domenica 21 novembre 2010

La linea del Piave come la intende Mallett



Australia tour - Firenze, 20 November 2010
Italy (9) 14 - 32 (13) Australia


La partita l'han vista tutti, dal vivo (32.000 gli spettatori al Franchi, tanti quanti allo Stadio Euganeo di Padova un paio d'anni or sono, esordio di Quade Cooper allora per noi fatale), o in chiaro, criptato, HD o addirittura in 3D e anche in differita per i ritardatari: non ci dilunghiamo quindi nella cronaca, che riassumiamo per grandi capi.
Primi dieci minuti da incubo per gli Azzurri, sensazione che questi Wallabies siano inarrestabili: è subito 0-10 (penalty di Berrick Barnes autore di 22 punti al piede e meta di Drew Mitchell). Pare giornata perfetta per una goleada australe: sole, pitch perfetto che drena bene la pioggia mattutina. Invece i nostri riescono non solo a tenere a bada con compostezza e fermezza gli assalti avversari, vicini alla meta almeno in tre occasioni, ma si procurano opportunità di marcatura: a fine primo tempo è un apertissimo 9-13, con due centri di Mirco Bergamasco e uno di Luciano Orquera dalla distanza. La frustrazione degli Aussie aumenta nel secondo tempo: non sfondano mai, così si "accontentano" di punirci coi piazzati, sono quattro gli ulteriori centri di Berrick Barnes fino a dieci minuti dalla fine della gara. Nel frattempo gli italiani si fanno pericolosi, in alcune occasioni sfondano la linea del vantaggio ma poi qualche errore di handling ci fa tornare indietro. Fino al 71' quando Robert Barbieri appena entrato, dopo una mischia ordinata sui 5 metri vinta ma sbilanciata, agguanta con un guizzo l'ennesima palla sfuggita di mano ad altri Azzurri e segna la meta del 14-25. Sarebbe stato il giusto punteggio finale (per meglio dire lo sarebbe stato un 16-25 con la trasformazione, ma tant'è), una meta per parte; di fatto il punteggio regge fino all'ottantesimo, ma a tempo scaduto la distrazione del pack italiano offre a Rocky Elsom una immeritata meta su un vassoio d'argento, che raddoppia il divario tra le due squadre dai "giusti" nove agli irrealistici 18 punti.

Ci sono due modi di difendere: o si va all’attacco o ci si attesta lungo un’ipotetica linea del Piave per attendere i nemici che vanno all’assalto. Si scava una trincea, si mettono le vedette e ci si dà appuntamento per chiudere ogni possibile falla. Nel rugby non ci si inventa nulla, si fa con quello che si ha in mano e se qualcuno riesce a fare di meglio, allora è un baro geniale.
Al Franchi di Firenze, l’Italia di Nick Mallett ha optato per la seconda strada per tutto il primo tempo, magari rischiando paradossalmente qualcosa perché se davvero c’è un buco, allora la trincea si allaga e hai voglia a riuscire a mettere su qualcosa di buono immersi nel fango. Qualche placcaggio in ritardo è arrivato, ma è normale nel momento in cui si è chiamati a fermare tutto ciò che passa dalla propria parte: la statistica insegna che più sono i fenomeni che si verificano, più sono le probabilità che si verifichi un certo evento.
Le maglie azzurre per quaranta minuti sono scivolate all’indietro, tenendo sott’occhio i trequarti australiani che tentavano di trovare un pertugio, di scavalcare la trincea. Hanno retto l’urto finché Drew Mitchell – forte della stazza da ala pesante che si porta dietro – ha bussato alla porta e ha trovato aperto. Succede, mettiamoci l’anima in pace perché davanti avevamo i Wallabies e alla fine una marcatura pesante ci scappa. Ma Nick Mallett in conferenza stampa lo ha ribadito all’abituale domanda sulla consistenza difensiva. Il fatto è che sabato c’è il match clou contro le Fiji, che hanno deciso di fare le cose per bene, come hanno dimostrato venerdì sera contro il Galles al Millennium Stadium.
Ad un certo punto lo stadio si è pure messo a fischiare le scelte tattiche degli australiani, con Berrick Barnes che più volte ha optato per la piazzola anziché andare in rimessa laterale e avvicinare i suoi all’area di meta azzurra. Paradosso dei paradossi: a parte il senso dei fischi – ognuno fa quel che vuole quando ha il pallone in mano, compreso impiccarsi -, gli aussie puntavano a portare a casa tre punti perché in meta non erano evidentemente sicuri di arrivarci. Ne hanno fatte due, la seconda allo scadere con Nembo Kid Rocky Elsom che ha sfruttato uno di quei buchi sulla linea del Piave, partendo direttamente dalla mischia sui cinque metri.
La chiamano difesa attendista e Mallett deve averci lavorato su tutta settimana, affidando il prezioso compito in regia alla coppia inedita Edoardo Ugo Gori e Luciano Orquera: il ventenne di Prato ha fatto il suo compito, pur non giocando una partita dalla scorsa primavera; l’apertura è stata diligente, a parte magari un paio di dosaggi al piede non calibrati, ma nell’economia di 80 minuti ci stanno, perché comunque lo ricordiamo, di fronte c’era l’Australia. Il guaio, in questi casi e soprattutto in presa diretta e istantanea, è di avere l’impressione che certa gente sia sulle gambe, che la linea non sale perché il fiato forse è corto o forse chissà cosa. Ci sta, come ragionamento, ma ce ne sta anche un altro.
Spesso è capitato di vedere gli Azzurri cacciarsi nei guai non appena gli avversari alzavano il ritmo per colpire in profondità. Devono averlo pensato anche gli ospiti di ieri in terra toscana, che puntavano a chiudere il discorso con quattro mete minimo. Si sono fermati a metà. E – permettiamocelo – il merito sarà anche dell’Italia. Che non ha un bazooka in mano, casomai una fionda come Davide contro Golia. Ripassiamo a tal proposito il XV australiano di ieri, dove troviamo nomi come Quade Cooper, Lachie Turner, Adam Ashley-Cooper e Kurtley Beale: li abbiamo visto all’opera nel gioco allargato, sappiamo quali qualità siano in loro possesso e si sono fatte notare anche al Franchi, dove è invece mancato l’ultimo passaggio per un eccesso di confidenza. E poi abbiamo esaltato per tutta l’estate la stella di David Pocock, formidabile cacciatore di ovali e copia quasi perfetta di Richie MCaw.
Capita che quando ce li ritroviamo di fronte, si fa spazio un certo sentore provinciale per cui esistono solo i giocatori italiani e ci si scorda di dare un’occhiata alla formazione avversaria. Da qui certe uscite dai livelli alti del tipo “Ci attendiamo due vittorie in questi tre match”: finisce che se si perde contro Argentina e Australia pare una tragedia nazionale. Le partite di rugby sono dure da pronosticare, basta guardare semplicemente alla velocità di azione dei Wallabies di ieri, inferiore rispetto a quella contro l’Inghilterra a Twickenham. E altro appunto: arrivavano da una settimana dura da digerire, con due sconfitte e alle spalle. L’elemento psicologico ha il suo perché.
Va da sé poi che non sono tutte rose e fiori e allora mettiamo un attimo il dito nella piaga. Gli avanti. La mischia ordinata è stata solida, ma ricordiamo che anche l’Inghilterra aveva messo sotto quella di coach Robbie Deans la scorsa estate, uscendo comunque sconfitta nel Test Match in questione. Il guaio è nelle ripartenze: la qualità dei trequarti si è alzata, quella dei forwards un po’ meno. Errori di gestualità, ovali toccati male e finiti a terra quando si profilava l’occasione di un contropiede, gambe un po’ lente nello stare al passo con il gioco al piede. Il guaio del total rugby del 2000 è questo, che ormai richiede prestanza fisica e mentale in ogni momento, anche a chi apparentemente è estraneo da una precisa situazione tattica. A ciò si aggiunge la questione club perché è del tutto legittimo che società inglesi e francesi chiedano agli italiani di dare tutto e di più tra coppe e campionati, essendo sul loro libro paga: la forma fisica non può pertanto essere eccellente sempre e comunque. Gli uomini della panchina devono restare quindi in preallarme.
Urge porvi un rimedio quando, a settembre, saremo in Nuova Zelanda e per farlo Mallett ha ancora delle buone carte, anzitutto quella di sabato contro le Fiji a Modena, che fanno del gioco fisico una delle loro qualità. Poi ci sarà un Six Nations sfalsato, con formazioni che punteranno a non farsi male e a non svelare i loro piani d’azione per l’autunno successivo. E infine i Test Match estivi, il warm up prima della bandiera a scacchi. È il caso, volenti o meno, di guardare lontano, dato che pende sulla Fir la questione contrattuale di Mallett, diventata un tormentone mediatico.
Si calcola che avendo due squadre in Celtica, i vecchi problemi siano sistemati definitivamente, poi ci si scorda che l’Eccellenza è un campionato semi professionistico. Fortuna che ci sono nomi nuovi. Tommaso Benvenuti ieri non avrà disputato una gara perfetta, ma l’ala trevigiana ha infilato una doppietta in una sola settimana tra Magners League e Heineken Cup, contro i campioni inglesi del Leicester Tigers. Di Edoardo Gori già abbiamo detto; Paul Derbyshire porta placcaggi e ne conosciamo le abilità alla mano; Robert Barbieri è entrato e ha fatto meta. Se ci fosse quel Gonzalo Garcia che è stato bloccato dagli infortuni, il reparto dei trequarti avrebbe anche il centro capace di tagliare all’interno e di dettare e modi del passaggio, tanto che se Orquera venisse confermato apertura, non dispiacerebbe vedere l’esperimento Craig Gower – Garcia, tempo permettendo.
Ecco che succede. L’Italia difende, ma fatica ad attaccare dicono. Lo mettiamo in conto e lo sappiamo bene, ma ci sarebbe anche il fattore avversari e la nostra nazionale, ranking alla mano, non è nei primi dieci. Due mete australiane, i fischi per Barnes che sceglie i pali invece della rimessa. A caldo, così, dalle tribune dello stadio Franchi, il sottoscritto ha pensato: beh, qualcosa vorrà pure dire. Che la linea del Piave, a suo modo, ha retto.

12 commenti:

Zamax ha detto...

Appunto. Qui c'è un errore psicologico generalizzato, come ho già detto altrove. Le aspettative sono troppo alte. Come se fossimo ad un saliente della storia con la S maiuscola, come se dovessimo dimostrare chissà cosa. I giocatori ne risentono, e poi, a fine gara, si vedono in giro un sacco di facce da funerale, come se perdere - di misura - con l'Argentina o l'Australia non fosse una cosa "normale". Impariamo dagli argentini, che, pur coscienti della loro forza, mantengono sempre quel low profile, quello spirito da underdogs che li rende sereni e grintosi insieme. E quindi efficaci e concreti.

ringo ha detto...

Ultimamente io e Zamax abbiamo troppi spunti in comune e la cosa non so se sia fortificante o meno. Piuttosto, scalda i muscoli delle dita che tra poco torna la Celtica ;)

Abr ha detto...

Mi basterebbe imparassimo dalla Scozia: prima batosta terrificante, poi vittoria nel giro di una settimana. Con numero uno e numero due al mondo.

Qua bisogna parlarne: e mi sto decidendo a farlo.
Vero che "rugby non facit saltus", ma qua manca del tutto un corretto approccio psicologico. Non alla gara, alla filosofia del rugby. Non do' colpe all'allenatore bensì, e qui mi ricongiungo con la considerazione di Zamax, all' "ambiente" in senso lato. Provinciale, che instilla falsi proclami e aspettative e nella realtà agisce nei fatti al contrario, come se con certuni non si può che perdere, con altri non si può che vincere.
Per fortuna "il popolo" non ci casca e sempre lì è; ci cascano invece i soliti idioti, a pertire da molti giornalai. E dall'ambiente stesso che, messo sotto pressioen, deve cercar scuse.

Forse oltre all'ambiente, oramai deve passare questa generazione di giocatori, che senza volerlo ha stratificato e interiorizzato il concetto di buoni perdenti.

Stefano Franceschi "Il Nero" ha detto...

Mi offendo a sentr parlare del gioco di Mallett come linea del Piave dalle parti del Piave nessuno gioca così e nemeno sul Bacchiglione e sul Brenta .....non ho visto giocare così nemmeno sotto o sopra il Po sul Tevere o sull'Aterno, non gioca così nessuna italiana in Celtic League. Non chiamatela linea del Piave per carità, la linea della ottusità di un coach incapace di costruire gioco intorno alle risorse italiane questa solo è quella che tu chiami con il nome del fume Sacro alla Patria. Incapacità a gestire i tre quarti, incapacità a scegliere e coordinare la mediana ecc ecc.
Dire che siamo stati bravi solo perchè gli altri non avevano voglia di giocare è una cosa almeno azzardata, ti do un'altra versione: Argentina e Australia giocano amezzo servizio perchè con l'Italia on hanno bisogno di giocare "del tutto" per farcela, fanno il compitino e si risparmiano per impegni più interessanti.
Caro Ringo lasciati dire che, insieme alle decine di (anzi centinaia e....molti di più) belli, , super competenti, interessanti commenti a volte ci metti delle cose così, come quella sopra.
Si perchè quella che hai scritto sopra a me pare (con amicizia e massimo rispetto) una grande fesseria.

Abr ha detto...

Beh Stefano il Nero, forse il Socio ha difeso una linea corretta forse con troppa enfasi e certamente senza approfondire le indubbie aree "grigie" che come sempre abbondato nel campo Azzurro, ma tu cadi nell'errore opposto e, con amicizia e il massimo rispetto, mi sembra che anche tu in quanto a fesserie scritte qui non scherzi affatto.

Nel dettaglio di queste (e altre) fesserie e dei problemi psico attitudinali di atleti e ambiente Azzurro (quindi non ti do' torto totale), entrerò in un prossimo post appena ho un attimo di tempo.

Nel merito del tuo commento:
a) Very sorry ma io non ho visto camionate di squadre italiane, in celtic o lungo il brenta, che giochino meglio degli Azzurri.
Di meglio noi s'è visto sinora solo tre/quattro partite della Benetton (una squadra sola), anche se rimane più prona agli errori difensivi degli Azzurri (i famosi 5 minuti iniziali).
b) Poi, un conto è dire Australia e Argentina (che molti sottovalutano: patetico leggere in giro delal "partita che dovevamo vincere": mettono in crisi la Francia ...), un conto è Crociati o Llanelli. Ci si dimentica spesso tra rugbisti, un po' alla calciofila, di tarare i commenti sugli avversari. E' il grande merito dle post di Ringo: meditate gente, meditate.

c) Unica non fesseria, il fatto che l'Australia (non l'Argentina) giochi a mezzo servizio per batterci: ma non mi pare una gran scoperta.

A rileggerci (e commentarci) presto.

madflyhalf ha detto...

Ala pesante Drew Mitchell... pesa 92kg! Ed è il peggior placcatore dei 3/4 australiani, statistiche ARU alla mano (Turner è il migliore con il 96.3% di efficacia sui placcaggi!).

Il più "pesante" 3/4 Australiano è Ashley-Cooper, 98 kg e gioca centro. Di fianco aveva Berrick Barnes che ne pesa 86, o di solito Giteau che è 85. E O'Connor 88!

Cioè se diciamo che gli australiani sono grossi (la squadra più leggera dell'EmiSud), che SCUSA avremo quando giocheremo contro Rougerie (104), Traille (100), Nonu (110), Rokocoko (108), Hape (104), Bowe (98), Roberts (108) o l'ala 18enne North che ha segnato 2 mete al Sudafrica (106)?


C'è una differenza tra la squadra Australiana e la squadra Italiana: i primi cercano il varco, avanti compresi, si spostano e si muovono sulle gambine, muovendo i difensori. Noi facciamo dritto per dritto e che dio ce la mandi buona (o che ci mandi un pessimo placcatore).
Il piano di Mallett è questo, che funziona in Sudafrica se hai tanti giocatori e tutti enormi. Hai scelta, puoi permetterti di averne 2 infortunati a partita che forse salvi qualcosa...

Ma da noi?
Se si rompe solo Castro siamo alla canna del gas, perché non terremo più nemmeno in mischia!

Abr ha detto...

Concordo Madflyhalf (non polemizzo mai coi numeri).
C'è da dire però che potenza uguale forza per velocità, forse il socio ha usato "pesante" ma voleva dire "potente" ...

La differenza tra attacco dei backs australiani vs. italiani a mio avviso è un po' più complessa:
- Aus attacca IN LINEA, sfruttando le capacità di tutti a movimentare la palla e di giocare coi piedi e con la velocità di alcuni (Beale, Cooper, O'Connor, Giteau, Barnes) e sulla "potenza" di altri (Drew, Lachie, AAC). Ne esce un reparto versatile, dotato di skill e confidenza.
Poci lo notano, ma i 3/4 AUS fanno i break e segnano le mete, ma dentro ai 22m l'avanzamento sistematico lo fa il pack, con Elsom e McCalman e tutti gli altri ... potenza.

Gli italiani: stanno imparando adesso cos'è il multifase d'attacco. E ho detto tutto. Con attori non sempre adatti peraltro, abituati ad essere usati come carne da macello dritto per dritto in Francia.
E' un problema di stadio evolutivo del nostro rugby. Non credo che la ns. strada sarà quella di fa' i sudafricani (purtroppo) per i motivi che dici tu, ma questa full immersion mallettiana ci sarà molto utilissima nel futuro, quando sperabilmente torneremno a giocare più "francese" (di provincia: più drop, più tattica, pack in attacco).
Utilissima esperienza, sia in difesa che in attacco: come aver fatto il paracadustista o similari a militare, non vedi l'ora di finirla per il cu... che ti fai, ma poi ti rendi conto t'ha plasmato per tutta la vita.

Abr ha detto...

Ah dimenticavo di aggiungere: che sia vera gloria quella della difesa italica (capace cioè di difendere sia con grossi che con piccini), lo vedremo bene contro i pesi massimi di Fiji ...

madflyhalf ha detto...

Sai cosa mi ha sconvolto a Firenze?
Guardare il riscaldamento delle due squadre: gli ultimi esercizi subito prima di rientrare in spogliatoio.

Mentre l'Australia "accelerava mentalmente", faceva esercizi di ball handling, tattica (2vs1 3vs2 4vs3), tattica difensiva di squadra (salite e scalate) e movimento per le gambe, l'Italia era sotto i pali alla curva sud che faceva flessioni.

Mi ha preso uno sconforto tremendo...

E quando il mio allenatore (che compra i dvd didattici dalle federazioni Francesi, Australiane e Neozelandesi per insegnarli a noi semplice squadra di Serie C ma ancora molto giovane) è tornato dall'allenamento a porte aperte della nazionale, non ti dico che faccia aveva e che commenti ha fatto.


Alla fine è terribilmente vero i commenti che leggo nei forum internazionali: buona difesa, ottima mischia, qualcosa i 3/4 ogni tanto la fanno vedere, ma il coro unanime è "it seems they don't have a plan".

Sono d'accordo che alcune cose di Mallett ci faranno bene per il futuro, tuttavia penso che stiamo perdendo il treno dell'alto livello del rugby, non necessariamente bello (eppure la nazionale di Berbizier era molto più bella da vedere), ma il rugby moderno in continua ed inevitabile evoluzione, e soprattutto un rugby efficace!


Speriamo che si ricominci a dare una spinta alla NOSTRA evoluzione e non si stia troppo con le mani in mano.....

Abr ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te: abbiamo un ritardo colossale, e stiamo procedendo a una velocità inferiore a quella degli altri. Quindi il gap si approfondisce invece di chiudersi.

Per me ne usciremo solo dopo tre/quattro anni di Celtic, quando sarà formata una nuova generazione di giovani e di preparatori di livello.
Quando Mallett e altri lodano le Accademie Federali come ha fatto post gara con Fiji , cambio canale.

Ritengo infatti che l'arretratezza sia da imputare all'ambiente federale più che a Mallett: non per caso questi ha finalmente chiamato un sudafricano suo amico a far da allenatore sui punti di contatto (forse lo paga di tasca sua?) - che è come dire, caro Orlandi scostati e impara.

In più, c'è da dire che da qualche parte di "basico" si doveva ricominciare. Mallett non a torto a mio avviso ha scelto la difesa, non a ieri ma da quando è arrivato. Ci ha messo due anni per raggiungere il livello che desiderava.
Per poi (adesso) cautamente passare al multifase.
Perdendo maul avanzanti e altro, ma tant'è.

Col prossimo Berbizier che arriverà, potremo tornare a giocare a chi segna di più (al piede, o con gli avanti, o giocando territoriale), senza i groviera di quei tempi.

madflyhalf ha detto...

Ok punti di incontro.
Per me il problema nello staff, se proprio lo vogliamo trovare lì (ce ne sono altri altrove ben più importanti come dici bene), non è Mallett.

E' uno che è stato un grandissimo giocatore, che però una volta chiusa la carriera non è diventato automaticamente un ottimo allenatore.

E da 2 anni ha in mano i nostri 3/4.


Mi dispiace, lo rispetto, ma non è un allenatore dei 3/4.

Abr ha detto...

Beh Mallett ha un passato di grande allenatore (ne parleremo e ne parlerà lui in un prossimo post): detiene ancora il record di vittorie consecutive tra nazionali maggiori con gli springboks e fece splendidi campionati con lo Stade. Non fossimo arrivati prima noi, oggi sarebbe al posto di Gatland (e forse ancora si mangia le mani per questo).

Sullo staff (che non è sua scelta ma fu imposto dalal Fir) concordo in pieno, dal rispetto alla inadeguatezza.
Oltretutto Troncon ha anche problemi grossi caratteriali, me lo ricordo inveire da bordo campo contro un avversario e l'arbitro che espulse Masi, da allora l'han sistemato in tribuna.
Ma il problema è in tutto lo staff: parlavamo delle capacità offensive degli avanti ad es. ...

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