sabato 13 novembre 2010

Stavolta i mastini si pappano tutto l'osso

Australia tour - Twickenham
England 35 - 18 Australia

Gli indizi erano chiari: l'Inghilterra disegnata da Martin Johnson non è più solo tanta grinta, è soprattutto velocità, pressione, possesso ed esplosività fisica in ogni reparto. Elementi idealmente già in nuce contro gli All Blacks sabato scorso e che hanno avuto piena applicazione e riscontro oggi pomeriggio contro l'Australia, che deve digerire un back-to-back della sconfitta di giugno scorso in casa, a Sidney.
Forse questi mastini han trovato finalmente una loro precisa identità, moderna ma anche molto "Boreale", fatta di forza aggressività e velocità; stanno pure trovando gli automatismi che servono. Placcano duro e placcano tutti, si presentano puntuali nei sostegni e sui loro visi si legge quella determinazione serena che fa morale ad un anno dalla Coppa del Mondo. Gli australiani sono quelli ai quali ormai siamo abituati: le potenzialità individuali hanno pochi rivali e il piano di gioco è splendido, impeccabile; solo che tra il dire e l'applicare, sotto una pressione del genere, ci sta il mare.
Paradossalmente. le mete e l'andamento della gara potrebbero aver raccontato per un'altra volta in stagione, una storia completamente diversa da com'è andata: i Wallabies di fatto dominano a lungo, persino quando sono in inferiorità numerica. Invece la determinata ferocia e potenza di questi bulldog ha rovesciato l'inerzia della gara, facendo leva su tutti gli episodi che hanno avuto a disposizione: quantità contro feroce sfruttamento delle occasioni.


Primo tempo - I Wallabies hanno la prima occasione per aprire le danze, con un penalty sul quale va James O'Connor, ma oggi non ce n'è neppure per il più preciso dei tiratori della scuderia disposizione di Robbie Deans sinora.
L'Inghilterra mostra di aver imparato qualcosa dalla lezione con i neozelandesi e ottiene i primi tre punti suoi e del match con un'ottima ripartenza dai propri 22, dopo che l'Australia si riversa in avanti as usual, muovendo veloce la palla al largo: ma se la fanno soffiare e Ben Youngs e Toby Flood dettano tempi e modi del contrattacco, finché l'apertura non infila un calcio di punizione dopo che gli aussie fermano l'avanzata con un fallo in ruck. Siamo all'11' e per gli amanti delle statistiche e dei numeri, solo un giro di lancette prima Quade Cooper tocca il primo pallone.
Le chiavi di lettura della prima parte sono due: gli ospiti attaccano e lo fanno come al solito molto bene, salvo l'usuale problema dle numero di errori, accentuato da una pressione difensiva veramente potente attuata dal pack inglese, oggi tanti mastini alla ricerca della preda. L'Australia ha un'occasione ghiotta al 20', con una rimessa sui 5 metri, ma anche in questo caso il giro al largo si conclude in una palla persa.
I ball carrier dalle fattezze di Nick Easter e Tom Croft - ma menzione speciale va oggi alla seconda linea Palmer e Lawes e ai centri Hape e Tindall, un po' deludenti la scorsa puntata - fanno salire la linea inglese quando si tratta di manovrare. Sia ben chiaro, il numero di azioni dei gialloverdi è superiore ma gli inglesi (oggi in maglia nero-rossa simil Stade Toulousain) sono più efficaci. Non è un caso che alla prima vera azione abrasiva, la cavalleria pesante della terza linea detti l'ultimo varco giusto per Chris Ashton a sostegno che chiude la tamburellata al 24' con la meta: 10-0 per gli uomini di sua Maestà. I punti lasciati dalla piazzola per gli australiani, intanto, diventano sei con il secondo calcio di O'Connor che colpisce il palo.
Fattore mischia: al 30' collassa quella di san Giorgio e la cosa va sottolineata perché per il resto tiene il bandolo della matassa. Questa volta (31') O'Connor centra la punizione. Il pack dimostra che la prima linea Wallabies è consapevole dei suoi mezzi e tenta di rimediare con l'esperienza dove la forza e la tecnica non arrivano; ma non va sempre bene: Flood infatti infila altri tre punti da centocampo (13-3).
Il bulldog inglese non smette per un istante di ringhiare: se Tindall mette finalmente la sua immensa esperienza a disposizione della squadra, facendo il regista avanzato in fase di ripartenza e allargamento, Ben Youngs è scatenato: crea spazi e riparte veloce, costringendo Matt Giteau a gettarsi deliberatamente sul lato sbagliato di un raggruppamento quando O'Connor viene acciuffato e trascinato verso la propria area di meta. Il tutto aggravato dal braccio alzato dell'arbitro a segnalare il vantaggio inglese: è fallo professionale, scatta il giallo per Giteau e arrivano altri tre punti da Flood: Twickenham nelle parole pre partita di Martin Johnson doveva essere una fortezza, sembra più che altro l'arena di una corrida. Intendiamoci bene: Inghilterra maledettamente efficace ma quantità ancora in mano agli Australiani, tant'è vero che gli unici punti del primo tempo in differenza numerica li marca l'Australia: è 16-6 al 40' a Giteau fuori per soli 5 ulteriori minuti: una gara apparentemente del tutto aperta.

Secondo tempo - Si ricomincia con Flood che porta a quattordici il bottino personale di punti (42'), dopo che il drop di avvio di Cooper lo agguanta Croft anziché Nathan Sharpe. Sono i primi punti da quando gli inglesi sono in superiorità numerica: con tutti gli sprechi, falli ed errori, il pallino della gara rimane in mano australiana, persino in quattordici contro quindici.
Il vero momento di svolta della gara avviene al 46', un minuto prima del rientro di Giteau: l'Australia sta percuotendo gli avversari dentro alla loro area dei 22m, arrivando ad un soffio dalla marcatura pesante in due occasioni, prima con gli avanti poi con un troppo egoista e velleitario Will Genia, che prova di obliquo a tagliare fuori le due guardie sotto i pali. Macché, il mediano subisce un placcaggio killer che lo toglierà dalla gara e l'ovale passa in mano dei mastini che sentono l'odore del sangue: Youngs innesca la ripartenza sul lato chiuso, il possesso giunge veloce nelle mani di Ashton che parte a razzo, con tutto il campo davanti a lui libero. Corre come un forsennato, il pubblico è già in piedi quando si beve il povero Drew Mitchell tagliando di scatto verso il centro. Arriva le seconda meta dell'ala dei Northampton Saints, è lui che schiaccia sotto i pali. 26-6.

E' un ameta che taglia le gambe: i Wallabies stavano per segnare e si trovano sotto di 20 punti. A dimostrazione che pur col morale sotto i tacchi e a partita oramai compromessa, i valori in campo non sarebbero poi così dissimili, rispondono con Kurtley Beale. con una meta "easy" e spettacolare delle sue. Rocky Elsom fa da faro per i suoi, riuscendo a scuotere la difesa avversaria che si riorganizza in un paio di occasioni, ma alla fine cede quando il motore australiano va a pieni giri e lancia l'estremo che poi calcia a scavalcare verso l'area di meta e arriva prima di tutti a marcare al 53' (26-13). Una percussione di Mark Cueto frutta un altro fallo e altri tre punti del solito Flood nell'azione successiva mentre un grandissimo Youngs (Man of The Match) lascia spazio a Danny Care.
Cambio in mediana anche per l'Australia, con Luke Burgess al posto di Genia, dando sostanza all'attacco da una rimessa nella metà campo inglese, favorita da una bella percussione di James Slipper e infine conclusa sul lato opposto sempre da Beale con la doppietta all'altezza della bandierina. La conversione non arriva, down under devono fare i conti con l'assenza di un calciatore perché sono sempre troppi i punti lasciati per strada al piede. Tant'è che al 65' è 29-18 e sugli spalti londinesi scende un po' di paura
Se dell'ottimo, feroce lavoro degli avanti e dei centri in fase dinamica abbiamo detto, è sul gioco aperto, in particolare sugli inserimenti delle ali, che gli inglesi trovano le porte aperte: Cueto non cade mai al primo placcaggio, fa sepre un po' di strada extra, di Asthon abbiamo detto. Il primo supera la linea difensiva nemica, si insidia nelle retrovie e serve Ashton che viene placcato all'ultimo, ma dal raggruppamento sbuca l'ennesimo fallo australiano: Flood ormai è una macchina macina punti. E si scivola così sul 35-18 finale.

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