-20 al '54, nel Millennium coperto non vola una foglia.
Cinici e spietati questi AB, chiudono tutte le porte attimi dopo quando Tom Shanklin prova a scuotere i suoi, e invece è di nuovo Carter ad allungare.
I gallesi provano a recuperare con le cose semplici, facendo della loro mischia la testa di ponte oltre la trincea nemica, e quasi ci riescono per la seconda volta. S. Jones per due volte si presenta al mortaio e non sgarra, al 68' è 18-23 e la battaglia non è per niente finita. Nel frattempo, Ben Franks ha ceduto il posto a John Afoa nel reparti cavalleria pesante, teniamolo a mente.
Al 73' va in scena la seconda tragica puntata del "facciamoci del male" versione gallese. Calcio di Carter nei 22m, Byrne e Hook cincischiano fin troppo, Muliaina è un falco e francesizza Byrne al momento del calcio di liberazione, l'ovale arriva tra le braccia di Kaino che si butta dentro, la marea nera monta nuovamente e stavolta è l'altra ala, Toeava, a firmare. 18-30, fine della conversazione. Giusto per non correre rischi, l'Afoa sopra citato allunga le non lunghissime leve per uno scatto di trenta metri tre minuti più tardi: un sontuoso no look di Cowan che sottomano serve Muliaina, e poi è gloria per il pilone vicino ai pali. Deall serie, anchei piloni in linea, e la palal arriva a chi c'è, senza far differenze. 18-37, è il sigillo al Grand Slam degli AB che senza luccicare, ottengono il massimo con il massimo sforzo del Galles ad ammanettarsi, pure quando è con un uomo in più.
L'ultimo sussulto si registra allo scadere, quando la mischia di casa sradica quella avversaria e dall'azione che ne segue nasce la meta della bandiera di Byrne, con conversione del solito Jones per il 25-37 finale.
Cinque mete a una il computo finale, con Carter che segna solo il 55% dei palloni a disposizione (solo nel primo tempo mancano dieci punti a referto). C'è un dato interessante: sono 237 i metri corsi palla in mano dal Galles, 611 quelli della Nuova Zelanda, sintomo che quei 12 missed tackles da parte del XV di Gatland costano eccome nell'economia della partita, sebbene gli AB abbiano concesso la bellezza di 17 penalty. Per capire questo Galles, occorre attendere inevitabilmente la Coppa del Mondo, passando dal Sei Nazioni: certo che, trovando Fiji e Sudafrica più Samoa nel girone, questo novembre non semplifica il futuro. Il Galles non offre punti stabili, nel senso che è così self made complicated (se mi passate l'espressione) per intuire quali siano i punti deboli e quali di forza. In quanto ai campioni, hanno assaggiato il clima di pressione al quale saranno sottoposti a settembre 2011, anche se questo era solo un antipasto. E' più facile sistemare la partite storte lontani da casa piuttosto che con gli occhi di tutti puntati addosso. Il bello è che avremo modo di riparlarne.
Che altro aggiungere? Vennero, videro, vinsero.
Wales 25 - 37 New Zealand
Dopo il 2005 e il 2008 gli All Blacks si mettono in tasca un altro Grand Slam in cinque anni nella terra delle Home Unions. I neozelandesi vincono anche a Cardiff contro l'ultimo ostacolo, il Galles che in questo piovoso novembre se ne esce con un pareggio contro i figiani e con tre sconfitte patite dagli australi. Finisce 37-25 per la Nuova Zelanda al Millennium Stadium, dopo ottanta minuti emozionanti e non facili per la truppa di coach Graham Henry. Merito in parte degli avversari, in parte della confusione che gli AB hanno creato con le proprie mani sul campo. Tra le tante cose, Dan Carter diventa ufficialmente il top scorer nella storia dei Test Match, superando in classifica Jonny Wilkinson. Ma è un'apertura spesso imprecisa quella neozelandese, che inizialmente sbaglia calci facili e incespica in altre situazioni di gioco, salvo poi invece trasformare nel finale piazzati ben più complicati; non è un caso che tutto il gruppo finisca per risentirne. Da segnalare anche il minuto di silenzio spettrale, in una terra che fu di miniere, per i 29 minatori morti down under, ignorati dai media di casa nostra: gli AB avevano un nastro bianco sulla spalla sinistra per ricordarli.
Pronti via, pare che la solfa sia già ben scritta, nonostante sia Stephen Jones ad aprire le marcature al 1', colpa di un'ostruzione di Mils Muliaina: il numero 10 gallese infila la palla tra i pali, ma l'azione successiva gli ospiti marcano visita attaccando al largo e passando da Sonny Bill Williams, lesto a riciclare per l'ala Isaia Toeava che serve l'ovale a Hosea Gear il quale al 4' marca all'altezza della bandierina. Azione da manuale Tutto Nero sulla quale le maglie rosse arrivano tardi. Carter non converte, ma allunga poco dopo da un calcio di punizione che marca il record mondiale di punti marcati in Test Match e il momentaneo 3-8 dopo sette minuti.
Il game plan del Galles è di ribattere punto su punto e apertura per apertura al fiato e al gioco corale degli All Blacks, tentando di stroncarli sul ritmo, con la regia del mediano Mike Phillips per alzare il baricentro dalla piattaforma del raggruppamento, innescando la corsa del giovane George North o di Tom James, senza grande fortuna perché in questa prima parte gli AB sono in tutti gli angoli del pessimo campo del Millennium, dove le zolle crescono come funghi. La difesa è la prima a cedere: dopo una serie di fasi da apnea deliberatamente volute dai gallesi, la vince la marea nera, che si ripresenta al 21' quando Mils Muliaina semina panico e avversari nella difesa avversaria in debito di ossigeno auto indotto, con un taglio dalla propria metà campo e andando a segnare la seconda meta. Carter non converte manco questa ed è 3-13.
A questo punto, è difficile ipotizzare che agli AB sia venuto il braccino, forse sonoi Dragoni a serrare un po' di più i ranghi difensivi e tener meglio l'iniziativa, complica anche l'infortunio a Kieran Read che porta in campo Daniel Braid e sposta Richie McCaw a nr.8; fatto sta che gli AB finiscono per stallare, risultando meno pericolosi.
Alla mezz'ora il capitano tallonatore Matthew Rees è lesto a mettere a disposizione un'ovale da una ruck per il proprio mediano che allarga il gioco, con James Hook che obliquamente si infila alle spalle dei tuttineri, venendo chiuso sulla linea di meta da Jimmy Cowan e perdendo il pallone in avanti, sul quale si getta inutilmente la seconda linea Bradley Davies. Ci sono in compenso tre punti dal piede di S. Jones.
Il confronto si fa pesantemente fisico, con il pack gallese che ha la meglio in mischia ordinata su quella opposta e con la rimessa laterale inceppata per i Kiwis. Gli ultimi punti della prima frazione arrivano al 39' dopo il collasso della prima linea guidata da Tony Woodcock e S. Jones manda tutti negli spogliatoi sul 9-13, con i tifosi di casa che per scaramanzia non dicono ma sperano.
L'ulteriore iniezione di fiducia arriva dalle prima battute della seconda metà di gara. D'altronde è dal 1953 che da queste parti sognano battere gli All Blacks. E ci sono un pubblico e una credibilità da recuperare: i Red Dragons di fatto non hanno nulla da perdere, i neozelandesi temono la beffa finale. La difesa di casa è reattiva e arriva ad assalire l'uomo con la palla tra le mani dopo due trasmissioni, Carter non ha più spazio e nemmeno mira per alleggerire il tutto di tomaia, mentre Richie McCaw e Jerome Kaino devono fare gli straordinari. Sarà il blindside flanker in nero, autore di una gara magistrale in fase di spinta e di tamponamento, a essere eletto giustamente Man of The Match.
Succedono cose anche strane, come Rees che al 46' apre il contrattacco con un perfetto colpo al piede, sull'ovale McCaw è tutto solo a ridosso dei propri 22 in ripiegamento, è turnover e la folata gallese è bloccata dallo spilungone Brad Thorn che rallenta un taglio al centro di Tom James, lo stesso che un paio di fasi dopo perderà in avanti il pallone. La touch rimane una croce per gli AB, Gatland a quel punto gioca la preannunciata carta "terza linea tutta nuova": inizia con Andy Powell per Ryan Jones al 49' e a stretto giro di posta, Henry fa uscire S. B. Williams per Ma'a Nonu: l'indicazione è chiara, meno offload e andare oltre il contatto ovale in mano. Gli affari si complicano al 51', quando Braid si becca un cartellino giallo e S. Jones porta i suoi a -1: 12-13. Nessuno è arrivato così vicino agli All Blacks in un secondo tempo di questo autunno.
Il Galles ha però uno spiccato senso per il suicidio. Lee Byrne dovrebbe calciare un penalty in rimessa laterale ma la palla rimane in campo e per sfortuna dell'estremo arriva a Conrad Smith, sempre affidabile quando è tirato in ballo. Il secondo centro fugge alle marcature, serve Ma'a Nonu che passa a McCaw giunto a sostegno, finché dalla fascia destra non si arriva dalla parte opposta, dove di nuovo Hosea Gear marca sulla bandierina, nonostante il ripiego estremo di North e Phillips: per il TMO italiano De Santis è meta. E Carter stavolta non sbaglia nemmeno il calcio più difficile della serata: 12-20 al '54, nel Millennium coperto non vola una foglia.
Cinici e spietati questi AB, chiudono tutte le porte attimi dopo quando Tom Shanklin prova a scuotere i suoi, e invece è di nuovo Carter ad allungare.
I gallesi provano a recuperare con le cose semplici, facendo della loro mischia la testa di ponte oltre la trincea nemica, e quasi ci riescono per la seconda volta. S. Jones per due volte si presenta al mortaio e non sgarra, al 68' è 18-23 e la battaglia non è per niente finita. Nel frattempo, Ben Franks ha ceduto il posto a John Afoa nel reparti cavalleria pesante, teniamolo a mente.
Al 73' va in scena la seconda tragica puntata del "facciamoci del male" versione gallese. Calcio di Carter nei 22m, Byrne e Hook cincischiano fin troppo, Muliaina è un falco e francesizza Byrne al momento del calcio di liberazione, l'ovale arriva tra le braccia di Kaino che si butta dentro, la marea nera monta nuovamente e stavolta è l'altra ala, Toeava, a firmare. 18-30, fine della conversazione. Giusto per non correre rischi, l'Afoa sopra citato allunga le non lunghissime leve per uno scatto di trenta metri tre minuti più tardi: un sontuoso no look di Cowan che sottomano serve Muliaina, e poi è gloria per il pilone vicino ai pali. Deall serie, anchei piloni in linea, e la palal arriva a chi c'è, senza far differenze. 18-37, è il sigillo al Grand Slam degli AB che senza luccicare, ottengono il massimo con il massimo sforzo del Galles ad ammanettarsi, pure quando è con un uomo in più.
L'ultimo sussulto si registra allo scadere, quando la mischia di casa sradica quella avversaria e dall'azione che ne segue nasce la meta della bandiera di Byrne, con conversione del solito Jones per il 25-37 finale.
Cinque mete a una il computo finale, con Carter che segna solo il 55% dei palloni a disposizione (solo nel primo tempo mancano dieci punti a referto). C'è un dato interessante: sono 237 i metri corsi palla in mano dal Galles, 611 quelli della Nuova Zelanda, sintomo che quei 12 missed tackles da parte del XV di Gatland costano eccome nell'economia della partita, sebbene gli AB abbiano concesso la bellezza di 17 penalty. Per capire questo Galles, occorre attendere inevitabilmente la Coppa del Mondo, passando dal Sei Nazioni: certo che, trovando Fiji e Sudafrica più Samoa nel girone, questo novembre non semplifica il futuro. Il Galles non offre punti stabili, nel senso che è così self made complicated (se mi passate l'espressione) per intuire quali siano i punti deboli e quali di forza. In quanto ai campioni, hanno assaggiato il clima di pressione al quale saranno sottoposti a settembre 2011, anche se questo era solo un antipasto. E' più facile sistemare la partite storte lontani da casa piuttosto che con gli occhi di tutti puntati addosso. Il bello è che avremo modo di riparlarne.
Che altro aggiungere? Vennero, videro, vinsero.
1 commento:
Per rendere semplice un concetto complicato, basterebbe dire che i gallesi non hanno un organico di livello mondiale (se è di livello europeo lo vedremo al 6Nazioni), in nessun reparto tranne in prima linea e nei piazzati. E tutto tornerebbe.
Cmq., non solo il Galles piange tra le Europee, questo weekend.
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