Gioco di squadra
Sono state settimane intense, trascorse nel rendere conto di quanto stesse accadendo in quella parte di mondo che invece di essere sferico, è ovale. Ci siamo avvicinati al giorno fatidico con il solito metodo: da una parte la narrazione, dall'altra la saggistica o, se lo ritenete più opportuno, l'analisi. Il lavoro svolto dal Socio nelle ultime settimane merita un plauso particolare che gli è già stato reso dai commenti dei lettori. Non stiamo qui a gingillarci, a lodarci e cantarcela e suonarcela, manco ci prendessimo sul serio.
Quando quattro anni fa Abr e Ringo hanno deciso di imbarcarsi su Right Rugby, non si erano dati un termine chiave: proviamo, vediamo se funziona e se non va, amen, ci divertiremo comunque. Dal 2007 al 2011 il rugby è cambiato nelle regole e nei suoi protagonisti e questo blog ha tentato di raccontarveli, questi cambiamenti, affidandosi soprattutto alla passione dei due autori per lo sport in questione. Ovvio che quando si azzardano dei commenti, si può sbagliare mira, ma poco importa: nel rugby ci si mette il muso e non lo abbiamo tirato indietro.
Ma certi punti rimangono stabili, nemmeno la più potente delle mischie può smuoverli. Il rugby è anzitutto un gioco di squadra come Dio comanda. Chiunque lo abbia praticato, sa cosa vuol dire. Per vincere non basta poi nemmeno essere forti, piuttosto occorrono la determinazione e il rispetto dell'avversario, perché una volta che lo si prende sottogamba, si finisce a testa in giù e la sensazione non è delle più confortevoli. La bellezza del rugby ha mille sfaccettature e lo spazio per celebrarla non basta mai. Personalmente, la cosa che più si è fatta largo nel corso di questi quattro anni è la preparazione alla singola partita dal momento che ognuna è diversa dall'altra. Ecco perché il temperamento è ingrediente essenziale. Una sorta di confronto a scacchi o di un briefing nella stanza dei bottoni per prendere le ultime decisioni tattiche prima dalla battaglia (Wellington la sapeva lunga). E il rugby è l'allegoria di un combattimento.
Se nel gruppo non c'è coesione e manca l'intento comune, l'obiettivo apparirà sempre più lontano e irraggiungibile. Il gioco di squadra, eccolo dov'è. E' quello che abbiamo tentato di applicare in questo angolo di web (e ci ha portato bene) ed è lo stesso che auguriamo ai nostri Azzurri in Nuova Zelanda perché possano regalarci un'altra emozione dopo la vittoria sulla Francia allo scorso 6 Nations: l'accesso ai quarti nello scontro 50/50 con l'Irlanda all'ultima giornata della fase a gironi, il prossimo 2 ottobre. Comunque vada, poi, stringiamoci a coorte.
E buon Mondiale a tutti.
Quando quattro anni fa Abr e Ringo hanno deciso di imbarcarsi su Right Rugby, non si erano dati un termine chiave: proviamo, vediamo se funziona e se non va, amen, ci divertiremo comunque. Dal 2007 al 2011 il rugby è cambiato nelle regole e nei suoi protagonisti e questo blog ha tentato di raccontarveli, questi cambiamenti, affidandosi soprattutto alla passione dei due autori per lo sport in questione. Ovvio che quando si azzardano dei commenti, si può sbagliare mira, ma poco importa: nel rugby ci si mette il muso e non lo abbiamo tirato indietro.
Ma certi punti rimangono stabili, nemmeno la più potente delle mischie può smuoverli. Il rugby è anzitutto un gioco di squadra come Dio comanda. Chiunque lo abbia praticato, sa cosa vuol dire. Per vincere non basta poi nemmeno essere forti, piuttosto occorrono la determinazione e il rispetto dell'avversario, perché una volta che lo si prende sottogamba, si finisce a testa in giù e la sensazione non è delle più confortevoli. La bellezza del rugby ha mille sfaccettature e lo spazio per celebrarla non basta mai. Personalmente, la cosa che più si è fatta largo nel corso di questi quattro anni è la preparazione alla singola partita dal momento che ognuna è diversa dall'altra. Ecco perché il temperamento è ingrediente essenziale. Una sorta di confronto a scacchi o di un briefing nella stanza dei bottoni per prendere le ultime decisioni tattiche prima dalla battaglia (Wellington la sapeva lunga). E il rugby è l'allegoria di un combattimento.
Se nel gruppo non c'è coesione e manca l'intento comune, l'obiettivo apparirà sempre più lontano e irraggiungibile. Il gioco di squadra, eccolo dov'è. E' quello che abbiamo tentato di applicare in questo angolo di web (e ci ha portato bene) ed è lo stesso che auguriamo ai nostri Azzurri in Nuova Zelanda perché possano regalarci un'altra emozione dopo la vittoria sulla Francia allo scorso 6 Nations: l'accesso ai quarti nello scontro 50/50 con l'Irlanda all'ultima giornata della fase a gironi, il prossimo 2 ottobre. Comunque vada, poi, stringiamoci a coorte.
E buon Mondiale a tutti.
3 commenti:
Grazie, altrettanto.
Bravi. Noi con voi.
e... che spreco! :)
Hey hey hey, "che spreco" sta diventando a furor di popolo il nostro "payoff" come direbbero quelli che sanno di marketing ... Guardate che ci metto un attimo a inalberarlo sotto al titolo :)
Speriamo piuttosto di non dirlo dopo il 2 ottobre ...
Sia mai, qui siamo prima di tutto fan del rugby di alto livello, poi siamo anche supporter Azzurri.
In assonanza con l'antico motto della Serenissima: "Prima Venexiani e po' Cristiani", roba che nel Seicento altro che provocazione.
"Che spreco", copyright Carletto, è ormai parte integrante. Fosse venuto fuori mesi fa, sarebbe stato il tormentone estivo di questa estate senza tormento.
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