giovedì 17 febbraio 2011

United Colors of Rugby

I precedenti non mancano, basta solo azionare il tasto della memoria e fare un salto nel tempo, nemmeno troppo lontano. Si fa un gran parlare della scelta della famiglia Benetton di abbandonare la pallavolo e il basket a partire dal giugno 2012, con la bacheca che conta 14 scudetti (9 dal volley, 5 dalla pallacanestro), 13 Coppe Italia (8 a 5 per il basket), 11 Supercoppe Italiane (7 a 4 per la pallavolo), 4 Champions League con la Sisley e 4 partecipazioni alle Final Four di Eurolega nella palla a spicchi. Numeri corposi.
Sapessi com’è stano, una polisportiva a Milano - Ma c’è come detto un precedente interessante per fare un paragone ed è quella della Polisportiva Milan, nata a cavallo fra gli Anni ’80 e ’90 all’ombra del Milan di Silvio Berlusconi che non intendeva rivoluzionare solo il modo di giocare a calcio in Italia, applicando la scienza di Arrigo Sacchi, ma dello sport in generale, dalla palla ovale all’hockey, passando per il baseball e nuovamente per la pallavolo. Erano i tempi della Mediolanum: i soldi c’erano e la competizione sul mercato con le rivali non era un problema. Se c’era chi poteva pagare fino a dieci, la Polisportiva poteva arrivare a venti, trenta, quaranta o cinquanta.
Ed erano i tempi in cui all’Amatori giocavano i fratelli Marcello e Massimo Cutitta, Diego Dominguez, Massimo Giovanelli e David Campese. Un gruppo che vinse quattro titoli contro, guarda caso, quelli della Benetton Treviso: campionati ‘90/’91, ‘92/’93, ‘94/’95, ‘95/’96. E poi partecipazioni all’Heineken Cup, prima che la storia cambiasse e le basi mostrassero la loro debolezza. Berlusconi per legge ha dovuto cedere i gioielli di famiglia (non siate maliziosi) una volta sceso in politica e tutte le energie economiche, logicamente, si sono concentrate sul cavallo vincente: il Milan. Perché poi è di questo che si parla: del cavallo vincente.
Nella Marca c’erano e ci sono i Benetton, che da tempo esportano il marchio di famiglia nel mondo dello sport. Impossibile dimenticarsi le due monoposto color verdone che dal 1985 hanno percorso gli autodromi della Formula 1, con un rampante Flavio Briatore a fare da direttore della scuderia. 260 Gran premi disputati, 27 vittorie, un giovane talento lanciato nell’Olimpo delle quattro ruote di nome Michael Schumacher. Nel 2001, ultimo anno di attività, alla guida accanto a Giancarlo Fisichella c’era l’inglese Jenson Button, campione del mondo con la Virgin ed ora alla McLaren.
Tutto è diventato troppo costoso. I risultati sono diminuiti al pari del nostro interesse. La decisione è irrevocabile, la famiglia non tornerà indietro”, ha dichiarato il fratello Gilberto, che nella famiglia si occupa degli investimenti "non core", che nel tempo sono diventati la gran parte del business di un Gruppo che è oramai più una grande finanziaria globale che una entità industriale. Cose che succedono: ad un certo punto, colpa anche delle cosiddette congiunture internazionali, bisogna rifare i conti o quanto meno ripensarli e aggiornarli, per infine prendere delle decisioni drastiche. Ma non c'è solo la fredda finanza.

Il cavallo vincente - I Benetton si ritirano dalla pallavolo e della pallacanestro, ma non dal rugby e non è un caso. Per molti commentatori, la decisione di non tirarsi fuori dalla mischia dipende dal fatto che i Leoni siano ora in Magners League, piattaforma per avere maggiore visibilità grazie ai diritti televisivi che garantiscano qualche ritorno. Peccato che Dahlia TV sia andata a ramengo e che la spiegazione non può stare tutta qua.
Il fatto è che il Treviso sta facendo molto bene, a dimostrazione che la società ha saputo preparare per tempo lo sbarco in Celtic. Tredici partite fino ad ora disputate e sette vittorie, una sola sconfitta tra le mura amiche dello stadio di Monigo dove l’hanno spuntata i Cardiff Blues, ma ci hanno lasciato le penne Leinster, Scarlets, Munster: tutte squadre che sono tra le protagoniste della stagione in corso. L’ultima è arrivata contro quelli di Limerick domenica pomeriggio e ha fatto arrabbiare e non poco Giancarlo Dondi, presidente della Fir, convinto che la società veneta abbia rifilato all’Italia di Nick Mallett giocatori troppo stanchi e in ogni caso non allineato con una qualsiasi indicazione Federale. Evitando le polemiche da provincia, c’è l’altro risvolto della vicenda: che pur avendo ben sei dei suoi uomini schierati dal primo minuto tra gli Azzurri che hanno preso la batosta a Twickenham – più altri tre in panchina -, Treviso ha battuto la capolista. Prova del fatto che nella Marca hanno fatto un buon lavoro anche con le presunte “seconde linee”, dove non si intendono quelle che saltano in rimessa.
L'elemento cruciale della decisione di mantenere gli investimenti nel rugby è molto legato alle radici profonde. In una terra di campanili, la Benetton ha finito per essere il vertice di un movimento rugbistico regionale radicato per tradizione, attorno al quale gravitano le altre realtà. Che giocoforza dovranno tenerne conto e già in molte lo fanno, tessendo rapporti e aggirando certi anacronistici divieti federali.
L’epopea Mediolanum finì male. Il Volley Gonzaga non è mai decollato, i Devils di hockey su ghiaccio sono rimasti in vita sei anni, dal 1989 al 1997, assicurandosi per lo meno tre scudetti. Dal lato rugbistico, l’Amatori sopravvive, ma la consistenza di Milano è impercettibile, al di là delle tristi velleità mostrate un anno fa di volersi assicurare una formazione da spedire in Magners League. A Treviso pallavolo e pallacanestro se non altro hanno tempo fino al 2012 per cercare di rimediare all’addio dei Benetton, che adesso saranno anche nel mirino di alcuni tifosi, ma che per lo meno hanno assicurato lustro per anni e non lasciano una baracca sperduta nelle desolate lande.

6 commenti:

tagus ha detto...

se me lo permettete,un piccolo contributo di chi da un lato mastica un poco di fondamentali aziendali e dall'altro visse da vicino(da ultimo degli scarti) la trasformazione dell'amatori che poi diventò per poche ma gloriose stagioni milan.
la premessa è che sicuramente le due esperienze non sono sovrapponibili:ricordo un colloquio con l'attuale selezionatore della nazionale inglese di calcio ed allora responsabile della polisportiva milan,il quale mi disse papale papale che rugby ed hockey ghiaccio erano le ultime e più sacrificabili ruote del carro milan-e così fu,non per legge ma per scarso ritorno finanziario e di pubblico(l'amatori faceva non più di 7\800 presenze al giuriati)-,tuttavia personalmente aspetterei a celebrare la permanenza della benetton alla testa dei leoni della marca.
non conosco il peso della passione di famiglia e se questa possa spingersi ad erodere riserve personali per supportare i leoni,magari anche auspici i vituperati ma non trascurabili contributi federali,ma mi pare di poter dire che nella holding non ci sia più tutta questa redditività per permettere di dedicarsi con leggerezza al mecenatismo.
pallavolo e pallacanestro saranno sacrificate per prime,il rugby speriamo resista.
lungi da me il voler cassandrare ma,per non saper nè leggere nè scrivere,mi riabituerei a chiamare il treviso col glorioso onomastico felino(sperando di non dover un giorno non lontano ribattezzarla selezione federale nordest).
tutto questo,ovviamente imho

ringo ha detto...

Grazie tagus per la testimonianza che impreziosisce il dibattito: che è poi l'obiettivo di post come questi. Quello che tu dici in merito alle vicende milanesi, in una sola espressione ho cercato di tradurla con "le basi mostrassero la loro debolezza".
Quanto al resto, dubito dei tuoi dubbi. Lo hanno detto esplicitamente, il loro interesse per basket e volley è venuto meno: se volevano fare repulisti, tanto valeva farlo tutto subito che se poi lasci sempre polvere negli angoli di casa, alla fine non fa altro che accumularsi.
Quanto all'idea di fare i conti con una selezione federale nordest, incrociamo le dita: infilarsi negli affari privati provoca solo danni.

Abr ha detto...

Per "rassicurare" ulteriormente tagus, se gli affari coi maglioni non sono più brillanti come una volta, è da mo' che i Benetton han saputo diversificare in senso anticiclico: dopo la sòla Telecom Italia, oggi tra Autostrade, Autogrill, aeroporti, bankassurance e partecipazioni varie, sono una finanziaria con ben pochi problemi economici; perlomeno non del livello di dover tagliare investimentuncoli - per loro - da qualche decina di milioni l'anno. Anche se il ritorno non è granchè.

Non è per i soldi che i Benetton disimpegnano: è che ne han piene le scatole. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la contestazione alla proprietà inscenata dai tifosi del basket qualche mese fa.
A stretto giro di posta la decisione del disimpegno, prima di diventar dei Sensi o dei Della Valle qualsiasi.

Potrebbe toccare anche al rugby? Tutto è possibile - e ci risulta si ventilasse all'ipotesi, ai tempi del Super10 - ma non credo il rugby sia sopravvissuto in Benetton solo per via della potenziale esposizione mediatica internazionale Magners.
Non è (mai stato) un business, non è neppure più immagine, allora cos'è? basta ascoltare e dar fede a Gilberto: è il primo amore.
Se in gran parte dell'Italia l'interesse per più bello sport del mondo (il nostro) è come dire, un po' "artificiale", una moda, nella Marca e in gran parte del Veneto invece no.
E' difficile da spiegare per chi non c'è, ma lì il rugby ha radici profonde, quasi identitarie pur non avendo storia granchè più lunga di altre parti come Roma o Milano o Genova.
Fa parte della mentalità, è elemento della percezione del sè, anche in epoche globali e omogeneizzate come queste.
E' insomma un po' come la prima morosa delle medie (non credo che il golfista Gilberto abbia mai giocato a rugby, ma di sicuro ha tifato).

Alessandro Cossu ha detto...

Penso che l'analisi di Abr colga nel segno, nel sottolineare il legame di "appartenenza" di Treviso al rugby, il carattere "popolare" di questo sport innestato su una consapevolezza del proprio essere "particolari" per storia, cultura, lingua. Magari qualcuno, un po' stupidamente, legge questo fenomeno solo in chiave di bassa politica, insomma: come espressione del leghismo. Per me, che sono sardo e che pure non condivido certo le sparate di un Gentilini (scusate l'intermezzo politico, cari soci), l'osservazione di Abr risulta di un'evidenza solare. Osservo che, su scala molto ridotta ma con modalità analoghe a quelle descritte per Treviso, il senso di identità di cui parla Abr ha permesso ad una città come Alghero in Sardegna di mantenere in serie A una squadra di rugby, nonostante questo sport sia poco popolare in terra sarda. Anche in questo caso, la peculiarità identitaria di Alghero (città di lingua catalana) in una regione, la Sardegna, che ha già di suo una forte identità nazionale per storia, lingua e cultura, ha prodotto un piccolo miracolo. È curioso come in un bel libro in francese ("Rugby Blues", di D. Tillinac), l'autore dica che il rugby è, per baschi e occitani, il modo di esprimere la propria identità nazionale, la propria particolarità rispetto al centro parigino. Anche se poi, come scrive Denis Lalanne in un suo bel libro sulla famiglia Yachvili, "le rugby est ma patrie" per tutti, baschi, guasconi, occitani o savoiardi.
Un caro saluto a tutti voi e a Tagus.

ringo ha detto...

Grazie a te, Alessandro.

Abr ha detto...

Alghero, storia di rugby e non solo molto bella. La cosa che più mi ha colpito di quella città quando la visitai, aldilà della bellezza (e dei charter pieni di inglesi), è l'isolamento, che un tempo doveva essere assoluto.

E forse non tutti sanno che ... un link col Veneto c'è: la piana vicina di Fertilia un tempo paludosa, fu bonificata da famiglie venete (e certi cognomi da quelle parti lo testimoniano ancora).
Tornando al rugby, se non sbaglio per un anno l'Alghero militò in una serie catalana o nel campionato spagnolo ...

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