Buon lavoro, Nick
E allora sono tutti contenti perché l’Italia ha vinto. Nel Paese dei campioni del mondo di salto sul carro del vincitore, ognuno potrà proclamare: "oh vedi, finalmente li ha fatti giocare come avevo detto io!". E' in fondo uno dei belli dello sport, o meglio di una sua certa visione "da bar" (anche da bar virtuale, leggi blog). Niente di male, è natura sui, anche se spesso con tale approccio si tagliano gli angoli, l'analisi si fa miope, gli stilemi critici inevitabilmente si fanno calciottardi e anche nel più "squadrista" degli sport di squadra, va a finire che "Tizio ha giocato bene", punto e a capo, oppure vuoi mettere Sempronio al posto di Caio, in campo o in tribuna. A soffrine è la comprensione dei perchè di fondo, più o meno "forti", del laborioso lavorìo preparatorio sia tecnico che organizzativo, quello che in ambito calcistico amano definire "Progetto".
Abbiamo finalmente vinto contro una grande, per arrivare al punto citando il pensiero di Nick Mallett. Chi passa da queste parti sa che non abbiamo lesinato le critiche al tecnico sudafricano nel tempo, del resto pagato per il ruolo di responsabile ultimo delle prestazioni Azzurre e dei loro risultati. Così come non ci siamo certo tirati indietro dal difenderlo, trovandoci invero controcorrente soprattutto nell'ultimo paio di stagioni mentre i ditini alzati lamentavano quella che abbiamo definito “la linea del Piave così come la intende Mallett”. Non siamo intenzionati ad avvolgerci di incenso seguendo lo stile da giornalismo cane, quello del "come avevamo qui anticipato sin dal 1973 ..."; semplicemente proviamo venire al nocciolo della questione.
Tra il ct e "l'ambiente" – a partire dalla Federazione, proseguendo con il mainstream media giù fino alla base– da un po' è corsa della maretta. E' finito sotto pressione perché questa sua Italia non vinceva, giocava male e faceva giocare male gli avversari – e un bel cavoli loro no? No, perché sembrerebbe che l’opinione pubblica rugbistica italiana sia strenua sostenitrice del bel gioco, altrimenti nisba. Nella realtà ama le vittorie comunque esse arrivino e si deprime alle sconfitte reiterate, come dargli torto? Solo che sovente manca l'equilibrio nel valutare le une e le altre.
Va riconosciuto che l'ambiente, fuori di vertice federale e pubblicistico, ha di positivo un attaccamento costante nonostante i risultati, una "fede Azzurra" che si ripropone ad ogni evento, pur tra le critiche sovente distruttive propalate dall'alto. Perchè scarseggia l'analisi: Lievremont ad esempio, accusabile di tutto ma non certo di esser un incompetente, ha detto della partita di ieri: "A un certo punto eravamo noi francesi avanti di dodici punti, ma il gioco continuavano a farlo loro, quindi sapevo che si trattava un vantaggio effimero". Rovesciando la frittata, certi decisi progressi, quelli che ci han portato alla vittoria di ieri, erano già evidenti anche nelle partite contro l'Irlanda e il Galles. Mancava solo quel pelino di convinzione in più e l'han trovato proprio contro la nostra "bestia nera" abbastanza sfavata per fortuna: nello sport come nella vita la ruota gira, se hai lavorato bene e hai mantenuto "la fede", prima o poi gira nel tuo verso e ne puoi approfittare.
Non esistono molti modi per vincere a rugby. Ne esiste solo uno: giocando con ciò che si ha. L’Italia non ha per esempio le qualità per affrontare alla pari la potenza e determinazione inglese e ha pagato carissima la scelta di disporsi a Twickenham con l’altezzosità vanagloriosa pretesa da certa critica stile "Radio Maggica", inclusiva di (o ispirata da) un gioco Federale stile "o la va o la spacca", tanto l'alternativa è pronta. Contro les Bleus, gli Azzurri hanno finalmente messo a punto la loro tattica: hanno difeso e hanno attaccato, sempre arrembanti a guadagnar terreno. Chi ad esempio sentenziava contro l’ingaggio del famoso allenatore del punto d’incontro oggi tace. Gli Azzurri hanno difeso respingendo le iniziative tanto degli avanti quanto dei trequarti avversari. Il rugby moderno, con buona pace di alcuni nostalgici, non è (più) attacco o difesa, tantomeno non è (mai) stato fatto di difesa uguale avanti e attacco uguale trequarti: oggi più che mai il rugby versione Union è concentrazione nell’area del breakdown, lottando su tutti i palloni senza farsi prender dentro in troppi, mantentendo la linea con disciplina e la massima compostezza, con l'obiettivo di guadagnar terreno sempre, sia in fase di possesso che di contenimento degli avversari.
E' stato un lungo processo quello che ha portato "quello che si ha" alla vittoria di ieri. Passato attraverso i disapppunti delle due precedenti sconfitte casalinghe, tradito dal passo falso di Twickenham ma partito da lontano, dal lavorìo lungo tre anni sui basics, vòlto prima di tutto a far arrivare gli Azzurri all'ottantesimo, poi a difendersi con efficacia (e in tal senso la svolta nazional-popolare "andiamo a far gioco a Twickenham" è stato un vero disastro, potenzialmente destabilizzante, che invece è stato abilmente girato in un necessario bagno di umiltà, un ritorno alla "sana paura" dell'avversario, per usare le parole di Parisse pre-Galles che tanto han scandalizzato qualche nostalgico di Balaklava). Un lavorone - un "progetto" - cui va dato atto a Mallett, a chi con lui ha collaborato in modo più o meno efficace, a chi ci ha creduto, salvo poi fare un passo e mezzo indietro sul più bello.
Il merito del successo è dei ragazzi scesi in campo, ma va dato anche al gran lavoro nel tempo lungo di quell’omone un po' inglese e molto sudafricano, che parla un italiano contaminato dal francese e che ha fatto su e giù dalla tribuna a bordo campo. Graham Jenkins, editor a Scrum.com, ha scritto che la Fir dovrebbe tenerselo solo per il body language a favor di telecamera. Noi supponiamo soltanto che questa storica vittoria italiana per lui voglia dire molto, che ora potrà lavorare con un filo di tranquillità e credibilità in più per la trasferta a Edimburgo; ma già si sentono i ritornelli, per cui se si è vinto con la Francia per forza si vince con la Scozia: under-dog signori, manteniamo una sacchiana straordineria umiltè per favore, per evitare la finaccia di Twickenham - so' anglosassoni gli Scots, cagnacci sempre sull'osso a ringhiare, mica soggetti alle lune come i latini.
E' una vittoria che vuol dire molto anche per tutto il gruppo di atleti a partire dai "senatori", che ha identificato in Mallett - competente, umano, esperto, con un gran curriculum ma poco "fortunato" in questa esperienza Azzurra che gli ha rovinato tutti i track record - una sorta di simbolo, uno di loro.
Dondi ha affermato più volte che i conti verranno fatti alla fine del Sei Nazioni; quindi dopo questa storica vittoria possiamo ritenere che ambiente e coach potranno lavorar tranquilli sino ai Mondiali e chi si dovrà preoccupare sarà chi ha eventualmente firmato altre "impegnative" da una parte o dall'altra.
Come Mallett ha il diritto di fare le sue scelte ("Io sono Mallett, tutti mi cercano e posso scegliere cosa fare", disse a novembre, al tempo dello sfogo su "quelli che non capiscono un biiip di rugby"), anche la Fir ha il dovere di scegliere il meglio per gli Azzurri. Speriamo solo lo faccia a ragion veduta e col tempismo giusto, non sull'onda emotiva lunga di scelte intempestive fatte nello scorso novembre, o della vittoria storica di oggi. Ora che tutti parlan solo bene di Mallett, noi che lo abbiamo difeso nei "tempi cupi" e che continuiamo a esaltare il lavoro enorme, epocale a lui dovuto per elevare gli standard del rugby della Nazionale, non ci nascondiamo certe sue rigidità sul piano strettamente tattico, una certa monocordità nella preparazione delle partite. Forse per il post mondiale è arrivato il momento per un coach più giocatore di scacchi, più da bordo campo e meno "da allenamento", più psicologo e meno "lavoratore" . A patto di non tradire o peggio misconoscere, la mole incredibile di ingrato lavoro fatto per il bene di tutti da Mallett in tutti questi anni. Ah, a proposito, son pochi gli allenatori Azzurri che sono riusciti ad affacciarsi a quarto anno di incarico, nessuno mi pare andando a memoria in "era moderna": anche di questo record, dato l'ambientino, gli va dato atto.
Adesso la questione cruciale è mettere Mallet nella condizione di lasciare la firma sul suo mandato con quella partita a Dunedin, Nuova Zelanda, contro l’Irlanda alla Coppa del Mondo. Quindi come si dice in Usa, Leave him alone (della serie, meglio soli che ...). Buon lavoro.
7 commenti:
Finalmente un articolo ottimo sull'argomento.
Io comunque domani mando una lettera a Mallet, e lo farò ogni tanto fino a dopo i mondiali.
Semplicemente, GRAZIE NICK
Perchè nonostante alcune scelte che l'Italia ha pagato sonoramente, ora ha dato un'impronta e un'anima a questa squadra. E con umiltà si può fare bene, sempre
Molto d'accordo con la tua solidarietà a Mallett (e a noi). Grazie Carletto.
Se incontrassi Mallet gli offrirei un paio di birre e gli farei i miei complimenti sinceri ...
Subito dopo però, gli chiederei perchè ci ha messo tre stagioni a far giocare la sua squadra con i giocatori al proprio ruolo ...
Intendi dire, Masi all'apertura ? :)
Battute a parte, uno dei problemi iniziali di Mallett è stato sicuramente l'atteggiamento da "maestrino" (m'ho v'erudisco io), o meglio il dire, se questo è tutto il materiale che ho, ci sono dei buchi e ora li plasmo e li tappo io. Da cui i Mauro Bergamasco in mediana etc.
In Uk, Sudafrica etc., in effetti ai coach di livello "piace" identificare giocatori dal ruolo "sbagliato" e convertirli a loro imperitura memoria.
Vedi Foden ad esempio, che cambiò club perchè algi Sharks Saint Andrè lo vedeva estremo mentre lui voleva giocare mediano (storia raccontata da Pierantozzi, quindi ...).
Carletto, io non la chiamerei tanto umiltà, quanto presa di coscienza: non ci possiamo permettere di fare gli sboroni, anche perché è molto rischioso già per le grandi, figuriamoci per l'Italia.
Low profile, under dog, work hard e via. Perché poi il rischio concreto è questo: che siccome hai battuto la Francia, ora ti ritengono in grado di battere tutti. C'è gente che diceva che siccome le Fiji avevano pareggiato con il Galles e noi avevamo vinto con le Fiji, allora automaticamente potevamo vincere con il Galles. Dev'essere gente che non ha mai giocato a rugby o, se ci ha giocato, allora non lo ha mai capito.
Detto questo, cheers Nick! ;)
Sabato in un pub di Ginevra ho assistito agli applausi dei Francesi alla fine del match (fidanzata inclusa), abbiamo vinto e se ne sono accorti tutti!
Sono contento per i ragazzi e per Mallett, come ho commentate poche settimane fa per me e' un grande allenatore, ha fatto (e spero continui) un ottimo lavoro con la nostra squadra.
Sabato vado ad Edimburgo, con la speranza di rivedere dal vivo il gioco di squadra che abbiamo dimostrato pochi giorni fa. Come avete detto voi meglio presentarsi con un low profile anziche' come quelli che hanno battuto la quinta del ranking mondiale!
Bel programma, cato. E quella è la condizione necessaria, ma non sufficiente, per bersi degli scots strani, poco capaci di cogliere le opportunità che si creano. Sarà per noi un esame del tutto nuovo, quello del cinismo.
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