Giocare con la testa
Berrick Barnes, 24 anni, talentuoso playmaker dei Waratahs e dei Wallabies australiani dalla posizione di apertura o inside centre, potrebbe essere il pioniere che esplora un nuovo livello di protezione dagli infortuni per i giocatori di rugby.
Il nostro ha subito un inizio di stagione traumatico nel vero senso della parola: ha dovuto saltare gran parte della regular season del SuperRugby a causa di una serie ripetuta di colpi alla testa ogni volta che provava a rientrare - "concussion" o commozione cerebrale- che gli causano perdite di memoria transitorie ("I don't remember getting hit, I don't remember coming off … I seem to lose all form of memory function when it happens", racconta), oltre alla cosiddetta "emicrania del giocatore di football", una sindrome che inizia a venir riconosciuta come un rischio professionale per giovani coinvolti in sport in cui il capo è soggetto a traumi frequenti (dai colpi di testa del calcio ai pugni della boxe).
Barnes usa il caschetto protettivo da sempre, ma evidentemente non basta. Il regolamento Irb, vincolante nei campi di rugby di tutto il Mondo, a proposito di protezioni alla testa (headgear) recita: "no part of the headgear is thicker than 1cm when uncompressed and no part of the headgear has a density of more than 45 kilograms per cubic metre": i caschetti han da essere non rigidi e non più spessi di 1 cm. Essi proteggono al massimo dai tagli e dalle orecchie a cavolfiore ma sono inefficaci nei confronti delle concussion, che stanno diventando un trauma frequente e pericolosamente caratteristico del sempre più veloce rugby moderno.
Ragion per cui Barnes ha annunciato che è pronto a "far da cavia" per un nuovo tipo di headgear studiato con la Gilbert e ha chiesto alla Irb l'autorizzazione a sperimentarlo nella partita del prossimo weekend contro i Bulls al Loftus Versfeld - un test probante dato il gioco molto fisico dei sudafricani.
Si tratta di un caschetto imbottito "stile boxe amatoriale" (come quello che porta nella foto): "Nella boxe dilettantistica il casco imbottito limita moltissimo i knock-out", afferma Barnes, che aggiunge: "non mi interessa proteggermi la mascella o la faccia, io vengo steso da colpi alle tempie o nella nuca, è lì che serve aumentare la protezione" L'australiano insiste: "Non sarà il massimo dell'estetica ma vale sicuramente la pena di pensare a qualcosa" e chiosa: "Prima o poi il rugby finirà di essere tutta la mia vita, è fondamentale limitare i rischi di subire danni permanenti".
Alla data la Irb non ha ancora autorizzato l'uso del nuovo headgear. Troviamo sarebbe decisamente il caso lo facesse consentendo la sperimentazione di nuove forme e materiali per i caschi, se è vero che la sicurezza dei giocatori è un obiettivo strategico dell'Organizzazione che governa il rugby mondiale. Per evitare al rugby di far la fine "ingessata" del football americano - caschi rigidi e protezioni obbligatorie - al primo incidente serio e di rilievo mediatico con annessa sollevazione delle mamme, e lasciare finalmente le vecchie "cuffie" ai pallanuotisti o ai Petr Chech e ai Cristian Chivu del calcio.
Il nostro ha subito un inizio di stagione traumatico nel vero senso della parola: ha dovuto saltare gran parte della regular season del SuperRugby a causa di una serie ripetuta di colpi alla testa ogni volta che provava a rientrare - "concussion" o commozione cerebrale- che gli causano perdite di memoria transitorie ("I don't remember getting hit, I don't remember coming off … I seem to lose all form of memory function when it happens", racconta), oltre alla cosiddetta "emicrania del giocatore di football", una sindrome che inizia a venir riconosciuta come un rischio professionale per giovani coinvolti in sport in cui il capo è soggetto a traumi frequenti (dai colpi di testa del calcio ai pugni della boxe).
Barnes usa il caschetto protettivo da sempre, ma evidentemente non basta. Il regolamento Irb, vincolante nei campi di rugby di tutto il Mondo, a proposito di protezioni alla testa (headgear) recita: "no part of the headgear is thicker than 1cm when uncompressed and no part of the headgear has a density of more than 45 kilograms per cubic metre": i caschetti han da essere non rigidi e non più spessi di 1 cm. Essi proteggono al massimo dai tagli e dalle orecchie a cavolfiore ma sono inefficaci nei confronti delle concussion, che stanno diventando un trauma frequente e pericolosamente caratteristico del sempre più veloce rugby moderno.
Ragion per cui Barnes ha annunciato che è pronto a "far da cavia" per un nuovo tipo di headgear studiato con la Gilbert e ha chiesto alla Irb l'autorizzazione a sperimentarlo nella partita del prossimo weekend contro i Bulls al Loftus Versfeld - un test probante dato il gioco molto fisico dei sudafricani.
Si tratta di un caschetto imbottito "stile boxe amatoriale" (come quello che porta nella foto): "Nella boxe dilettantistica il casco imbottito limita moltissimo i knock-out", afferma Barnes, che aggiunge: "non mi interessa proteggermi la mascella o la faccia, io vengo steso da colpi alle tempie o nella nuca, è lì che serve aumentare la protezione" L'australiano insiste: "Non sarà il massimo dell'estetica ma vale sicuramente la pena di pensare a qualcosa" e chiosa: "Prima o poi il rugby finirà di essere tutta la mia vita, è fondamentale limitare i rischi di subire danni permanenti".
Alla data la Irb non ha ancora autorizzato l'uso del nuovo headgear. Troviamo sarebbe decisamente il caso lo facesse consentendo la sperimentazione di nuove forme e materiali per i caschi, se è vero che la sicurezza dei giocatori è un obiettivo strategico dell'Organizzazione che governa il rugby mondiale. Per evitare al rugby di far la fine "ingessata" del football americano - caschi rigidi e protezioni obbligatorie - al primo incidente serio e di rilievo mediatico con annessa sollevazione delle mamme, e lasciare finalmente le vecchie "cuffie" ai pallanuotisti o ai Petr Chech e ai Cristian Chivu del calcio.
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