Stavolta i Sarries tengono botta e sono i Premier
Aviva Premiership Final - Twickenham, 28 May 2011
Leicester Tigers 18 - 22 Saracens
Ottanta minuti e oltre. Perché gli ultimi istanti sono stati i più lunghi, con i Tigers arroccati nei pressi della linea di meta e la difesa dei Saracens chiamata a fare gli straordini nei raggruppamenti. Placcaggi e palloni contesi, un intero stadio diviso a metà: chi soffriva e chi pure pativa le pene dell’inferno temendo un replay della stagione 2009/10, con Leicester campione d’Inghilterra nel soffio finale. Non stavolta, i Sarries non si lasciano beffare dopo un primo tempo giocato molto bene, un secondo tempo in difficoltà e questi ultimi cinque minuti che fanno storia per conto loro, quelli vissuti sul filo del dentro o fuori. Finisce 22-18 a Twickenham per i London Saracens che finalmente si cuciono lo scudetto dell'Aviva Premiership al petto dopo una finale che ha regalato tutto quello che poteva mettere in mostra. Due nomi su tutti: Owen Farrell che non sbaglia un calcio (5/5 per le punizioni e la trasformazione dell’unica meta) e Schalk Brits, tallonatore poliedrico un po' flanker e anche molto estremo - nel senso del ruolo - che trascina nel morale e nei metri guadagnati i suoi. Arbitra (bene stavolta, non come in semifinale) Wayne Barnes.
La cronaca - I primi quaranta minuti scivolano via veloci, con un ritmo che dall’inizio lascia intendere che è match vero, che qui ci si gioca davvero tutta una stagione. E i Saracens, che sono quelli chiamati alla vendetta, lo mettono in chiaro, alzando immediatamente il baricentro della loro formazione e affidandosi ad una coralità che innesta i singoli bravi a fare la differenza. O quasi sempre.
C’è il taglio del centro Brad Barritt una volta nei 22 avversari, che poi assorbe la guardia e serve il mediano Neil de Kock, bravo a evitare due placcaggi abbassandosi nella corsa prima di essere atterrato ad un passo dalla meta e con la palla in ruck rallentata dal diretto rivale Ben Youngs che Barnes ravvisa subito e punisce con un cartellino giallo dopo cinque minuti. E' il classico fallo professionale calcolato quello del giovanissimo ma espertissimo mediano: non lo faceva, era meta. Owen Farrell non sbaglia dalla piazzola sotto gli occhi del papà allenatore in seconda, per la prima marcatura della finale, 3-0 Saracens. Di contro, però, ci sono le Tigri, gente abituata ad andare in scena in occasioni come queste. Basta aizzarle un po’ per dare loro l’occasione di sfoderare le fauci. Leicester ha un uomo in meno, in cabina di regia per di più. Il centro Anthony Allen prende così il ruolo, i suoi non si sentono a disagio e vanno a conquistare un piazzato che Toby Flood non sbaglia quattro minuti più tardi. Non sbaglia nemmeno al 18’ quando i Tigers sono tornati in quindici e i Sarries concedono un’altra occasione dalla piazzola.
Due chiavi di lettura: i Saracens hanno il dominio territoriale con quel loro tipico percuotere duro, alal sudafricana ed allargare rapidamente il gioco; i Tigers detengono il controllo della mischia ordinata e il fautore è Martin Castrogiovanni che non impiega un secondo di troppo a prendere le misure a Matt Stevens. È Castro l’uomo attorno al quale aggrapparsi, anche quando Farrell al 20’ va a piazzare per il pareggio (6-6) dopo una carica del tallonatore Schalk Brits, con tanto di testa contro testa con George Chuter. Quanto all’apertura dei Sarries, Farrell assorbe colpi duri e muove bene palla di piede e di mano. Barritt è l’uomo più veloce mandato ad esplorare e a recuperare ovali nel bel mezzo del triangolo allargato avversario, poi tasta la massa fisica di Castro (e chi se non lui?) e fatica qualche istante per ripigliarsi. I Tigers hanno la solidità difensiva delle grandi, tanto che dopo l’ennesimo attacco dei Saracens l’estremo Alex Goode deve tentare la via del drop e ne esce un brutto calcio.
È semplice l’opzione dei campioni in carica, gente che bada al sodo ed evita i fronzoli, tipo il piede di Flood che aziona la velocità di Horacio Agulla per mettere sotto pressione Goode nei propri 22. Inizio di ultimo quarto, rimessa per mano di Chuter, inizialmente gli avanti del Leicester conquistano centimetri con la spinta abrasiva, poi i dirimpettai prendono le redini e riconquistano il possesso. Stavolta a mettersi in mostra è l’altro italiano di Twickenham, il 35enne Carlos Nieto all'altro numero 3 oltre a quello di Castro.
Poi c’è sempre Brits: il sudafricano è roba sopraffina, muove le gambe come un trequarti. Da una rimessa giocata veloce, taglia tutto il campo, la prende larga fin che non punta Agulla che teme la sua penetrazione; non appena costui converge, serve l'ala James Short che viene liberato e marca alla bandierina. Farrell converte per il 13-6 al 30’. Tutto da un ovale perso da Alesana Tuilagi sull’azione offensiva riorganizzata nella propria metà campo dai Tigers. Farrell ha la pedata calda e al 36’ porta altro fieno in cascina.
Ma il Leicester non muore mai, punta su quella parte di gioco che sa essere superiore a quella avversaria. Per cui la supremazia della mischia dal lato di Castro vuol dire piazzato per Flood a due minuti dalla fine del primo tempo per andare sotto break (16-9) prima di andare negli spogliatoi.
Al rientro è subito mischia. Stevens ha il fiatone ma Nieto invece sfonda e arriva subito l’occasione per Farrell di spingere i Sarries al +10. Ed Ernst Joubert immediatamente dopo ruba la rimessa. Potrebbe essere il momento di svolta, quello per acquisire ancora più convinzione e stare nella gabbia della tigre senza timore. Invece i saraceni peccano in un paio di occasioni di superficialità e a pagare maggiore dazio è il giovane Farrell che sotto pressione vuole sfidare i marcatori cambiando di passo, ma scivola e commette tenuto in ruck, poco fuori dai propri 22, consentendo a Flood di ribadire con tre punti la presenza Tigers al 49’. L’apertura rossonera è definitivamente il target difensivo, mentre nell’ingaggio la situazione torna quella di prima: Stevens lascia il posto a Rhys Gill e Castrogiovanni gli fa assaggiare di che pasta è fatto, appena prima di cedere il posto a Dan Cole. Fallo nei pressi della linea dei dieci metri ma la traiettoria di Flood non è in mezzo ai pali. Al 57’ c’è un ingresso laterale di Kelly Brown in ruck fuori dai 22 dei Saracens, propiziata da una bella percussione di Tom Croft che sale in cattedra: Flood potrebbe rimediare, ma fallisce di nuovo. Un quarto di dominio di Leicester e zero punti portati a casa.
Tanti errori, da una parte e dall’altra. I londinesi ad esempio hanno una buona occasione da una rimessa sui 22 opposti, a coordinare la regia è il nuovo mediano Richard Wigglesworth: si muovo orizzontalmente e alla fine commettono irregolarità nel punto d’incontro. Al 60’ lascia anche Nieto per Petrus du Plessis. I Tigers si rifanno vivi, la difesa dei Sarries tiene botta e si rilancia con l’accoppiata Strettle – Brown. L’intensità della partita torna a salire. Jordan Crane tocca molti ovali, deve fare da piede di porco, Flood torna a marcare punti a tredici minuti dalla fine, per un altro ingresso irregolare in ruck. Quattro punti di differenza, tutto e niente.
Rimane sempre tanta la verve di Brits: parte da in mezzo al campo palla in mano e corre come un trequarti, quello che serve ai suoi colleghi per ritrovare serenità. Serve off load manco fosse un mediano. Gli ultimi dieci minuti cominciano così e proseguono con un penalty fondamentale per i piedi di Farrell: le tigri allungano le mani in ruck e lui le punisce non sprecando un colpo al 74’. La saga degli errori, comunque, non fa sconti: fuori gioco di Steve Borthwick e allora Flood ricuce (22-18).
Tuilagi sfonda il casello dell’autostrada, Brits che gli rende almeno quindici centimetri e venti chili. lo piglia per le gambone e lo porta giù. La mischia invece va fino in fondo e asfalta quella avversaria, assicurandosi un calcio di punizione che viene giocata con rimessa nei 22 dei Sarries. È l’80’, Tigers mai stati così vicini alla meta per tutta la gara. Cinque metri, linea del Piave presa d’assalto con raggruppamenti ravvicinati. Battaglia di talpe e colpi di reni. Il tempo scade e l’abbrivio è tutto di Leicester. Millimetri di vita o morte sportiva. Roba da sfinire chiunque. I minuti passano e non ci si schioda finché non provano ad andare al largo per innescare Tuilagi, ma vengono braccati. Barnes ravvede un fallo in quell’ammasso di corpi. Si ricomincia. Di nuovo al largo, Farrell si butta su Flood e lo sbatte a terra. Altro fischio, ma stavolta è ai danni del Leicester. E i Sarries cominciano a festeggiare ancora prima di calciare l’ovale fuori dal campo.
La rivincita si suda fino all’ultimo. Poi l'apoteosi, il primo titolo "vero" della storia del club mezzo sudafricano del nord londinese. Per le Tigri finisce un anno speso come al solito a giocarsela quasi fino in fondo su tutti i fronti, rimanendo a bocca asciutta.
Leicester Tigers 18 - 22 Saracens
Ottanta minuti e oltre. Perché gli ultimi istanti sono stati i più lunghi, con i Tigers arroccati nei pressi della linea di meta e la difesa dei Saracens chiamata a fare gli straordini nei raggruppamenti. Placcaggi e palloni contesi, un intero stadio diviso a metà: chi soffriva e chi pure pativa le pene dell’inferno temendo un replay della stagione 2009/10, con Leicester campione d’Inghilterra nel soffio finale. Non stavolta, i Sarries non si lasciano beffare dopo un primo tempo giocato molto bene, un secondo tempo in difficoltà e questi ultimi cinque minuti che fanno storia per conto loro, quelli vissuti sul filo del dentro o fuori. Finisce 22-18 a Twickenham per i London Saracens che finalmente si cuciono lo scudetto dell'Aviva Premiership al petto dopo una finale che ha regalato tutto quello che poteva mettere in mostra. Due nomi su tutti: Owen Farrell che non sbaglia un calcio (5/5 per le punizioni e la trasformazione dell’unica meta) e Schalk Brits, tallonatore poliedrico un po' flanker e anche molto estremo - nel senso del ruolo - che trascina nel morale e nei metri guadagnati i suoi. Arbitra (bene stavolta, non come in semifinale) Wayne Barnes.
La cronaca - I primi quaranta minuti scivolano via veloci, con un ritmo che dall’inizio lascia intendere che è match vero, che qui ci si gioca davvero tutta una stagione. E i Saracens, che sono quelli chiamati alla vendetta, lo mettono in chiaro, alzando immediatamente il baricentro della loro formazione e affidandosi ad una coralità che innesta i singoli bravi a fare la differenza. O quasi sempre.
C’è il taglio del centro Brad Barritt una volta nei 22 avversari, che poi assorbe la guardia e serve il mediano Neil de Kock, bravo a evitare due placcaggi abbassandosi nella corsa prima di essere atterrato ad un passo dalla meta e con la palla in ruck rallentata dal diretto rivale Ben Youngs che Barnes ravvisa subito e punisce con un cartellino giallo dopo cinque minuti. E' il classico fallo professionale calcolato quello del giovanissimo ma espertissimo mediano: non lo faceva, era meta. Owen Farrell non sbaglia dalla piazzola sotto gli occhi del papà allenatore in seconda, per la prima marcatura della finale, 3-0 Saracens. Di contro, però, ci sono le Tigri, gente abituata ad andare in scena in occasioni come queste. Basta aizzarle un po’ per dare loro l’occasione di sfoderare le fauci. Leicester ha un uomo in meno, in cabina di regia per di più. Il centro Anthony Allen prende così il ruolo, i suoi non si sentono a disagio e vanno a conquistare un piazzato che Toby Flood non sbaglia quattro minuti più tardi. Non sbaglia nemmeno al 18’ quando i Tigers sono tornati in quindici e i Sarries concedono un’altra occasione dalla piazzola.
Due chiavi di lettura: i Saracens hanno il dominio territoriale con quel loro tipico percuotere duro, alal sudafricana ed allargare rapidamente il gioco; i Tigers detengono il controllo della mischia ordinata e il fautore è Martin Castrogiovanni che non impiega un secondo di troppo a prendere le misure a Matt Stevens. È Castro l’uomo attorno al quale aggrapparsi, anche quando Farrell al 20’ va a piazzare per il pareggio (6-6) dopo una carica del tallonatore Schalk Brits, con tanto di testa contro testa con George Chuter. Quanto all’apertura dei Sarries, Farrell assorbe colpi duri e muove bene palla di piede e di mano. Barritt è l’uomo più veloce mandato ad esplorare e a recuperare ovali nel bel mezzo del triangolo allargato avversario, poi tasta la massa fisica di Castro (e chi se non lui?) e fatica qualche istante per ripigliarsi. I Tigers hanno la solidità difensiva delle grandi, tanto che dopo l’ennesimo attacco dei Saracens l’estremo Alex Goode deve tentare la via del drop e ne esce un brutto calcio.
È semplice l’opzione dei campioni in carica, gente che bada al sodo ed evita i fronzoli, tipo il piede di Flood che aziona la velocità di Horacio Agulla per mettere sotto pressione Goode nei propri 22. Inizio di ultimo quarto, rimessa per mano di Chuter, inizialmente gli avanti del Leicester conquistano centimetri con la spinta abrasiva, poi i dirimpettai prendono le redini e riconquistano il possesso. Stavolta a mettersi in mostra è l’altro italiano di Twickenham, il 35enne Carlos Nieto all'altro numero 3 oltre a quello di Castro.
Poi c’è sempre Brits: il sudafricano è roba sopraffina, muove le gambe come un trequarti. Da una rimessa giocata veloce, taglia tutto il campo, la prende larga fin che non punta Agulla che teme la sua penetrazione; non appena costui converge, serve l'ala James Short che viene liberato e marca alla bandierina. Farrell converte per il 13-6 al 30’. Tutto da un ovale perso da Alesana Tuilagi sull’azione offensiva riorganizzata nella propria metà campo dai Tigers. Farrell ha la pedata calda e al 36’ porta altro fieno in cascina.
Ma il Leicester non muore mai, punta su quella parte di gioco che sa essere superiore a quella avversaria. Per cui la supremazia della mischia dal lato di Castro vuol dire piazzato per Flood a due minuti dalla fine del primo tempo per andare sotto break (16-9) prima di andare negli spogliatoi.
Al rientro è subito mischia. Stevens ha il fiatone ma Nieto invece sfonda e arriva subito l’occasione per Farrell di spingere i Sarries al +10. Ed Ernst Joubert immediatamente dopo ruba la rimessa. Potrebbe essere il momento di svolta, quello per acquisire ancora più convinzione e stare nella gabbia della tigre senza timore. Invece i saraceni peccano in un paio di occasioni di superficialità e a pagare maggiore dazio è il giovane Farrell che sotto pressione vuole sfidare i marcatori cambiando di passo, ma scivola e commette tenuto in ruck, poco fuori dai propri 22, consentendo a Flood di ribadire con tre punti la presenza Tigers al 49’. L’apertura rossonera è definitivamente il target difensivo, mentre nell’ingaggio la situazione torna quella di prima: Stevens lascia il posto a Rhys Gill e Castrogiovanni gli fa assaggiare di che pasta è fatto, appena prima di cedere il posto a Dan Cole. Fallo nei pressi della linea dei dieci metri ma la traiettoria di Flood non è in mezzo ai pali. Al 57’ c’è un ingresso laterale di Kelly Brown in ruck fuori dai 22 dei Saracens, propiziata da una bella percussione di Tom Croft che sale in cattedra: Flood potrebbe rimediare, ma fallisce di nuovo. Un quarto di dominio di Leicester e zero punti portati a casa.
Tanti errori, da una parte e dall’altra. I londinesi ad esempio hanno una buona occasione da una rimessa sui 22 opposti, a coordinare la regia è il nuovo mediano Richard Wigglesworth: si muovo orizzontalmente e alla fine commettono irregolarità nel punto d’incontro. Al 60’ lascia anche Nieto per Petrus du Plessis. I Tigers si rifanno vivi, la difesa dei Sarries tiene botta e si rilancia con l’accoppiata Strettle – Brown. L’intensità della partita torna a salire. Jordan Crane tocca molti ovali, deve fare da piede di porco, Flood torna a marcare punti a tredici minuti dalla fine, per un altro ingresso irregolare in ruck. Quattro punti di differenza, tutto e niente.
Rimane sempre tanta la verve di Brits: parte da in mezzo al campo palla in mano e corre come un trequarti, quello che serve ai suoi colleghi per ritrovare serenità. Serve off load manco fosse un mediano. Gli ultimi dieci minuti cominciano così e proseguono con un penalty fondamentale per i piedi di Farrell: le tigri allungano le mani in ruck e lui le punisce non sprecando un colpo al 74’. La saga degli errori, comunque, non fa sconti: fuori gioco di Steve Borthwick e allora Flood ricuce (22-18).
Tuilagi sfonda il casello dell’autostrada, Brits che gli rende almeno quindici centimetri e venti chili. lo piglia per le gambone e lo porta giù. La mischia invece va fino in fondo e asfalta quella avversaria, assicurandosi un calcio di punizione che viene giocata con rimessa nei 22 dei Sarries. È l’80’, Tigers mai stati così vicini alla meta per tutta la gara. Cinque metri, linea del Piave presa d’assalto con raggruppamenti ravvicinati. Battaglia di talpe e colpi di reni. Il tempo scade e l’abbrivio è tutto di Leicester. Millimetri di vita o morte sportiva. Roba da sfinire chiunque. I minuti passano e non ci si schioda finché non provano ad andare al largo per innescare Tuilagi, ma vengono braccati. Barnes ravvede un fallo in quell’ammasso di corpi. Si ricomincia. Di nuovo al largo, Farrell si butta su Flood e lo sbatte a terra. Altro fischio, ma stavolta è ai danni del Leicester. E i Sarries cominciano a festeggiare ancora prima di calciare l’ovale fuori dal campo.
La rivincita si suda fino all’ultimo. Poi l'apoteosi, il primo titolo "vero" della storia del club mezzo sudafricano del nord londinese. Per le Tigri finisce un anno speso come al solito a giocarsela quasi fino in fondo su tutti i fronti, rimanendo a bocca asciutta.
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