Gli All Blacks prima osservano, poi colpiscono
Se desidera tornare a vincere all'Eden Park, cosa che le riesce dal 1986, l'Australia dovrà attendere il prossimo giro: la finale della Coppa del Mondo. Nello stadio di Auckland i Wallabies vengono a patti con la Nuova Zelanda che vince il terzo incontro in calendario del Tri Nations 2011 per 30-14, dopo aver lasciato gli ospiti a secco per tutto il primo tempo (17-0) (clicca qui per il tabellino). Tre mete a due, niente punti bonus in bacheca né da una parte né dall'altra, ma a pesare è pure il gioco al piede perché se Dan Carter non sbaglia un colpo e marca anche di drop, gli australiani hanno bisogno di trovare un cecchino affidabile nel lungo tempo: James O'Connor lascia sul campo nove punti prima che sia Quade Cooper ad incaricarsi dei piazzati e trasformi le due mete aussie arrivate nella seconda frazione. Accorgimenti che coach Robbie Deans dovrà affrontare nelle prossime occasioni e non è che abbia molte alternative (Matt Giteau, per esempio, non lo è).
Ci si diverte ad Auckland, dal momento che le due formazioni in campo non hanno alcuna intenzione di nascondersi e schierano gli uomini giusti. Ci si diverte soprattutto perché l'Australia inizialmente non mostra alcun timore degli All Blacks che inaugurano la serata con la Kapa O Pago versione "bloody" (quella col gesto del taglia la gola): gioco veloce, si varia tra quello alla mano e quello al piede che ha lo scopo di portare alta la pressione delle guardie sugli uomini del triangolo allargato.
Non è tempo per lasciare a Kurtley Beale o Digby Ioane lo spazio per inserire la quarta, lo stesso dicasi per Mils Muliaina e Hosea Gear. Nel mezzo c'è gente che fa la differenza: strepitosa prestazione di Conrad Smith che corre, chiude e copre. Carter placca e fissa dritto negli occhi l'intimidito Cooper, mentre Graham Henry può disporre di fatto di terze linee quasi centri aggiuntivi come Richie McCaw, Kieran Read e Brad Thorn. Non stupisce che due dei tre arrivino dal Rugby League.
Arbitra il sudafricano Craig Joubert, fino all'anno scorso nel podio dei migliori al Mondo. Ora invece ci tocca riaprire il solito capitoletto sugli arbitraggi, purtroppo scontato con gli All Blacks. La novità positiva dell'arbitro sudafricano è la regolare e consistente sanzione al comportamento falloso di Wyatt Crockett a sinistra della mischia ordinata. Finalmente un arbitro che vede il gioco sporco dell'interprete in mischia della "verginella di San Siro" Graham Henry - schiena sempre di sbieco, mano per terra, niente aggancio. Non per caso la mischia aussie, tutelata, regge bene per tutta la partita. A fianco di questo punto positivo, Joubert invece cede sul resto. Come tutti i suoi colleghi, adeguandosi alle silenti raccomandazioni "sistemiche" secondo le quali uno in maglia nera che non rotoli via dopo aver placcato, non si vede. Anche lui dovrebbe farsi dare un'occhiata alla vista, ma questa è una storia già sentita, ci vedono tutti benissimo. E la chiudiamo qui. Beninteso, i Kiwis non fanno nulla di plateale, hanno competenze sopraffine - a maggior ragione stavolta, avendo schierato in campo tutta la "Vecchia Guardia" (29 anni l'età media della squadra neozelandese in campo, contro 25 degli avversari); semplicemente, sanno e se n'approfittano.
(Highlights su RR Tumblr). L'Australia comincia bene, dicevamo. Gioca al suo rugby e sta attenta a non esporsi a contrattacchi e rischi indiscreti. Il mediano Will Genia manda dentro i ball carrier negli spazi stretti, poi la manovra si allarga, ma i più veloci contrastano con la difesa tuttanera. Almeno sei minuti di dominio australiano, i primi sei minuti, con un paio di pericolosi avvicinamenti alla linea di meta. Manca però sempre il guizzo finale, o meglio l'errore avversario di cui poter approfittare. Poi la Nuova Zelanda che ha minato interamente la propria area dei 22, infilza la prima coltellata, inaugurata da una corsa di Piri Weepu che coglie di sorpresa O'Connor sulla fascia sinistra. Dopo aver colto tre punti col piede di Carter al 5' al primo spunto offensivo, grazie a un intercetto di Conrad Smith su passaggio lungo di Cooper, pochi minuti arrivano alla meta all'8' con Ma'a Nonu che chiude schiacciando l'ovale a terra dopo un raggruppamento sulla linea di meta portato dai pezzi grossi e un placcaggio mancato da Beale in mezzo. Carter dalla piazzola, non sbaglia ed è 10-0. Due azioni "in contropiede", raccolto abbondante.
I Wallabies ripartono alla carica e di nuovo si affidano al loro gioco, fatto di puntate centrali a richiamare la fisarmonica difensiva per poi allargare tanto alla mano, quanto al piede. Rocky Elsom viene portato fuori a pochi passi dalla festa dopo essersi fatto trovare libero lungo la linea laterale, Cooper tenta di innescare le ali - in questo caso Ioane - con un calcetto in profondità. Il guaio è che i kiwi sanno coprire davvero tutto il campo e poi aggirano la trincea con grabber calibrati che consentono di velocizzare le azioni e aprire buchi. Al 26' ci pensa perciò Kevin Mealamu a timbrare il cartellino, chiudendo un'altra giocata in profondità: raccolta dell'ovale da una ruck a due passi dalla meta, con McCaw e Owen Franks che fanno da sherpa ed è 17-0 con la trasformazione di Carter.
La ripresa vede ancora l'iniziativa in mano agli australiani - 60% di possesso e territorio nel primo temp. E i soliti neozelandesi placcano duro e tenghono la linea alla perfezione, guidati da Smith - e da Carter che si getta alle calcagna della coppia di mediana Aussie, dove Genia fa l'ordinatore e Cooper dovrebbe inventare, ma la asfissiante presenza Kiwis alle costole lo annichilisce. O'Connor manca un altro penalty, gli AB rispondono al 46' con il drop del loro numero 10 dopo la classica azione tambureggiante. La differenza sta tutta qui: mentre gli ospiti non hanno portato a casa neanche mezzo scellino nelle loro scorribande offensiva, i neozelandesi aggiungono di volta in volta monete al loro tesoro. Henry può anche favoleggiare di "gioco positivo" e prevalenza dell'attacco con le nuove interpretazioni: la realtà è che i suoi AB sono come il Milan di Nereo Rocco, tengono la linea difensiva come nessun altro e appena trovano il minimo varco zac, ci s'infilano. Competenze sopraffine.
Con venti punti di distanza, l'Australia finalmente si sfoga. Gli AB si posano sugli allori, provano un po' di possesso sequenziale "alla Boerale" ma perdono possesso sulla linea dei dieci metri e Genia immediatamente innesca la velocità di Ioane sul lato chiuso: l'ala fugge alle braccia di Muliaina al 51' cancella lo zero dal tabellino dei suoi. Cooper trasforma per il 20-7 che dura l'arco di un minuto.
Sul calcio di ripartenza di Carter, Read allunga le leve e tocca il pallone in avanti, ma Joubert non se ne ravvede. L'ovale rimbalza in un fazzoletto di terra non presidiato da altre guardie australiane, Smith lo acciuffa e corre in profondità, servendo Sitiveni Sivivatu più reattivo del solito (si vede che le presenze aleggianti di Corey Jane e Zac Guildford gli fan bene), che può coronare una convincente performance marcando cinque punti. Ai quali si aggiungono i soliti due di Carter.
I discorsi, chiusi da tempo, sono archiviati a questo punto. Ha inizio la giostra dei cambi e si nota in particolare l'ingresso tra gli australiani di Scott Higginbotham che aiuta i compagni a dare abbrivio e consistenza agli attacchi. Gli AB abbassano i giri del motore, aggiungendo comunque altri tre punti dalla piazzola. A cinque dalla fine, Nembo Kid Elsom rende meno amaro il boccone: si fa trovare ancora solo al largo, a servirlo è Beale che evita il placcaggio (a dire il vero non proprio "consono") di Sonny Bill Williams, entrato per Nonu, sul lungo passaggio di Cooper. Di fronte alla terza linea ex Leinster si apre l'autostrada per fissare il risultato finale.
Alla fine degli ottanta minuti, sono 28 i calci dalla mano All Blacks, 18 gli australiani: è il segno più tangibile di un gioco impostato sulle ripartenze difensive, fino al disinteresse per il possesso palla; sono numeri da tenere sott'occhio per la World Cup.
Da annotarsi anche un altro particolare: i neozelandesi sono stati abili a non farsi risucchiare molti giocatori nei raggruppamenti, come da game plan degli Aussie, vòlto ad aprire varchi all'inventiva di Cooper e alle folate di Ioane, Beale, Ashley-Cooper e O'Connor. In particolare quando i Wallabies tentavano la controruck, le guardie nere non muovevano un dito in aiuto, rintuzzarla eran problemi di chi era già assorbito. Gli altri fuori, a serrare i ranghi sui lati, pronti a mutarsi in portatori di palla.
E' un modello di gioco quello Tutto Nero dove la fase difensiva stessa è fonte primaria di ovali per l'attacco e le fasi statiche diventano secondarie: modi di rimettere in gioco la palla, appunto. Come conseguenza, gli atavici concetti di controllo del territorio e del possesso diventano relativi, la meta si raggiunge recuperando sessanta metri o più in una singola corsa tra linee non predisposte. In tale modello chiunque dev'essere pronto alla corsa, al gioco in linea, all'offload e allo sfondamento, dai fratelli Franks a Sivivatu passando per la terza linea tutta e Carter.
la partita è stata una dimostrazione di grande competenza e sagacia collettiva da parte di tutti i Tutti Neri; Dan Carter in grande evidenza sia per la precisione che per le opzioni e la solidità difensiva, con degno socio di reparto Piri Weepu giunto forse alla piena maturità. In mezzo la coppia sempre affiatata e molto complementare Conrad Smith - Ma'a Nonu, con Sivivatu molto stimoltato a ben figurare. Richie McCaw leader del pack con il duo dei lock da combattimento Ali Williams e Brad Thorn veramente impenetrabile. Unici minuscoli nei odierni, la prima linea lato sinistro (il già detto Crockett) e Hosea Gear, messosi poco in luce.
I Wallabies come detto ai son trovati "abbandonati" dal piazzatore O'Connor, ma anche Cooper e Beale han fatto vedere più errori che cose belle (il passaggio intercettato dei primi tre punti, il tentativo di intercetto che ha fruttato la prima meta ai Tutti Neri). Positivi dietro Genia, i centri McCabe e il solito Ashley Cooper; tutto il pack non s'è mai sottratto dalla lotta.
Bledisloe Cup alla Nuova Zelanda ancora per un anno e filotto di vittorie sui rivali isolani nel torneo in palio che sale a undici. Ora i riflettori si spostano in Sud Africa per le due gare conclusive del Torneo.
Ci si diverte ad Auckland, dal momento che le due formazioni in campo non hanno alcuna intenzione di nascondersi e schierano gli uomini giusti. Ci si diverte soprattutto perché l'Australia inizialmente non mostra alcun timore degli All Blacks che inaugurano la serata con la Kapa O Pago versione "bloody" (quella col gesto del taglia la gola): gioco veloce, si varia tra quello alla mano e quello al piede che ha lo scopo di portare alta la pressione delle guardie sugli uomini del triangolo allargato.
Non è tempo per lasciare a Kurtley Beale o Digby Ioane lo spazio per inserire la quarta, lo stesso dicasi per Mils Muliaina e Hosea Gear. Nel mezzo c'è gente che fa la differenza: strepitosa prestazione di Conrad Smith che corre, chiude e copre. Carter placca e fissa dritto negli occhi l'intimidito Cooper, mentre Graham Henry può disporre di fatto di terze linee quasi centri aggiuntivi come Richie McCaw, Kieran Read e Brad Thorn. Non stupisce che due dei tre arrivino dal Rugby League.
Arbitra il sudafricano Craig Joubert, fino all'anno scorso nel podio dei migliori al Mondo. Ora invece ci tocca riaprire il solito capitoletto sugli arbitraggi, purtroppo scontato con gli All Blacks. La novità positiva dell'arbitro sudafricano è la regolare e consistente sanzione al comportamento falloso di Wyatt Crockett a sinistra della mischia ordinata. Finalmente un arbitro che vede il gioco sporco dell'interprete in mischia della "verginella di San Siro" Graham Henry - schiena sempre di sbieco, mano per terra, niente aggancio. Non per caso la mischia aussie, tutelata, regge bene per tutta la partita. A fianco di questo punto positivo, Joubert invece cede sul resto. Come tutti i suoi colleghi, adeguandosi alle silenti raccomandazioni "sistemiche" secondo le quali uno in maglia nera che non rotoli via dopo aver placcato, non si vede. Anche lui dovrebbe farsi dare un'occhiata alla vista, ma questa è una storia già sentita, ci vedono tutti benissimo. E la chiudiamo qui. Beninteso, i Kiwis non fanno nulla di plateale, hanno competenze sopraffine - a maggior ragione stavolta, avendo schierato in campo tutta la "Vecchia Guardia" (29 anni l'età media della squadra neozelandese in campo, contro 25 degli avversari); semplicemente, sanno e se n'approfittano.
(Highlights su RR Tumblr). L'Australia comincia bene, dicevamo. Gioca al suo rugby e sta attenta a non esporsi a contrattacchi e rischi indiscreti. Il mediano Will Genia manda dentro i ball carrier negli spazi stretti, poi la manovra si allarga, ma i più veloci contrastano con la difesa tuttanera. Almeno sei minuti di dominio australiano, i primi sei minuti, con un paio di pericolosi avvicinamenti alla linea di meta. Manca però sempre il guizzo finale, o meglio l'errore avversario di cui poter approfittare. Poi la Nuova Zelanda che ha minato interamente la propria area dei 22, infilza la prima coltellata, inaugurata da una corsa di Piri Weepu che coglie di sorpresa O'Connor sulla fascia sinistra. Dopo aver colto tre punti col piede di Carter al 5' al primo spunto offensivo, grazie a un intercetto di Conrad Smith su passaggio lungo di Cooper, pochi minuti arrivano alla meta all'8' con Ma'a Nonu che chiude schiacciando l'ovale a terra dopo un raggruppamento sulla linea di meta portato dai pezzi grossi e un placcaggio mancato da Beale in mezzo. Carter dalla piazzola, non sbaglia ed è 10-0. Due azioni "in contropiede", raccolto abbondante.
I Wallabies ripartono alla carica e di nuovo si affidano al loro gioco, fatto di puntate centrali a richiamare la fisarmonica difensiva per poi allargare tanto alla mano, quanto al piede. Rocky Elsom viene portato fuori a pochi passi dalla festa dopo essersi fatto trovare libero lungo la linea laterale, Cooper tenta di innescare le ali - in questo caso Ioane - con un calcetto in profondità. Il guaio è che i kiwi sanno coprire davvero tutto il campo e poi aggirano la trincea con grabber calibrati che consentono di velocizzare le azioni e aprire buchi. Al 26' ci pensa perciò Kevin Mealamu a timbrare il cartellino, chiudendo un'altra giocata in profondità: raccolta dell'ovale da una ruck a due passi dalla meta, con McCaw e Owen Franks che fanno da sherpa ed è 17-0 con la trasformazione di Carter.
La ripresa vede ancora l'iniziativa in mano agli australiani - 60% di possesso e territorio nel primo temp. E i soliti neozelandesi placcano duro e tenghono la linea alla perfezione, guidati da Smith - e da Carter che si getta alle calcagna della coppia di mediana Aussie, dove Genia fa l'ordinatore e Cooper dovrebbe inventare, ma la asfissiante presenza Kiwis alle costole lo annichilisce. O'Connor manca un altro penalty, gli AB rispondono al 46' con il drop del loro numero 10 dopo la classica azione tambureggiante. La differenza sta tutta qui: mentre gli ospiti non hanno portato a casa neanche mezzo scellino nelle loro scorribande offensiva, i neozelandesi aggiungono di volta in volta monete al loro tesoro. Henry può anche favoleggiare di "gioco positivo" e prevalenza dell'attacco con le nuove interpretazioni: la realtà è che i suoi AB sono come il Milan di Nereo Rocco, tengono la linea difensiva come nessun altro e appena trovano il minimo varco zac, ci s'infilano. Competenze sopraffine.
Con venti punti di distanza, l'Australia finalmente si sfoga. Gli AB si posano sugli allori, provano un po' di possesso sequenziale "alla Boerale" ma perdono possesso sulla linea dei dieci metri e Genia immediatamente innesca la velocità di Ioane sul lato chiuso: l'ala fugge alle braccia di Muliaina al 51' cancella lo zero dal tabellino dei suoi. Cooper trasforma per il 20-7 che dura l'arco di un minuto.
Sul calcio di ripartenza di Carter, Read allunga le leve e tocca il pallone in avanti, ma Joubert non se ne ravvede. L'ovale rimbalza in un fazzoletto di terra non presidiato da altre guardie australiane, Smith lo acciuffa e corre in profondità, servendo Sitiveni Sivivatu più reattivo del solito (si vede che le presenze aleggianti di Corey Jane e Zac Guildford gli fan bene), che può coronare una convincente performance marcando cinque punti. Ai quali si aggiungono i soliti due di Carter.
I discorsi, chiusi da tempo, sono archiviati a questo punto. Ha inizio la giostra dei cambi e si nota in particolare l'ingresso tra gli australiani di Scott Higginbotham che aiuta i compagni a dare abbrivio e consistenza agli attacchi. Gli AB abbassano i giri del motore, aggiungendo comunque altri tre punti dalla piazzola. A cinque dalla fine, Nembo Kid Elsom rende meno amaro il boccone: si fa trovare ancora solo al largo, a servirlo è Beale che evita il placcaggio (a dire il vero non proprio "consono") di Sonny Bill Williams, entrato per Nonu, sul lungo passaggio di Cooper. Di fronte alla terza linea ex Leinster si apre l'autostrada per fissare il risultato finale.
Alla fine degli ottanta minuti, sono 28 i calci dalla mano All Blacks, 18 gli australiani: è il segno più tangibile di un gioco impostato sulle ripartenze difensive, fino al disinteresse per il possesso palla; sono numeri da tenere sott'occhio per la World Cup.
Da annotarsi anche un altro particolare: i neozelandesi sono stati abili a non farsi risucchiare molti giocatori nei raggruppamenti, come da game plan degli Aussie, vòlto ad aprire varchi all'inventiva di Cooper e alle folate di Ioane, Beale, Ashley-Cooper e O'Connor. In particolare quando i Wallabies tentavano la controruck, le guardie nere non muovevano un dito in aiuto, rintuzzarla eran problemi di chi era già assorbito. Gli altri fuori, a serrare i ranghi sui lati, pronti a mutarsi in portatori di palla.
E' un modello di gioco quello Tutto Nero dove la fase difensiva stessa è fonte primaria di ovali per l'attacco e le fasi statiche diventano secondarie: modi di rimettere in gioco la palla, appunto. Come conseguenza, gli atavici concetti di controllo del territorio e del possesso diventano relativi, la meta si raggiunge recuperando sessanta metri o più in una singola corsa tra linee non predisposte. In tale modello chiunque dev'essere pronto alla corsa, al gioco in linea, all'offload e allo sfondamento, dai fratelli Franks a Sivivatu passando per la terza linea tutta e Carter.
la partita è stata una dimostrazione di grande competenza e sagacia collettiva da parte di tutti i Tutti Neri; Dan Carter in grande evidenza sia per la precisione che per le opzioni e la solidità difensiva, con degno socio di reparto Piri Weepu giunto forse alla piena maturità. In mezzo la coppia sempre affiatata e molto complementare Conrad Smith - Ma'a Nonu, con Sivivatu molto stimoltato a ben figurare. Richie McCaw leader del pack con il duo dei lock da combattimento Ali Williams e Brad Thorn veramente impenetrabile. Unici minuscoli nei odierni, la prima linea lato sinistro (il già detto Crockett) e Hosea Gear, messosi poco in luce.
I Wallabies come detto ai son trovati "abbandonati" dal piazzatore O'Connor, ma anche Cooper e Beale han fatto vedere più errori che cose belle (il passaggio intercettato dei primi tre punti, il tentativo di intercetto che ha fruttato la prima meta ai Tutti Neri). Positivi dietro Genia, i centri McCabe e il solito Ashley Cooper; tutto il pack non s'è mai sottratto dalla lotta.
Bledisloe Cup alla Nuova Zelanda ancora per un anno e filotto di vittorie sui rivali isolani nel torneo in palio che sale a undici. Ora i riflettori si spostano in Sud Africa per le due gare conclusive del Torneo.
6 commenti:
gli all blacks non fanno nulla di plateale? ma se il placcatore non rotola via MAI e salta all'occhio! vorrei capire come funziona: l'IRB raccomanda agli arbitri di vigilare anche su questo; lo fanno in tutte le partite tranne che con i neozelandesi? quanti tornei ancora dovranno vincere, oltre al prossimo mondiale, per ritenersi finalmente soddisfatti dell'eliminazione 2007 per una svista arbitrale? perché la mia impressione è questa: vogliono risarcirli... seconda cosa: ma il gesto del taglio della gola non era stato bandito perché troppo violento?
Sulla seconda cosa Massimo, l'impressione è che a casa loro facciano quel che gli pare ... e forse è anche la risposta per la prima questione che poni - e che con te poniamo qui da tempi non sospetti.
Il nostro "nulla di plateale" è per sottolineare l'estrema competenza con cui gli AB fanno i falli. Nessuna irruenza, tutto calcolato, tutto pianificato. Pushing the envelope, allargarsi fino a stiracchiare i limiti regolamentari.
Sull'osservazione che tutti corrono e sfondano come centri (piloni inclusi, non solo le terze linee), sovviene la storia stessa del nome "All Blacks".
Fu originata da un refuso sul pezzo del giornalista inglese al primo tour nelle Isole Britanniche a inizio del secolo scorso: non si riferiva al colore della maglia, voleva dire che giocavano "all backs", tutti come trequarti. Nulla di nuovo sotto il sole ...
E sul paragone calcistico, aggiornandolo all'attualità, dal Milan di Rocco si passa all'Inter di Mourinho (sì, lo so, sta sulle balle anche a me): lo specialone vinceva difendendosi e procedendo di contropiede, affidando al regia a gente con i piedi buoni (Sneijder o Eto'o, per esempio). Chiudo qui la parentesi pallonara.
Verum est ....
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